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15

Come sono entrata in una situazione più grande di me? Semplice, non lo so.

Sembra tutto così assurdo che quasi non riesco a pensare che quella che stamattina si è svegliata in un letto vuoto sono proprio io.

E se mi raccontassero che fino a poco fa ad occupare quello spazio ormai freddo c'era Chris Schistad probabilmente crederei di sognare.

Invece è tutto vero, così vero che vengo colpita da una scarica di brividi.

Chris però non c'è più. Non ne ho idea di quando se ne sia andato, non mi sono accorta di nulla. So solo che questa mattina, quando la sveglia del mio telefono ha preso a cantare insistentemente un pezzo dei 1975, vicino a me non c'era già più nessuno.

Il letto era freddo ed io ero ben coperta.

Al posto di Chris però c'era un bigliettino rosso, uno dei post-it che tengo sulla scrivania.

"Grazie per questa notte"

Solo quattro parole che mi fanno rivivere con emozione gli episodi di questa notte.

Chris che entra nella mia stanza.

Chris pieno di lividi.

Chris che dorme con me.

Chris che mi bacia ovunque.

Il mio cuore sta già battendo all'impazzata, mentre stringo tra le mani questo maledetto foglietto.

Maledetto cuore però, così autonomo. Nemmeno avrei immaginato che un giorno potesse battere per una persona così diversa ma al tempo stesso così uguale a me.

Fino ad un mese fa lo avrei preso a calci, ma ora, mentre mi ritrovo ad annusare il suo profumo sul mio cuscino sono presa da un senso di malinconia, di abbandono che presto mi riempie di lacrime gli occhi.

Forse è una cosa passeggera, qualcosa che un giorno passerà. Me lo scorderò come se non fosse mai esistito, oppure un giorno lo rivedrò sui vecchi album scolastici e penserò a lui come una dolce cotta adolescenziale.

Poi però il suo sguardo mi si riproietta nella mente e qualcosa mi dice che Chris Schistad mi lascerà il segno.

Rimarrà indelebile proprio come le scritte sul post-it.

Quando poco più tardi a scuola lo incrocio nei corridoi non so esattamente come agire.

Negli altri giorni probabilmente gli avrei fatto un cenno con la mano, al quale lui avrebbe risposto con un'alzata del mento, oppure gli avrei mormorato un timido "ciao".

Ma dopo questa notte sembra che tutto tra noi sia cambiato. Sento le guance fumanti solo nel vederlo da lontano e i muscoli dello stomaco si contraggono.

Chris però non mi ha ancora vista e questo mi dà un vantaggio di tempo per potermi preparare ad affrontarlo dopo la notte trascorsa.

E se dovesse fermarsi a chiacchierare cosa gli dico?

Per poco non vengo assalita dal panico, ma quando una biondina gli si avvicina e comincia a toccargli il petto tutte le mie speranze e aspettative crollano come le casette costruite con le carte da gioco: di colpo e silenziosamente.

Silenziosamente perché non posso fare altro che fingere indifferenza, mentre dentro il mio cuore sta protestando.

La cosa ironica è che non ammetterò mai niente di tutto ciò. Probabilmente continuerò ad agire indifferentemente.

Li sorpasso proprio mentre lei fa scorrere le sue mani sul suo petto, proprio nello stesso punto in cui ieri le tenevo io. Fingo di non vederli e continuo per la mia strada.

Vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo. Sono una stupida e un'illusa.

E mentre sto lanciando una serie di insulti interiori a me stessa, una voce colpisce la mia schiena.

<<Hei rossa>>

Chris mi affianca sfiorando una spalla.

<<Passi senza salutare?>> chiede fingendosi irritato.

Con che coraggio.

<<Eri occupato>> sbotto con un tono un po' troppo velenoso.

Lui mi supera posizionandosi di fronte a me costringendomi a bloccare i miei piedi sulle mattonelle sporche del corridoio.

<<Oh andiamo e da quando ti interessa? Devo ricordartelo io quando hai fatto una scenata mentre ero sulle scale con la biondina?>>

Spalanco la bocca e gli punto un dito al petto <<Io non ho fatto nessuna scenata. Ho semplicemente espresso il mio punto di vista>> spiego ormai rossa dalla rabbia.

<<Sì, quello che è. Perché questa volta non hai "espresso il tuo punto di vista"?>> mima le virgolette come se mi stesse prendendo in giro.

Ne ho abbastanza.

<<Non mi andava>> mormoro mentre a passo svelto mi sposto di lato per superarlo.

Ma lui è più veloce di me e riesce ad afferrarmi per un braccio. Nel girare la testa i miei capelli gli finiscono in piena faccia.

<<Calma tigre.>> scherza, strofinando il pollice sul braccio che ancora tiene stretto.

<<Grazie per questa notte, dico davvero. Soprattutto per non aver chiamato la polizia per aver fatto irruzione in camera tua>> addolcisce la voce e il suo tono scherzoso mi fa abbassare immediatamente la guardia.

<<Si, ho letto il biglietto.>>

Lui si strofina una mano sulla nuca e mi osserva dall'alto.

<<Ti va se ci vediamo oggi?>> mormora poi imbarazzato.

Chris Schistad imbarazzato, gente. Prendete carta e penna e segnatevelo perché non vi ricapiterà più nella vita.

Nonostante il mio cuore stia facendo le capriole per la felicità, io sono troppo orgogliosa e testarda per accettare.

<<Devo studiare oggi.>>

<<Ok, allora studieremo insieme.>> afferma, allargando le labbra in un sorriso.

Alzo gli occhi al cielo <<Senti Chris, non eri impegnato con la bionda?>>

Lui scoppia a ridere incrociando le braccia al petto: <<Sei gelosa Mohn?>>

Sembra essere tornato il Chris di una volta, quello schietto e pieno di sé e questo mi fa alzare furibondamente gli occhi al cielo.

<<Oh sì, non sai quanto>> minimizzo la cosa quando invece la realtà è che sì, sono gelosa da morire.

<<Bene, allora ci vediamo oggi da te>> Arrotola una ciocca dei miei capelli e poi mi gira le spalle camminando come chi sa di avere tutti gli sguardi su di sé. Ed è proprio così.



[CHRIS]

Il pensiero di rivedere Eva mi mette una strana oppressione. Non so cosa mi scateni questo sentimento, so solo che quando le ho chiesto di vederci oggi mi sono maledetto in cento lingue diverse.

Seriamente, avrei voluto schiacciare forte la lingua tra i denti. Ma le parole mi sono quasi uscite da sole.

Non perché io non voglia vedere Eva. Anzi, forse sì, non voglio vederla.

Perché rivederla, stare di nuovo insieme a lei mi fa mettere in dubbio tutto ciò a cui ho sempre creduto. Tutto ciò che nella mia vita ho cercato di rispettare.

Ma questa notte, nel suo letto, con lei accanto mi sono sentito bene. Bene per davvero. Non ero assalito dai mille pensieri, non ero spaventato e non avevo voglia di tirarmi indietro. Ho semplicemente riconosciuto l'odore di casa tra i suoi capelli.

Una casa vera però, un qualcosa di affettivo, non come quella che purtroppo mi ritrovo ad avere.

Sempre se ce l'ho ancora una casa. Mio papà mi ha sbattuto fuori questa notte e questa mattina mi sono intrufolato di nascosto come un ladro per recuperare alcune cose.

È assurdo e fa male, per quanto possa negarlo, fa male da morire. Sapere che mia madre è intrappolata lì tra quelle quattro mura mi fa impazzire, andare fuori di testa. Ma sto escogitando qualcosa, mi serve solo tempo.

Nel frattempo però Eva è la cura alle mie sofferenze.

Il modo spensierato con cui vive la vita, la sua vivacità, la leggerezza con cui cerca di affrontare il mondo sono delle medicine per me.

Sorrido mentre la ripenso in quel letto questa notte, sotto di me, ansimante e con le labbra rosse leggermente aperte.

Il modo in cui fremeva ogni volta che passavo la mia bocca sulla pelle, il modo in cui mi afferrava le spalle, si aggrappava e mi teneva stretto.

Sono accaldato ma allo stesso tempo terrorizzato.

Non voglio che lei si prenda una cotta per me, non sono la persona giusta e non voglio immergerla in un casino più grosso di lei, ma allo stesso tempo starle a distanza è una tortura. Proprio non ci riesco.

Per questo ora sto guidando il più veloce possibile per raggiungere casa sua, per rivederla.

Ed è tremendamente sbagliato, ma fottutamente necessario.

Quando arrivo a casa sua non ci sono macchine parcheggiate all'esterno, la porta è chiusa e le luci sono spente.

Mi guardo un po' in giro riluttante prima di decidere di bussare alla sua finestra.

Non sono più sicuro di voler entrare, se prima ne dubitavo ora sono perfettamente sicuro di star commettendo la più grossa cazzata della mia vita.

Ma quando lei viene ad aprirmi ogni molecola del mio corpo va in tilt. Ogni organo inizia a funzionare per proprio conto e io sono costretto a fare ciò che le mie gambe vogliono: cioè scavalcare il muretto e saltare dentro.

<<Lo sai che questa casa ha anche una porta vero?>> chiede lei ironicamente, mentre afferra un elastico dal polso e si tira su i capelli.

Ma io non le rispondo perché sono troppo concentrato a guardarla: la canottiera rosa che le stringe le tette facendole risultare sicuramente una taglia più grandi e i pantaloni grigi della tuta che le risaltano il culo.

Cazzo, se non distolgo la vista potrei avere un'erezione di quelle bastarde che ti fanno vergognare a morte.

A differenza di questa notte, la sua stanza è ben illuminata e così prendo l'occasione per guardarmi un po' intorno.

<<Fai come se fossi a casa tua, eh>> sbuffa Eva, per poi tornare a risedersi alla scrivania.

Non che al momento mi interessi particolarmente la stanza della rossa, ma alla mia erezione forse potrebbe far bene distrarsi un po'.

Prendo in mano un cartone quadrato dallo scaffale, è uno di quei vecchi dischi in vinile. Sulla superficie c'è una mela verde e la scritta "The Beatles"

<<Non sapevo fossi una fan>> le mostro il vinile.

Lei si gira verso di me increspando la fronte. Quando vede cosa c'è tra le mie mani la sua faccia si rabbuia.

<<Oh, no è solo un regalo>> mormora ritornando con gli occhi sul libro.

<<Beh, chiunque te l'abbia regalato ha sicuramente un buon gusto musicale.>>

Lei non risponde, ma l'aria sembra essersi fatta imbarazzante all'improvviso. Il silenzio si fa quasi assordante ed io mi avvicino a lei. Resto in piedi dietro alla sua sedia e cerco di leggere ciò che sta studiando.

<<Matematica?>>

<<Fisica>>

Eva si irrigidisce quando sente la mia voce sul collo, ma non dice nulla. Vedo solo le sue spalle farsi più rigide e il respiro accelerare.

<<L'ho sempre odiata>> butto lì come se fosse un argomento di cui voglio veramente parlare.

In realtà da qua sopra le vedo perfettamente la scollatura e anche quello che c'è dentro e il mio amico là sotto ha deciso di rifarsi vivo.

<<Sì beh non credo che tu eccella anche nelle altre materie.>>

La rossa crede di prendersi gioco di me, ma forse non ha capito che a scherzare col fuoco ci si brucia.

<<Bhe...>> le afferro una ciocca di capelli <<Potrei sempre mostrarti qualcosa in cui eccello veramente>>

Mi chino e le lascio un bacio sul lobo dell'orecchio.

Lei diventa di marmo, ma finge di non prestarmi attenzione.

<<O forse>> le bacio l'altro orecchio <<Potresti farmi vedere tu qualcosa in cui sei brava>>

Dopo essersi schiarita la voce Eva risponde: <<Non credo che ti interessi guardarmi ballare. In quello sono brava.>>

<<Mai dire mai Mohn. La vista di tutti quei culetti sodi che si muovono da una parte all'altra potrebbe piacermi eccome>> scherzo appoggiandomi alla sua spalla, mordicchiandogliela.

<<Fai schifo>>

Resta per un attimo a mugugnare sotto alle mie labbra che si spostano da una parte all'altra del suo collo, ma poi mi coglie di sorpresa alzandosi di colpo.

<<Mi sembra di averti detto che oggi dovevo studiare, quindi scusa ma tu mi stai distraendo e questo non è un bene, soprattutto perché domani ho una verifica e non posso permettermi di prendere un'altra insufficienza>> dice tutto d'un fiato con le guance rosse e il petto che le si alza e le si abbassa velocemente.

<<Ok, calma tigre non ti disturberò più>> alzo le mani in segno di scuse.

<<E smettila di chiamarmi tigre>> dice con un finto tono infastidito.

Sono convinto che invece le piaccia.

<Scusa... tigre>>

Lei mi lancia un'occhiataccia.

<<Ehm volevo dire Eva>>

Non mi risponde ma torna a sedersi, mentre io mi avvicino di nuovo allo scaffale e prendo ad esaminare ogni singolo oggetto. Profumi, penne, libri, cd, fin che non mi ritrovo di nuovo con il vecchio vinile tra le mani.

<<Senti ma hai un qualcosa per poterlo ascoltare? Sai quei vecchi lettori per questi... mh CD?>>

Eva punta i suoi occhi sull'oggetto che le sto mostrando poi li solleva al cielo.

<<Si chiama giradischi e comunque no, non ce l'ho>>

<<Ah, mi chiedo chi ti abbia regalato un vinile sapendo che non hai un giradischi>>

C'è qualcosa di strano nei suoi occhi, lo so che non vuole affrontare l'argomento perché ha la stessa espressione che ho avuto io quando mi ha chiesto dei lividi. Ma al contrario suo io farò qualsiasi cosa per farla parlare.

<<Beh di sicuro la persona in questione non doveva conoscerti molto bene per non sapere che non ami questo genere di cose>>

Ho il sospetto che sia un regalo del suo ex, quel ricciolino dalle sopracciglia enormi, per questo la sto provocando in questa maniera.

Ma quando lei risponde io mi sento terribilmente in colpa.

<<è un regalo di mio padre. E no, non mi conosce affatto bene.>>

La sua voce sembra sull'orlo del precipizio e ho quasi paura che scoppi a piangere, però Eva si alza, viene verso di me, prende il disco dalle mie mani e lo riposizione sullo scaffale.

<<Merda, rossa. Scusa. Pensavo fosse un regalo di Jonas o che ne so. Non credevo fosse una cosa importante>>

Cerco di scusarmi ma è evidente che il suo viso ora è una maschera di nervosismo e tristezza.

<<Non lo è infatti>> risponde con un filo di voce per poi sedersi sul bordo del materasso.

La raggiungo in fretta, sedendomi accanto a lei.

<<Vuoi parlarne?>>

<<Tu vuoi parlarmi dei tuoi problemi Chris?>> chiede lei puntando gli occhi nei miei.

Con un solo sguardo è capace di farmi sentire piccolo come mai mi ero sentito prima.

Fisso le mie mani strette in grembo. Forse se mi concentro su altro riesco anche a parlare.

<<Beh no, ma è un altro discorso>> mormoro.

<<No, invece. È lo stesso identico discorso. Tu non vuoi aprirti a me ed io non voglio aprirmi a te.>> dice lei visibilmente irritata.

Il fatto che ora mi stia guardando con quegli occhioni pieni di insicurezza mi dà la forza di trovare le parole giuste.

<<Non è che io non voglia, è che non posso. Sono in un casino più grande di Me, Eva e non mi va di metterti in mezzo>> cerco di spiegarle pazientemente, ma le mie mani non vogliono smetterla di sudare.

<<Ma magari io invece voglio che tu mi metta in mezzo, ci hai mai pensato?>> sbotta, accusandomi come se fossi io a sbagliare.

<<Ma io no. Fattene una ragione. Non voglio coinvolgerti>> inizio anche io ad alzare la voce e la tensione inizia a sollevarsi nell'aria.

<<Allora spiegami cosa ci fai qui?>> Si alza in piedi <<Non vuoi coinvolgermi ma ti presenti qui nel cuore della notte pieno di lividi e ferite. Non pensi che già così tu mi stia coinvolgendo?>>

Ha fottutamente ragione, cazzo. Fino ad ora mi ero solo limitato a nasconderle la verità, pensando di tenerla al largo dai miei guai e invece come un bastardo figlio di puttana ce l'ho fatta piombare in pieno.

Intrappolo la testa tra le mani, poggiando i gomiti sulle ginocchia. Se non fosse che i miei occhi sono perfettamente asciutti crederei di stare piangendo.

<<Mio padre ci ha lasciate quando avevo quattro anni. Per questo non voglio parlarne.>> la sua voce è più bassa, strozzata, mentre torna a sedersi accanto a me.

<<Merda Eva, mi dispiace non lo sapevo>> sollevo la testa quel tanto per guardarla in faccia.

Mi sento davvero una merda. Ho messo i miei casini al primo posto non pensando che anche la sua vita potesse non essere tutta rose e fiori.

<<Già...>> sospira chiudendo gli occhi.

Poi riprende a parlare.

<<È assurdo sai? Quasi non ricordo nemmeno la sua faccia. Tante volte mi è capitato di pensare a lui, solo che la sua faccia non riesco mai a ricordarmela. Eppure ho qualche foto insieme a lui, ma quando ci penso nella mia testa il suo viso scompare.>>

Emette una risatina alla fine della frase, ma non è sicuramente divertita.

<<È normale, eri molto piccola quando se n'è andato>> tento di consolarla, ma lei non sembra volermelo lasciare fare.

Quasi non mi lascia finire di parlare <<No. Non credo sia questo. Ho pensato molto a questa cosa e sono arrivata alla conclusione che forse è solo il mio modo di affrontare il suo abbandono. Lo sto dimenticando Chris, pezzo per pezzo lo sto cancellando dalla mia testa. Ma la cosa triste è che io lo vorrei di nuovo qui.>>

Resto in silenzio perché non ho nessuna parola adatta al momento.

Lei nemmeno si immagina quanto io desideri non avere un padre. Quanto sarebbe bello per me se mio padre se ne andasse per sempre. E mi sento egoista perché lei un padre non ce l'ha e lo vorrebbe con tutta sé stessa.

<<La cosa peggiore è che dopo quello che ha fatto io non riesco ad essere arrabbiata con lui. Come puoi abbandonare una bambina di quattro anni? Eppure io non riesco a portare rancore. Se n'è andato per una segretaria ventiduenne giovane e bella che lo ha scaricato pochi mesi dopo. Ma guardami, vedi un filo di rabbia nei miei occhi?>>

La guardo intensamente, ma tutto quello che riesco a leggere è tristezza, malinconia, mancanza. Ma non rabbia, nemmeno un po'.

Probabilmente se fossi al suo posto sarei incazzato nero, ma ognuno reagisce a modo suo e io non gliene faccio una colpa.

<<Mi sento stupida perché ha fatto davvero tanto male a mamma. Dovrei essere incazzata a morte, volerlo prendere a pugni. Schiaffargli le nostre foto insieme sotto gli occhi e urlargli "Ecco lo vedi cosa hai mandato a puttane?" Ma non ho intenzione di fare niente di tutto ciò. Assolutamente nulla>>

Eva si lascia crollare sul letto. Le spalle si ammorbidiscono sul materasso e gli occhi sbarrati al soffitto.

<<Lo sai che non tutti reagiamo nella stessa maniera? Probabilmente sì, se fossi stato al tuo posto mi sarei incazzato da morire. Ma tu sei tu, rossa e forse il tuo modo di reagire non è tra i più comuni, ma non per forza devi essere arrabbiata con lui se non ti senti di esserlo.>>

Lei rimane per un po' a rimuginare sulle mie parole per poi tornare a sedersi con la schiena incurvata e le spalle afflosciate.

<<È che mi sento in colpa per mia madre perché lei ancora ci soffre, mentre io accetto i suoi regali. Non è giusto nei suoi confronti>> sbuffa liberandosi di una ciocca di capelli che le era finita davanti alla faccia.

<<A proposito, se non lo vedi da quando avevi quattro anni, come ha fatto a darti quel disco?>>

Lei ridacchia <<Il giorno del mio quattordicesimo compleanno l'ho trovato nella cassetta della posta accompagnato da una lettera. Da stronzi vero? Mi lascia il regalo di compleanno nella posta e non me lo consegna di persona. Ma indovina? Nemmeno per questo riesco a prendermela.>>

Mi scappa una risata immaginando le parole di Eva ancora prima che lei le dica.

<<Mia madre lo aveva già trovato a quanto pare perché c'erano delle bollette sul tavolo, ma il regalo lo ha lasciato nella cassetta lasciando che lo trovassi io. Secondo me è stato un modo per farmi rendere conto di quanto fosse sgradevole la cosa. Avrebbe potuto inventare che era passato mentre ero fuori casa, invece lo ha lasciato di proposito là.>>

<<Lui vive qui?>> chiedo incuriosito ormai dalla situazione.

<<Si era trasferito a Stoccolma insieme alla sua nuova fiamma. Poi le cose non hanno funzionato e a quanto ne so è ritornato, ma non so esattamente dove viva. Mia madre lo sa, ma non mi va di chiederle>>

<<E tu vorresti incontrarlo?>>

<<Non lo so>> sbuffa. <<Ci ho pensato qualche volta, ma sono arrivata alla conclusione che per ora non sono pronta.>>

<<E' bella la leggerezza con cui affronti la vita.>>

Le sorrido, perché ogni cosa riguardante Eva Mohn è bella.

<<Cosa intendi?>> increspa le labbra e una ruga di espressione le decora la fronte.

<<Che affronti le cose con spensieratezza. Non ti lasci coinvolgere dalle situazioni, ma cerchi sempre di affrontarle a testa alta. A volte ti invidio.>>

Lei si alza in piedi con la bocca e gli occhi spalancati.

<<Tu Christoffer Schistad re delle feste e sogno proibito di tutte le ragazze invidi me Eva Mohn, ragazza invisibile e troppo sensibile? Ma fammi il piacere.>>

La afferro per un braccio e la tiro sul letto

<<Ovviamente non è una cosa che devi dire in giro, ne va della mia reputazione.>> Le punto le dite nelle costole e lui tira un gridolino.

<<Ommiodio lasciami immediatamente andare. Ho una cosa importantissima da fare. È una questione di vita o di morte>> improvvisamente si fa seria ed io mi ritiro immediatamente, lasciandole lo spazio necessario a rialzarsi.

<<Cosa?>>

<<Devo andare a stampare i manifesti. Chris Schistad è invidioso di me>> scoppia a ridere e corre verso il suo portatile.

Sbuffo visibilmente frustrato e scuoto la testa alla vista della rossa che apre una pagina di word e inizia a digitare

"CHRISTOFFER SCHISTAD È INVIDIOSO DI EVA MOHN"



Buooonasera non mi dilungherò perchè sono già in un ritardo terribile.

Volevo solo ringraziarvi per le 10k visualizzazioni. Davvero, mi fate sempre più felice ed io non so più come ringraziarvi. 

Sono davvero felicissima che la storia vi stia piacendo e che dopo 15 capitoli siete ancora qua a leggerla.

Detto questo mi dileguo. Vi ricordo di commentare e stellinare come al solito.

Un bacione fortissimo.

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