All for freedom and for pleasure.
Per qualche motivo a lui non troppo chiaro, sembra che ultimamente suo padre non abbia altro da fare che trascorrere ore intere in compagnia di Manuel, guardandosi bene, chiusi come sono nello studiolo, dal coinvolgerlo in questa misteriosa attività.
Non che si stupisca di tutto ciò Simone, anzi giura di vivere serenamente il palese legame che, sin dagli anni del liceo – passando per quelli universitari nei quali lo ha spesso seguito con gli esami di filosofia – Dante ha sviluppato nei confronti del ragazzo.
C'è stata a volte qualche paranoia ad attanagliarlo, un pensiero cupo e latente in base al quale si convinceva che il rapporto fra loro due fosse ben più naturale di quello che riusciva a mantenere lui con il genitore, eppure, con il tempo, era riuscito ad accantonarlo.
Il padre aveva imparato a stargli vicino rispettando i suoi tempi e smettendo di cercare negli altri le risposte che avrebbe potuto raggiungere solamente in un dialogo aperto e sincero con il figlio.
Non era sempre stato facile, Simone le ricorda bene le sfuriate fatte per i motivi più assurdi, ma, da un certo punto in poi, l'equilibrio precario nel quale entrambi oscillavano aveva fatto posto al rapporto solido a cui ora è così abituato.
Forse è per questo, o perché proprio alcune difficoltà con Manuel le ha da poco confessate anche a Dante, che un po' soffre il loro isolarsi e il suo conseguente estraniamento.
Si era pure sentito ridicolo a parlargliene, svegliato in piena notte da una sete improvvisa e trovatoselo in cucina, quasi che aspettasse il figlio con tutto il suo carico di angosce.
"Pare sia una cosa seria stavolta..." esordiva e non si sorprendeva nemmeno quando il padre – "te l'ha detto Manuel?" – ne seguiva la linea dei pensieri prima ancora che lo facesse lui stesso.
Annuiva piano Simone, l'intero peso del corpo accasciato contro il frigorifero e la testa china mentre, in un moto di impazienza, ma anche di terrore nel conoscerne la risposta, gli chiedeva se stesse sbagliando, se, diceva, secondo te sono stupido a sperarci ancora.
Allora Dante glielo spiegava con calma, stringendolo a sé come faceva quando era piccolo e spaventato da mostri vari, che non c'era proprio nulla di stupido in lui e in generale nel suo rapporto con l'amore.
"Avete un legame speciale voi due... l'avete sempre avuto, amore di papà. Come se riusciste a capire sempre cosa vuole uno, pure prima che ci arrivi l'altro! E credo sia questo che spesso vi sbilancia... ma vedrai che anche stavolta riuscirete a ritrovarvi."
Ci ripensa Simone a quel discorso e continua a non trovarne il senso, né mentre vede Manuel uscire felice dallo studio per raggiungerlo e neppure mentre ribatte, con un secco non posso stare sempre appresso a te, alla sua richiesta di andare insieme a casa nuova, che in un attimo gli cancella il sorriso dalla faccia.
Ben gli sta, si ripete sempre meno convinto nei minuti successivi, il motorino inforcato sotto un sole cocente e il tragitto verso casa di Giulio e Monica percorso a velocità supersonica.
Nemmeno si accomoda bene nel loro salotto che subito viene reso edotto di due cose:
la prima è che, proprio come chiunque – compagni di classe, professori, bidelli, supplenti e persino i banchi su cui stavano seduti – aveva previsto a scuola, quella coppia così innamorata in adolescenza, sarebbe stata alla fine l'apripista per matrimoni e, stando all'ecografia che gli viene sventolato sotto il naso, gravidanze di figlie femmine.
La seconda, non meno importante, ma anzi, quasi, quasi, alla pari nella personale classifica appena stilata, è che gli stessi compagni su cui tanto fa affidamento da anni, con quella placida sensazione di avere una seconda famiglia alle spalle a proteggerlo, sono in realtà solo degli stronzi allucinanti.
"Come cazzo avete fatto a non dirmi una cosa del genere!" sbraita passando con gli occhi da Giulio a Monica i quali sembrano recepire piuttosto passivamente la sua sfuriata.
Si pente anche di urlare in tal modo, consapevole di quanto non dovrebbe caricare di stress una donna che ha appena scoperto di essere incinta, ma il pensiero che lei, il marito e pure l'allegra combriccola di amici, abbiano tutti già conosciuto la persona di cui Manuel parla da mesi, lo manda in bestia.
"Cioè l'unico stronzo qui sono io!" ride istericamente prima di mettersi le mani nei capelli "lo stesso che si sfianca da mesi per quella maledetta casa dove lui andrà a vivere con una che non ha avuto nemmeno la decenza di presentarmi!... Ma si può sapere chi cazzo è?"
E nel principio di esaurimento nervoso che avverte, gli pare anche di intravedere un sorriso trattenuto sulle labbra di Giulio, come se, in tutto ciò, ci trovasse pure da ridere.
Si rende conto così che quelli, felici come sono della loro recente scoperta, per le sue disgrazie non è che possano dispiacersi più di tanto e che, il soliloquio inutile in cui si è perso, dovrebbe forse essere ripreso in casa e alla presenza di altri.
Alla telefonata al vetriolo che gli ha riservato per informarlo che stava arrivando a casa sua, Manuel ha risposto con una flemma che Simone non crede di aver mai sentito prima.
Beh, di certo non mi farò intenerire da quella faccia di cazzo, giura a se stesso mentre scende dalla moto e raggiunge di fretta l'edificio.
Non aveva mai notato quanto verde ci fosse tutto attorno e, per un fugace attimo, si ricorda di quella chiacchierata intrattenuta tempo addietro con l'amico dove gli spiegava quanto per lui, cresciuto in una villa con giardino, una situazione così in futuro sarà essenziale, Manu!... io non ci potrei mai stare in mezzo ai cumuli di cemento.
In ogni caso, qualsiasi altra riflessione volesse fare a riguardo viene prontamente dimenticata appena vede l'oggetto dei suoi pensieri comparire davanti al portone d'ingresso.
C'è la solita smorfia impertinente sul viso di Manuel, il sorrisino sghembo di chi ha sempre la risposta pronta verso il mondo intero, ma scrutando gli occhi è evidente che qualcosa non sia al suo posto.
E per quanto non possa fare a meno di preoccuparsi per lui, che in un frangente diverso non ci avrebbe messo nulla a chiedere cosa lo turbi, e, se del caso, a consolarlo, sul momento non può proprio dargliela vinta e mostrarsi più patetico di quanto già si senta.
Gli monta dentro una rabbia furente, figlia di tutto il rispetto verso di sé che pare aver scoperto all'improvviso e, prima che quello possa anche solo aprire bocca per circuirlo con delle belle parole, sta già alzando la voce e cercando, nel frattempo, di spintonarlo.
Manuel lo guarda come se fosse il pazzo che lui pure crede di essere a comportarsi così, Simo' ma che stai a fa'? attesta senza scomporsi e Simone si innervosisce ancora di più, che nella sua calma ci vede un disinteresse insopportabile, una conferma del fatto che non gliene freghi nulla dei suoi sentimenti e di quanto di continuo lo ferisca.
"Ho perso settimane ad aiutarti con questa casa!" sbotta esausto "ho messo da parte altri progetti per starci dietro, la mia stessa vita privata! E ho seguito i lavori giorno e notte, forse pure più di te... sicuramente più dell'altra persona che tu ti ostini ancora a non volermi far conoscere!"
L'altro tenta anche di interromperlo, un intenerito Simo che sembra venirgli direttamente dal centro del petto per quanto è delicato, ma lui non ci dà peso, non mentre un pensiero angosciante gli squarcia il cervello e ne porta via ogni reattività.
"Ti vergogni" mormora "tu ti vergogni di me..."
Manuel sgrana gli occhi come se avesse preso un ceffone in piena faccia e "no, no, Simone– no... come ti viene in mente?" inizia a cantilenare sconvolto "ma possibile che tu non abbia capito?" gli dice poi riferendosi allo spazio attorno, quasi che tra il giardino in fiore, la bella casa e loro due in mezzo, risieda la risposta che solo lui, evidentemente, non capisce.
Se ne dispiace allora Simone, sebbene non sia la prima volta che passi per cretino ai suoi occhi, però in questo caso avverte proprio di star perdendo un punto fondamentale del discorso soprattutto mentre quello lo guarda rassegnato e "l'hai letto almeno il citofono?" chiede indicandolo.
Ci impiega comunque più del dovuto a scorrere tutti i nomi per arrivare dove gli viene segnalato, sicuro che fino al giorno prima la scritta in quel rettangolino preciso non ci fosse.
"Hai capito adesso Simo'?"
E lui ci sta provando davvero sia a capire sia a ricambiare il sorriso timido che l'amico gli rivolge, ma per quanto si ostini a leggere e rileggere, il concetto pare non sfondare oltre la barriera della sua testa in tilt.
"Si... si" attesta dopo un po' "anche – anche la tua compagna si chiama Balestra come me."
Vede Manuel irrigidirsi, la faccia cambiare in un numero indefinito di espressioni, passando dallo sbigottimento alla risata isterica, per assestarsi infine in una di tenerezza che a Simone scioglie le ginocchia e confonde ancora di più i pensieri.
"Non come te" dice poi, quasi che spiegasse un concetto difficilissimo ad un bambino "sei tu... il nome qua sopra è il tuo."
A Simone – che nemmeno si era accorto della sua mano stretta in quella dell'altro finché non ne ha sentito le carezze sul dorso – pare di affrontare vita e morte tutto nello stesso istante, mentre rimane paralizzato davanti al portone della casa.
Della casa che Manuel ha comprato per lui.
Come se avesse una molla attaccata alle spalle cui qualcuno si fosse finalmente ricordato di dare la carica, recupera improvvisamente l'abilità di pensiero e parola e, alla velocità della luce, rimette insieme i vari pezzi raccolti negli ultimi mesi.
Il progetto fatto solo in base al suo volere, le giornate trascorse a cercare e comprare mobili, i pomeriggi con Rossana che già sapeva tutto, i segreti nascosti da suo padre e pure dagli amici, e poi Manuel, sempre lì, con gli occhi innamorati e speranzosi, identici a quelli con cui lo guarda ora.
"No..." mormora e vede la faccia difronte a sé crollare in un secondo.
"Non è possibile" continua, lasciando meglio pure la mano e, senza che quello possa neppure aprir bocca "non puoi averlo fatto... Io, noi– tutta questa storia" balbetta "una casa, Manuel! Ti rendi conto che hai comprato una casa intera?"
Annuisce piano Manuel, con un braccio cautamente sporto verso di lui e gli occhi pieni della stessa paura e impazienza.
Non si stupisce neanche un po' Simone quando nota che non è solo la sua di mano a tremare.
I gradini che li separano dall'appartamento non sono mai stati così belli e persino la porta in legno, della quale ha sempre ribadito la necessità di cambiarla perché troppo vecchia, gli pare stupenda.
L'ha ideata personalmente questa casa, eppure è come se la vedesse per la prima volta, come se ne scoprisse, mentre si stringe nell'abbraccio di Manuel, solo adesso tutto il senso che racchiude, tutto il futuro che può rappresentare.
Si guarda attorno incredulo, muovendosi dal corridoio alle camere e fermandosi all'ingresso della sala solo per "non ci credo" ripetere ancora "una casa, hai comprato una casa... Tu per me!"
"Per chi altro potevo farlo?" e sembra così convinto nel parlare che lui non lo fa apposta ma, se possibile, si innamora ancora di più.
"Non lo so" gli risponde timido "io penso che queste siano cose che si fanno per qualcuno di importante... per l'amore della tua vita."
Basta un gesto a Manuel per indicare l'immagine incorniciata sulla parete del salotto e Simone, mentre spalanca gli occhi e si incanta su quella foto vecchia di mesi che credeva scomparsa, quasi non sente il leggero appunto... per l'amore della mia vita, che l'altro bisbiglia contro il suo orecchio.
*
Lo sa che non ha scelto proprio il momento giusto, ma dell'urgenza di un letto nuovo e annesso arredamento, è un po' che cerca di parlarne senza mai riuscirci.
Va pure per farlo il discorso – un ragionamento ben costruito e segnato punto per punto nella mente – tanto che "Manu" inizia risoluto, salvo poi Manu! correggersi quando piega il capo di soprassalto e si ricorda che in mezzo alle sue gambe aperte sul divano c'è il viso dell'altro.
Passa una mano nei capelli scombinati, poi la porta tra quelli ancora più stravolti di Manuel e stringe disperato fino a che sente di non avere più forze in corpo.
"Ti giri adesso?" gli dice il compagno con la voce roca e la bocca ancora lucida, così che lui, incapace di negargli nulla, in un attimo si è già voltato di spalle, il viso tra le braccia raccolte e le ginocchia puntellate sui cuscini.
Si prende tutto il tempo del mondo Manuel, prima per baciarlo a discapito della posizione scomoda e dopo per spingergli due dita giù nella gola.
"Stai buono per me, si?" continua intanto che lascia colare un sottile rivolo di saliva sull'apertura esposta e strofina il pollice sopra.
Simone annuisce a malapena, la faccia sempre più schiacciata nel divano, il sedere tenuto su a fatica dalle gambe tremanti e Manuel che lo riempie poco per volta, ricordandogli nel frattempo quanto sia perfetto, nonostante non stia facendo proprio niente se non invocare il suo nome disperato.
"Vuoi– vuoi che esca?" ansima pure ad un certo punto, come se non conoscesse già la risposta, come se anche lui non volesse la stessa cosa e, ai lamentosi no, no di Simone, "no? E che devo fare? Me lo dici tu che devo fare, amore mio?" insiste tra le spinte.
"Qui... devi venire qui" protesta il piccolo in affanno per l'ennesimo orgasmo e non fa in tempo ad allungare un braccio per toccare lo stomaco gonfio su cui anche il compagno preme con forza, che già lo sente riversarsi nelle sue carni, il delirio evidente nei gesti e nelle parole di possesso che gli ripete.
Ne bacia piano la nuca Manuel, scusandosi quando si sfila da lui più delicatamente che può per trascinarselo addosso.
"Che mi volevi dire prima?" chiede dopo un po', senza riuscire a tenere gli occhi aperti.
Simone all'inizio sembra essersi dimenticato pure come si chiama, quasi che le attività appena svolte lo abbiano rincretinito per bene, ma poi si tira a sedere sulle sue gambe e "la camera, Manuel... potremmo cominciare ad arredarla" propone.
Qualsiasi parvenza di sonno scompare immediatamente dalla faccia di Manuel.
"La camera? Noi– tu" farfuglia mentre si siede anche lui "tu vuoi arredare quella camera?"
"Sono passati quasi due anni. Secondo me è arrivato il momento. O no?"
E nella domanda, così come nella faccia preoccupata, c'è tutta l'insicurezza che tale argomento gli provoca.
"Mah... non so se sia il caso, Simo'" sospira Manuel cercando di trattenere un sorriso "non vorrei che per mettere su famiglia con me ti perdessi l'amore della tua vita..."
Ci mette un secondo Simone a rilanciarsi addosso e "no Manu" gli promette felice "quello non potrebbe mai succedere."
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nota dell'autrice:
poco da dire regaz, avevo estremamente bisogno di confort e quindi ho buttato giù questa fetecchia senza senso dove parlo dei miei argomenti prefe: Rossana e i tortelli che – dopo varie peripezie e un mutuo concesso nonostante la giovane età e la professione precaria – vanno a convivere 🥰
Grazie come sempre alle paffute per sopportare le mie lagne e a voi che siete sempre così gentili anche adesso che sono un po' più dedita alla latitanza ♥️
P.s: il titolo viene da un brano (che forse ho pure già usato a suo tempo) della band migliore del mondo, cioè i Tears for Fears.
Ciao!🧚♀️
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