8.
Capitolo scritto da @HungryHeart_
Mi svegliai intorpidita e gli avvenimenti della sera prima arrivarono dirompenti.
L'ombra, il biglietto, la festa di compleanno e la lettera. Infilai la testa sotto il cuscino e mi nascosi. Fuggivo da questa realtà che mi piombava addosso. Realtà non mia. Cosa cercava quella persona? Cos'erano quei nomi? E cosa c'entravo io?
Mi scoppiava la testa, mi addormentai nuovamente. Non so per quanto. Non so cosa sognai. Non so cosa sentii. Non una volta riuscivo a ricordarmi cosa mi passasse per la testa mentre dormivo.
-Significa che mangio pesante?
Avevo domandato una volta ad Amina, lei scettica mi aveva detto:
-Ma di cosa stai parlando?
E io le avevo risposto con una sincerità che aveva disarmato anche me.
-Tu cosa sogni quando dormi?
Lei si era guardata intorno, ed io l'avevo visto, l'avevo visto il moto di paura nei suoi occhi, era stata una scintilla ma era come se lo avessi percepito. Catturato. A cosa era dovuto io non gliel'avevo chiesto. Ero tornata sui miei passi e l'avevo lasciata stare.
Dopo non so quanto tempo, aprii lentamente gli occhi, la luce del giorno era ormai sparita. Al sole si era sostituita la luna. Luna piena e bellissima. Filtrava la luce dalle mie tende. L'appartamento al buio era silenzioso. Amina doveva essere uscita nuovamente con il dottorino, che alla fine di "ino" aveva veramente ben poco. Chissà cosa avrebbe combinato.
Mi distesi a pancia in su e sospirai. Questi attacchi mi destabilizzavano sempre di più. Ogni volta erano più forti e più complessi da sovrastare. Possibile che non ci fosse modo di prevenirli? Rimasi confusa e sconcertata ad osservare il soffitto, pensando e spremendo la mente. A cercare un filo logico dove non sembra esserci. A cercare una linea comune con questi tre nomi. A cercare l'enorme pezzo mancate di questo puzzle, che in poche ore mi aveva sovrastato la vita. Era come se fosse una lunga ed incessante battaglia. Un continuo ricercarsi. Prendersi e lasciarsi. Trovare la via ma perderla un attimo dopo. Un gioco di calamite. Come si associavano Paolo e Marco, Paolo e Sara. Qual era il filo conduttore? E chi era l'ombra dal dolce profumo di gelsomino? Cosa voleva da me? Li ripetevo come mantra, quei nomi...
Sara
Paolo
Marco
Sara
Paolo
Marco
Sara
Paolo
Marco
Sara
...
Paolo
...
Marco
...
Sara
...
...
...
...
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-Amina come è andata oggi, tesoro?
-Oh Andrea è sempre più difficile. Vederla lì. Inerme. Intubata. Raccontarle una vita non sua, una vita improntata su di un esperimento che forse non la riporterà mai da noi.
-Lo so, ma devi avere fiducia Amina.
-Cos'è la fede adesso Andrea?"
E se ne andò così Amina persa d'animo davanti ad un'amica di cui ormai sembra essere rimasto nient'altro che un corpo senza vita.
Andrea rimase lì, cercando di interferire il meno possibile con Sara. Sapeva bene cosa poteva o non poteva percepire. Sapeva bene che qualsiasi forma di assenza di autocontrollo poteva dare inizio ad una serie di meccanismi per i quali la paziente sarebbe stata a rischio.
Decise di cambiare l'acqua ai gelsomini. Un mazzo di fiori ad ogni nuovo sorgere del sole. Non era ancora riuscito a capire chi procurava nuovi gelsomini ogni mattino, ma la cosa iniziava a preoccuparlo. Amina aveva confermato che il gelsomino era il fiore preferito di Sara, ma chi sarebbe stato così incosciente da intrufolarsi lì, e rischiare di compromettere tutto il lavoro del Dott. Wilhelm ?
Decise di allontanarsi. E di chiamare l'anziano Dottore per il ragguaglio mattutino. Chissà che almeno lui non fosse riuscito a contattarlo.
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