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Capitolo 23: Suum cuique.

Suum cuique è una locuzione latina che significa letteralmente:
"a ciascuno il suo."
▲▲▲

«Bentornata a casa, Y/N.»
Era sicura che non si trattasse di un incubo: la fastidiosissima voce di Daichi Sawamura era ben peggiore di un incubo.
Suo fratello maggiore aveva la straordinaria capacità di spuntare fuori quando meno se lo aspettava e, puntualmente, lo faceva proprio quando non avrebbe dovuto.

Era stato deciso che, per quell'anno, avrebbero tutti trascorso le vacanze natalizie a Tokyo invece che a Miyagi come avevano fatto l'anno passato: sua madre, per puro caso, aveva del  particolare lavoro da svolgere nella capitale, perciò non era stato necessario insistere più di tanto e, forse, non ci sarebbero state neanche troppe discussioni tra gli ex coniugi.
Di certo non si poteva dire lo stesso che per i due fratelli: le cose, quella sera, non promettevano per niente bene.

«Grazie, onii-chan
Gli artigli della gatta della Nekoma si erano attorcigliati attorno alle maglie della giacca di Bokuto come quelli di un leone si avvinghiano alla preda che vuole sfuggirgli: Bokuto, intanto, tremava.

«Non osare fermarti.»
Aveva spalancato gli occhi e/c e incontrato le pupille dilatate dalla paura del suo-ormai-ragazzo, e aveva sibilato quell'ordine a denti stretti: non avrebbe rinunciato a quel bacio solo perché Daichi aveva deciso di rovinare il momento.

«Ma Y/N-chan...»
Nonostante fosse grande, grosso e muscoloso, c'erano parecchie cose al mondo che lo spaventavano: come i ragni ad esempio, o i test scolastici, soprattutto quelli di matematica, oppure i rimproveri del coach o, ancora peggio, di Akaashi.
Ma nessuna delle sue paure era minimamente paragonabile allo sgomento che provò quella sera di dicembre: erano ben due i Sawamura che lo puntavano, la situazione era drammatica.

Bokuto poteva vedere, con la coda dell'occhio, il corvo che lo osservava torvo sull'uscio della villetta: il piccolo prodigio dai capelli arancioni della Karasuno allora non mentiva quando, durante il ritiro estivo, gli aveva raccontato di quanto potesse essere terrificante il loro capitano.
Ma d'altra parte il gufo doveva affrontare una minaccia che si trovava ad un passo dalla sua giugulare: le unghie della gatta della Nekoma erano pronte a recidergli la gola e lui non vedeva via di scampo.
Se non fosse morto quella notte, si disse, avrebbe dovuto recarsi al tempio ogni giorno.

«Puoi aspettarmi in casa, Daichi.»
Y/N non si era mossa di un singolo millimetro, la sua faccia contorta dall'irritazione era ancora nella stessa posizione di prima, in attesa di un bacio che, almeno per quel giorno, avrebbe dovuto aspettare ancora un po'.
Era lui ad essersi allontanato al solo suono della voce del maggiore dei Sawamura.
Una volta finito con suo fratello, Y/N avrebbe pensato anche a Bokuto: vigliacco di un gufo.

«Preferisco stare qui.»
Il capitano della Karasuno aveva un sorriso inquietante sul viso, lo stesso sorrisetto spietato che mostrava quando gli altri ragazzi della squadra non lo ascoltavano, quando Kageyama e Hinata incorrevano in una delle loro solite liti o quando Tanaka e Nishinoya importunavano esageratamente la povera Shimizu.
Ma sotto la sinistra luce proveniente dall'ingresso della casa, che gli illuminava solo per metà il volto, la sua espressione sembrava ancora più temibile: forse era perché il suo nervosismo era dovuto a sua sorella minore, o forse perché, in fondo, la cosa lo divertiva da morire.

«Sono un po' impegnata al momento.»
Non si stavano guardando negli occhi i due fratelli, Y/N gli dava le spalle e, a dirla tutta, Daichi non puntava direttamente lei, ma piuttosto il povero Bokuto.
Eppure sembravano due lottatori su un ring di wrestling, uno di quelli chiusi dentro una gabbia in cui, per uscire, si doveva prima versare del sangue: e Bokuto, naturalmente, era appeso a testa in giù come un premio da torturare una volta finito il match.

«Oh sì, lo vedo.»
L'ironia del corvo non la si intuiva solamente dall'inclinazione della sua voce, ma anche dalla smorfia di scherno che avrebbe fatto scoppiare a ridere chiunque non fosse stato al centro della discussione.
Quell'ultima occhiata che il capitano della Fukurodani scorse bastò per fargli capire che fosse giunto il momento di darsi alla ritirata: inarcò la schiena all'indietro per allontanarsi da lei, ma quando si fu scansato di soli due o tre centimetri quella lo tirò a sé con una forza che sembrava disumana quanto il fuoco negli occhi di Daichi.
Che si somigliassero fisicamente o meno non aveva importanza, quei due erano senza ombra di dubbio fratello e sorella.

«Preferisci incorrere nella mia ira o in quella di mio fratello, Bokuto Kōtarō?»
Erano di nuovo vicinissimi, ma l'aria romantica aveva lasciato mestamente il posto ad un'atmosfera minacciosa: già solo il fatto che l'avesse chiamato per nome e cognome sarebbe stato sufficiente a fargli intendere la condizione precaria in cui si trovava, ma erano gli occhi della gatta a sottolineare quanto fosse pericolosa.

Bokuto la guardò in quelle pupille nere come il cielo sopra di loro per una manciata di secondi, poi sollevò lo sguardo incontrando gli occhi color nocciola di Daichi e vi lesse dentro non solo un furioso istinto omicida, ma anche sfida e curiosità, poi lo riposò su di lei e ancora su suo fratello.
Ripeté il procedimento una mezza dozzina di volte prima di elaborare tutte le informazioni necessarie a prendere una decisione: morire subito per mano del maggiore o rimandare la condanna morendo sotto le torture della minore?
La procrastinazione non era certamente una sua qualità, dato che lui le cose preferiva affrontarle subito e di petto, ma quello era un caso particolarissimo.

«Nella tua.»
Sussurrò quelle due parole con decisione: l'ultima briciola di coraggio prima di salire al patibolo, probabilmente.
Poi si liberò dalle grinfie di Y/N con un gesto energico e improvviso, che la lasciò esterrefatta: con le mani ancora a mezz'aria dove prima lo tenevano stretto a sé e la bocca semi-spalancata, la manager della Nekoma aggrottò la fronte e lo guardò come se volesse fulminarlo lì, sul vialetto di casa.
 
«Sawamura-san, konbanwa
Arretrò di due passi giusto per essere sicuro di avere un margine di scampo qualora uno dei due avesse avuto intenzione di agire seduta stante e salutò il capitano dei corvi come se tutto quel battibeccarsi con sua sorella lui non l'avesse neanche sentito, come se non fosse nemmeno accaduto.

«Buonasera a te, Bokuto-san!»
Daichi aveva ancora la schiena appoggiata alla parete dell'abitazione, un braccio, prima incrociato con l'altro al petto, si sollevò gesticolando un saluto allegro in direzione del gufo: chiunque avrebbe potuto leggere tra le righe quanto fosse falsa quella cordialità.
Anche se vedere uno dei cinque migliori assi del Giappone totalmente nel panico per niente più che degli sguardi intimidatori lo fece ridere internamente.
Sugawara non ci avrebbe mai creduto!

«Grazie per aver riportato Y/N a casa, ora puoi andare!»
Decise che divertirsi ancora un po' non avrebbe fatto del male a nessuno, così fece per avvicinarsi a Bokuto per dargli una calorosissima pacca sulla spalla, ma quando Daichi si azzardò ad avanzare, i suoi grandi occhi gialli da rapace si allargarono ancora di più e lui, spaventato, si mise quasi sull'attenti.

«H-hai
Balbettando nel tentativo di non apparire ancora più in allarme di quanto non fosse, il capitano della Fukurodani impiegò tutto sé stesso per non correre a gambe levate verso la macchina, ma si limitò ad un sorriso smarrito, scompigliandosi nervosamente i capelli.

Salutò il moro con un cenno del capo e quando fu di spalle si lasciò andare ad un silenzioso, ma liberatorio, sospiro di sollievo.
Prima di aprire la portiera, si ricordò però di una cosa fondamentale.

«Salutami il signor Sawamura!»
Non aveva mai avuto una relazione seria, o in ogni caso durata abbastanza a lungo da poter conoscere i familiari della ragazza in questione, ma era certo che dimenticarsi del capofamiglia non rientrasse nell'elenco delle cose da fare per essere un perfetto fidanzato.
Per una volta, forse, aveva azzeccato tutte le mosse: Akaashi sarebbe stato fiero di lui.

«Senz'altro.»
Quello sì che sorprese Daichi!
Come mai Bokuto Kōtarō, capitano della squadra di pallavolo dell'accademia Fukurodani, si era premurato di salutare suo padre, quando quest'ultimo aveva dichiarato di non sapere chi fossero gli amici con cui Y/N era andata in montagna?

«Ti odio.»
Il rombo della macchina sportiva di Bokuto era ormai lontano quando Y/N, arrancando su per gli scalini che portavano all'ingresso della villetta e trascinandosi dietro la borsa da viaggio abbandonata dal suddetto gufo, giunse di fronte a suo fratello maggiore squadrandolo con il rancore negli occhi.
Quello, da parte sua, si limitò a sorriderle sarcasticamente: quella sera, sarebbe stata guerra.

Come se il livello di irritazione della gatta non fosse già ai massimi storici, suo fratello maggiore ebbe, per di più, la brillante idea di comportarsi come un vero damerino, strappandole la borsa dalle mani e fingendo di averlo fatto solo per galanteria.
Si azzardò addirittura ad aprirle la porta e farle cenno di entrare per prima.
Chiunque altro avrebbe pensato che fosse il suo modo di farsi perdonare, ma Sawamura Y/N conosceva suo fratello: quella era solo la quiete prima della tempesta, e la smorfia sulla sua bocca, come un sorriso minaccioso, ne era la conferma.
Lei, in ogni caso, non era da meno.

Quando entrarono in casa e Daichi si chiuse la porta d'ingresso alle spalle, il signor Sawamura avrebbe dovuto prestare più attenzione al brivido che gli percorse la colonna vertebrale: era un monito mandatogli direttamente dall'alto.

Quei due si sfilarono le scarpe in fretta, lanciandosi sguardi di sfida ogni qualvolta i loro occhi si incontravano e, quasi come fosse una gara, si fiondarono verso la cucina dove il padre li stava aspettando.
Prima ancora che Y/N potesse correre a dare un bacio al suo vecchio, il capitano della Karasuno l'aveva preceduta con calma, ma anche con ferma decisione, e come se nulla fosse si era avvicinato al lavandino per lavarsi le mani.

«Non sapevo che tu e il ragazzo di Y/N vi conosceste così bene da raccomandarsi un saluto.»
Daichi dava le spalle agli altri due, la sua voce era impassibile e profonda, ma prima che Y/N potesse fermare suo padre da una risposta che sicuramente avrebbe portato alla sua rovina, quello aveva già risposto, felice come non mai.

«Allora Bokuto è davvero il tuo ragazzo!»
Incredibile: fu l'unica cosa che a Y/N venne in mente guardando il sorriso a trentadue denti dell'uomo.
Si presupporrebbe che un padre normale debba essere in egual modo geloso di sua figlia come il fratello maggiore, ma lui era un caso a parte.
Era la fine, avrebbe tanto voluto salvare suo padre dall'ira di Daichi, ma si era condannato con le sue stesse mani.

«Otousan
Sconsolata, la gatta si portò il palmo della mano destra sulla fronte nel vano tentativo di nascondersi dall'imbarazzo e dai probabilissimi schizzi di sangue che sarebbero seguiti all'omicidio per mano del corvo della Karasuno.

«Quindi lo sapevi!»
Il maggiore dei due fratelli si voltò, come da copione, in un lampo, con gli occhi che sprizzavano fuoco e fiamme: suo padre era caduto dritto dritto nella sua trappola.

«Quando è venuto qui tua sorella l'ha presentato come un amico.»
Il carattere altamente irritabile dei due figli, senza alcun dubbio, l'avevano ereditato dalla loro madre e al povero signor Sawamura non rimaneva altro da fare che alzare le mani al petto come segno di resa e tentare in ogni modo di giustificarsi.

«Anzi, si è presentato lui e-»
Non fu neanche capace di rendersi conto dell'errore madornale che aveva commesso: Y/N, al contrario, aveva già la pelle d'oca in attesa della sfuriata del fratello, che non tardò molto ad arrivare.

«E' VENUTO QUI?! IN CASA?!»
Non solo gli avevano nascosto, quei due, della relazione di Y/N con uno dei migliori assi dell'intera nazione, ma quello sconsiderato di suo padre gli aveva addirittura aperto la porta di casa.
Già che c'era avrebbe potuto iniziare a chiamarlo "figliolo".

«E TU L'HAI LASCIATO ENTRARE?!»
Dopo l'ennesimo acuto di Daichi, la mente della gatta della Nekoma si illuminò di colpo: vide, in quel caos, la possibilità di sfuggire alla sceneggiata di suo fratello, e alle domande che sicuramente ne sarebbero seguite, usando come via di fuga proprio suo padre.

Mentre gli uomini di casa continuavano a battibeccarsi, lei si avvicinò furtiva al capitano dei corvi e, quando giunse dietro di lui, gli sussurrò nell'orecchio con un mezzo sorriso sulle labbra: non solo adesso avrebbe scaricato la colpa sul suo vecchio, ma si sarebbe anche presa una piccola rivincita facendo innervosire ancora di più Daichi.

«L'ha lasciato perfino salire in camera mia.»
Aveva volutamente usato un tono suadente e, anche se il loro genitore continuava ininterrottamente a parlare spiegando il suo punto di vista, Y/N era sicurissima che Daichi avesse del tutto smesso di ascoltarlo: la sua attenzione era completamente rivolta verso di lei, adesso.

«Ci ha lasciati da soli.»
Come ogni felino che si rispetti, Y/N era furba, lasciva e crudele: si divertiva a giocare con le prede in un modo estremamente sadico.
In quel particolare frangente, si stava beffando della pazienza di Daichi.
Sfortunatamente per lei, però, il maggiore la conosceva fin troppo bene per cadere nel tranello: se la scrollò di dosso dandole una leggera gomitata sull'addome, giusto per far allontanare quella malalingua dal suo canale uditivo.

«...insomma si vede che è un bravo ragazzo.»
Il signor Sawamura, intanto, doveva appena aver concluso la sua filippica e, con il bacino appoggiato ad uno dei piani della cucina e le braccia incrociate, aveva annuito un'ultima volta per infondersi sicurezza.

«Mi piace.»
La fine della sua corrente di pensiero era stata riassunta in due parole: Bokuto Kōtarō gli piaceva, non c'era da aggiungere altro.

«Non lo conosci neanche!»
Per Daichi, invece, era tutt'altro che un discorso chiuso: non era tanto per il fatto che, molto probabilmente, Bokuto era la classica persona che sarebbe certamente piaciuta anche a lui, ma si trattava pur sempre della sua piccola, amata, sorellina!
Andava protetta, ecco tutto, ed era suo dovere farlo e odiare chiunque le si accostasse.

«Nostro padre è invecchiato.»
Era tornata all'attacco, lei, abbracciando suo fratello da dietro con fare amorevole, prima di sferrare l'ultimo attacco, che era certa l'avrebbe fatto andare in escandescenze: diamine, adorava aizzare Daichi.

«Non si è nemmeno accorto di quanto scricchiolasse il letto!»
Ovviamente sussurrò talmente piano che fu impossibile, per il loro padre, sentire che cosa sua figlia minore disse all'orecchio dell'altro, ma la faccia del maggiore non prometteva niente di buono.
In una frazione di secondo Y/N se l'era data a gambe fino a scomparire su per le scale, mentre Daichi, rosso in volto come non lo aveva mai visto, aveva avuto un attimo di esitazione in cui il signor Sawamura avrebbe potuto giurare di averlo notato osservare un coltello da cucina, prima di scuotere la testa e seguire quella sciagurata per tutta la casa.

«SAWAMURA Y/N!»
L'eco della voce di suo fratello maggiore rimbombò fino al piano superiore, dove Y/N, con un fiatone tremendo per la corsa, rideva a crepapelle.
Le sembrò di essere tornata bambina quando, dispettosa com'era sempre stata, infastidiva Daichi mentre giocava con gli altri bambini, oppure durante l'ora dei compiti o quando guardava i suoi programmi preferiti.
Allora si rincorrevano per tutta la casa, tra i rimproveri dei loro genitori e le risate che ne conseguivano.

Persa nei ricordi, la gatta della Nekoma non si accorse che il corvo l'aveva raggiunta e, anche se con il suo stesso sorriso divertito, sembrava ancora intenzionato a fargliela pagare.

«Otousan, Daichi vuole farmi male!»
Quella, infine, era la solita voce piagnucolosa con cui la piccola di famiglia si liberava dagli impicci e dalle colpe: nonostante fosse lei quella insopportabile, era difficilissimo che suo padre non prendesse le sue difese.

«Daichi lascia in pace tua sorella!»
Non che quei due lo preoccupassero seriamente, si era già messo a ridacchiare tra sé e sé dal momento in cui il figlio maggiore era corso ad inseguire l'altra: quella era solo la sua parte della recita.
Non sarebbe stato Natale, se i suoi figli non avessero bisticciato in quel modo scherzoso.

«Con te farò i conti più tardi!»
Infine la voce del capitano della Karasuno era apparsa come un borbottante e burbero tuono che, malgrado l'apparenza, era innocuo.

Il signor Sawamura riprese ad apparecchiare la tavola con il sottofondo delle risate dei suoi figli provenienti dal piano superiore.
Quando aveva parlato di Bokuto Kōtarō non aveva affatto mentito, quel ragazzo gli piaceva: ogni volta che Y/N tornava a casa dopo una giornata con lui, rideva sempre.

☆☆☆

Una volta rientrata anche la loro madre e dopo la promessa che neanche quell'anno i due ex marito e moglie avrebbero rovinato le vacanze con una delle solite discussioni, tutti e quattro cenarono nella più totale normalità.
Sempre se normale si potesse definire una famiglia in cui la figlia minore si comportava ancora come una bambina dell'asilo e il maggiore come un suo tutore.
Ma alla fine, a tutti loro, andava bene così: Y/N, dopo tutto, non aveva mai dato molto retta a nessun'altro che non fosse il suo amato fratello.

Un buon thriller alla tv, una ciotola di popcorn tra le mani e la coperta di lana sulle spalle erano, da sempre, il connubio perfetto che accompagnava i due fratelli durante le serate trascorse insieme.
In un lasso di tempo che parve durare un battito di ciglia, l'orologio digitale sullo schermo del telefono di Y/N segnava già mezzanotte passata.

Naturalmente il display era stato illuminato, per tutto il tempo da quando se n'era andato, dalle miriadi di messaggi che Bokuto le aveva continuato imperterrito ad inviare.
Solo il primo di questi conteneva delle appropriate scuse per quel bacio mancato, il resto erano domande riguardanti suo fratello, suo padre, sua madre, quanto Daichi lo odiasse o come intendesse ucciderlo, se avesse salutato suo padre e se avesse sbagliato a non mandare i saluti anche a sua madre, nonostante non la conoscesse nemmeno.
Stava diventando paranoico, ecco la verità.
Era persino arrivato ad ipotizzare un matrimonio segreto nel caso in cui il capitano della Karasuno non avesse approvato e, a quel punto, Y/N aveva inviato in fretta e furia un messaggio ad Akaashi pregandolo di tenere a bada quel lunatico gufo: lei non aveva ancora quell'ascendente su di lui. 

«Durante il ritiro estivo avevo pensato che avessi una relazione con Kuroo.»
Come Daichi se ne fosse uscito con quella frase a neanche metà del film, proprio quando l'assassino era ad un passo dall'essere scoperto, Y/N proprio non riuscì a capirlo.
A che diamine aveva pensato per tutto il tempo, invece di seguire la trama?!
La sconvolse così tanto che per poco non si strozzò con un popcorn e il telefono le volò via dalle mani come se avesse vita propria.

«Beh, fortunatamente mi sbagliavo.»
Daichi aveva due tipi di risata: una era quella limpida e calda che mostrava spesso in compagnia del suo fedele vicecapitano, Sugawara Kōshi, l'altra era nervosa, ispida e imbarazzata.
Quella sera, la sua risata era del secondo tipo.

«"Fortunatamente"?»
Kuroo Tetsurō era un capitolo chiuso, non c'era altro da aggiungere, non potevano esistere mere speranze di riconciliazione e neppure lo sognava: le aveva fatto troppo male, se n'erano fatti a vicenda.
Però, sentir uscire quella mezza frase dalle labbra di suo fratello maggiore le provocò un certo fastidio: perché mai tutti -Daichi, Kenma e Kaori- continuavano ad insistere che non esistesse niente di più sbagliato che una relazione tra loro due?

La verità era che Y/N non era per niente d'accordo.
Avrebbe tanto voluto dimenticare i primi mesi, i giorni in cui le frasi di uno venivano finite dall'altro, le sere in cui si ritrovavano a parlare delle cose che avevano in comune, dell'amore per la chimica, del loro colore preferito che era lo stesso per entrambi, e delle lunghe chiacchierate colme di sciocchezze e segreti.
Avrebbe voluto cancellare il passato, ma non ci riusciva.
E quando le veniva posto di fronte lo scetticismo di una loro ipotetica coppia, non poteva fare a meno di pensare che, anche se adesso quel rapporto non esisteva più, viveva ancora forte nel suo cuore: lui era stato il suo primo grande amore.
E, ripensandoci, lo sarebbe rimasto per sempre.

«Avere Kuroo Tetsurō alle cene di Natale? Sarebbe un disastro.»
La gatta sorrise, rilassandosi: suo fratello non parlava propriamente di loro, il suo era un infantile tentativo di dirle che lui e Kuroo erano rivali.

Si era fatta un film tutto suo quando l'altro aveva avuto solo intenzione di scherzare, sarebbe stata pronta a difendere Kuroo ancora una volta se Daichi lo avesse criticato.
Probabilmente il bene che gli voleva non sarebbe mai scomparso, ma forse andava bene così: il rapporto con Kuroo le aveva insegnato tanto, l'aveva preparata a Bokuto in un certo senso e, con quest'ultimo, non sarebbe finita allo stesso modo.

«Con Bokuto invece ci sarebbe da divertirsi.»
Sawamura Daichi già immaginava la tavola di Natale stracolma di leccornie, lui da un lato del tavolo e Bokuto dall'altro che si rimpinzava mentre sua sorella lo rimproverava di mangiare troppo.

«Penso che gli farò fare addirittura una statua per il coraggio di sopportarti.»
Finalmente avrebbe potuto dividere con qualcuno il peso dei suoi capricci, vizi e dispetti continui che lui pativa da solo fin dal momento in cui era venuta al mondo.
Anzi, per il capitano della Fukurodani sarebbe stato ancora peggio: se avesse addirittura deciso di sposarla se la sarebbe dovuta subire ogni giorno e ogni notte per il resto della vita.

«Oddio, ho pietà di lui.»
Improvvisamente Y/N vide l'espressione di suo fratello cambiare: prima era allegra e sinceramente divertita, mentre un attimo dopo si era come rabbuiato e gli occhi castani si erano riempiti di terrore.
Chissà cosa diavolo stava immaginando, quell'idiota, ma invece di prendersela per l'ennesima presa in giro sul suo carattere innegabilmente impossibile, Y/N si limitò a rifilargli un'affettuosa gomitata nel fianco e ridere insieme a lui: forse non si sbagliava, ci voleva coraggio a stare con lei.

«E' il tuo modo di dirmi che lo accetti, onii-chan
Una volta ripreso fiato, la manager della Nekoma appoggiò la testa sulla spalla di suo fratello maggiore, tornando a guardare lo schermo e un film la cui trama, ormai, era andata a farsi benedire: le sarebbe toccato riguardarlo da capo per capirci qualcosa.

«Hai
Il moro si appoggiò a sua volta a lei e sorrise dolcemente: era felice per sua sorella, lo era davvero.

«Meglio lui che qualcun altro, insomma.»
Ma un attimo dopo eccolo che si dava un tono riprendendo quel suo fare autoritario e quasi paterno: sia mai che mostrasse di essere contento del ragazzo di sua sorella.
Quell'orgoglio era un'altra delle tante cose che avevano in comune.

Parlarono fino a notte fonda di tutto e tutti, il film in sottofondo teneva compagnia lungo i pronostici dei nazionali e gli spassosi racconti sia della squadra dei corvi che dei gatti, finché Daichi non si addormentò rigorosamente a pancia in su: alla fine, si disse Y/N, somigliava più lui ad uno psicopatico serial killer, che quello del film.
Prima di dormire diede un'ultima occhiata al telefono: sorrise, c'era un messaggio di Bokuto.

Bokuto Kōtarō
Che facciamo a Capodanno?
Lun 01.36

Se qualsiasi altra persona al mondo le avesse fatto quella domanda avrebbe seppellito il telefono sotto i metri di neve che erano caduti in giardino.
Ma il suo ragazzo non era una persona qualsiasi.

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In primis mi mancava daddy Daichi, quindi dovevo inserirlo in un capitolo, inoltre sono convinta che Y/N non potrebbe viversi serenamente la sua relazione con Bokuto, ora che finalmente stanno insieme ufficialmente, se prima non fa chiarezza su Kuroo.

Quindi la chiacchierata con Daichi è servita anche a questo: a capire innanzitutto che appena si parla di Kuroo scatta sull'attenti perché la questione è ancora fresca, ma anche che si è resa conto che è una storia ormai morta e sepolta.
Però c'è e ci sarà sempre dentro di lei quel ricordo: come ho scritto nel capitolo, lui è stato il suo primo amore, questo non si può cambiare.

Nonostante ci abbia messo una vita a scriverlo, il capitolo non mi piace come è venuto, ma non potevo rimandare ancora.
Perdonatemi.

Al via le scommesse: per chi ha letto la KurooxReader sa che lì il capodanno è stato stellare, ma qui cosa succederà?

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