Capitolo 24: Semel in anno licet insanire.
Semel in anno licet insanire è una locuzione latina che significa letteralmente:
"una volta l'anno è lecito impazzire."
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Bokuto Kōtarō
Che facciamo a Capodanno?
Lun 01.36
Capodanno: un'insulsa scusa, ideata sicuramente da un festaiolo di prima categoria, con il solo scopo di poter fare un casino tremendo per tutta la notte.
Per Sawamura Y/N non era mai stata considerata una giornata diversa dalle altre, o quantomeno avrebbe desiderato non lo fosse, ma nonostante i suoi sforzi di dimenticarsi ogni anno del trentuno dicembre, tutti quei boati, gli scoppi, la musica assordante e le città invase da giovani che come un fiume straripante dagli argini entravano fin dentro le case, non le era mai stato permesso di passare quella notte in sacrosanta pace.
Aveva cominciato ad odiare quel giorno fin da piccola, quando sua madre la obbligava a stare seduta a tavola-vestita di tutto punto e dritta con le spalle-con gli ospiti fino a tardi, anziché lasciarla giocare come avrebbe voluto.
Crescendo, l'obbligo e le buone maniere di famiglia erano svanite, ma il suo desiderio di rimanere a letto fino all'alba per giocare o guardare un'intera serie tv in meno di ventiquattr'ore era rimasto.
Dai quattordici in su, quando le convenzioni sociali avevano cominciato a premere insistentemente sulla sua esistenza e aveva dovuto perlomeno cominciare a parlare di quella notte come un evento attesissimo, era giunta alla conclusione che non avrebbe mai cambiato idea su quella stupida ricorrenza: il solo fatto di dover per forza fare qualcosa di eccitante la mandava su tutte le furie.
Così, invece di scervellarsi e organizzare chissà che cosa, si era limitata a passare l'ultima notte dell'anno a casa come aveva sempre sognato: joystick alla mano e alle sue spalle le chiacchiere di suo padre, a volte qualche amico di famiglia, delle altre persino sua madre e, l'anno precedente erano rimasti a cena anche Daichi e Sugawara.
Quello, era stato senza alcun dubbio il miglior capodanno da quando ne aveva ricordi.
Ovviamente, al rientro delle vacanze, aveva straparlato alle sue compagne di qualche mirabolante festa indefinita a cui era stata, durante la quale aveva ballato con quello e quell'altro ragazzo dei sogni e dove aveva assaggiato ogni tipo di leccornia e bevanda più o meno alcolica.
Era stata l'invidia di tutta la classe rimanendo a casa a fare ciò che più amava: era riuscita ad elaborare un piano perfetto che avrebbe dovuto attuare fino alla fine dei suoi giorni.
Il massimo con il minimo, mentre il resto dei ragazzi di tutto il mondo facevano a gara per la nottata più delirante.
Dopotutto, di ragioni per fare confusione ce n'erano un'infinità: qualcuno, di cui il primo esempio che le venne in mente fu nientemeno che Taketora Yamamoto, aveva la voglia di festa incastonata fin dentro l'animo, altri come Fukunaga approfittavano di quell'evento per ampliare il loro portfolio fotografico di momenti imbarazzanti e ricordi che, a distanza di anni, li avrebbero fatti sorridere.
Poi c'era chi prendeva quella festa come un pretesto per cambiare vita, come se ci volesse un giorno prestabilito da chissà chi per farlo: se avessero deciso che l'ultimo giorno dell'anno fosse stato il diciotto marzo, per esempio, sarebbe cambiato qualcosa?
O era proprio il trentuno dicembre ad avere un ché di magico che lei non era mai riuscita ad individuare?
Tra l'altro non sarebbe stata neanche una brutta idea cambiare il giorno di Capodanno: il trentuno dicembre era il giorno peggiore che si potesse scegliere di ribattezzare come il più grande dei festeggiamenti.
Col freddo che faceva, ogni dannatissimo anno, uscire di casa sarebbe stata l'ultima cosa al mondo che Y/N avrebbe voluto fare.
Insomma, sarebbe stato davvero meglio il diciotto marzo: una scelta più ampia di abiti da indossare, un clima più mite e benevolo, magari addirittura la possibilità di festeggiare all'aperto senza la minaccia di una broncopolmonite.
Invece qualche scellerato aveva preteso che qualcosa si dovesse fare, con il freddo e con il gelo, anche se non si aveva la minima voglia: che cosa avrebbe dovuto festeggiare, lei?
Il fatto di essere sopravvissuta un altro anno? Il coraggio di essere diventata la manager di una squadra di matti?
Ridicolo, ed era certa che Kenma sarebbe stato d'accordissimo con quella scuola di pensiero: lui sì che la capiva.
Dunque, quando aveva letto quel messaggio sullo schermo del telefono, era rimasta a fissarlo per alcuni minuti, con un sorriso sulla faccia, certo, ma anche con un'aria estremamente confusa, dato che non sapeva davvero cosa diavolo rispondere alla domanda.
Bokuto non ne sapeva nulla della sua irreversibile avversione contro il Capodanno, né che non fosse per niente abituata a fare particolari programmi per quella serata.
Eppure, per la primissima volta in vita sua sentiva una strana eccitazione in vista dell'evento.
Non aveva niente da ricominciare, nulla da cambiare, nessun motivo per cui valesse la pena rendere memorabile la notte di Capodanno: finalmente poteva dire di essere felice, aveva un ragazzo, degli amici, la sua famiglia accanto.
Andava tutto bene e, nel profondo del suo cuore, sentiva che doveva proprio a Bokuto gran parte di quella felicità.
Forse era esattamente quello che avrebbe dovuto festeggiare, ciò che aveva passato durante tutto l'anno, che aveva sopportato, conosciuto, abbandonato, trovato.
Avrebbe dovuto brindare alla sua squadra e ai ragazzi che ne facevano parte, che l'avevano accolta come una seconda famiglia e che sarebbero stati parte integrante della sua esistenza fino alla vecchiaia, a Kenma che le aveva fatto capire che non serve un legame di sangue per considerare qualcuno come un fratello, a Kaori che in pochissimo tempo era diventata la sorella che non aveva mai avuto.
Avrebbe alzato il calice anche per Kuroo, per quello che erano stati e per tutti gli sbagli commessi e, forse, avrebbe cominciato addirittura a pensare di perdonarlo.
E poi avrebbe contato i secondi che mancavano allo scoccare della mezzanotte dell'ultimo giorno dell'anno insieme al suo ragazzo e finalmente si sarebbe meritata il primo bacio dell'anno.
Il primo dell'anno e, beh, della loro storia.
La manager della Nekoma sorrise immaginando come sarebbe stata quella notte, si strinse nelle coperte accanto a suo fratello, che dormiva beatamente, e ticchettò le dita sul display del cellulare, componendo la sua risposta.
Y/N
Sorprendimi.
Lun 01.55
Le sarebbe andata bene qualsiasi cosa: passare la serata a sbronzarsi sul divano di casa in compagnia di un vecchio, visto e rivisto film di natale, oppure uscire senza avere una meta, piazzandosi nel primo pub affollato di giovani allegri e alticci dove avrebbero mangiato male ma bevuto bene, per poi scambiarsi gli auguri tra sconosciuti, o magari festeggiare insieme a Kaori e Akaashi, giocare a qualche gioco da tavolo per finire poi col litigare per la vittoria e riappacificarsi alla mezzanotte, brindando con uno champagne da quattro soldi.
Sarebbe stato tutto magnifico, purché fossero stati insieme.
E poi, per Bokuto, sorprenderla non era certo una novità: da quel diciassette novembre, non aveva fatto altro.
Con la mente affollata di sogni e un sorriso a fior di labbra, la manager della Nekoma si addormentò, forse per la prima volta in tanti mesi, in un battibaleno.
Allo stesso modo, dall'alto di uno dei grattacieli più maestosi di tutta la città, a proposito del capitano della Fukurodani, Bokuto aveva riso di gusto leggendo la risposta di lei nel buio della sua camera da letto illuminata solamente dalla luce del telefono: sorprenderla, aveva detto.
Come se sorprendere Sawamura Y/N fosse un'impresa da poco.
Sorrideva e non riusciva a smettere di farlo, tanto che si addormentò con un'espressione così felice da sembrare dipinta.
L'amore, pensò prima di dormire, l'aveva reso più idiota di quanto già non fosse prima.
☆☆☆
Le vacanze di Natale passarono in un batter d'occhio: a casa Sawamura si respirava un'aria allegra e spensierata che non si avvertiva da tempo, anche se Daichi, con la sua ansia per i Nazionali imminenti, aveva rischiato più volte di rovinare l'atmosfera.
Era un continuo di chiamate con il suo vice per assicurarsi che tenesse d'occhio i primini, a Miyagi, affinché non si stancassero troppo con degli allenamenti extra, quando poi era il primo ad uscire di casa la mattina presto per una corsa ristoratrice, come amava definirla lui.
Un giorno aveva perfino avuto la brillante idea di svegliarla per chiederle se le andava di accompagnarlo, inutile dire che l'aveva infamato nei peggiori modi possibili.
Allora, prima di darsela a gambe, il capitano della Karasuno aveva ripiegato su Bokuto, dicendo a sua sorella minore che sarebbe stato felice di farsi uno o due chilometri in sua compagnia: quando Y/N l'aveva riferito al gufo, nonché suo ragazzo, quello si era casualmente dato per malato.
Parlando proprio di Bokuto, quell'instancabile gufo aveva preso la faccenda dell'ultimo dell'anno talmente sul serio che non si era più fatto vedere, né le aveva voluto dire che cosa avesse in mente.
Y/N odiava ammetterlo, ma le mancava averlo intorno.
Era arrivata al punto di essere lei a chiamarlo per prima ogni sera, cosa assolutamente insolita per il suo orgoglio, e aveva provato a contattare Kaori per sapere qualcosa di più sui suoi piani per il trentuno dicembre, ma quella sembrava essere all'oscuro di tutto.
Conoscendola, stava solamente facendo il gioco del suddetto gufo.
Aveva tentato di fingersi offesa, arrabbiata, triste e piagnucolona, ma Bokuto era irremovibile: aveva chiesto una sorpresa e una sorpresa doveva essere fino all'ultimo.
Solo la mattina di quel benedettissimo giorno si era deciso a dirle qualcosa, neanche chiamandola, ma sprecandosi con un misero messaggio.
Bokuto Kōtarō
Vestiti elegante per stasera ;)
Dom 9.18
Quando il signor Sawamura chiamò il figlio maggiore per chiedergli se conoscesse il motivo per cui Y/N sembrava sul punto di dare fuoco al telefono, per non dire a tutta Tokyo, Daichi ringraziò mentalmente il suo buon senso per avergli suggerito di tornare a Miyagi per festeggiare il Capodanno con i suoi compagni del terzo anno.
Quel maledetto rapace si era degnato di darle quel magro indizio solo la mattina dell'evento, come se una qualsiasi ragazza in tutto l'universo fosse capace di scegliere cosa mettersi in una sola giornata.
Avrebbe volentieri dato fuoco a lui se ce l'avesse avuto abbastanza vicino quando lesse il messaggio, non al telefono.
Nonostante tutto, però, l'eccitazione, la frenesia, l'attesa, la tennero sospesa su un filo per l'intera giornata.
Mentre si metteva il mascara sulle sue ciglia lunghe, Y/N pensò che Bokuto era il suo primo ragazzo, escludendo Wakatoshi che non si poteva certo definire tale, e che quello del trentuno dicembre era anche il suo primo appuntamento.
Quell'appuntamento che il capitano della Fukurodani aveva pregato tanto di avere, quello che lei aveva rimandato più e più volte prima per i sentimenti nei confronti di Kuroo, poi perché non si sentiva all'altezza di Bokuto.
Ricordava come l'aveva osservato di sbieco dal sedile anteriore di quella macchina sportiva il giorno in cui era andato a prenderla a casa dopo l'amichevole con la Nekoma e la sua discussione con Kuroo e di come l'aveva guardato a lungo, come si guarda qualcosa di talmente puro da avere paura di toccarlo, di contaminarlo.
Quella sera aveva creduto di non essere alla sua altezza, che non lo sarebbe mai stata: non lo meritava, quell'amore.
Era trascorso meno di un mese da allora e adesso, invece, si ritrovava a fantasticare su quello stesso appuntamento che l'aveva distratta così tanto da riuscire a sbaffare tutta la palpebra superiore di nero.
Sbuffò: avrebbe dovuto ricominciare da capo.
Bokuto era innamorato di lei e Y/N lo aveva capito, ma più di ogni altra cosa aveva compreso quanto fosse stato importante quel sentimento per la sua persona, per la sua crescita: le aveva insegnato ad accettarsi, ad assimilare i suoi sbagli e farli propri; non pensava più di non essere abbastanza per lui.
Era pronta ad amare di nuovo, lo sentiva.
La manager della Nekoma si guardò allo specchio constatando di trovarsi bella: era raro, lo è per ogni ragazza al mondo.
Indossava quell'abito tenuto nell'armadio per molto tempo, troppo elegante per una serata qualunque e che ora, finalmente, aveva l'occasione di sfruttare; ai piedi le scarpe con il tacco erano state una scelta praticamente obbligata: per prima cosa erano le uniche adatte all'evento, inoltre, per una volta, sarebbe stata letteralmente all'altezza di Bokuto.
Era stata indecisa fino all'ultimo se tenere i capelli h/c sciolti o raccolti in una bella treccia elaborata magari, in uno chignon tiratissimo e raffinato oppure in una morbida acconciatura con i ciuffi che le incorniciavano il volto come in un quadro antico e di classe.
Alla fine, aveva optato per ciò che l'aveva fatta sentire più a suo agio.
Sorrise alla sua immagine riflessa: era possibile che fosse cambiata così tanto, in così poco? Era sempre lei, quella ragazza felice e impaziente della meravigliosa notte che la attendeva?
Sussultò appena, quando il campanello al piano inferiore della casa annunciò l'arrivo del suo cavaliere: si premurò di controllare di aver messo tutto nella piccola borsa, si diede l'ultima occhiata e uscì dalla camera.
Non appena imboccate le scale il suo sguardo si posò sulla figura del suo ragazzo, impegnato a conversare con il signor Sawamura.
Inutile dire che Bokuto, quella sera del trentuno dicembre, era più bello che mai: le punte dei suoi capelli erano drittissime come sempre, ma sembravano brillare di una luce propria, illuminandolo dalla testa ai piedi.
Abituata a vederlo sempre in tenuta sportiva, anche nelle sporadiche uscite come quella al centro commerciale poche settimane prima, osservarlo vestito di tutto punto, incravattato e tirato a lucido, le faceva uno strano effetto.
E per strano non intendeva solo la gioia di constatare che il suo ragazzo fosse stato concepito come una sottospecie di statua greca, ma si riferiva principalmente alla ondata di farfalle impazzite nel suo stomaco che svolazzavano in disordine verso il bassoventre.
Y/N si aggiustò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e diede due lievi colpi di tosse per schiarirsi la gola e, soprattutto, per scacciare via dalla sua testa quei pensieri decisamente fuori luogo che erano le erano venuti fuori solo guardando il capitano della Fukurodani.
Bokuto Kōtarō straparlava sempre e, ancor di più, quando si trovava a conversare con qualcuno che lo intimidiva come, ad esempio, il signor Sawamura: aveva cominciato chiacchierando del tempo, poi era inciampato sulle sue stesse frasi e aveva farfugliato qualcosa a proposito degli auguri di Natale e si era fermato un attimo prima di quelli di Capodanno.
Si dovevano dare dopo la mezzanotte, giusto?
Nel dubbio aveva sorvolato quell'argomento di conversazione ed era atterrato sul pianeta degli addobbi festivi: maledizione, dov'era Akaashi quando ce n'era bisogno?
Ma quando i passi di Y/N avevano riecheggiato per la casa e il gufo aveva sollevato lo sguardo verso le scale, si era ammutolito: con la bocca mezza spalancata e gli occhi che scintillavano, Bokuto scattò mentalmente una fotografia di quel momento, catalogandolo come uno dei migliori della sua esistenza.
«Sei bellissima.»
Lei aveva ormai poggiato il piede destro sull'ultimo scalino quando Bokuto spezzò il silenzio e si decise a parlare, ancora mezzo imbambolato ma con particolare solennità.
Tuttavia Y/N non ebbe neanche il tempo di sorridere e ringraziarlo del complimento: il rapace sembrò destarsi tutto a un tratto dalla trance, sbatté le palpebre una dozzina di volte e si girò di scatto verso il signor Sawamura.
«Anche lei sta una meraviglia!»
Se non avesse rischiato di fare-ancor di più-la figura dell'idiota, Bokuto si sarebbe dato un pugno sulla faccia senza pensarci due volte: aveva appena fatto un complimento a sua figlia senza farlo anche a lui!
Adesso sicuramente lo avrebbe considerato uno sfacciato, un maleducato, non avrebbe mai potuto guardarlo negli occhi felice mentre portava all'altare sua figlia e cullato i suoi nipoti e-
La fragorosa risata dei due Sawamura riportò Bokuto alla realtà, distraendolo dai suoi scoordinatissimi pensieri.
«Andiamo Bokuto, prima che tu riesca a farmi sbavare il trucco per le lacrime.»
Quell'idiota era fin troppo nel panico, tanto che neanche suo padre, solitamente composto quasi quanto il figlio maggiore, era riuscito a trattenere le risate: come gli era venuta fuori quella frase, quando l'uomo che gli stava accanto era comodamente in vestaglia e ciabatte come un lord inglese della metà dell'ottocento?
Durante il tragitto in auto Y/N ringraziò mentalmente Bokuto per quel suo essere così dannatamente impacciato e poco perspicace, che permise loro di trascorrere quei venti minuti tra una risata e l'altra, spiegandogli il motivo per cui non si dovesse assolutamente preoccupare di suo padre e che quell'uscita imbarazzante non aveva fatto altro che aumentare la simpatia che il signor Sawamura già provava per il capitano della Fukurodani.
Quel lato del suo carattere era una delle cose che apprezzava di più: riusciva sempre a farla divertire, a farla sentire a suo agio, piuttosto che soffermarsi su complimenti di circostanza e lunghi silenzi che sicuramente ci sarebbero stati con un altro qualsiasi individuo.
Quando arrivarono a destinazione non ci fu alcun bisogno di entrare all'interno dell'immenso grattacielo di cui non si vedeva la cima per rendersi conto della straripante eleganza di quella struttura.
Ancor prima di parcheggiare al parcheggio privato, pieno di macchine lussuose, Y/N era rimasta abbagliata dalle luci dell'ingresso, dallo scintillio dei gioielli e delle borse delle numerose signore in abito lungo che facevano la loro entrata trionfale pestando i tacchi vertiginosi su quel tappeto bordeaux che stava di fronte alle porte in vetro del palazzo.
«Bokuto...?»
Non aveva ancora staccato gli occhi di dosso da quella sfilata di prima classe, avevano appena girato l'angolo per entrare nel retro e la gatta della Nekoma stava torcendo il collo per non perdersi neanche un dettaglio di quello spettacolo.
Ne era affascinata ma, a dirla tutta, era anche leggermente in soggezione: lei non era minimamente all'altezza di quella nobiltà.
Lui non si degnò di risponderle finché non spense il motore dell'auto: a quel punto lo vide torturarsi i capelli con fare agitato, prima di voltarsi verso di lei con aria colpevole.
«Forse ho esagerato.»
Y/N aveva creduto, per un momento, di essere l'unica tra i due a non essersi mai recata in una serata del genere dato che lui era rimasto in silenzio, ma a vederlo in quel modo, con l'espressione mesta di chi ha paura di aver fatto un buco nell'acqua, capì che Bokuto doveva aver semplicemente puntato a far bella figura senza informarsi più di tanto.
«"Forse"?»
Le veniva da ridere, c'era effettivamente qualcosa di comico in quella situazione, anche se non sapeva dire con precisione se fosse la faccia di Bokuto ad essere divertente, oppure la serata che li aspettava.
«E' che non sapevo che cosa fare, cosa ti sarebbe piaciuto e cosa no, quindi-»
Ed ecco che era tornato ad essere quell'insicuro gufo che andava nel panico non appena qualcosa non rientrava secondo i piani prestabiliti.
Che fosse una partita di pallavolo o una svolta inaspettata la sera di Capodanno poco importava: i suoi capelli tendevano già all'ingiù.
«Quindi hai deciso di portarmi ad una specie di serata degli Oscar giapponesi?»
L'aveva interrotto ancor prima che potesse finire di parlare, ormai arresasi alle sue stesse risate.
Y/N rideva e scherzava, ma non avrebbe potuto essere più felice: lui aveva fatto tutto questo solo ed unicamente per lei, come poteva non essere al settimo cielo?
«Se vuoi andiamo via...»
Erano già scesi dalla macchina, le portiere erano state chiuse alle loro spalle, ma Bokuto era rimasto fermo di fronte alla vettura, ancora con le chiavi in mano e con l'espressione i chi era indeciso se chiuderla o risalire per scappare lontano.
«Scherzi? Un'occasione del genere non mi ricapiterà mai più!»
La gatta l'aveva preso per mano e l'aveva tirato verso di sé di fretta, come se non potesse aspettare un minuto in più e avesse una gran voglia di festeggiare con lui, anche se sarebbero stati certamente due pesci fuor d'acqua.
Sul volto dell'asso della Fukurodani spuntò un sorriso dolce e arrendevole: quando era successo che diventasse lei l'uragano pieno di energie della coppia? Da quanto era Sawamura Y/N ad unire le loro mani di sua iniziativa?
Il suo sorriso si allargò ancora mentre camminavano, quasi correvano, impazienti verso quell'ingresso chic che avevano visto di sfuggita.
«E' quello che pensavo.»
Da lei si sarebbe lasciato trasportare ovunque.
Una volta varcata la soglia di vetro-che a dirla tutta sembrava di cristallo, tanto era brillante-la giovane coppia realizzò che sarebbero stati totalmente fuori luogo per l'intera nottata.
Non fu tanto il fatto che una signora sulla trentina, distinta e seriosa, avesse tolto loro i soprabiti per riporli chissà dove senza che lo chiedessero, senza che nessuno le dicesse niente: lei era semplicemente lì per questo.
Furono certi della loro inappropriatezza quando salirono in ascensore e notarono un dipendente assunto appositamente per accompagnarli all'ultimo piano, sulla meravigliosa terrazza vetrata dove avrebbero cenato.
Tentarono di rimanere seri, ci provarono davvero con tutte le loro forze, ma solo a metà degli innumerevoli piani scoppiarono a ridere solo guardandosi negli occhi: sarebbe stata una durissima serata.
La sala era enorme, i tavoli agghindati sui colori del panna e del rosso; era pieno di coppie di mezza età, qualcuno più anziano e pochissimi tavoli di una decina di persone, probabilmente colleghi di lavoro scapoli e con un bel patrimonio alle spalle.
Loro, naturalmente, erano la coppia giovane: l'unica nota stonata sulla melodia di un pianoforte posto al centro del salone.
Sarebbero potuti passare per i figli di un qualche ricco investitore, o magari dei semplici ereditieri viziati, alla fine l'aspetto poteva benissimo ingannare i più, ma Bokuto tradì anche quella magra facciata.
«Madame...»
Con una pessima pronuncia francese ed un ancor più scadente inchino, il gufo si era precipitato dietro di lei per spostarle la sedia e farla sedere come si confà ad un vero gentiluomo.
Peccato si fosse dimenticato di non strusciarla facendo emettere alle assi di legno un rumore sinistro e fastidioso che fece voltare almeno una ventina di persone.
Inutile dire che quando i loro occhi complici si incrociarono ripresero a ridere come due bambini.
Solo l'arrivo di un disperato cameriere, che doveva aver notato la scena, li fece smettere facendoli accomodare educatamente al tavolo.
«Arigatō.»
Y/N fu sicuramente quella che, tra i due, tentò di darsi un contegno il prima possibile, ringraziando il ragazzo, di poco più grande di loro, quando eseguì correttamente la galanteria della sedia senza intoppi.
«La colpa è della sedia, non mia.»
Bokuto si era imbronciato, arricciando le labbra e guardando di sottecchi il cameriere mentre si allontanava per portare del vino al tavolo.
Appena un momento dopo stava già tornando verso di loro: Y/N ebbe giusto il tempo di mimare al ragazzo che le stava di fronte di stare in silenzio, trattenendo una risata.
Era assolutamente certa che se fossero scoppiati a ridere un'altra volta li avrebbero sbattuti fuori.
Nonostante i loro sforzi di rimanere impassibili, il ragazzo dovette aver notato qualcosa, dato che non rimase neanche ad accertarsi che il vino fosse di loro gradimento.
Non che importasse, in realtà: Bokuto aveva arraffato in un momento il calice portandoselo sotto il naso e agitandolo con la mano destra per almeno un minuto, dandosi un tono da esperto.
Quando lei l'aveva guardato sospettosa, con un sopracciglio alzato, lui aveva sorriso beffardo.
«Ho sempre voluto farlo.»
Concluse la sua affermazione con un occhiolino uscitogli piuttosto male e tutte le buone intenzioni di Y/N di non fare altre figuracce andarono a farsi benedire: se avesse avuto del vino già in bocca sarebbe finito sicuramente sulla bella giacca di lui, tanto rise.
«Sei un idiota.»
Fortunatamente per entrambi e per gli altri commensali, la manager della Nekoma non aveva ancora nemmeno sfiorato l'alcol: sembravano essere già abbastanza ubriachi anche senza di esso.
«Eppure eccoti qua.»
Con l'aria saccente e ancora quel sorrisetto furbo sulle labbra, Bokuto si era rilassato sullo schienale della sedia rivestita in velluto, aveva inclinato il bicchiere verso di lei mimando un brindisi e aveva dato il primo sorso di vino.
«Touché.»
Lei lo aveva imitato, aveva accavallato le gambe sotto il tavolo fregandosene delle buone maniere e aveva ricambiato il brindisi.
Neanche aveva cominciato ad assaporare il vino sulle papille gustative che già stava per rovesciarlo tutto sulla tovaglia illibata: l'espressione di Bokuto quando non capiva qualcosa era inequivocabile e, in quel preciso momento, sembrava ancora più comica del solito.
«Non eri tu quello che parlava francese?»
Quel "madame" di prima le aveva già fatto intuire la pessima conoscenza delle lingue da parte del gufo, ma prendersi gioco di lui-benevolmente, s'intende-stava diventando il suo passatempo preferito.
«L'ho sentito in un film.»
Dopo quella dichiarazione Y/N alzò bandiera bianca, si arrese alle sue risate e abbandonò il calice sul tavolo: quella sera non avrebbe avuto bisogno di bere.
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Non starò qui a tediarvi sul perché e percome non mi sia fatta viva per più di un mese, l'importante è che sia tornata.
Vi dico solo che mi siete mancati e sì, mi è mancato scrivere.
(Loveu, se volete potete offendermi male.)
Passiamo al capitolo!
Non so scrivere cose eccessivamente romantiche, forse l'avete capito, ma non è solo per questo che ho messo tante situazioni imbarazzanti/divertenti: semplicemente immagino Bokuto come una persona molto impacciata anche se sicura di sé, goffo a volte e con la costante paura di sbagliare, soprattutto con le persone adulte.
Per l'ambientazione e l'atmosfera del locale mi sono ispirata ad un film: chi indovina quale vince...
Boh.
Una risposta a QUALSIASI domanda vogliate farmi.
Ho già detto che mi siete mancati?
Bacini.
Ps. Ho volutamente lasciato aperta la questione abito/acconciatura: è una XReader quindi vorrei lo immaginaste voi come volete.
Poi se avete anche voglia di raccontarmelo non vedo l'ora di leggere ciò che pensate mentre leggete (orrendo gioco di parole, non so scrivere ciao).
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