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#17

·Eren·

«Per favore, fai attenzione.»

«È la centesima volta che me lo ripeti, sembri un disco rotto..!»

«Sai che mi preoccupo per te.»

«E sai altrettanto bene che so badare a me stesso e, soprattutto, che con Levi sono più che al sicuro.»

«...»

«Mikasa...» sospiro, sconfitto.

«Ho un brutto presentimento, Eren. Solo... fai attenzione, d'accordo?»

«Va bene. Ci sentiamo.»

Chiudo la conversazione quando vedo il corvino uscire dalla palestra, oltrepassando a passo lento le porte scorrevoli.

Dopo mille discussioni - alcune delle quali piuttosto accese - Mikasa sembra essersi arresa al fatto che il rapporto tra me e suo cugino si sia tramutato in una solida amicizia. Su quest'ultimo punto non so se esserne felice, ad essere onesti. Sono trascorsi alcuni giorni dalla sera in cui ho invitato Levi a dormire da me, e da altrettanti non faccio che pensare a quanto il nostro legame si sia evoluto negli ultimi mesi, e a quanto non mi basti: voglio di più. E la cosa che mi spaventa è che non so se posso ottenerlo.

Osare ed essere rifiutato? Oppure fingere che nulla in me sia mutato, e lasciare tutto così com'è..?

Levi mi guarda ma i suoi occhi sono spenti da giorni. È più taciturno del solito - il che di per sé è più che preoccupante - e sembra assente. Riflette su qualcosa di cui non vuole mettermi al corrente, ma sono stufo di sentirlo così lontano.

«Tutto ok..?» gli sorrido, tentando di trasmettergli un po' di allegria, ma lui continua a fissarmi, studiarmi come a voler imprimere nella sua mente ogni minimo particolare o dettaglio che mi riguarda, e non so quanto ci sia di positivo in tutto ciò.

Qualche istante di silenzio poi si incammina verso il parcheggio dove ha lasciato la motocicletta, senza emettere un suono.

«Levi-»

«Ti porto a fare un giro.» sono le prime ed uniche parole che mi rivolge.

·Levi·

Giro la chiave, spegnendo il motore, e faccio scattare la molla del cavalletto.

Eren, dietro di me, smonta dalla sella e mi supera, guardando dritto davanti a sé con gli occhi sgranati per la meraviglia e la bocca spalancata dallo stupore.

Ci troviamo sull'altura che sovrasta la città, immersa nei caldi colori rosati del tramonto. La vista a quest'ora del giorno è spettacolare. Il moccioso stringe il casco sotto al braccio, zaino in spalla, senza emettere alcun suono. Io resto sulla moto, sporgendomi in avanti e poggiando gli avambracci sul serbatoio lucido, e lo osservo silenziosamente. La capigliatura castana é mossa dolcemente dal vento che soffia leggero, data l'altezza a cui ci troviamo e l'ampio spazio aperto che si distende di fronte a noi. La sua pelle, dal colorito leggermente abbronzato, è tinta di un rosa acceso sulle gote. I suoi occhi, verdi come due smeraldi preziosi, brillano riflettendo le sfumature meravigliose del sole, che inesorabile si nasconde lentamente alla nostra vista rifugiandosi dietro i palazzi.

Eren è bellissimo, persino io che sono un uomo non posso far altro che constatare quanto sia attraente.

«Oi, chiudi la bocca o ci entreranno le mosche.»

Il moccioso esegue immediatamente, voltandosi poi verso di me con un delizioso broncio, che gli dona un aspetto decisamente infantile rispetto ai suoi 20 anni.

Rivolge di nuovo la sua attenzione al panorama.

«É davvero stupendo qui.»

«Sì.» rispondo asciutto.

«Come fai a conoscere questo posto?»

Resto in silenzio qualche secondo, raccogliendo i pensieri.

«Ci venivo sempre con una persona speciale.»

«La tua ragazza?» mi chiede, e un piccolo sorriso - piuttosto tirato - compare sulle sue labbra mentre si gira ad osservarmi.

«Mia madre.»

Nessuno dei due parla per qualche minuto, ma non è uno di quei silenzi imbarazzanti, tutt'altro: sento che Eren ha capito che è un argomento delicato e che saprà aspettare, come ha sempre fatto, rispettando i miei tempi.

«Grazie.» sussurra.

Lo guardo confuso.

«Per cosa?»

«Per aver condiviso un posto così importante con me.»
Sono ipnotizzato dal suo sorriso così sincero e, più che il tramonto in lontananza, mi sembra sia questo il vero spettacolo.

Sono costretto a sbattere le palpebre un paio di volte, quasi come se fossi rimasto abbagliato.

E forse è davvero così.

Posso davvero, rinunciare a tutto questo..?

·Eren·

«Levi...» lo osservo, tentando di non lasciar trasparire la mia inquietudine.

«Mh?»

«Perché mi hai portato qui..?»

«...»

Questo silenzio è innaturale. Fa quasi paura.

«Levi...»

«Devo parlarti, Eren.»

Non mi piace il suo tono.

Sa di tragedia, di abbandono, di addio.

Lo guardo, tentando di calmare il battito forsennato del mio cuore e nascondere il tremolio delle mie mani.

Che si sia accorto dei miei sentimenti?

Cerco di deglutire ma è inutile, il mio corpo sembra non rispondere ai comandi del mio cervello, paralizzato alla prospettiva che oggi sia l'ultima volta in cui vedo l'uomo che inconsapevolmente si è impadronito della mia anima.

Levi osserva l'orizzonte, mentre i colori del tramonto tingono la sua pelle pallida con toni caldi.

«Quando mi sono arruolato, ero solo: non avevo famiglia, né amici. Hanji è stata l'unica talmente folle da starmi alle calcagna, al liceo. Ma alla morte di mia madre mi sono ritrovato senza un reale scopo, una prospettiva. All'epoca, credetti che dedicare la mia vita all'esercito fosse di qualche utilità per il prossimo; che avrei potuto proteggere delle vite, cambiare lo stato delle cose e tutte quelle puttanate da sognatore che ti propinano.»

Sono sorpreso, interdetto: Levi mi sta raccontando per la prima volta della sua vita, e di sua spontanea volontà.

I suoi occhi vedono cose a me precluse, eventi e persone che non ho mai vissuto né conosciuto, mentre mette a nudo una parte di sé che sicuramente conoscono in pochi.

«Lì ho incontrato due persone. Mi hanno amato senza chiedere nulla in cambio, ed allo stesso modo hanno ricevuto il mio affetto incondizionato. Erano la mia nuova famiglia, la mia casa, il mio porto sicuro.»

Prende un lungo respiro, fermandosi qualche istante. Vorrei avvicinarmi a lui e stringerlo, ma ho il terrore di spezzare quel momento così intimo quanto straziante.

Il suo sguardo si posa su di me, ma allo stesso tempo è come se mi passasse attraverso, perdendosi oltre.

«Oltre che miei amici, erano miei sottoposti. In quanto loro Caporale avevo il compito e il dovere assoluto di proteggerli. Ma durante una missione la mia negligenza è costata loro la vita. Sono morti davanti ai miei occhi, e tutto perché quel giorno ho fatto la scelta sbagliata.»

«Levi-»

«Lasciami finire, Eren, per favore.»

Il vento mi sferza il viso con più insistenza e sento gli occhi iniziare a pungermi. Stringo i pugni, sforzandomi di tacere.

«Persi di nuovo tutto. Mi sentivo svuotato, un guscio vuoto privo di emozioni. Poi un giorno, ad una riunione, i miei superiori accennarono al possibile luogo in cui il capo della cellula terroristica, per il quale eravamo stati spediti nel bel mezzo del nulla a morire, poteva essersi rifugiato.»

Levi si passa una mano tra i capelli, interrompendo per qualche istante quel racconto così triste e doloroso.

«Divenne oggetto della mia vendetta. Il mio unico scopo era trovarlo ed ucciderlo. Disubbidii agli ordini e, nonostante fossi praticamente solo, riuscii a catturarlo.»

Scende dalla moto, fa qualche passo verso di me, e mi guarda dritto negli occhi.

«L'ho portato in una grotta tra le montagne, Eren. L'ho torturato per tre lunghi giorni perché tanta è stata la resistenza del suo corpo, altrimenti avrei proseguito chissà per quanto altro tempo ancora. Gli ho tranciato le dita una ad una, e più gridava dal dolore più godevo della sua sofferenza. La mia famiglia non c'era più, e lui pagava una colpa che in realtà era solo mia. È morto dissanguato, sviscerato e mutilato al punto che nessuno lo avrebbe mai riconosciuto.»

Lo fisso, incapace di proferire parola.

Forse dovrei essere scioccato, spaventato, terrorizzato dall'uomo che ho di fronte: invece sono annichilito dalla spropositata sofferenza che ha provato negli anni che hanno preceduto il nostro incontro. Riesco a pensare solo che avrei voluto essergli vicino in quei momenti così cupi.

«L'unico a conoscenza del fatto - oltre te - è il Generale che mi ha trovato in un lago di sangue a fissare il vuoto. Non ha mai fatto rapporto sull'accaduto, né denunciato, ma adesso è venuto a riscuotere. Ufficialmente sono ancora in servizio e mi vuole per un'ultima missione, oppure lascerà che venga giudicato e condannato per il crimine che ho commesso.»

«Tu sei innocente Levi! Quell'uomo era un mostro!»

Il suo sguardo si addolcisce.

«Ed ora cosa mi rende diverso da lui, Eren? Cosa mi rende più umano e meno mostro..?»

Tutto ti rende diverso ai miei occhi, perché per me è inconcepibile che l'uomo per cui ho perso la testa si consideri senza cuore..!

Vorrei gridarglielo in faccia ed abbracciarlo stretto, ma la paura di un suo rifiuto mi paralizza.

«Non so se partirò o meno: sono stanco, Eren, volevo solo che tu sapessi.»

Il casco mi cade ed emette un tonfo sordo, a contatto con il terreno umido.

«Possiamo chiedere ad Armin, lui studia legge, di certo potrà-»

«Eren...»

«O forse mio padre conosce qualcuno! È un medico importante, di sicuro tra i suoi pazienti-»

«Eren.»

Sto tremando, e non riesco a smettere. Questa sensazione di impotenza mi da la nausea, tutto mi sfugge dalle mani e non riesco a pensare nulla di coerente.

Levi mi guarda impietosito.

Si è arreso. Lui si è arreso ma io mi rifiuto di lasciarlo andare: mi rifiuto di non lottare.

«Mi hai aiutato più di quanto meritassi. Non puoi salvarmi da me stesso.»

Sento la rabbia farmi ribollire il sangue.

«È questo che vuoi? Espiare i tuoi peccati, andando a morire come un cane in qualche posto sperduto magari, senza che io lo sappia? Sei un fottuto egoista! E a me?! A me non ci pensi, eh?!»

Urlo con quanto fiato ho in gola, mentre le lacrime iniziano a scorrermi copiose sul viso.

Levi sembra quasi stordito dalla veemenza con cui l'ho appena aggredito, ma si riprende dopo qualche istante rispondendomi con altrettanta violenza.

«Certo che ci penso, moccioso del cazzo! Ci penso ogni fottutissimo istante!»

Ci fissiamo in cagnesco, quasi fossimo pronti ad azzannarci a vicenda. La tensione nell'aria è pesante, palpabile a mano nuda.

Qualcosa nel suo sguardo lentamente cambia: la rabbia scema, lasciando il posto a quella che mi sembra malinconia. Nella mia testa invece le sue parole continuano a ripetersi come un mantra.

Lui pensa a me.

I nostri corpi si avvicinano, attratti inesorabilmente l'uno dall'altro come due calamite, fino a quando la distanza si azzera, lo spazio si annulla, il tempo si ferma e si dilata.

I nostri occhi si chiudono, i respiri si confondono e le nostre labbra si toccano, si cercano, si assaggiano.

Il nostro primo vero bacio.

All'inizio è fuoco, impeto, ardore, passione.

I nostri respiri sono irregolari, mentre ansimiamo uno sulla bocca dell'altro.

Poi quella fiamma, divampata quasi dal nulla, muta la sua forma assumendone una altrettanto intensa quanto inebriante.

Il bacio, adesso, è morbido, lento, cauto.

Sa di miele, di nicotina e del sale delle mie lacrime che non si sono fermate neanche per un istante.

Le mie mani sono tra i suoi capelli, le sue mi accarezzano le gote con delicatezza. Mi sento prezioso, delicato, mentre asciuga le scie salate che bagnano il mio viso con una dolcezza che mi sorprende. Quanto nasconde Levi dentro di sé? Quanto ancora ho da scoprire?

Lo stringo con più forza avvicinandolo a me. Ne voglio ancora: tutto ciò che questo momento può concedermi io lo pretendo.

Ma Levi interrompe quel contatto per me indispensabile come l'aria di cui sono a corto ed appoggia la fronte sulla mia, le sue mani che continuano ad accarezzarmi il viso.

«Se ti ho detto tutto questo, se ti ho rivelato del mostro che sono è solo ed esclusivamente per un motivo, maledetto moccioso...»

Sembra raccogliere tutto il coraggio che possiede mentre pronuncia le parole che desidero sentire con tutto me stesso.

«Mi sono innamorato di te, Eren.»

Il mio cuore perde un battito. Sto per rispondergli, mettendo a nudo la mia anima così come ha fatto lui con me, ma non me ne da il tempo.

«Per questo devo lasciarti andare. Sei troppo buono, troppo puro, per stare dietro a uno come me. Non sarebbe giusto. Vivi, prosegui con la tua vita, e dimenticami.»

Si volta, e sento il gelo investirmi lì dove un attimo prima c'erano le sue mani a scaldarmi. Non vedo più niente, non provo più niente. Il rumore della moto che si allontana è l'unica cosa a farmi capire che non sono morto - ancora.

Ma qualcosa dentro di me si è spezzato, e non so se tornerà mai al suo posto.

Dimenticami.

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