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Capitolo 3

CAPITOLO 3.

Risveglio un po' intontito.

"Dark... Dark, svegliati!". 

Queste le prime parole che sentii non appena mi svegliai, o meglio, non appena recuperai i sensi da quella bella dormita che mi ero fatto subito dopo quel bello spavento. Il dolore alla testa, e alla mano tutto passato, come d'incanto, come se non fosse mai successo niente di tutto ciò che avevo visto. Una voce femminile, piuttosto rattristata e piagnucolante, mi stava chiamando con il mio personale soprannome, quello con il quale tutta la scuola, insieme all’intera città di Brommaka, mi conosceva. Dark... Già, forse per rispecchiare il cattivo ragazzo che vedevano al di fuori, esteriormente, il cattivo ragazzo che va in giro vestito tutto scuro, sempre con addosso un colore nero, come un vero duro. Ma in realtà, purtroppo, non sanno minimamente chi sono io, anzi, non lo immaginano neppure chi è il vero Eclipse, Eclipse Bacik. 

La voce che mi chiamava, si faceva sempre più singhiozzante e sul mio viso, stavo iniziando a notare sempre di più dell'acqua, calda, cadermi appena sopra la mia faccia, in punti vari, abbastanza sparsi, con sempre più intensità. Stava piangendo, ma perché piangeva se tanto sono sempre e solo io il cattivo della situazione e soprattutto, chi avrebbe mai potuto piangere per me? 

"Perché piangi?" domandai io, mezzo frastornato dal dolore di poco prima, con gli occhi ancora chiusi, come di prima mattina. 

Rimasi ancora immobile, fermo, non riuscivo bene a muovermi in realtà. Invece la voce femminile, ascoltando le mie prime parole , si mise ancora più a singhiozzare e a piagnucolare sopra di me.

 "Sono rimasta da sola, dopo aver visto il cielo frantumarsi e..." 

"Il cielo... Frantumarsi...?" 

"Si, proprio quello... Come se fosse...." 

"Uno vetro rotto".

Conclusi io la frase, proprio quando iniziai ad aprire gli occhi, molto lentamente, e iniziai  a notai una ragazza stupenda, dai lunghi capelli castani scuro e un neo appena sopra il labbro, proprio sulla destra di esso. Aveva due occhi davvero splendidi, belli grandi, con un taglio che poche ragazze avevano. Rimasi impressionato nel vedere quei due bei occhioni marroni, carichi di speranza e tristezza nello stesso momento. Rimasi fermo, incantato per qualche secondo, con gli occhi finalmente aperti. Con le mie sole forze appoggiai la mia mano sinistra appena sopra la sua guancia destra, tutta bagnata dalle lacrime versate. 

“Stai tranquilla, calmati… Sto bene”. Conclusi. 

"Aspetta, ti aiuto ad alzarti" 

Mi disse lei, capendo che stavo cercando di rimettermi quanto meno seduto. Mise la sua mano destra sulla mia schiena e con l’altra mi aiutò ad alzarmi.

 “Fai con calma”

 Mi disse questa fantomatica ragazza. Con molta calma iniziai a muovere il busto. 

"Come ti senti?" mi chiese lei, vedendo le mie difficoltà ad alzarmi e a mettermi anche solo seduto. 

"Bah, potrei stare meglio" risposi io, ridendo sotto i bassi e sghigniazzando un po’, poi con un tono interrogativo gli chiesi: 

"Tu sei...?"

 "Carlotta. Frequento la classe 2^B". 

"Ah, è così sei più piccola di me di due anni, praticamente... E dimmi, come mai conosci il mio soprannome... Ehm... Carlotta...?" 

"Beh, tutti nella scuola ti conoscono come il ragazzo cattivo, il "bad boy" della situazione ma io osservandoti da lontano, senza farmi vedere, come posso vedere perfino in questo momento che sono vicina a te, posso affermare con assoluta certezza che non sei così cattivo come dicono, anzi!". 

Concluse la frase con un bel sorriso stampato in faccia. Un sorriso a piena faccia, da guancia a guancia. Nessuno mi aveva mai sorriso in quella maniera, così amichevolmente. Arrosì all'istante e girai lo sguardo verso la mia destra. La mia faccia rossa come un peperone maturo al punto giusto, la si poteva notare in qualunque angolazione. 

“Non mi dire che sono stata la prima a dire queste parole? Ahahah” 

Al posto di risponderle, cambiai totalmente argomento. 

"Quindi anche tu hai visto il cielo...?" 

Domandai io, ancora rosso come un peperone per le cose che mi aveva appena detto. Non riuscivo a togliermi quel sorriso bellissimo, insieme a quegli oggi marroni speranza e finalmente non più tristi, ma felici, dalla testa.

 "Si... E non è tutto... Guarda là" mi disse lei, indicandomi il cielo. 

Il suo sguardo ritornò cupo improvvisamente, come se ciò che ci fossimo detto, non fosse mai accaduto. Mi spostai leggermente, giusto per poter vedere con la coda dell'occhio e notai il cielo e il sole: un sole nero, oscuro, quasi come un segno che le tenebre, avessero preso il sopravvento sul male, un sole ricoperto totalmente dalla luna, o comunque da un altro pianeta, mentre il cielo, non era più azzurro, lindo, che dava quella sensazione di libertà, come oramai siamo abituati a vederlo praticamente tutti i giorni, ma di un colore come tendente al rosso. No, non era tendente al rosso: era rosso, un rosso sangue, molto vivo e acceso che dava l’impressione di chiuso, di male e oscurità. Nemmeno una nuvola per cambiare un po' di colore qua e là, niente di niente. Solo un sole nero e un cielo rosso sangue, mischiati con un’aria che dava l'impressione del chiuso.

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