Capitolo 37
-Mmh, spuntino di mezzanotte!- fa un verso adorante Gemma, prendendo dal vassoio argentato che le sta offrendo il fratello qualche salatino.
Siamo in salone, io e Gemma sul divano mentre Harry sulla poltrona, e parliamo tranquillamente già da un po'. Ma non ho ancora avuto la fortuna di prendere per i coglioni il mio "ragazzo" e di portarlo in bagno per fare quattro chiacchiere. Al momento, mi limito a mandargli degli sguardi assassini ogni volta che Gemma si distrae.
-Dunque... Harry non mi ha mai parlato delle ragazze con le quali lo vedevo sempre sulle riviste e adesso salta fuori un ragazzo. Cos'è successo tra di voi? Come vi siete conosciuti?- Gemma mi sorride cordiale e mangiucchia un pretzel.
Fisso il riccio, in attesa di un aiuto, ma per tutta risposta si limita ad interessarsi al telefono.
Grazie dell' aiuto, eh!
-Ehm... durante un' intervista. Mi è stata gentilmente offerta dal Queens College con Harry e siamo rimasti in contatto da allora.- almeno è una mezza verità, penso, mentre faccio internamente una smorfia semi sofferente.
Gemma s'illumina di colpo: -Il Queens! Oh, Harry, quanti ricordi, vero?- sorride raggiante al ragazzo, facendo un cenno con la mano. -Mi piaceva venirti a prendere lì subito dopo gli esami; un così bel luogo! Solo dopo ho cominciato a capire per quale motivo non avessi mai finito gli studi lì, eri molto più sereno durante le lezioni private di medicina e poi...- Gemma continua a parlare, ma io sono a dir poco distratto. I miei occhi puntano come bazooka sulla figura dell'uomo e provo una certa soddisfazione sadica nell' immaginarlo senza testa.
Lui che cosa?!
Mr. Occhi di Ferro non ha mai finito gli studi al Queens College? Significa che l'ho intervistato per niente? E allora perché il preside mi ha consigliato proprio lui come persona da prendere come esempio per la mia carriera da scrittore?
-Perdonami, Gemma, ma ho urgentemente bisogno del bagno. Sai, l'aereo mi ha un po' scombussolato. Trottolino amoroso mio bello, mi mostri dov'è?- ringhio tra i denti, fingendo un sorriso e marcando sul soprannome orribile che ho appena affibbiato ad Harry, prendendolo per un braccio e portando io stesso lui alla toilette.
-Trottolino amoroso mio bello?!- chiede Gemma, prima di scoppiare a ridere alle nostre spalle.
Lo spingo dentro al bagno e chiudo la porta a chiave, accendendo la luce e sbattendolo poi contro il muro. -E va bene, Mr. Liar, cos' altro non mi hai detto e che dovrei sapere, oltre al fatto che stiamo insieme ed io non ne sapevo nulla?- avvicino le nostre facce e lo stringo per il colletto, fissandolo infuriato negli occhi.
Lui non fa altro che ghignare: -Credevo di essere Mr. Occhi di Ferro, per te.-
Brutto figlio di...!
-Ascoltami bene, se scopro che non mi hai detto qualcos'altro o che mi hai mentito di nuovo, io ti...!-
-Perché t'interessa?- sbotta lui di colpo, facendomi zittire e congelare sul posto. -L'hai decisa tu questa clausola: io non interferisco nella tua vita e tu fai lo stesso con la mia. Che t'importa se ti mento o no? Ti rimangi le tue stesse parole, adesso?- scatta con la testa verso di me, rimprovero dopo rimprovero, e mi guarda arrabbiato almeno quanto lo sono io.
Che strano. Nonostante lo tenga schiacciato al muro, è lui quello che mi tiene all'angolo.
Allento la presa su di lui e rilasso i muscoli del viso. -Perché non mi hai mai detto del Queens? Perché mentire?- glielo chiedo con voce flebile. Lui fa per rispondere, prendendo un po' d'aria, però invece sbuffa e volta il capo.
-Harry?- lo richiamo, aggrottando le sopracciglia. Che ha, ora?
-Ti ho mai detto da quanti anni è che aspiro ad essere il preside del Queens?-
E adesso questo che c'entra?
-No, ma perché...?-
-Due anni, Louis, e tu da quant'è che studi lì?-
-Be', sono al terzo anno, mi manca l'ultimo, ma mi spieghi che...?- mi blocco non appena vedo come mi guarda. Come se la risposta fosse ovvia. Ed io non voglio crederci.
Cosa?!
-Tu... sei stato tu!- capisco, passandomi le mani tra i capelli e scuotendo la testa. Che cazzo, ma come ha osato... lui... eh?!
-Tu hai chiesto di farti intervistare da me, non è stata un' offerta del Queens, ma una tua fottuta trappola per me!- realizzo, fissandolo con un odio che mi ribolle nel sangue, fin nelle viscere.
Che viscido, lurido...
-Come hai osato?!- lo sgrido, stringendo forte i denti. Mi sto trattenendo a stento dal staccargli con forza le braccia a suon di pugni.
-Ti avevo visto solo una volta, un giorno in cui ero andato a far visita al mio vecchio preside, ai miei vecchi professori e a donare un po' di soldi per farvi ristrutturare la palestra. Mi hai colpito sin da subito e ti ho tenuto d'occhio da quel momento.- la sua voce è atona, senza sentimento, come se non si vergognasse.
Mi mordo a sangue il labbro inferiore per non urlare, voglio evitare di spaventare Gemma, ma in cambio gli dò uno schiaffo forte, pieno di ira. -Mi fai schifo, sei un calcolatore vandalo e disumano, mi hai praticamente stalkerato! Ora capisco tutto...- già, capisco veramente tutto. -... le mie foto sul tuo computer, erano veramente troppe e ci eravamo conosciuti solo da due giorni.-
-Tu mi conoscevi solo da due giorni.- mi corregge, facendomi avere un "tick" nervoso alla mano dal colpirlo ancora, ma mi lego con delle catene immaginarie al mio buon senso.
Mi volto e poggio le mani al lavandino. Sospiro, la testa chinata. -Da quant'era che progettavi tutto questo?-
-Non ho mai progettato nulla. Sapevo solo che ti volevo nel mio letto e questo è stato l'unico modo che ho avuto.-
Sorrido velenosamente. Ma certo... doveva togliersi lo sfizio della scopata con un altro uomo, della curiosità. Alzo la testa e lo fisso dallo specchio. Pazzesco. Lui mi conosceva già ed io no.
Di nuovo un passo avanti rispetto a me.
Raddrizzo la schiena di scatto. Aspetta. In sintesi, ha detto che già mi "conosceva", non che mi aveva già "visto". Conosceva...
Torno con il corpo verso la sua direzione e respiro profondamente, stringendo i pugni.
Bastardo.
-Chi sono io?- chiedo in un soffio. La mia domanda ha un senso e lui lo sa. Stringe la mascella e incrocia le braccia, la schiena rimane sempre attaccata al muro bianco. -Non farlo, Louis.-
-Chi. Sono. Io?- cammino a grandi falcate verso di lui e lo guardo con sfida, aderendo i nostri corpi e cercando di intimidirlo, anche con la differenza di altezza.
Mr. Occhi di Ferro rimane immobile per qualche secondo, senza fiatare, ma poi prende a parlare: -Ti chiami Louis William Tomlinson, hai vent'anni, sei nato il ventiquattro dicembre del '96 a Doncaster, nel Regno Unito, ma sei cresciuto a Los Angeles, tuo padre si chiamava Troy William Tomlinson e tua madre si chiama Elle Zoe Dawson. Hai quattro sorelle minori: Charlotte, Félicité, Phoebe e Daisy. Un tempo suonavi la chitarra e la batteria, facevi graffiti sui muri di Los Angeles, facevi scommesse coi tuoi amichetti sui giri in skate e andavi a qualsiasi tipo di festa. Ora ti sei tipo "fossilizzato": non vai mai a nessun party, esci solo se devi proprio, hai pochi amici e lo studio e la boxe sono i tuoi unici passatempi.- mi guarda come se si aspettasse un esplosione ed essa avviene. Ma solo dentro di me.
Porca puttana ladra, che merda è questa?! Come cazzo fa a sapere tutto questo?!
Tremo per quanta è la voglia di saltargli alla gola. La maggior parte di ciò che mi ha detto, io... io non gliene ho mai parlato.
Dovevo dare retta alla mia coscienza: quest' uomo è pericoloso. Può distruggermi la vita in un secondo.
Forse l'ha già fatto.
Un bussare veloce e allarmante ci fa tornare in noi. -Ragazzi? Tutto bene?- la voce Gemma proviene da oltre la porta con aria preoccupata e prima che Harry possa dire qualcosa in nome di entrambi, apro la porta ed esco. Mi affretto in salone, ignorando i due fratelli e prendendo tutte le mie valige che Hearl si era preoccupato di salirmi una volta arrivati. Probabilmente pensava che mi sarei fermato a dormire qui... pensava male.
-Aspetta. Louis, dove vai?- Gemma mi guarda confusa e lancia occhiatacce al fratello che sembrano dirgli "che cazzo gli hai fatto, coglione?". Lei attende una risposta, ma io no.
Ne ho abbastanza di aspettare, non voglio aspettare più nulla.
Harry sapeva già del mio passato da ragazzino delinquente e poco affidabile, e ci scommetto tutto ciò che volete che sapeva già anche di lei, di Grace.
Quante altre volte mi farà male? Mi farà sempre soffrire così finché non metterò finalmente l'anello d'oro a Rose all'altare?
Trattengo a stento un ringhio di frustrazione. Non dovrebbe fregarmene un cazzo, perché sento il cuore andare a puttane?
Cammino a passo svelto verso la porta con tutte le mie cose, sentendo Harry avvicinarsi. -Lascia almeno che ti chiami Hearl.-
-Scordatelo, prendo un taxi.- scuoto la testa, poggiando una mano sulla maniglia, ma la sua pelle mi blocca col suo calore. Stringe il mio polso e mi volta verso di lui.
Non guardarmi così. Per favore, non ricordarmi perché ti comporti in modo così immaturo.
La mano sale sul braccio, poi sulla spalla, infine sulla gola, dove mi fa piegare la testa e il pollice tiene alzato il mio viso da sotto il mento per un bacio. Un bacio caldo, colmo d'affetto, che mi trasmette tutto il suo dispiacere. E capisco che non vuole perdermi.
-Mi mancherai.- bisbiglia suadente, poggiando la fronte contro la mia e chiudendo gli occhi. Inspiro a fondo il suo odore per imprimermelo nella mente. -Ti scriverò sempre... le ventiquattro ore partono da adesso.- aggiunge, aprendo lui stesso la porta e spingendomi gentilmente fuori.
Cazzo, riesce ad incantarmi anche quando sono arrabbiato.
Chiamo l'ascensore e aspetto, impaziente. Non mi ha lasciato neanche salutare Gemma. Faccio spallucce. Tanto si dimenticherà presto di me, lo so.
Durante il viaggio in taxi, guardo tutte le foto che ci siamo fatti a Fuerteventura con la mia macchina fotografica Canon e sorrido a qualunque immagine. Noi in piscina, al mare, nella nostra stanza, al bar...
Guardo fuori dal finestrino la notte di New York, costellata dalle luci artificiali della città e non dalle stelle strabilianti delle Canarie. Mi sento quasi un estraneo, adesso.
Mi vibra il telefono e leggo il messaggio che ha mandato Harry:
"Mi dispiace, per tutto quanto. Ma tengo veramente a te. Ti prego, un ultimo noi".
Arrossisco e sorrido come uno stupido.
Un ultimo noi...
Deglutisco pesantemente e tento di distrarmi, pur di far calmare i battiti del mio cuore.
No! Non può farmi questo.
Non può avere questo potere su di me.
Però... Ripenso ad ogni volta che mi ha reso felice, felice per davvero, e mi dico che sì, magari posso provare un'altra volta.
Già, ma per quanto tempo riuscirò a provare ancora?
Faccio dei respiri controllati e tutta la stanchezza del viaggio mi torna addosso. Sono stanco morto ed ho ancora mal di testa. Dò una sbirciatina all'ora, accendendo di nuovo lo schermo: mezzanotte e quarantadue. Sbadiglio, voglio andare a dormire e basta.
Pago il tassista una volta giunto di fronte a casa mia e mi metto sulla schiena e sulle spalle ogni borsa o zaino, trascinando solo i trolley. Sorrido nel rivedere la mia bellissima auto, però ho sonno e perciò ci penserò domattina nel sbaciucchiarla.
Le mie gambe mi sostengono solo per miracolo e non mi stupisco quando vedo dalle finestre che le luci di casa sono accese. Di certo, quei tre ne avranno approfittato e avranno fatto minimo due feste al giorno mentre io ero via. Come se non bastasse, ho seriamente paura della capra. Perché Niall ha sempre detto "non c'è party senza capra" - non l'ho mai capita - e da lì ho sempre temuto di trovarmi quell'animale gironzolare per casa nostra una volta che tornavo da qualche viaggio.
Giro la chiave ed entro, trascinando nell' ingresso ogni cosa e sospirando di beatitudine una volta che mi sono tolto qualsiasi affare pesante di dosso. Tipo la giacca o l'orologio. Poggio le chiavi sul comodino e mi dirigo verso le scale a passo di zombie, ignorando lo strano silenzio inquietante, ma è una voce proveniente dalla cucina a risvegliarmi e a farmela quasi fare sotto dalla paura: -Finalmente! Sono ore che ti aspetto, stavo quasi per appisolarmi!-
-Mamma?!-
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