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Capitolo 11

Ho freddo. Quel tipo di freddo che ti impedisce di scaldarti e ti punge le gambe. Ma sono anche contento. Perché oggi è il mio compleanno. I miei anni, adesso, prendono quasi tutte le dita delle mie mani.
Mi sveglio subito e sento il cuore che va velocissimo, ma ho ancora freddo. Mi alzo dal letto e vado verso la camera dei miei genitori, per poter avere un' altra coperta. Apro la porta della mia stanza e guardo l' orologio in corridoio. La lancetta grossa è sul sei e quella lunga sul due. Papà dice sempre che quando vedo quella grossa sul sei, al mattino, significa che mi sono svegliato presto. Dovrei tornare a letto, però sono troppo eccitato e ho ancora freddo!
Sbircio la stanza affianco la mia. La porta è aperta e la culla rosa della mia sorellina domina la stanza come un gigante. Uffa, io volevo un fratellino! Quand' è che mamma e papà mi danno un fratellino?
Mi volto di scatto e guardo le scale. Dalla cucina provengono delle voci. Non può essere papà, è andato a lavoro quando la lancetta grossa era sul cinque. Lui va sempre a lavoro quando la lancetta grossa è sul cinque.
Metto un piede dopo l' altro nelle scale, così raggiungo la voce di mamma. Forse sta facendo una sorpresa per me, per il mio compleanno! Forse sta incartando le scarpe da calcio nuove che ho sempre desiderato! Oppure una batteria! Chissà cosa mi regalano al compleanno e cosa a Natale...
Sono quasi arrivato alla cucina, ma mi fermo e mi nascondo dietro la porta. È la mamma, sì, e sta litigando con Eve. Di nuovo.
Eve è la mia sorellona. I suoi, di anni, sono composti dal due e dal quattro. O era il tre?
Ho voglia di coprirmi le orecchie con le mani quando iniziano ad urlare, eppure non lo faccio, perché sentire e capire finalmente perché litigano tanto ogni volta.
-Basta, mamma, mi sono stufata! Devi smetterla di ricattarmi, non ce la faccio più!- Eve ha il singhiozzo e piange. Odio vederla piangere. Sul piano del tavolo tiene stretto il suo fedelissimo casco nero. Adoro quelle poche volte in cui mi fa salire sulla sua moto assieme a lei...
-Ti ricatto solo perché non sei in grado di ragionare con quella tua testa ammaccata che ti ritrovi!-
Deglutisco. Non mi piace quando litigano.
-Questo non è vero! Sono maggiorenne da anni, eppure tu insisti nel tenermi intrappolata qui. Non sono neanche più tua figlia, ormai, sono un burattino!-
-Non parlare in questo modo a tua madre!- mamma le punta un dito contro e alza la voce. È arrabbiata, è molto arrabbiata.
-Ma è la verità! Non sono più una bambina, non puoi più comandarmi! Smettila di agire come se tutto ti fosse concesso, questa è la mia vita!-
-Devo forse ricordarti che cosa c'è in ballo per te?!- gli occhi d'oro della mamma sprizzano rabbia e i capelli castani sono raccolti in uno chignon alto. Mi fa paura quando si comporta così. -Tu ti sei messa nei guai da sola ed io te ne ho tirato fuori. Senza di me, adesso tu saresti chissà dove! La gente avrebbe parlato di te, ti avrebbe isolata! Sei fortunata che io, invece, lo abbia impedito e ti abbia dato la possibilità di rifarti un nome!-
-Preferisco essere umiliata di fronte al mondo intero piuttosto che essere il manichino dei tuoi disgustosi "abiti"!- Eve diventa rossa in faccia e mamma le dà uno schiaffo.
No, Eve...
Nessuna delle due dice più niente. Non ho capito che cosa si sono dette. Eve esce dalla porta che passa dal salone col casco in mano. Va verso la porta d' ingresso... dove vuole andare?
La seguo e tengo aperta la porta di casa. Il freddo mi attacca più di prima, ma non mi importa. La fisso dalla soglia: Eve sale sulla sua moto e la accende con le chiavi. Il rumore che fa mi mette i brividi. Si mette il casco, toglie il cavalletto e indietreggia, stando attenta alla neve intorno a lei.
È presto... troppo presto. Dove va a quest' ora?
-Eve!- le urlo e sorrido, i capelli mi cadono quasi sugli occhi. Alza la testa e mi guarda. Sorride... un sorriso triste. -Eve!- alzo il braccio e la saluto, felice. Lei non ricambia. Eve...
Mi fa un cenno con la testa e abbassa la visiera scura del casco. Mi è sembrato che stesse per piangere. Si mette in strada e se ne va.
Cosa...? Ma... Eve?
-Eve!- urlo ancora, a squarcia gola e spero che venga qui, che torni indietro. Ma lei... lei non torna... perché non torna?
Non mi ha abbracciato. Non mi ha salutato.
Non mi ha fatto gli auguri di compleanno.
Tremo e singhiozzo. Una lacrima mi bagna la guancia paffuta. Dov'è andata?
-Eve...-

Salto nel sonno e mi guardo attorno. Conosco quest' interno... la Limo Bob. Infatti, Harry è seduto vicino a me e mi fissa. Mi sento avvampare. -Perché non mi hai svegliato prima?- borbotto, guardando fuori dal finestrino e riconoscendo la strada.
-Mi piace guardarti dormire.- mormora, -Sembri un bambino.-
Arrossisco. Perché deve fare sempre così? Perché deve farmi sentire così... fragile?
Tiro su la testa dalla portiera, sulla quale mi sono addormentato, e sento la terra sotto di me fermarsi. Mr. Occhi di Ferro esce dall' auto e mi offre una mano. Io l' accetto e sento perfettamente quanto la sua mano sia calda rispetto alla mia. Dio, rimarrei con la mia mano nella sua per sempre...
Mi do mentalmente uno scappellotto. Devo concentrarmi, quest' uomo mi ha praticamente sfidato a duello. Metto un piede fuori, ma inciampo e finisco dritto fra le sue braccia. Lo guardo dal basso, i suoi occhi mi fissano come se avesse davanti la magia più vera e magnifica al mondo.
Oh, Cristo...
Vorrei dirgli di baciarmi, di rubarmi le labbra com' è solito fare, però preferisco mantenere la mia dignità intatta.
Mi sorride, provocatorio e lussurioso: -Allora è vero che il vero amore cade dal cielo.- sghignazza, alludendo all' altezza della Limo Bob. Non so se picchiarlo o nascondergli il mio viso.
Che imbarazzo!
-Invece di fare allusioni, che ne dici di entrare?- domando retorico, indicando il grattacielo di sua proprietà. Sbuffa una risata, ma mi fa comunque strada.
Come se ce ne fosse bisogno...
Saluto velocemente Hearl e ci dirigiamo verso l' ascensore. Le ragazze e le donne che sono al pianoterra ci salutano entrambi, tuttavia io sono l' unico dei due a ricambiare. Harry preme un pulsante e le porte si aprono subito. Entriamo e seleziona l' ultimo piano. Rimaniamo così rinchiusi dentro lo spazio piccolo e di metallo per qualche minuto.
Ho il cuore a mille e sto cominciando a sudare. -Dov'è Bailey?- parlo, percependo un aumento di salivazione. Cazzo, nemmeno agli esami di fine anno mi sento così.
-Le ho dato l' incarico di aiutare un mio dipendente sotto processo e ingiustamente accusato. Dopo che mi hai detto che è diventata il tuo avvocato contro di me, ho preferito tenerla lontana per un po'.- fa lui, il tono di voce gelido e professionale.
Ahia, questo non è un buon segno.
Finalmente usciamo e camminiamo lungo il corridoio che ci porterà al suo ufficio. -Com'è andato il film?- tento di ammazzare il silenzio che c'è tra di noi, però lui non fa una piega e apre la porta dell' ufficio.
-Bene. Ho recitato tutte le scene dove servivo e me ne sono andato il prima possibile. Hanno detto che il mio Lucas era perfetto e lavorare con Katherine McNamara è stato veramente divertente.- la sua lingua va veloce nel pronunciare le frasi e si siede alla propria scrivania. Prendo la sedia di fronte a lui, mi ci accomodo e poggio gli avambracci al vetro freddo della scrivania. -Hai fretta?- gli rifilo un mezzo sorriso e arcuo un sopracciglio, divertito.
Abbassa lo sguardo e scuote la testa, sorridendo come uno pronto alla sfida. -Prima giochiamo, prima vinco, prima ti scopo.-
Ah! Pallone gonfiato.
-Vedremo.- gonfio il petto e mi faccio scrocchiare il collo.
Harry sorride in modo finto e prende in mano il telefono nero e fisso della scrivania. -Samantha, puoi portarmi delle carte napoletane? Grazie.- mette giù e aspettiamo pazientemente.
Mmh, carte napoletane...
-Come si gioca a questo gioco?- apro bocca, dopo che Samantha se ne è andata, lasciandoci le carte. Le tira fuori dalla loro scatolina e io le osservo: sono molto diverse da quelle da poker. Hanno raffigurato sopra delle immagini, come dei soli, delle coppe, delle spade... veramente molto belle.
-Di origini calabresi, Scippa Core si basa sulla fortuna.- mi spiega, dividendo il mazzo da ottantadue carte in due da quarantuno. Mi consegna un mazzo, impedendo ad entrambi di vedere le carte. -Le carte devono sempre stare a faccia in giù. Si pesca quella che si pesca. Valgono solo quelle da uno, da due e da tre. Se io metto in tavola una carta da uno, tu mi dai una tua carta. Se metto quella da due, tu me ne dai due. Se è da tre, me ne dai tre. Ma, se io metto una carta da uno e tu me ne dai una da due, io ti devo dare due carte e devono essere nulle perché tu le possa prendere. Di conseguenza, si prende tutto il mazzo sul tavolo. Vince chi dei due, alla fine, avrà tutte le carte in mano. Potrebbero volerci venti minuti, come un' ora. Le carte si chiamano Coppe, Spade, Denari e Bastoni. Pronto, Mr. Tomlinson?- ghigna lievemente, prendendo il suo mazzo capovolto, senza guardarlo.
Porca. Miseria.
Prendo un respiro profondo, ho il cuore in gola. Io voglio, devo sapere di lui e Jasper. Ma Mr. Occhi di Ferro è furbo, avrà un qualche piano. Mi do del babbeo. Questo gioco di carte si basa solo sulla fortuna, come potrebbe barare? Le carte non sono ancora state guardate da nessuno di noi due, sarebbe praticamente impossibile. Eppure lo conosco così bene... Guardo in fretta l' ora sul mio cellulare: le dieci e dodici. Ok, vediamo fino a quanto dura.
-Pronto.- affermo, prendendo il mio mazzo e sentendo le carte strusciare con tocchi lievi orizzontali sulla mia mano. Mi sorride con parsimonia: -Inizi pure, Mr. Tomlinson.- mi fa cenno con la testa e non esito nel mettere la prima carta. Sei soli, che suppongo essere i Denari.
Ahm... non vale niente.
-Tocca a me.- quasi mi avverte, poggiando una sua carta sopra la mia; la prima che ha pescato. Il re di Coppe. Tiro un sospiro di sollievo, non vale niente neanche la sua. Vado io e metto la mia seconda carta: due di Bastoni. Gongolo fra me e me, questa vale!
-Complimenti, Louis. Ma vediamo se il mazzo ti spetta.- dice, la voce è sensuale e misteriosa, quasi uno scorpione pronto a pungere la propria preda. Butta sul tavolo una carta da quattro di Denari e un cavallo di Spade.
Nulle.
-Mie.- valuto, piegando di poco il capo e prendendo tutto il gruzzolo di carte sul tavolo. Sento la mano riempirmi, nonostante le carte siano piccole. Fa un verso di apprezzamento, -Niente male.- ammette, mordendosi poi il labbro carnoso. Deglutisco e stringo le gambe. Cazzo... vorrei morderlo io, quel labbro. Lo scruto ovunque: si è allargato ancora di più il colletto e ha portato con una mano i capelli all' indietro, scompigliandoli. Le maniche sono aperta, mostrando i polsi lievemente dorati come il resto della sua pelle e come anello ha solo quello con la testa di leone al solito posto.
Sexy da morire.
Il gioco continua, va avanti per quello che sembra l' infinito e pare che nessuno di noi riuscirà a vincere. Più di una volta sono andato in vantaggio io e lo stesso vale per lui. Non riusciamo a concludere. -Perché mi hai cercato di nuovo?- mi esce un sussurro, ma so che lui mi ha sentito. Sento che qualcosa manca, in questo schema incasinato che lui stesso ha creato.
-Perché sì.- taglia corto, mostrandomi un tre di Bastoni.
Bah, odio quando fa così.
-Non è una risposta, la tua.- lo avverto, dando tre carte dove una è l' asso di Coppe. Dà una carta, l' asso di Denari. -Non voglio starti lontano, ecco tutto.-
Deglutisco e sento un tremolio lungo la schiena. Metto una carta, nulla. -E tuo marito?-
Prende il mazzo. -Mio marito non c' entra in questa faccenda, Mr. Tomlinson.-
-Sì, invece, se è lui che stai tradendo.- il mio tono diventa rabbioso di poco. Posso accettare che tratti me come se non contassi nulla, perché in fondo per lui io non sono nessuno, ma Jasper è pur sempre suo marito. Si sono giurati amore eterno, deve pur valere qualcosa.
Poggia sul vetro il cavallo di Coppe. -Rispetta i patti, Louis. Ti parlo di Jasper solo se vinci.- sento una nota arrabbiata nelle sue parole e aggrotto la fronte. -Voglio solo sapere cosa vuoi di nuovo da me!-
-Voglio te.- alza lo sguardo dalle carte e mi fissa, serio, impassabile. Rilasso i muscoli e il cuore mi martella furioso nelle orecchie. Per poco e non faccio cadere tutte le carte a terra.
Lui... cosa ha detto?
Ho sentito male? Devo aver sentito male.
-Me?- mormoro, senza fiato. Cosa intende? Sesso? Uscite? Cosa?
-Se pensavi davvero che ti avrei lasciato andare, sei fuori di testa.- la sua voce è calda, severa... mi sembra che stia per uscirgli un ringhio dominante dal petto.
Le dita mi tremano mentre poso la carta, una carta nulla. -Harry... io non... non possiamo... siamo costantemente sotto tiro, esposti...-
-Stasera non lo siamo stati. Posso fare in modo che accada ancora.- mi giura e i suoi occhi mi supplicano, disperati. Merda, ho voglia di accarezzargli il viso pur di calmarlo. -Fidati di me, Louis.-
I miei battiti aumentano, così come la sudorazione. Deve essere pazzo, anzi, è pazzo. Che accidenti crede di fare? Riprendere i nostri vecchi rapporti? Mi si secca la gola. No... No, non può farlo. Scuoto la testa e mi mordo a sangue il labbro inferiore. Questo è peggio del volermi toccare, vuole ricominciare tutto da capo.
Cazzo, lo sapevo! Non dovevo chiamarlo, non dovevo dirgli che volevo restare con lui per tutta la notte! Ma perché, l' ho fatto, poi? A che cazzo stavo pensando in quel momento?!
-Harry, no, chiaro? No, no e no!- mi agito, stringendo convulsamente le carte fra le mani e respirando con l' affanno. Che follia, che cazzo di follia. -Tu hai Jasper e io ho Rose. Non posso finire di nuovo sui giornali, ok? Non con te. Sto anche per diventare padre, devo sposarmi, andare a Londra...-
-Smettila!-
Alzo la testa verso di lui e mi sento indifeso di fronte a questi suoi occhi, stanchi, sfiniti, incazzati neri e distrutti. Pare che mi stia quasi per saltare alla gola. Uno sguardo da leone. -Devi finirla con questa tua farsa, Louis. Hai vent'anni, quasi ventuno, non puoi sempre stare al gioco degli altri. Continuando così, ti soffocherai. Guardati! Stai trasformando i tuoi colori in un' ombra oscura e tetra. Ma non ti vergogni?!- mi sgrida, mi fa sentire il più disgustoso possibile. Stringe le carte con foga, sbattendone con forza una.
Mi torturo pur di non piangere. Fa male quando ha ragione. Desidero picchiarlo almeno quanto voglio che mi tenga suo prigioniero per sempre. Senza più paure, maschere e costrizioni.
Mr. Occhi di Ferro, quanto ti odio.
Butto fuori l' aria con rassegnazione e metto la carta. -E allora che cosa mi consigli di fare?- glielo chiedo perché non ce la faccio più. Tutto questo deve finire, in qualche modo. Sento una nausea orribile e una stanchezza opprimente su tutto il corpo.
-Esci con me.-
Lo ammiro con stupore.
Eh?
-Come, scusa?-
-Aumentiamo la posta: se vinci tu, ti dirò del mio matrimonio e potrai tagliare per sempre i ponti con me, dato che ti mando così tanto nel pallone con la tua vita. Se vinco io, ti avrò stanotte e uscirai con me tre volte a settimana nei mesi a venire. Deciderò io dove andremo e che cosa faremo, ma ti permetto di decidere un' uscita su tre. Ok?-
Esamino per bene la sua proposta. Muoio dalla voglia di sapere del suo matrimonio e, sì, forse non averlo più tra i piedi mi darà meno possibilità di finire al manicomio... e se perdo, sarà proprio come tre mesi fa: lo vedrò più spesso, morirò ogni volta dalla voglia di toccarlo e mi farà impazzire di rabbia e gioia contemporaneamente, peggio di adesso.
-Va bene.- borbotto, ringraziando il cielo di essere seduto - sennò sarei straripato a terra - e dando tre carte dopo il suo tre di Bastoni. Di colpo, smette di essere autoritario e ride di cuore. -Perché ridi?- domando, confuso.
Lui poggia in modo pesante le sue carte sulla scrivania, si accomoda coi gomiti e si sporge verso di me, trionfante. -Si guardi le mani, Mr. Tomlinson.-
Le mani?
Faccio come mi ha detto e sento un freddo glaciale invadermi.
Oh... no... cazzo...
Merda!
Mi accorgo solo ora che ho le mani vuote.

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Ciao! Spero che la storia vi stia piacendo! ;)
Cosa vorresti dire/chiedere ai personaggi della trilogia? Risponderanno loro stessi! :D

Louis

Harry

Niall

Liam

Zayn

Lacy

Mary

Bailey

Rose

Evelyn

Amber

Alden

Jasper

-Kitta♡

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