Capitolo 16
CAPITOLO 16.
Grazie.
"Ah... Dove sono finito?"
Chiesi immediatamente, dopo essermi svegliato da uno stranissimo sogno, sogno fatto appena svenni affianco all'assassino di Carlotta. Sembravo come entrato in una sorta di sogno, un sogno straordinario: vedevo Carlotta, davanti a me, viva e vegeta, e anche piuttosto energica, davanti a una strana parete nera. I miei occhi alla sua vista si sgranavano e la mia mano, insieme al mio intero braccio si allungarono per poterla afferrare e tenere stretta a me. Ma più il mio braccio si avvicinava a lei, più lei si allontanava sorridente da me, ed io inutilmente continuavo, cercavo di raggiungerla in qualche modo, di fermarla, di prenderla e portarla con me per sempre. Mi misi perfino a correre con tutta la velocità che avevo nelle gambe, ma era sempre la stessa storia: più mi avvicinavo a lei, a quello sguardo così innocente e vivo, e più lei si allontanava, un passo mio, sembravano quattro o cinque dei suoi. Una frase mi fece svegliare da questo sogno che improvvisamente diventò un incubo cosi oscuro, catapultandomi nella realtà vera e cruda.
"Hai ancora molto da fare in questo mondo... Credi in te stesso Eclipse, credi sempre!".
Queste parole mi fecero fermare improvvisamente e farmi iniziare a commuovere. Dovevo credere in me stesso, lo dovevo fare, non per me in prima persona, ma per lei, per ciò che era diventata in così poco tempo per me. Le avevo fatto una promessa, dovevo sopravvivere a qualunque costo e portare tutti fuori da qui. Dovevo riuscirci a qualunque costo.
"Siamo rientrati a scuola... Dark"
Disse una voce accanto a me, subito dopo aver aperto bocca. Aprì gli occhi che sembravano come sigillati, come sono sigillate le casse forti di una banca di massima sicurezza. Un soffitto bianco cadavere, con in alto un lampadario che faceva luce proprio sopra di me, una luce giallognola che mi mancava un bel po' a dirla tutta.
"Dove siamo?"
Chiesi io, strusciandomi le mani si miei occhi ancora mezzi dormienti.
"Siamo in un'abitazione appena davanti al luogo in cui sei svenuto".
Disse ancora la voce. Successivamente sentì degli scricchioli di sedia, come se qualcuno si fosse alzato proprio da una di essa.
"Fammi controllare se hai la febbre e se le cure hanno avuto effetto..."
Disse ancora, posando la sua mano sulla mia fronte. Una mano calda e abbastanza liscia mi stava toccando la fronte.
"Per quanto tempo sono rimasto addormentato?"
Chiesi io. Non riuscivo bene a mettere a fuoco, in realtà ero ancora un po' intontito da tutto. La mia voce andava e veniva, sembrava come se mi avessero operato un qualche organo interno e mi avessero fatto una sorta di anestesia totale.
"Sei rimasto addormentato per più di due giorni"
Disse lui, togliendo la mano dalla mia fronte. Poi aggiunse toccando una qualche strumentazione che era li affianco a me.
"Ti sei ripreso quasi completamente, ancora un paio di ore senza di queste e sarai come nuovo, pieno di energie".
Abbassai lo sguardo per vedere cosa mi doveva togliere e vidi una serie di tubi infilarsi sulle mie braccia. Braccia che erano avvolte da delle bende di un colore rosso sangue. Successivamente direzionai lo sguardo verso di lui, con la vista annebbiata, e notai che stava staccando tutti i macchinari a cui ero collegato.
"Farà un po' male, più che altro inizierai a sentire un piccolo pizzicorino sulle braccia, ma niente di più"
Disse ancora lui, staccando tutti i tubi. Improvvisamente un brivido iniziò a scorrere sulle mie braccia, un brivido come gelido ed elettrico allo stesso tempo.
"Che sensazione... Strana?"
Commentai io.
"Già, a molti, piace questa sensazione... Non é detto che faccia male!"
Commentò ancora lui.
Mi alzai dal posto in cui mi trovavo, e mi misi seduto. Iniziai, appena mi misi seduto a mettere a fuoco ogni cosa in quella stanza: ci trovavamo in una casa, piuttosto piccola, infatti al suo interno potevamo trovarci solamente un lettone matrimoniale per due persone, dove stavo appoggiando il sedere, una cucina, un bagno e un piccolissimo salottino, dove oltretutto si trovava lo stesso lettone. Le pareti sembravano come aver subito dei colpi di spade o qualcosa del genere, infatti si vedevano perfettamente dei tagli su di esse.
"Cos'è successo? Chi é stato?"
Chiesi io, non appena il mio sguardo si concentrò su uno di quei tagli piuttosto profondi.
"Sei stato tu, tu e la tua spada".
"Sono stato... Io?"
"Si... Sembravi immerso in un combattimento all'interno di te stesso, non sentivi più dolore, non ci sentivi a nessuno di noi... Continuavi a ripetere il nome della tua amica: . Nel tentativo di fermarti hai ferito il tuo amico, senza farlo apposta... Per sua fortuna non era niente di grave!"
Disse lui con una voce alquanto calma e tranquilla.
"Io ho ferito Luke?"
Pensai immediatamente io. Mi alzai subito in piedi, volevo andare a scusarmi con lui, ma appena mi misi in piedi iniziai a barcollare dalla stanchezza: nonostante fossi rimasto a letto per più di due giorni, non riuscivo a stare in piedi. Loro stessi sembravano come delle mattonelle, sembravano come pesantissime.
"Devi rimanere seduto, non puoi ancora andare a spasso per la città! L'effetto dell'anestetico non é ancora finito, e se non ti stai fermo prima che finisca potresti avere delle ricadute fisiche molto gravi!"
Disse lui, spingendomi sul letto con molto furore.
"Ma tu chi sei? Perché mi hai salvato?"
Chiesi io. Non ero ancora riuscito a vederlo in faccia, aveva sempre questo strano mantello a coprirlo, non lo il corpo, ma anche l'intera faccia.
"No-Non posso dirtelo... Io combatto da solo!"
Iniziò lui.
"Guarda che voglio solo ringraziare il mio salvatore... Non voglio mica iniziare a combattere con te, anche se mi piacerebbe"
Dissi io, facendo un sorriso a 32 denti. L'uomo incappucciato girò la testa dalla parte opposta. Poi disse.
"Prometti che non inizierai a prendermi in giro o altre cose?"
Disse lui.
"Certo!"
Dissi in tono sicuro di me. Mise le sue mani vicino al nodo del cappotto e se lo levò proprio davanti a me. Rimasi come stupito, i miei occhi non potevano credere a ciò stavano vedendo: davanti a me non si trovava un ragazzo, ma una ragazza, ragazza che avrà avuto la mia età più e meno, ragazza dai capelli corti di un colore blu cielo, quello stesso colore che ricorda il cielo durante il giorno, con due occhi di un colore verde acqua, due labbra sottili al punto giusto. Era davvero spettacolare di faccia. Man mano che cadeva, come a rallentatore il mantello, vidi perfino il resto del suo corpo: aveva una strana maglietta di un colore bianco con una sorta di teschio sopra, aderente al suo seno, stringendo su di esso. Non aveva dei pantaloni, aveva delle calze di pelle nere, dello stesso tessuto simile ai leggings, che gli arrivavano fino alle cosce, mentre per coprire le mutande, aveva solo una gonna abbastanza corta di un colore rosso, che in realtà coprivano proprio poco o niente.
Rimasi a bocca aperta per qualche secondo, i miei occhi si stavano incantando, poi ritornai serio, in ricordo di Carlotta che mi era appena passata sulla testa.
"Il mio nome é Chelsea, Chelsea Dominak."
Disse lei, non appena il mantello cadde per terra.
"Tu invece sei..?"
Si domandò lei, non sapendo in realtà ancora il mio nome.
"Io sono Eclipse Bacik, e frequento la scuola davanti a te.. Ho 17 anni e sono in 4^ superiore"
Risposi io, soffermandomi su i suoi occhi color verde acqua. Poi aggiunsi
"Tu invece? Non ti ho mai visto da queste parti.."
"Io in realtà non frequento questa scuola... Frequento la scuola dall'altra parte della città"
"Infatti mi sembrava di non averti mai visto ahahah"
Dissi io, finendo la frase con una risatina.
"Quindi voi siete stati teletrasportati in questa dimensione oggi?"
Disse lei, come se lei fosse già qui da tempo.
"Si, perché per te non é cosi?"
Gli domandai io, incuriosito dalla sua domanda.
"In realtà io sono bloccata qui dentro da 2 settimane... Ogni 2 settimane, viene portato qui dentro un gruppo nuovo, un gruppo composto sempre da una ventina di persone... Non si sa come fanno a scegliere, so solo che é cosi, e l'unico modo per andarsene é sconfiggere il capo dei 3 mostri"
Disse lei, spiegandomi un po' la situazione.
"Ma se é vero quello che dici, perché non uniamo le forze: il mio gruppo, con tutti voi... Avremmo più possibilità di sconfiggere i vari mostri ed uscire da qui indenni!"
Dissi io. Ma il suo sguardo si rattristò improvvisamente.
"Sono tutti morti... Io sono l'unica sopravvissuta"
Disse lei, con lo sguardo perso tra le lenzuola del letto dove mi trovavo seduto.
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