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Capitolo 11

La struttura è di cemento bianco e ci sono dei lavori in corso per renderla accessibile. Fortunatamente, gli operai oggi non ci sono.
Io ed Harry passiamo sotto la striscia rossa e bianca che nega l'accesso e gli mostro il cellulare. «Elle vuole che vada nello scantinato con i documenti».
Lui sospira. «Ok. Se mi ricordo bene, ci sono solo due porte per quel posto. Una che porta agli uffici, l'altra è un'uscita di emergenza. Io cercherò di non farmi vedere e interverrò nel caso in cui vada male».
«Potrebbe anche andare bene, sai? Siamo due contro due». Mi viene un colpo di tosse e sputo altro sangue nel fazzoletto. «No, facciamo due contro uno e mezzo. Prendiamo Sequoia e scappiamo. Ma non prometto di riuscire a correre».
Mi osserva con ansia e preoccupazione, poi indica una Porsche. «Quella è di Mardoc. Sono già qui. Ricorda, se provano ad attaccarti, urla e io prendo la mira su uno di loro».
Prendo la ventiquattrore e lui mi stringe alla vita, io gli passo la mano tra i capelli. «Ce la faremo. Andrà bene».
Mi bacia sulla fronte. «Chiudiamo questa storia e corriamo all'ospedale».
Mi sale un grumo di bile dalla gola. Ho il timore di quello che accadrà una volta che mi avranno ricoverato.
Dopo. Una cosa per volta.
Adesso dobbiamo pensare a Sequoia.
Vado ad aprire una delle ante di vetro dell'entrata principale. Per terra vi sono piastrelle quadrate, polvere e residui di calcestruzzo. I lavoratori hanno lasciato in bella vista i loro strumenti.
Per precauzione, prendo un martello e lo nascondo dietro la schiena, incastrandolo tra la canotta e i pantaloni.
Sono costretto a piegarmi per passare sotto a svariate travi e piani in legno per gli appaltatori, fino a quando non trovo una porta col segnale verde delle scale.
Scendo con difficoltà, trascinando la borsa. Sento dolore ovunque, per poco non zoppico.
L'unica luce proviene da delle lampadine, distanti parecchio tra di loro. Elle e Mardoc devono aver messo in funzione l'elettricità per rendere questo scambio più semplice.
Trovo la porta predestinata e la spingo. Vado a cascare contro un corrimano e mi devo tenere forte per non rovinare a terra.
«Louis!»
Sollevo la testa e incontro lo sguardo spaventato di Sequoia. È tra i suoi due rapitori e Dean le sta stringendo il braccio, facendole male.
Respingo un ringhio e faccio gli ultimi quattro scalini di pietra per giungere di fronte a loro, a separarci solo due metri.
Elle mi esamina. «Non hai una bella cera».
Dio, le sputerei in faccia. «Felice di rivederti, nonna. Noto con piacere che hai più rughe rispetto a due anni fa».
Elle smette di sorridere e la sua mano scatta, tira la ragazzina per i capelli facendola gridare.
Mostro.
«Smettila!»
La molla e Sequoia singhiozza.
È tutta colpa mia. È in questo pasticcio perché conosce me. Non importa se non uscirò da qui sulle mie gambe, devo assicurarmi che lei sia al sicuro.
Alle loro spalle, dietro l'uscita di emergenza con portellone aperto, scorgo Harry. Assiste paziente alla scena e tiene la pistola bassa.
Concentrati.
«Piccola, stai bene?»
Piange a dirotto. «Louis, la mamma è morta».
Raggelo. Che cosa?
Desidero immensamente spingere contro la parete questi due infami. «Che avete combinato?»
La bambina non ha più nessuno.
Mardoc mi fissa con disgusto. «Non trarre le tue conclusioni. Celine si è solo avvicinata troppo ad uno dei suoi amati aghi. Ora l'unico peso che ho lei».
Sequoia strilla all'ennesimo strattone e lo colpisce debolmente per farsi liberare. «Dean, lasciami, mi fai male!»
«Ora basta! Ho quello che volevate, lei non c'entra». Lancio con la poca forza che ho la ventiquattrore ai loro piedi.
Mardoc spinge via Sequoia. Lei si affretta a riprendersi e corre da me. Mi impedisco di mostrarle quanto sto soffrendo quando mi abbraccia di slancio.
Elle sorride peccaminosa, il suo rossetto risplende con la luce che proviene dalla piccole finestrella sbarrate sulla parte alta del muro alla mia destra. «Lo sai, Louis, ti credevo più furbo. Ero sicura che avessi un piano B».
Il verso familiare di una sicura che scatta mi fa rabbrividire. «Ce l'aveva».
Questa voce.
No.
Harry esce allo scoperto con le mani in alto, dietro di lui un uomo gli punta una canna contro la schiena.
«Harry».
«Jasper».
«Benvenuto alla festa». Jasper costringe Harry a venire da me e Sequoia, non prima di avergli preso l'arma.
Sibilo tra i denti. «Quindi sei tu. La talpa della Styles Lives & Co. sei sempre stato tu».
Harry si mette davanti alla bambina per proteggerla dalla pistola del suo ex marito. «La banca, i referti medici con le condizioni di Lou... Hai spifferato ogni cosa a questi due e alla stampa. E adesso, dopo due anni, vuoi prosciugarmi dei miei beni».
Jasper mise via la pistola. «E ne è valsa l'attesa».
Elle unisce le mani, soddisfatta. «Bene. Direi di assicurarci della buona parola dei nostri amici. Jasper?»
Lui prende la valigetta e la apre, controllandone il contenuto.
Le mie palpitazioni vanno alle stelle e Harry mi osserva, ha la mia stessa espressione. Siamo spacciati.
«Allora?», fa Mardoc. «Ci sono tutti gli atti di proprietà?»
Deglutisco e gemo sottovoce.
Jasper alza le pupille su di noi, apatico e impenetrabile. Chiude la valigetta. «Tutti, con tanto di firma».
Resto attonito.
Lui... cosa?
«Perfetto. Dirigiti alla macchina, noi arriviamo».
Il moro acconsente e ci rivolge uno sguardo significativo.
Io e Harry ci scambiamo un'occhiata. Jasper ci ha appena coperti? Che razza di gioco è il suo?
Mardoc si allontana lentamente da Elle, fino a salire i gradini che conducono alla porta da cui sono entrato io. «Direi di passare alla parte finale. Che ne dici?», si rivolge alla sua complice.
Elle prende dalla sua borsetta una pistola e la punta contro di noi. Ci abbassiamo appena in tempo e Sequoia si lamenta contro la mia camicia, spaventata.
I proiettili finiscono e io le sbraito contro. «Mancati, brutta stronza».
Lei alza un sopracciglio. «Sicuro?».
Eh?
«Non abbiamo fatto partire solo l'elettricità».
Un rumore dietro di noi ci fa girare. I colpi hanno perforato le tubature, che ora stanno perdendo. Il frastuono aumenta, diventa insopportabile, come se fossero sul punto di...
«Giù!» Harry ci porta a terra prima che l'acqua esploda. Il getto potente ci bagna le teste e le schiene.
Murdoc prende un coltello e lo vedo tagliare dei cavi. Lui e Elle escono dalle due porte e so già che ci hanno incastrati qua dentro.
«Addio, Louis». Elle sorride sadica e riesce a bloccare la porta di emergenza.
I cavi, l'acqua...
Cristo.
«Sull'impalcatura, presto!» Harry mi aiuta a rimettermi in piedi e solleva Sequoia per farla salire per prima.
La nostra scalata è ripida e difficile, arriviamo fino all'ultima trave di legno rinforzata e guardiamo di sotto.
Prendo il martello e lo lascio cadere giù. Il suono che sento è senz'altro opera di una scossa.
Siamo bloccati quassù. Non ci sono vie di fuga accessibili e l'acqua sta salendo ad una velocità preoccupante.
Mr. Occhi di Ferro tiene me e Sequoia vicini. «Non toccate il metallo. Tenete le mani sul legno».
La bambina continua a piangere e mi viene naturale controllarle il braccio che Mardoc per poco non le torceva. È colmo di lividi.
«Tranquilla. Usciremo da qui, vedrai». Cerco soccorso in Harry. «Che ti ha detto il tuo amico come ultima cosa?»
Controlla il telefono. «Ha ricevuto le coordinate. Dovrebbe arrivare con la polizia tra cinque minuti. Al massimo».
Stringo la ragazzina contro di me per coprirle le orecchie. «Non li abbiamo cinque minuti. L'acqua è troppo veloce».
Scrive in fretta sullo smartphone. «Lo sto avvisando. Toglieranno la corrente prima di venire da noi».
Uno sparo proveniente da fuori ci fa sobbalzare.
«Che sarà successo?»
«Forse hanno scoperto il nostro inganno». Harry grugnisce e si tocca una spalla.
Cosa...
«Harry, sanguini».
La sua mano passa dall'ascella al torace, rivelando una grossa chiazza rossa.
Emette una risata incredula. «Neanche me ne sono accorto. Elle, maledetta».
L'adrenalina svanisce e si accascia.
Striscio da lui. «Harry!»
Sta diventando bianco in faccia, come le sue labbra. Sta sanguinando velocemente.
Levo la camicia, rimanendo con la maglietta leggera. «Sequoia, copriti le orecchie». Tolgo uno dei ciuffi fradici dalla fronte e premo contro la sua ferita usando il tessuto.
Grida energico, delle lacrime gli rigano il naso e la guancia poggiata all'asse.
Gesù, questo è un incubo.
«Scusa. Mi dispiace».
«No, continua. Premi più forte che puoi. Ferma il flusso», balbetta.
Il mio respiro va veloce e provo a non andare nel panico. «Piccola, vieni qui. Aiutami».
Sequoia va dietro la schiena di Harry.
«Poggia le mani dove le sto tenendo io e premi con me».
«Ma gli faremo male».
«Lo so, però l'importante adesso è tenerlo in vita». Posiziono i suoi palmi sulla mia camicia, ormai rovinata. «Spingi».
Agisce come me e Harry stringe i denti, sofferente.
Non morirai. Tu non morirai.
Sbotta un'imprecazione. «Non era così che pensavo... di morire per te, Mr. Tomlinson».
Fingo un sorriso. «Sei sempre il solito, non riesci a stare zitto neppure ora».
Sta sudando. Non mi piace. Si sta indebolendo.
«Louis... sono un medico... capisco quando la situazione è irrecuperabile. Credo proprio che... uno dei miei polmoni... stia per collassare».
Mi si inumidiscono gli occhi.
«Non faranno in tempo per me».
Ti prego.
«Harry, ti amo più di ogni cosa, ma per l'amor del cielo, sta' zitto».
La mia speranza scompare quando le mie mani, sporche del sangue del mio uomo, iniziano a tremare. La mia vista diventa sfocata e la testa è una fottuta trottola.
Rimango sollevato sulle ginocchia prima di stremare anch'io, il mio viso a pochi centimetri da quello di Harry.
«Louis!» Sequoia mi raggiunge e mi scuote. «Louis, guardami!»
Il frastuono della corrente e dell'acqua che avanza è una delle poche cose che riesco a sentire.
I miei occhi sono in quelli del mio amore e se questa è la fine... be', è davvero una gran bella conclusione a questo mio viaggio.
Il mio cuore mi sta lasciando e non sto parlando del muscolo.
«Harry...», sussurro. «Non dormire».
Se dorme, è finita.
Riapre lievemente le palpebre, stanco quanto me. «Mi manca Fuerteventura».
Rido come riesco, ma mi esce solo un sospiro. «Anche a me».
La sua mano si incastra nella mia, quella dove tengo al polso il suo braccialetto con le nostre frasi, mentre Sequoia non smette di disperarsi e di tenerci coscienti.
«Harry... so perché volevi farlo. Perché volevi darmi il tuo cuore e sacrificarti per me».
Per lo stesso identico motivo per cui l'avrei fatto io. Perché morire sapendo di averlo mantenuto in vita era accettabile.
Inghiottisce a vuoto. «Volevo essere migliore per te. Perdonami».
Ansimo, una lacrima mi sfugge. «Tu sei il meglio per me, Mr. Occhi di Ferro. Sei il mio corvo nero mancato».
Lui non era più un corvo. Era diventato una colomba.
Solleva tremante la testa e mi bacia le nocche. «Rakastan sinua».
«Minäkin sua».
Ti amo.
Le pulsazioni nella testa aumentano, aumentano, aumentano... fino a farmi svenire.










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