5.
'Cazzo mancano ancora tre fermate, quest'autobus puzza di merda!' Pensai mentre osservavo di sbieco un barbone che russava accasciato sulla fila di sedili poco più avanti.
Cercai di concentrarmi sulle luci che scorrevano rapide -ma non abbastanza- oltre il vetro gelido, così da distrarmi da quell' odore di piscio e altri fluidi corporei che mi ammorbava le narici. 'Che stronzata, con questo buio non si vede quasi niente, e forse è pure meglio. Qui case da ricchi con ce ne sono, e mi son rotto i coglioni di questi palazzoni di merda, tirati su solo per ammucchiare quanti più stronzi possibile'.
Tornai a fissare il barbone, furioso all'idea di dovermi sentire addirittura fortunato a essere uno di quegli stronzi, uno di quei polli da allevamento, incasellato in una scatoletta che avevano il coraggio di chiamare 'casa popolare' .
Non eravamo altro che bestie in batteria, ma io non mi sarei fatto spennare. Ero già stato in cima, in quella che sembrava un'altra vita, e ci sarei tornato. Non sarei morto nella merda. Questo era certo.
Finalmente ero arrivato. Mi precipitai fuori, in fuga dai miasmi. Almeno il freddo degli ultimi giorni aveva un lato positivo: sembrava che l'aria fosse limpida, quasi pulita, ogni respiro cristallino... sembrava. Mi diressi verso il mio palazzo, brutto e senz'anima, identico a tutti i quelli che lo circondavano. Le uniche differenze che mi permettevano di riconoscerlo, erano i terrazzini tamponati abusivamente per ottenere un po' di spazio in più. Ci volevano tutti uguali e riconoscenti, a noi stronzi, ma quei rattoppi irregolari sulla facciata senza vita erano l'unica cosa che mi ricordava degli esseri umani stipati là dietro.
Ero arrivato al mio piano, il sesto, sufficientemente alto per restarci secco senza sentire un accidenti, se ti butti giù. Era una cosa positiva.
Ma quel giorno avevo ben altro di cui essere allegro. Percorsi a falcate il corridoio infinito e imbrattato di graffiti, finchè non raggiunsi la porta ammaccata del mio appartamento. Non so perché mi ostinassi a chiuderla a chiave, sarebbe bastata una spallata ben assestata per buttarla giù.
Attraversai rapidamente l'ingresso e mi chiusi in camera. Mi disfai finalmente del vecchio cappotto nero che indossavo. Era costato davvero una fortuna anche se era di seconda mano, ma erano stati soldi ben spesi. Con quello addosso diventavo invisibile, nessuno si accorgeva di me, nessuna parte del corpo restava scoperta o visibile.
Era perfetto.
Esausto e ancora vestito, mi buttai sulla brandina cigolante, troppo piccola per la mia stazza. Prima di cedere al sonno, presi la foto che tenevo sul comodino. Conoscevo a memoria il viso ritratto, era tatuato nei miei occhi, anche le mani ne avevano ricordo. Carezzai per l'ennesima volta lo sguardo ceruleo e vigile, la mascella serrata, i capelli corti, neri come la morte e le spalle dritte, e mi addormentai con un'unica parola sulle labbra.
-Sara.
TA-DAAAAAA!!
Alla fine qualcosa mi sono inventata, ora a voi :*
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