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2. Un messaggio in segreteria

I giorni sono scivolati via lentamente come sabbia tra le dita.

Il bar è diventato il mio rifugio, un'oasi di normalità in un mondo che sembra sempre più avvolto dal paranormale.

Le giornate si susseguono con monotonia.

Preparo caffè e cocktail, servo clienti che discutono di sport e politica senza avere la minima idea delle ombre che si nascondono dietro le quinte della loro città sonnolenta.

Ma io so.

E ogni notte, quando chiudo il bar e mi ritrovo da sola, le ombre tornano a danzare nei recessi della mia mente.

Dopo qualche giorno di tentativi infruttuosi di contattare John Winchester mi sono arresa.

"Questo è il numero di Jhon Winchester, se non rispondo chiamate mio figlio De..."

"Cazzo" riaggancio.

È come se il destino stesso mi stesse guidando verso il figlio anziché il padre.

Sono preoccupata per Jhon abbastanza da credere che si sia andato a cacciare in qualche guaio serio.

Chiudo il bar per la notte, stanca di servire cocktail a gente che pensa che la cosa più strana sia il prezzo della birra.

Loro non hanno idea di cosa stia accadendo davvero.

E forse è meglio così.

Risalgo le scale che portano al mio appartamento sopra il bar, ogni passo sembra più pesante del precedente.

Mi sembra di sentire l’eco dei miei pensieri confusi rimbalzare sulle pareti strette.

Entro nel mio appartamento e chiudo la porta dietro di me, il clic della serratura sembra risuonare troppo forte nel silenzio.

Mi dirigo verso il vecchio baule nell'angolo della stanza.

Un reperto di famiglia, ereditato da mio nonno, un uomo tanto taciturno quanto misterioso.

Non è mai stato uno che raccontava storie dell'orrore, ma il suo silenzio parlava più di quanto avrei voluto sapere.

Apro il baule, il legno scricchiola come un vecchio che si sveglia da un lungo sonno.

Dentro, trovo vecchi album di foto, lettere ingiallite e… ecco ciò che stavo cercando: una scatola di proiettili col sale e alcuni coltelli affilati.

Mio nonno era chiaramente un uomo dai molti talenti, tra cui quello di tenere segreti piuttosto importanti.

Prendo le armi e mi preparo mentalmente alla battaglia.

Sento una strana combinazione di adrenalina e terrore, un cocktail più potente di qualsiasi cosa io abbia mai servito al bar.

La notte avvolge Lawrence in un mantello di tenebra, i vicoli sembrano più stretti e minacciosi.

Ogni ombra sembra viva, ogni rumore è un sussurro di minaccia.

Mi muovo con cautela, ricordando gli insegnamenti del nonno e di Jhon che sembrano ora più preziosi che mai.

"Mai affrontare un mostro senza conoscere il suo punto debole," mi diceva, mentre lucidava un coltello con una concentrazione quasi maniacale "E ricorda sempre: il sale è il miglior amico di un cacciatore."

Avanzo nei vicoli, ogni muscolo teso come una corda di violino.

Le ombre danzano e si contorcono, creando figure che sembrano uscite da un incubo.

Ma non sono qui per farmi impressionare dalle ombre.

Sono qui per combattere.

Un rumore dietro di me mi fa sobbalzare.

Mi giro di scatto, il cuore in gola.

Ed eccola lì, la figura oscura che ho visto la notte scorsa.

Alta, snella, con occhi che brillano di una luce innaturale.

Perfetto, esattamente ciò di cui avevo bisogno.

"Sei venuta a giocare?" sussurra con una voce che potrebbe congelare il fuoco.

"Non proprio" rispondo, cercando di sembrare più sicura di quanto mi senta.

Sollevo la pistola caricata con proiettili al sale e miro al suo petto.

Sparo un colpo, poi un altro.

La creatura urla, un suono stridulo che rimbalza sui muri dei vicoli, ma non sembra particolarmente impressionata dai miei sforzi.

Prima che possa reagire, la creatura mi è addosso con una velocità impressionante.

Sento un dolore acuto al braccio destro e il coltello mi sfugge di mano mentre cado a terra.

Il dolore mi annebbia la vista, ma con un ultimo sforzo riesco a tirare fuori un altro coltello e a colpire la creatura al fianco.

Emette un urlo disumano e si ritira, scomparendo nelle ombre.

Fantastico, adesso ho anche un mostro arrabbiato che vaga per la città.

Raccogliendo tutte le mie forze, mi rialzo e torno barcollando verso il mio appartamento sopra il bar.

Ogni passo è un tormento, ma finalmente raggiungo la mia porta.

La chiudo dietro di me e cado a terra, il sangue scorre dal mio braccio ferito.

Non posso fare altro che cercare a fatica il telefono e comporre il numero.

Riesco a malapena a lasciare un messaggio in segreteria mentre scivolo nell'incoscienza e penso a quanto sarebbe bello se la vita fosse semplice come un doppio whisky.

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