Capitolo 2: Et monere et moneri proprium est verae amicitiae.
Et monere et moneri proprium est verae amicitiae è una locuzione latina che significa letteralmente "ammonire ed essere ammoniti è proprio della vera amicizia."
▲▲▲
Svegliarsi era, a suo parere, un pessimo modo di iniziare la giornata.
Quando si accorse, quel sabato mattina, di non essere più nel candido mondo dei sogni, Y/N aveva sospirato a lungo e profondamente, senza neanche aprire gli occhi, frustrata.
Forse, se avesse tenuto ancora un po' le palpebre serrate, si sarebbe riaddormentata e non avrebbe dovuto trascorrere un'altra giornata piangendosi addosso, senza riuscire a trovare una soluzione, una svolta, per quel suo stato pietoso.
Si rigirò nel letto in cerca di una posizione più comoda, del calore delle coperte, tentando di tornare beatamente tra le accoglienti braccia di Morfeo. Quando però, nella sua mente, comparvero due felini occhi dorati, Y/N si ritrovò costretta a spalancare i suoi di scatto: chi diavolo voleva prendere in giro?
Le uniche braccia in cui si sarebbe voluta trovare, erano quelle di Kuroo Tetsurō.
Quella storia andava avanti da quattro mesi, ormai: non appena il sonno si interrompeva, immaginava di aprire gli occhi e trovarselo lì di fronte a lei, disteso a dormire con la testa affondata tra due cuscini, mentre qualche ciuffo spettinato spuntava dalle lenzuola.
Allora lei si sarebbe avvicinata piano e gli avrebbe accarezzato la schiena, svegliandolo poi dolcemente, con un bacio a fior di labbra.
Certo, quelle erano solo fantasie di una ragazza immatura che non aveva la forza di affrontare la realtà: lui non era mai rimasto, tutto quello su cui si ostinava a fantasticare non era mai accuduto, né sarebbe potuto accadere.
Al contrario, il capitano della Nekoma se n'era andato sempre e senza voltarsi indietro, finché non l'aveva abbandonata definitivamente, cominciando a frequentare quella serpe di Yamaka Mika.
Ma lei, come se fosse convinta di vivere in una favola, ci sperava ancora che lui tornasse, che si pentisse, ignara del fatto che si stesse autodistruggendo.
Il corvino non le aveva dato nessuna spiegazione, non che gliele dovesse in realtà, dato che non si parlavano da mesi e, a pensarci meglio, non si erano mai parlati un granché: si erano baciati, avevano fatto sesso, si erano dati piacere in parecchi modi diversi senza mai parlarsi più del necessario.
Lei, lo aveva fatto per orgoglio e per paura, lui...ne ignorava il motivo.
Probabilmente non l'aveva ritenuta abbastanza interessante, limitandosi a soddisfare i suoi piaceri sessuali quando più lo aggradava: come biasimarlo?
Non era la prima volta che le accadeva, perciò doveva essere lei il problema, no?
Alla fine, che cosa aveva lei di speciale?
Il mondo era pieno di persone più intelligenti, più belle sia dentro che fuori, più intriganti, estroverse o creative, "più"...tutto.
Eppure, a volte, era accaduto che lui posasse i suoi occhi dorati su di lei, e in quei momenti sentiva il cuore batterle così forte che aveva paura potesse esploderle nel petto: lo desiderava almeno quanto era consapevole dell'impossibilità di realizzare quel desiderio.
Quando sentì una lacrima atterrare sulla federa del cuscino, Y/N si mise a sedere di scatto, sfregandosi gli occhi frettolosamente: era arrabbiata con sé stessa, furiosa a dire il vero.
Era una persona estremamente forte, ma ogni tanto crollava anche lei, anche se quel suo maledetto orgoglio le impediva di chiedere aiuto, un consiglio, o più semplicemente un abbraccio.
Se ne restava semplicemente in silenzio, il più delle volte in camera sua e quando, come quel giorno, le sfuggiva qualche lacrima solitaria, si adirava incredibilmente per aver osato cedere alle sue debolezze.
Si odiava da una parte perché era capace di provare dei sentimenti, dall'altra perché avrebbe voluto sfogarsi, urlare, piangere fino a esaurire tutte le sue cazzo di lacrime, e invece non ci riusciva.
Lo aveva fatto solo una volta, il giorno in cui aveva visto Kuroo e Mika insieme, il giorno in cui aveva capito di essersi innamorata di lui: aveva pianto tanto, fortissimo, gli occhi le si erano gonfiati e arrossati, ma quando poi aveva smesso, la sua corazza era diventata più dura di prima.
Afferrò il telefono dal comodino: forse avrebbe trovato il modo di distrarsi, dato che aveva tutto il giorno libero, o magari avrebbe contattato Kenma per una partita o due online.
Quando però sbloccò lo schermo, rimase sorpresa nel notare un messaggio appartenente ad un numero che non aveva salvato in rubrica.
Numero sconosciuto
HEY, HEY, HEY Y/N-chan!
Mi devi un bicchiere di amaro ;)
11.23
Non era per niente difficile immaginare a chi appartenesse quel numero: c'era solo una persona capace di utilizzare quel saluto spensierato e, per di più, Y/N si era appena ricordata di ciò che aveva tentato di fare con niente meno che il capitano della squadra di pallavolo della Fukurodani.
Inevitabilmente, il senso di colpa la investì in pieno: era doloroso, doversi rimproverare in quel modo, ma se lo meritava.
Non conosceva Kōtarō Bokuto, era sicura di poter contare sulle dita delle mani le occasioni in cui si erano parlati e, in ogni caso, non erano mai stati da soli.
Eppure era riuscita anche ad approfittare di uno sconosciuto come lui, pur di arrivare ai suoi deplorevoli obiettivi: quanto poteva cadere ancora in basso, il suo egoismo?
L'aveva sfruttato per far ingelosire Kuroo, era stata capace di ingannare l'asso della Fukurodani per una persona che non la considerava da giorni, settimane, da mesi.
Era incredibile come non riuscisse a trovare una via di mezzo, nella sua esistenza: o veniva ferita, o feriva a sua volta.
In momenti come quello si pentiva di essere entrata a far parte della squadra della Nekoma, di aver accettato di far loro da manager: in quel modo aveva conosciuto tante, troppe persone e, ne era sicurissima, avrebbe finito con il fare del male ad ognuna di loro.
Lei non era degna di incastrarsi nelle loro vite: dovunque andasse, nascevano problemi.
Quello che aveva fatto la notte precedente non aveva scusanti, era disgustosa: credeva che il gufo avesse capito le sue intenzioni, eppure le aveva scritto un messaggio, come se non fosse accaduto niente di strano, come se non fosse corsa via trattenendo a stento le lacrime.
Come se non bastasse, le aveva scritto di essere in debito di un drink, significava che desiderasse addirittura rivederla?
Assurdo, davvero assur-
Un momento: come diavolo aveva avuto il suo numero?
Y/N ripassò mentalmente tutte le persone che conoscevano sia lui che lei: la prima che le venne in mente fu, ovviamente, Kuroo, ma dubitava fortemente che questo avesse lasciato avere il suo numero a Bokuto, non dopo quell'insensata scenata di gelosia.
Gelosia per cosa poi, Y/N non lo capiva davvero: aveva interrotto lei e il capitano della Fukurodani con un'aria decisamente infuriata, l'aveva fulminata con lo sguardo, arrabbiato come mai lo aveva visto prima, ma poi era tornato, un attimo dopo, dalla sua ragazza.
Il solo pensiero le fece attorcigliare lo stomaco, costringendola a concentrarsi sul pensiero precedente ed elencare tutti i loro amici in comune: Kenma naturalmente non era alla festa e, anche nel caso in cui il gufo avesse tentato di contattarlo quella stessa mattina, Y/N era certa che il biondo avrebbe lasciato squillare a vuoto il telefono per ore, pur di non rispondere all'euforico pallavolista.
Gli altri ragazzi della squadra, forse?
Impossibile, anche se Tora non era esattamente il ritratto della sobrietà, avrebbe scatenato l'inferno se qualcuno si fosse azzardato ad avvicinarsi a lei in qualsiasi modo.
Depennando mentalmente anche tutti gli altri della Nekoma, a Y/N non rimanevano molte possibilità: non aveva stretto molta amicizia con le manager della Fukurodani, al ritiro aveva scambiato con loro solo qualche parola, legando invece di più con le due della Karasuno e...
Il suo nome le rimbombò nelle orecchie e Y/N spalancò gli occhi e/c come colta improvvisamente da un lampo di genio: Ukai Kaori.*
Come diamine aveva fatto a non pensarci prima?
La corvina non era solo la sorella minore del coach dei corvi, ma era anche una pallavolista formidabile e, proprio per questo motivo, conosceva Bokuto Kotaro da tempo, glielo aveva detto lei stessa al ritiro estivo.
Y/N aveva persino creduto che tra loro ci fosse qualcosa, rimanendo piuttosto sorpresa quando aveva appreso, in realtà, che l'amica aveva iniziato a frequentarsi con il vice dei gufi: Akaashi Keiji.
Quando Y/N decise di avviare la videochiamata all'amica lo fece con molta calma, respirando approfonditamente, con tutta l'intenzione di non distruggerle l'udito con quella che sarebbe stata una sfuriata di prim'ordine: inspirare ed espirare, solamente questo avrebbe dovuto fare.
Naturalmente, tutti i suoi buoni propositi erano esplicitamente traditi da un nervoso tremolio della palpebra destra: le sarebbe venuto un esaurimento nervoso, stavolta ne era certa.
Non molti secondi dopo, sul display del suo telefono comparve la sorridente corvina, che la salutava con un grembiule da cucina addosso e un mestolo in una mano.
«Y/N-chan! Ohayō!»
Era allegra, lei.
Raggiante, addirittura.
Era ovvio: lei non aveva appena passato una serata infernale, in un locale infernale, con della compagnia infernale e non aveva avuto, al suo risveglio, un mal di testa infernale.
«Kaori.»
La manager della Nekoma aveva pronunciato il suo nome ripetendosi internamente di non aggredirla, di mantenere i nervi saldi.
La cosa le era risultata drasticamente difficile quando aveva visto l'altra aggrottare le sopracciglia ed avvicinarsi con il volto alla telecamera con un'espressione schifata.
«Sei un disastro, Y/N.»
Candidamente, Ukai Kaori si era dimostrata, per l'ennesima volta, per quella che era: una persona talmente schietta da risultare quasi rude.
La gatta, osservando meglio la sua stessa immagine sullo schermo, non poté fare a meno di concordare con lei: i capelli erano una cespugliosa, informe, massa senza né capo né coda; gli occhi erano arrossati per via del mascara che, senza dubbio, era colato al loro interno, oltre che sulle palpebre, durante la notte, donandole l'aspetto di un cadavere in avanzato stato di decomposizione.
«Cazzo.»
Si affrettò ad alzarsi dal letto sbuffando sonoramente: aveva un disperato bisogno di una doccia calda e rinvigorente.
«Che signorina...»
Intanto la corvina aveva voltato le spalle alla telecamera del telefono, appoggiato sul ripiano della cucina, per dedicarsi alla preparazione di quello che sembrava un ottimo, deliziosissimo, piatto.
«Sono davvero sul punto di partire per Miyagi e ucciderti.»
Non era dell'umore giusto per venire ripresa.
In realtà non era dell'umore giusto per qualsiasi cosa che comprendesse il contatto umano, anche se questo stava avvenendo tramite un cellulare.
«Vedo che non è solo il tuo aspetto ad essere pessimo...»
Dopo aver avuto il sentore di un brivido che le percorreva la schiena, Kaori non aveva avuto il coraggio di voltarsi a guardarla: era sicura che quella fosse capace di pietrificarla con lo sguardo.
«Y/N-chan?»
Dopo qualche manciata di secondi di silenzio, interrotto solo da strani rumori sordi, passi ovattati e sospiri pesanti, raccolse l'audacia necessaria per dare un'occhiata al display, rimanendo piuttosto sorpresa quando vide null'altro che il soffitto di un bagno.
«Hai?»
Più tardi, quella stessa mattina, Ukai Kaori si riscoprì amaramente pentita di aver risposto a quella videochiamata: Y/N aveva raddrizzato il telefono su quello che probabilmente era il lavandino del bagno, dandole una nitida visuale del corpo nudo della gatta che, come se fosse la cosa più naturale del mondo, si stava spogliando di fronte alla videocamera.
Se qualcuno avesse provato a descrivere, con un esempio, il detto secondo cui "gli opposti si attraggono", quasi certamente avrebbe esposto l'amicizia tra quelle due: mentre Y/N era il ritratto della sfacciataggine, dell'eccesso in ogni sua forma, e mancava quasi totalmente del senso di vergogna, almeno davanti all'amica, Kaori era il suo perfetto contrario.
La prima amava le feste, l'alcol soprattutto, alla seconda bastava un bicchiere per ritrovarsi completamente ubriaca; Kaori era atletica, sportiva, eccezionalmente brillante nello sport, Y/N riteneva che l'unico sforzo meritevole di essere compiuto fosse quello di alzarsi dal letto per raggiungere il divano e viceversa.
La corvina non aveva alcun problema nell'esprimere i suoi sentimenti, anzi, come dimostrato in diverse occasioni, poteva addirittura risultare sgarbata e antipatica, per quanto fosse diretta, mentre l'altra preferiva nascondersi dietro una maschera di falsità, piuttosto che ammettere di provare dei sentimenti.
«Per l'amor del cielo Kaori, non è niente che non abbia anche tu.»
Quando Y/N aveva visto l'amica distogliere lo sguardo, fin troppo chiaramente imbarazzata, non aveva potuto fare a meno di sorridere: sapeva perfettamente quanto l'altra fosse discreta e timida, riguardo certe questioni, era esattamente quello il motivo per cui l'aveva fatto.
Una piccola vendetta per aver spifferato il suo numero.
«Perché mi hai chiamata?»
Fingendo di aver visto chissà che cosa, gli occhi ambrati della ragazza tornarono ad interessarsi dei fornelli, cambiando deliberatamente discorso.
«Oh, giusto.»
Riacquistando tutto il nervosismo che sembrava essersi dissipato, la manager della Nekoma afferrò il telefono portandolo con sé nella cabina doccia.
«Bokuto Kōtarō.»
Non fu il rumore dell'improvviso getto di acqua della doccia della gatta a far sussultare l'altra: Kaori era trasalita a sentir pronunciare quel nome.
Non molte ore prima, il vivace capitano della Fukurodani le aveva inviato una serie infinita di messaggi pregandola per avere il numero di Y/N.
Bokuto era una di quelle persone che portano lo sfortunato di turno sull'orlo di un cedimento di nervi: era stato talmente assillante ed insistente, che alla fine aveva ceduto e, quando aveva chiesto una spiegazione, quello l'aveva liquidata rispondendole che l'avrebbe visto con i suoi stessi occhi.
«Hai?»
Solitamente era lei a terrorizzare le persone, era lei a far tremare il suo interlocutore, non il contrario, ma Y/N, in quel momento, sembrava posseduta: era fin troppo ovvio che fingere di non saperne assolutamente niente, non avrebbe funzionato.
«Che c'è?!»
Era infine esplosa sotto la pressione dello sguardo assassino della manager, allargando le braccia e finendo con lo schizzare una mestolata di pomodoro proprio sul bancone adiacente.
«Mi ha chiesto il tuo numero e gliel'ho dato!»
Non c'era niente di male, proprio un bel niente in effetti: era una spiegazione logica, una normale richiesta e una normale risposta.
«Lo sapevo...»
Y/N aveva sperato, fino a quel momento, che si trattasse di uno scherzo, di uno sbaglio magari: lui poteva aver semplicemente sbagliato a scrivere il numero e aveva mandato erroneamente quel messaggio a lei.
Ma adesso che Kaori aveva confessato, tutte le sue speranze erano state brutalmente spazzate via: appoggiò la fronte alla parete, mentre l'acqua le scendeva sui lunghi capelli h/c.
«Cosa è successo tra voi?»
Approfittando dell'evidente stato di sconforto dell'altra, Kaori decise di passare all'attacco: doveva sapere.
«Assolutamente niente.»
Era ammirevole la sua capacità di riprendersi in un lasso di tempo così limitato: Y/N aveva raddrizzato la schiena e si era voltata dall'altra parte, prendendo a massaggiarsi lo shampoo sui capelli.
«Oh andiamo Y/N, non può avermi chiesto il tuo numero senza un motivo.»
Tuttavia da buona pallavolista e, di conseguenza, accanita sportiva competitiva, l'altra non aveva alcuna intenzione di arrendersi.
«Un motivo non c'è davvero, te lo posso assicurare.»
Aveva lievemente sporto la testa di lato in modo tale da lanciare un'occhiata allo schermo, alzando un sopracciglio, confusa.
«Mi spieghi perché stai cucinando?»
Che la sua migliore amica fosse un'ottima cuoca, al contrario suo, era un concetto ben assodato, ma addirittura mettersi a cucinare di mattina, le sembrava un tantino esagerato.
«Perché è ora di pranzo, bella addormentata.»
D'accordo, forse aveva dormito un po' troppo e aveva totalmente perso la cognizione del tempo.
«E non cercare di cambiare argomento!»
La loro amicizia non era fondata solo su delle solide differenze costruttive e divertenti, ma anche e soprattutto sulla capacità, di entrambe, di capire al volo le vere intenzioni dell'altra.
Sawamura Y/N non aveva nessunissima intenzione di rivivere e affrontare le sue colpe: odiava confessare ciò che provava, specialmente se ciò aveva a che fare con i suoi errori.
Lei non avrebbe dovuto commettere errori, in primo luogo.
Era Kaori, di solito, quella che faceva una cazzata dopo l'altra, quella che veniva rimproverata: Y/N non c'era abituata e non le piaceva affatto.
Senza contare il fatto che il racconto avrebbe inevitabilmente portato al riaffiorare delle lacrime forzatamente scacciate poco prima.
«Ho combinato un casino, Kaori-chan.»
Aveva sospirato sommessamente quando era tornata a fronteggiare la videocamera, mentre la corvina la intimava silenziosamente a continuare il racconto.
«Ieri era il compleanno di Kuroo: eravamo ad un locale, lui era con la sua ragazza e io-»
Y/N dovette fare una pausa, obbligarsi a respirare e sollevare il mento verso il getto d'acqua: forse avrebbe potuto ingannare Kaori che le gocce sulla sua guancia fossero dovute a quello e non al dolore che si portava dentro.
Y/N non aveva timore di niente quando aveva a che fare con Kaori, non si vergognava di niente, con lei: l'unica cosa che le rimaneva della corazza che indossava quotidianamente era il suo ingombrante orgoglio.
Era quello, che le impediva di piangere persino di fronte a lei: non poteva mostrarsi debole.
«Io devo aver bevuto qualche bicchiere di troppo, ecco.»
Solo quando fu sicura di aver assunto di nuovo la sua compostezza, Y/N si decise a continuare, con aria colpevole.
«Va' avanti.»
Spazientita, Kaori aveva perso il conto delle volte in cui le aveva detto che i problemi nuotano fin troppo bene nel rum, gin, vodka o quel che sia, ma la gatta sembrava essere sorda, quando le si richiedeva un minimo di amor proprio.
«Ho visto Bokuto-san ubriaco quanto me e ho pensato...»
Adesso sì, che si vergognava: esisteva davvero qualcosa di più deplorevole del prendere in giro una persona per i propri fini?
«...ho pensato che Kuroo sarebbe stato geloso.»
Ammise, chiudendo gli occhi e pronta a ricevere una ramanzina più che meritata.
«Non dirmi che-»
Kaori ebbe giusto il tempo di portarsi una mano sulla fronte, disperata, prima che l'altra si affrettasse a spiegarsi.
«Non è successo niente: Kuroo ci ha interrotti e quando Bokuto gli ha fatto capire di non avere intenzione farsi da parte-»
Agitava frettolosamente le mani di fronte al telefono, la gatta, mentre parlava talmente veloce da mangiarsi le parole.
«Bokuto...cosa?!»
Era scattata sbattendo i palmi delle mani sul ripiano della cucina, non poteva crederci: non si sarebbe mai aspettata che Bokuto avesse l'ardire di rispondere a tono ad uno dei suoi più grandi amici.
Più verosimilmente, se lo immaginava ritirarsi in silenzio, le punte dei capelli rivolte verso il basso tanto quanto il suo umore.
Questo voleva dire solo una cosa: lui aveva visto nella gatta qualcosa per cui valeva la pena lottare.
«Kuroo è tornato da Mika e io sono andata via.»
L'altra, in tutta risposta, si era limitata a roteare gli occhi al cielo e continuare il monologo: possibile che fosse rimasta più stupita della reazione del gufo piuttosto che di ciò che aveva fatto lei?
«Sono una stupida.»
Con un lungo sospiro Y/N afferrò il telefono e si fiondò mestamente fuori dalla doccia, indossando l'accappatoio.
«Sì.»
Fu quella, l'unica risposta della corvina, che tuttavia sembrava assorta in un profondo pensiero: aveva spento i fornelli della cucina dietro di sé, dedicandosi interamente all'elaborazione di quello che sembrava un macchinoso ragionamento.
«Ma tutto ciò potrebbe avere i suoi lati positivi.»
Era perfetto, niente sarebbe potuto andare meglio, Kaori ne era sicurissima: erano mesi che vedeva l'altra con profonde occhiaie a solcarle le palpebre, settimane che si ostinava a nascondersi dietro strati di trucco e falsi sorrisi.
Y/N non le aveva raccontato niente, se non i fatti principali: lei e Kuroo avevano passato delle notti insieme durante il ritiro estivo, dopo di queste lui si era allontanato da lei senza un motivo apparente e lei aveva deciso di chiudere quella strana relazione, pensando probabilmente che sarebbe finito lì, tutto il dolore.
Ma Kaori l'aveva notato molto prima di lei: Y/N si era innamorata.
E così si era ritrovata sola, nell'abisso di un amore soffocato, maltrattato e rinnegato, finché la brutale realtà l'aveva raggiunta il giorno in cui aveva visto il capitano della Nekoma con un'altra: le cose, da quel giorno in poi, non sarebbero potute andare peggio.
Y/N si era rinchiusa in sé stessa: aveva smesso di sfogarsi con lei, con Kenma, con chiunque.
Non c'è niente di peggio che vedere un'amica soffrire, autodistruggersi e non riuscire a fare niente per lei, ma la soluzione adesso, forse, le si era presentata davanti: Bokuto Kōtarō.
«Non ho intenzione di usare un'altra persona per dimenticarmi di lui.»
Non era difficile immaginare che cosa stesse architettando Kaori: non le era mai piaciuto Kuroo, le aveva sempre intimato di allontanarsi da lui ancora prima che succedesse qualcosa.
«Non ti ho chiesto di usarlo, ti chiedo di dargli una possibilità.»
Nessuno sarebbe stato perfetto quanto il capitano della Fukurodani: Bokuto era, in tutto il suo entusiasmo, la persona che più si allontanava dal carattere di Kuroo Tetsurō e, di conseguenza, da quello di Y/N, dato che quei due erano identici sotto molti punti di vista.
Lei era terrorizzata dai sentimenti a tal punto da non riuscire in alcun modo ad esprimerli, il gufo, al contrario, era talmente spontaneo e sincero da sopraffare e coinvolgere anche la persona più introversa al mondo.
«Ci penserò.»
Non aveva voglia di discutere con l'altra: testarda com'era, non l'avrebbe lasciata in pace per l'intero pomeriggio.
«Non lo farai.»
Con uno sbuffo, Kaori ripose tutte le sue speranze nell'insistenza del gufo: sull'amica, non poteva assolutamente contare.
«Bye bye, Kaori-chan.»
Non attese la sua risposta, riattaccando velocemente prima che potesse replicare: c'era un'altra persona da dover chiamare, un'altra questione da dover risolvere.
Mentre salvava in rubrica il numero sconosciuto, memorizzandolo con il nome dell'asso della Fukurodani, Y/N pensò che fosse la cosa migliore mettere in chiaro subito le cose, senza giri di parole.
Neanche dieci secondi dopo aver premuto il tasto della chiamata, una voce squillante e allegra rispose all'altro capo del telefono.
«Hey, Y/N-chan!»
Ovviamente la manager non poteva vederlo, ma il gufo era più che mai raggiante: aveva atteso ore una risposta che non era arrivata e, proprio quando stava per rifugiarsi in uno dei suoi stati abbattuti e depressi, il telefono aveva cominciato a squillare.
«Avevo quasi smesso di sperare in una risposta e invece mi hai persino chiamato!»
Avrebbe addirittura potuto giocare cinque, anzi dieci, venti set consecutivi, tanto era esaltato: era come aver appena vinto una partita particolarmente decisiva.
«Hai...»
Probabilmente lei non si aspettava che rispondesse così prontamente alla chiamata, non si era neanche preparata mentalmente un discorso: da dove avrebbe dovuto cominciare?
«Bokuto-san io volevo dirti che-»
Dritta al punto: ecco che cosa doveva fare.
Naturalmente, dato che ormai sembrava che tutti, quel giorno, si divertissero da matti a interromperla, Y/N non riuscì a concludere la frase.
«Sei libera questo pomeriggio?»
Che diavolo di domanda era, quella?
«Eh? Sì, cioè no-»
Y/N era seduta sul bordo del letto, i capelli ancora gocciolanti dalla doccia e l'accappatoio che le avvolgeva il corpo: aveva un'espressione confusa, talmente impacciata da cominciare a balbettare risposte senza pensarci neanche e lui, ovviamente, aveva approfittato per bloccarla di nuovo.
«Ti andrebbe di vederci?»
D'accordo, quella conversazione stava diventando assurda e lei cominciava a perdere la pazienza: loro non si conoscevano e non avrebbero dovuto farlo, dannazione!
«No e-»
La gamba destra aveva cominciato a tamburellare pericolosamente sul pavimento della camera con fare nervoso: gli aveva telefonato per un motivo preciso e sarebbe andata fino in fondo, non avrebbe potuto interromperla all'infinito.
«Perché?!»
L'altro sembrava essere appena stato colpito da una pugnalata alle spalle, dato il tono disperato con cui le aveva risposto.
«Sei crudele, Y/N-chan!»
Crudele? Lei? Lui aveva capito con chi stesse parlando? Si era reso conto che loro non erano nulla di più che due conoscenti che, per un suo errore, si erano trovati in una situazione intima e, a ripensarci, imbarazzante?
«Bokuto-san in realtà io-»
Forse con dei modi più accondiscendenti e meno diretti sarebbe riuscita a parlare e a convincerlo dell'irrazionalità di quella chiacchierata, di quell'invito a uscire.
«Non ha importanza, il più grande asso della nazione non si arrende così facilmente!»
Un momento prima sembrava sul punto di scoppiare a piangere, mentre adesso pareva un eroe mitologico perfettamente fiducioso della riuscita di un'impresa mirabolante.
Dunque era vero che il capitano della Fukurodani fosse incredibilmente lunatico.
«Ma-»
Come si riusciva ad avere a che fare con un individuo del genere? Come avrebbe potuto fronteggiare un tale entusiasmo e riuscire a prendere parola senza che lui la interrompesse a metà frase?
«Ci riproverò finché non accetterai!»
Quella fu l'affermazione, le ultime parole, che le impedirono di avere la forza necessaria per insistere oltre: Y/N rimase, nel silenzio della sua stanza, senza voce.
«A domani, Y/N-chan!»
Un secondo dopo, un fastidioso suono meccanico la avvisava che la telefonata era stata chiusa senza che lei potesse farci niente.
Fu così che si concluse quella bizzarra chiamata, il primo, vero, dialogo tra quei due: lei aveva ancora la bocca spalancata e mille parole mozzate in gola, lui un sorriso vittorioso e soddisfatto.
Inconsapevoli, entrambi, che fosse solo l'inizio.
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
Eccoci con il secondo capitolo: Y/N è una persona profondamente provata dalle relazioni precedenti, è stanca, oppressa da un sentimento che non riesce ad esprimere e ad accettare, inoltre si sente in colpa per Bokuto.
*Kaori è l'unica amica che ha (se non l'avete ancora fatto, andate a leggere la storia di AsiaCampanile1 per capire meglio il suo personaggio, che sarà parecchio presente in questa fanfiction): le due sono diverse, ma si completano a vicenda, la loro amicizia sarà necessaria per lo svolgersi della relazione tra Y/N e Bokuto.
Come avrete capito, Bokuto è a conoscenza del fatto che Y/N abbia un precedente con Kuroo e impedisce appositamente alla ragazza di prendere parola: sa perfettamente che tenterebbe di chiudere tutti i rapporti con lui.
Come pensate si evolverà la storia, tesori miei?
Vi voglio tanto bene, sempre. ◭,◭
QUINDI ESPRIMETEVI.
(Tanto amore)
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro