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#22

-68 giorni

· Mikasa ·

Mi hanno sempre detto che, quando finisce un amore, si prova un senso di vuoto e sconforto. Si fatica a ricordare com'era la propria vita prima che quella persona ne diventasse il fulcro, come ci si sentiva nel trascorrere le proprie giornate senza inviarle un messaggio, passeggiarvi insieme o scambiarsi un gesto d'affetto.

Cosa si prova quando un amore non è mai iniziato, invece, non è molto diverso.

Ho sempre immaginato il giorno in cui avrei potuto stringere la mano di Eren nella mia, sentirmi sussurrare parole dolci e condividere le piccole cose di tutti i giorni come una vera coppia. Anni spesi a sognare quel momento mentre lui viveva le sue esperienze, i suoi affetti, le sue relazioni ed io, mera spettatrice, lo osservavo in attesa della mia occasione. Mi dicevo che tanto amore non può non essere corrisposto, prima o poi.

Invece, avevo torto.

Ancora una volta Eren ha scelto una persona che non sono io e, dallo sguardo nei suoi occhi, posso affermare con certezza che stavolta è diverso: nelle sue iridi si riflette la stessa incondizionata devozione che provo nei suoi confronti, con la differenza che è rivolta verso mio cugino Levi.

Mi sento ferita, tradita dal mio stesso sangue in un modo che non credevo possibile.

Ed eccolo qui davanti a me, al centro del tatami in pantaloncini e con le garze a fasciargli le nocche delle mani.

È il momento del confronto. La sua espressione non tradisce alcuna emozione. È così che affronta i nemici sul campo di battaglia? Che li uccide a sangue freddo? Come se non gli importasse di nulla..?

Sono giorni che non faccio altro che pensare a lui, a loro, e sento di stare impazzendo. Ho bisogno di capire.

«Perché lui..? Perché Eren?»

Nell'udire quel nome il suo sguardo cambia: riflette il calore che prova nel petto al pensiero dei suoi capelli castani in disordine, al suono della sua risata piena di vita, dei suoi occhi brillanti e luminosi come smeraldi.

«...»

«Non merito risposta?»

«Non volevo ferirti, Mikasa.»

«Ma lo hai fatto!» gli punto il dito contro, in preda alla furia dettata dalla disperazione «Non meritavo nemmeno il tuo rispetto?»

«Non si tratta di questo. Sai che ti voglio bene.»

«Bugiardo. Se così fosse mi avresti ascoltata, lo avresti lasciato perdere!»

«L'ho fatto. Ma conosci Eren, sai quanto è testardo.»

«Sì, ed anche quanto è buono. Ti sei approfittato di lui..!»

Aggrotta le sopracciglia, e la sua espressione si indurisce: nemmeno io, in fondo, credo alle mie parole.

«È buono, non stupido. Sa ciò che vuole.»

Lo so, ma non per questo la realtà è più semplice da accettare.

«A quanto pare vuole te..!» sputo con cattiveria, quasi fosse un insulto «Io... Io..!»

Mi giro, lasciandolo lì senza sapere cos'altro dire, dirigendomi velocemente verso l'ingresso della palestra. Sento gli occhi pizzicare e la gola stretta in una morsa.

Sono stata troppo dura con lui, non meritava il trattamento che gli ho riservato ma ho bisogno di riversare su qualcuno la colpa di quello che potrebbe essere stato il mio più grande fallimento.

Perché Levi e non me?

Cosa può dargli che io non posso concedergli..?

Mi strofino il volto, oltrepassando le porte scorrevoli che danno accesso alla struttura e, quando sento la sua voce, il mio cuore si frantuma in pezzetti ancora più piccoli.

«Ehi, Mikasa. Dov'è Levi..?»

Eren guarda prima me e poi alle mie spalle, aspettandosi di veder comparire mio cugino da un momento all'altro. Non si accorge dei miei occhi arrossati dal pianto, ed è meglio così.

Forse questa è l'ultima possibilità che ho di confessargli i miei sentimenti. L'ultima che ho di un futuro insieme. In fondo, cos'ho da perdere ora..?

«Non c'è, è già andato via...» mento, tentando di tenere un tono fermo e tenendo il volto basso.

«Oh, strano... Non mi ha avvisato...» dice, l'espressione stranita mentre tira fuori il cellulare dalla tasca alla ricerca di qualche messaggio da parte sua.

«Ho bisogno di parlarti, Eren.»

«Va bene, dimmi pure.»

«Non qui. Andiamo al parco.» gli dico, incamminandomi e sentendo i suoi passi alle mie spalle.

È un viaggio breve, silenzioso, dove nessuno dei due apre bocca. Arriviamo alla piccola fontana, circondata da tante piccole aiuole fiorite e ben curate, e porto le mani alla stoffa rossa avvolta intorno al mio collo.

«Perché non me ne hai parlato?»

«Di cosa..?» domanda, perplesso.

«Levi.»

«Cosa dovevo dirti? Sono mesi che ci vediamo.»

«E quando, di preciso, te ne sei innamorato..?»

Eren arrossisce, grattandosi la nuca in preda all'imbarazzo.

«I-io non lo so, esattamente. È stata una cosa graduale, non c'è stato un momento esatto.»

«E lui, ti ama?»

«Certo che sì!» mi risponde, quasi offeso.

Faccio un respiro profondo, raccogliendo il coraggio che mi è mancato in tutti questi anni trascorsi ad attendere che si accorgesse dei miei sentimenti, di me. Mi volto verso di lui, fissandolo dritto negli occhi.

«Ti amo anche io, Eren. Da quando siamo piccoli e nessuno di noi ancora capiva cosa volesse dire. Io ti-»

«Lo so.»

Devo aver capito male, non può essere.

A meno che...

«È stato lui a dirtelo?» il mio tono è pieno di acredine.

«No.» abbassa lo sguardo con colpevolezza «L'ho sempre saputo, Mikasa.»

Stavolta non riesco a fermare le lacrime.

Mi ha mentito per anni, sempre. Guardandomi in faccia.

Sapeva.

«Allora perché..? Perché non mi hai mai dato una possibilità?» la mia voce si incrina per il troppo dolore in un'unica volta.

«Perché sapevo che non ti avrei mai amato come mi ami tu. Perché sei come una sorella per me, e l'idea di perdere la tua amicizia mi ha spinto a fingere di non vedere con che occhi mi guardavi. Sono stato egoista. Mi dispiace.»

Il mondo crolla sotto i miei piedi, e per un attimo non sento, vedo, provo più nulla.

Poi le sue braccia mi avvolgono, e mi spezzo. Gli stringo con forza la maglia, mentre piango a dirotto nascosta nell'incavo del suo collo.

Tutti i nostri ricordi, i viaggi, le risate ora hanno un gusto diverso. Non li rivivrò più allo stesso modo, perché so che non potremo più crearne altri. Non come prima, non così. Abbiamo valicato un confine dal quale non potremo più tornare indietro. Alla fine ho perso l'unica cosa che ci legava, in favore di un'occasione che non ho mai avuto fin dal principio.

«Perdonami, Mikasa... Perdonami... » sussurra tra i miei capelli, mentre il suono di un motore in lontananza rischia di coprire la sua voce.

In fondo non ho nulla da perdonare, a nessuno di noi due: mi ha regalato gli anni più belli della mia vita, al mio fianco, come amico; ed io, alla fine, non avrei potuto fare nulla di diverso se non restargli accanto come ho sempre fatto.

«Ti rende felice, Eren..?» riesco a chiedergli tra un singhiozzo e l'altro.

«Si... Sì, mi rende felice.» e dall'amore che traspare dal suo tono so che è sincero.

«Bene. Perché sennò gli faccio il culo..!» tiro su col naso e lui ride, tenendomi stretta a sé.

Restiamo così qualche minuto. Quando ci separeremo saremo diversi, distanti come non lo siamo mai stati.

«Ti voglio bene, Mikasa. Te ne ho sempre voluto.»

«Ti amo, Eren. Una parte di me lo farà per sempre.»

Ci guardiamo, allontanandoci l'uno dall'altro, ed abbozzo un sorriso.

«Ora vai, prima che Brontolo faccia quello che sa fare meglio..!»

Mi sorride ed il mio primo amore mi da le spalle, dirigendosi verso quella che spero sia la sua anima gemella. Il vento mi scompiglia i capelli e solleva la sciarpa rossa, mentre le ultime lacrime mi solcano le guance.

Ho sempre amato Eren più di qualunque cosa, persino me stessa.

Ora dovrò imparare ad amare me un po' di più.


· Eren ·

Cammino a passo regolare, dirigendomi verso casa.

Era inevitabile, sapevo che questo momento sarebbe giunto. Ma non ero comunque abbastanza pronto.

Non ho mai voluto farla soffrire, ed il mio tacere per tutto questo tempo è stato un gesto dettato non solo dall'egoismo: ho sperato che il suo interesse nei miei confronti svanisse, magari sostituito appannaggio di qualcun altro. La sorte però ha voluto diversamente.

Arrivo fuori il mio appartamento e trovo Levi con le spalle poggiate al muro, le braccia incrociate ed il capo chino, ad attendermi.

«Hey, come mai non mi hai aspettato?» gli dico fingendo un tono allegro e lasciandogli un bacio sulla guancia. Ho davvero bisogno di averlo vicino, adesso. Il corvino però non proferisce parola né accenna a muoversi. Sono confuso.

«Levi, cosa c'è..?» chiedo infilando le chiavi nella serratura, ma non faccio nemmeno in tempo a farla scattare che mi ritrovo inspiegabilmente dentro casa, il viso schiacciato contro la parete accanto la porta d'ingresso che si chiude con un tonfo sordo e Levi che mi tiene i polsi bloccati dietro la schiena.

«Levi ma che cazzo ti prende?!»

«Ti ho visto.» dice con tono basso e decisamente minaccioso.

«Visto? Visto cosa, dannazione..?» sbotto arrabbiato e infastidito, la sua stretta inizia a far male.

«Mikasa è venuta in palestra a parlarmi; aggredirmi, più che altro, prima di andare via sull'orlo del pianto. Le sono corso dietro il più velocemente possibile, ed eri con lei...» sibila a denti stretti, torcendomi i polsi con maggior forza «Lì, al parco, che la stringevi tra le tue braccia.»

Spalanco gli occhi: ha tratto le conclusioni sbagliate! Sto per aprire bocca, nel tentativo di spiegargli che è tutto uno stupido malinteso, ma Levi mi precede sputando frasi colme di veleno.

«Che c'è, vuoi tornare sui tuoi passi? Ti manca toccare un corpo femminile..?»

Non riesco a trattenermi dal sorridere: è geloso! Dio, lo trovo così tenero..! Ok, forse 'Levi' e 'tenero' nella stessa frase suona un po' strano, ma mi è impossibile non trovare dolce la sua reazione.

So che il mio è un azzardo, ma decido comunque di provocarlo.

«Beh, ammetterai anche tu che il corpo femminile ha il suo fascino: le curve morbide, la pelle liscia come seta, il profumo di 'donna' che-»

Non ho il tempo di finire la frase dato che mi fa voltare, sbattendomi violentemente contro il muro e portando i miei polsi ancora stretti nella sua morsa sopra la mia testa.

«Scusami se non ho un paio di tette: stai pur certo che, in questo preciso istante, le avrei usate per soffocarti!» ringhia a pochi centimetri dal mio viso, tanto da sentire il suo respiro caldo sulle mie labbra, piegate all'insù in un ghigno strafottente. Approfitto della nuova posizione, e sollevo con calcolata lentezza un ginocchio, facendolo scorrere lungo la sua coscia e sfregare sul cavallo dei suoi pantaloni. Levi spalanca gli occhi, fino ad un attimo prima ridotti a due fessure, a quel contatto così intimo.

«Alle tette, preferisco di gran lunga questo.» affermo, irriverente e malizioso, continuando a massaggiargli i testicoli da sopra la stoffa e sentendo il suo membro irrigidirsi in risposta.

«Mikasa è davvero bella, la cosa è innegabile,» affondo di nuovo il coltello nella piaga. «ma ha un grande difetto...»

«E sarebbe..?» chiede con voce roca, non riuscendo a nascondere l'eccitazione crescente nonostante la rabbia che prova.

Lo guardo negli occhi, quel colore così raro che mi ha risucchiato l'anima, e la mia espressione diventa seria come richiede il momento.

«Non è te, Levi.»

Mi sporgo per baciarlo, raggiungendo le sue labbra rosee e turgide ed inspirando il suo profumo che sa di pulito. Lentamente assaporo quella carne morbida: con la lingua la sfioro, con i denti la mordo; movimenti delicati, attenti, meticolosi, quasi avessi paura di fargli del male.

Levi all'inizio non reagisce, deciso a mantenere il punto, ma alla fine cede e ricambia, allentando la stretta sui miei polsi.

É la mia occasione per ribaltare i ruoli: con una velocità che non credevo di possedere schiaccio Levi contro la parete, bloccandogli le mani ai lati della testa senza interrompere in alcun modo il contatto tra i nostri corpi.

La nostra diventa una lotta fatta di lingue che si rincorrono, respiri che si spezzano, gemiti che si sovrappongono. Continuo a far pressione tra le sue gambe, senza lasciargli un attimo di tregua, e presto siamo entrambi accaldati ed ansimanti.

«É questa la fiducia che hai in me?» sussurro tra un bacio e l'altro.

Levi non risponde: non gliene lascio il tempo e non ne ho davvero bisogno. So quanto io sia importante per lui, quanto mi ami, e so anche che questo sentimento tanto fragile e delicato come un fiore può generarne uno altrettanto forte: la gelosia. Anche io non ne sono immune.

«Cosa credi, che io non sia insicuro?» le mie mani, delicatamente, si intrecciano alle sue «Non hai idea di cosa mi passa per la testa quando qualcuno ti guarda un po' più a lungo o con troppo interesse.»

Levi sembra riprendere fiato dopo una lunga corsa.

«Cosa..?»

Deglutisco, indeciso se dar voce o meno ai miei pensieri perversi, ma opto per la sincerità.

«Vorrei toccarti davanti a tutti, in questo modo,» faccio scivolare una mano tra i nostri corpi, tastando il gonfiore che ormai preme senza ritegno contro il tessuto dei suoi jeans «e reclamare possesso di ciò che è mio. Baciarti, leccarti ovunque, marchiarti in ogni punto a me accessibile, mostrando a chiunque abbia osato posare gli occhi su di te che non hanno alcuna speranza. Se ora tu potessi vederti, capiresti cosa intendo.»

Un'idea malsana si fa strada nella mia mente, annebbiando quel lato del mio cervello dove alberga il buonsenso, e senza alcun preavviso afferro Levi per un braccio, trascinandolo all'interno dell'appartamento.

«Eren, dove-»

Entriamo nel bagno e lo spingo di fronte lo specchio costringendolo a sporgersi in avanti e poggiarvi sopra le mani, data la presenza del mobiletto all'interno del quale vi è incastonato il lavabo.

«Guardati.»

Accendo la luce che illumina l'ambiente all'istante. L'immagine di Levi si riflette sulla superficie liscia mostrando il suo viso, sempre così pallido, tinto di un adorabile colorito rosso. I capelli corvini, di solito lisci e ben pettinati, sono un completo disastro, scarmagliati ed attaccati alla fronte lievemente sudata. I suoi occhi, così freddi e distanti, sono lucidi e le iridi del colore dell'acciaio sono state quasi completamente inghiottite dalle pupille, dilatate per l'eccitazione ed il piacere crescente.

Gli accarezzo languidamente la gola, mentre con l'altra mano scendo a massaggiare il suo membro coperto aderendo col petto alla sua schiena, senza distogliere lo sguardo dal suo, attraverso lo specchio.

«Sei bellissimo, vedi?» gli soffio all'orecchio mordendone il lobo, e Levi si lascia scappare un sospiro, accigliandosi ancor di più.

«Se potessero vederti in questo stato... Saresti il sogno erotico di molti, posso assicurartelo.»

«N-non dire assurdità..!» quasi ansima, cercando debolmente di spingermi via.

«É la verità. E la cosa che mi eccita di più, è che il merito è tutto mio...»

Inizio a slacciargli i pantaloni, abbassandoglieli lentamente insieme ai boxer, e lo sento rilassarsi contro di me per il sollievo, ora che il suo sesso è libero da ogni costrizione.

«Amo il tuo corpo: la sensazione che le tue cicatrici lasciano sotto i miei polpastrelli; i tuoi addominali scolpiti, al tatto; il tuo odore che mi fa impazzire, come una droga; la tua lingua, che lambisce ogni centimetro della mia pelle ed assaggia le mie labbra...» con la mano ancora sulla sua gola, gli afferro il mento facendolo voltare verso di me, ed il bacio è tutto fuorché casto.

«Non temere, Levi. Ne ho scopate di ragazze, ma la sensazione che provo quando infilo il mio cazzo nel tuo culo non è minimamente paragonabile, te lo posso assicurare.»

«Maledetto moccioso..! Credi che queste volgarità m-mi eccitino?» cerca di darsi un contegno, di avere un tono fermo mentre parla, ma è completamente inutile. Sogghigno, divertito.

«Oh, sì, lo credo.»

Nel frattempo anche io mi sono calato i pantaloni e senza che Levi se ne rendesse conto, troppo distratto dalle mie parole e dalle mie attenzioni, ho cosparso il mio pene ben eretto di sapone. Senza alcun preavviso entro dentro di lui, che emette un grido strozzato tentando inutilmente di far presa sullo specchio, sgranando gli occhi mentre la mia spinta lo porta in avanti.

«AH! Ere-nh..!» geme sulle mie labbra, mentre lo bacio ancora una volta con ardore. Spingo, affondando nel suo corpo caldo che mi risucchia come se non aspettasse altro che questo contatto.

«Sei solo mio, Levi.» ansimo guardandolo negli occhi, il suono del mio bacino che schiocca contro le sue natiche mi riempie le orecchie insieme ai suoi piagnucolii di godimento «Solo io posso donarti piacere..!»

«Eh-renh..! Ancora..!» soffia sulla mia bocca con voce roca, e perdo completamente la ragione, il mio cervello ormai non é più l'organo al comando. Con un piede mi aiuto a sfilargli una scarpa, mentre col braccio gli sollevo la gamba, liberandola definitivamente dai jeans e mantenendola in quella posizione. Lentamente quasi esco dal suo corpo, per poi riprenderne di nuovo possesso con una spinta più poderosa delle altre.

«AAAHHH!»Levi grida, afferrando il mobiletto con una mano e la mia maglia con l'altra, quasi strappandomela di dosso. Lo aiuto a tenersi in equilibrio, ripetendo lo stesso movimento ancora e più forte.

«Cristo Eren! L-lì, proprio lì!»

«Così amore, vieni per me...»

E Levi si lascia andare con un gemito gutturale, venendo copiosamente e sporcando tutto: il lavandino, la giacca che ha ancora indosso, i jeans appallottolati intorno alla caviglia. Lo specchio mi ha offerto lo spettacolo da una prospettiva privilegiata, ed il suo viso sudato e stravolto dall'orgasmo mi eccita fino al limite, che supero seguendo il mio compagno nell'estasi dei sensi.

Con delicatezza lascio la gamba di Levi, il quale si rimette in piedi poggiandosi con la schiena al mio petto che si alza ed abbassa freneticamente, al ritmo del suo.

«Ti amo.» sussurro al suo orecchio, cingendogli i fianchi con entrambe le braccia, incurante del fatto che mi stia sporcando «Desidero solo te nella mia vita...»

Levi solleva un braccio, voltando appena il capo verso di me e accarezzandomi il volto con delicatezza, trasmettendomi forza al tempo stesso.

«Tutta questa pantomima solo per marcare il territorio..? Sei proprio un moccioso...» i suoi occhi color acciaio, che ai più sembrano così freddi, parlano per lui di amore, calore, passione.

«Questo fa di me il tuo toy boy?» ridacchio allegro.

«Non sono così decrepito da doverti definire toy boy!» sbotta lui infastidito.

«Come mi definiresti, allora?»

«Eren. Ed è perfetto così.» mormora, distogliendo lo sguardo imbarazzato, ma lo specchio lo tradisce mostrandomi quel tenero rossore sulle sue gote che tenta invano di nascondermi. Lo stringo più forte a me, guardandolo attraverso il suo riflesso.

«Tu sei perfetto. Ti amo.»

«Lo hai già detto.»

«Ti amo.»

«Ho sentito.»

«Ti amo.»

«...»

«Che c'è? È solo che ti-»

Non termino la frase, perché le labbra di Levi sono di nuovo sulle mie, e nulla è più importante di quello che mi stanno dicendo adesso.

Ti amo.

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