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4. El sueño de toda la vida

Sono appena atterrata e ora sono spaparanzata su una panchina, sfinita. Quelle specie di hostess che raccontano cose del posto per i turisti non mi hanno permesso di dormire, per non parlare del casino che c'era a bordo.  Magari fossi solo una turista, venuta qui soltanto per visitare i monumenti, le spiagge e il Camp Nou. Forse quest'ultimo è l'unica cosa positiva di questo viaggio.
Il mio cuore batte per le strisce bianconere da quando sono nata e quelle rossoblu del Barcellona da otto anni. Il mio idolo era (e ancora è) il mitico Messi. A Natale chiedevo sempre la sua maglietta, nelle letterine che mandavo a Babbo Natale era sempre menzionata, ma da quando ho scoperto che "Babbo Natale" era mio zio Andrea con la barba finta, ho smesso di farlo. E la maglietta non arrivò mai nelle mani della piccola Sofia.
La speranza di incontrare Leo si è fatta strada in me, ma si è subito persa: quando mai Sofia Ruggeri riesce a realizzare i propri sogni? Non riesco ad avere neanche una famiglia unita, figuriamoci arrivare a ciò!

«Papà ti aspetterà al di fuori dell'aeroporto» questo è quello che mi scrisse mia madre due ore fa.
È passata un'ora da quando sono qui e di mio padre neanche l'ombra.
Tutta colpa di quella bionda ossigenata. La stessa con cui papà è scappato quattordici anni fa e la stessa per cui, sicuramente, è in ritardo; le si sarà rotta un'unghia, oppure l'abbronzatura spray alla Carlo Conti si è rovinata, poverina!
Io, le mie valigie e il mio sarcasmo decidiamo di andare al bar dell'aeroporto per bere qualcosa.
Il locale è piccolo ma accogliente e mi siedo su uno sgabello «Un caffè, grazie» ordino alla barista.
Poco dopo stringo tra le mani una tazzina incandescente colma di caffè.
Mi domando come sarà vivere con una lampadata che tratterà mio padre come un cagnolino e me come la Cenerentola della situazione.
Alzo la testa per distogliermi da questi pensieri e vedo la barista che gesticola ampiamente, gli occhi e la bocca spalancati. Mi volto e vedo un ragazzo non tanto alto, con una tuta blu e in calzoncini: nulla di speciale, insomma.
«¿De qué necesitas, señor Messi?»
Per poco non mi va il caffè di traverso. Le mie orecchie hanno sentito bene?
Mi giro lentamente e lo vedo: capelli castani, grande sorriso e lo stemma del Barça sul giacchetto.
«Oh mio dio!» esclamò portandomi le mani alla bocca: il mio idolo è qui, davanti ai miei occhi, a pochi centimetri da me!
Con la mano tremante gli tocco una spalla «Ho...Hola...» balbetto. Leo si gira e mi sorride «Hola, chica!» ancora fatico a crederci.
Rimango lì imbambolata per un tempo che mi pare interminabile, cercando di mettere insieme una frase in spagnolo che abbia un senso.
Il mio mito fa per andarsene, ma mi fiondo fuori dal bar e lo abbraccio. E con che coraggio, poi!
«Eres mi ídolo, Leo!!» dico tutto d'un fiato. Vorrei che questo momento durasse per sempre!
«Vamos, Leo!» ricambia velocemente l'abbraccio e va verso la voce. Non ci credo. Quante volte l'ho detto in questo giorno? C'è l'intera squadra del Barcellona a pochi metri da me, che va verso l'uscita. Rimango lì a fissarli a bocca aperta finché non li vedo scomparire dietro la porta scorrevole.
Ho abbracciato Lionel Messi. Ho realizzato il mio sogno. Cavolo, è stato incredibile! Undici giugno duemilatredici, la data in cui realizzai il mio sogno!

«Siamo qui fuori. Scusa per l'enorme ritardo!» ho riletto questo messaggio come minimo sedici volte. Mio padre e la mia futura matrigna sono qua fuori... Mi vengono i brividi soltanto a pensarci.
Chissà come sarà diventato papà; mamma non mi ha mai parlato di lui, ma alcune cose le ricordo: i capelli biondi, gli occhi marroni come i miei e l'altezza smisurata.
Ma soprattutto chissà se sarà felice di rivedermi, dopo tutti questi anni.
Tiro un lungo sospiro e afferro i manici delle mie valigie: sono pronta per abbandonare il passato ed abbracciare il mio nuovo futuro.

Le porte scorrevoli si aprono e cerco di sorridere più che posso.
«Ehi papà...» la mia voce si incrina quando vedo la scena che ho davanti.
Papà è in ginocchio, che parla con un ragazzino dai capelli biondi dall'aria dubbiosa «Vedrai, la tua sorellina non sarà cambiata di una virgola!»
«Cosa?!» devo averlo detto ad alta voce, perché entrambi si girano e papà sgrana gli occhi «...o forse sì!»

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