Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

22.


Da qualche giorno andava un po' meglio. Dopo l'ultima crisi e il buio, stavo lentamente tornando a vedere. Mi rendevo conto che la realtà attorno a me si era fatta di nuovo nitida nel momento in cui avevo iniziato ad accettarla. Realizzai che i due infermieri non se n'erano mai andati e da allora si prendevano cura di me e della mia convalescenza.

La mia ultima ricaduta era stata di gran lunga la peggiore di tutte le altre. E mi portava a suddividere il tempo in un prima e un dopo. Paradossalmente, tutto ciò che riguardava la mia vita antecedente diventava sempre più confuso e sfocato, man mano che riacquistavo lucidità. Ero stata una persona di cui conoscevo sempre meno. I contorni del mio profilo diventavano ogni giorno più sfilacciati e inconsistenti nella memoria. In compenso del mio presente avevo poche ma chiare certezze.

Ero viva,

mi chiamavo Sara,

mi trovavo a Milano,

e sarei stata bene.

Tanto i bastava.

Era tornato il sole. Potevo vederlo filtrare dalle spesse cortine che mi proteggevano dal mondo esterno. Era tornata la primavera, e i miei progressi sembravano modularsi sulla sua intensità crescente.

Un mattino, appena sveglia, trovai l'infermiere che vegliava accanto al mio letto.

- Come si sente oggi, Sara? – mi apostrofò mentre cercavo di metterlo a fuoco.

- Bene, grazie. – biascicai stordita

- Molto bene. Oggi è una giornata importante, il dottor Torri verrà a visitarla- Mi riferì con un mezzo sorriso.

Risposi con uno sguardo interrogativo. Ero ancora molto confusa circa le mie condizioni e non sapevo in cosa esattamente consistesse il mio male.

L' infermiere non aggiunse altro, si limitò a vestirmi come tutti i giorni.

Poco dopo, avvertii un passo leggero, tradito dallo scricchiolio soffocato del parquet del mio appartamento. La porta della mia camera si aprii lentamente e intravidi un'ombra insinuarsi nella stanza. Riconobbi Andrea, il socio di mio suocero. L'avevo incontrato anni fa e ogni tanto scambiavamo qualche parola, durante gli eventi ufficiali e le cene coi pezzi grossi, quando Paolo cercava di scucire finanziamenti per la sua ricerca ai suoi facoltosi ospiti. Marco odiava quelle serate, odiava quel mondo... .Ma la sua presenza era prevista dall'etichetta e, di conseguenza, in modo collaterale, la mia.

Avvertii un dolore lontano fare capolino da qualche piega del mio essere.

- Andrea, cosa ci fai qui? Domandai alla sagoma immersa nella penombra.

- Buongiorno Sara, coprendo la tua sorpresa. Immagino tu sia ancora scossa e non abbia registrato gli eventi degli ultimi mesi. Ad ogni modo, io sono sempre stato qui. Sono correntemente il tuo medico curante. Hai subito un forte trauma e sei stata incosciente per mesi.

- Capisco... un trauma. Per cosa?

Il dottore scandagliò il mio sguardo a lungo da dietro le lenti squadrate. In fine rispose.

- Dimmelo tu Sara. Ho bisogno di capire se possiamo considerare la fase di accettazione completata.

Senza che ne comprendessi il motivo, i miei occhi si riempirono di lacrime.

Lentamente, mi sentii dire:

- Loro sono.. se ne sono andati.- Il tono della mia voce era fermo e impersonale. Lo ascoltavo assente e lontana migliaia di chilometri.

- Loro chi? Ho bisogno che tu pronunci i loro nomi, per favore. – incalzò Andrea.

Ripiombai nel mio corpo. Eccolo, il dolore era arrivato, ne pagavo il ritardo, dovuto ai farmaci, con una maggiore intensità. Prese possesso di me, salì fino a lambirmi la gola, ma li si fermò. Mi era concesso uno spiraglio per respirare, per sopravvivere.

- Paolo e M-Marco... sono morti.

Piegai il collo all'indietro in cerca di ossigeno. Di fronte a me Andrea rimase immobile, nella sua professionalità senza espressione.

- E' così Sara, ma tu sei viva. E io non ti lascerò andare.

Osservai le sue labbra muoversi attraverso il velo del pianto. Mi accasciai fra i cuscini riuscendo finalmente a rilassare i muscoli contratti. Smisi di combattere la sofferenza e lasciai che diventasse parte di me. Mi resi conto che il dolore non mi aveva sommerso come le altre volte. Galleggiavo. Ero viva. Ero presente. Ripresi a respirare.

-Andrea. Non ricordo. Dov'è mia figlia?

Mi guardò. E per un instante vidi un bagliore squarciare la maschera di misurata gentilezza.

- Aurora sta bene. E' nell'altra stanza. Quando vorrai, potrai vederla.

Lo fissai sconvolta. Mi sentii mancare.

- Anche... anche ora?

- Sì, anche ora. – acconsentì facendo segno all' infermiere, che subito uscì dalla camera.

Fece ritorno qualche secondo dopo con la mia bambina fra le braccia. Non potevo vedere il suo visetto, sepolto nella spalla dell'uomo, ma non c'era dubbio che fosse lei. Era cresciuta. Le gambine penzolavano lunghe e affusolate. Dovevano averla appena svegliata. Persi anche l'ultimo bagliore di lucidità quando me la poggiò sul grembo e percepii il peso della sua testolina sul seno, senti la sua pelle, il suo odore. La mia piccola si adagiò soddisfatta sul mio corpo, lieta del rifugio che le consentiva di prolungare i suoi sogni, ancora per un po'.

Mi sentii morire di felicità.

Singhiozzai a lungo e sommessamente per non turbare il suo sonno. Mia figlia stava bene ed era con me. Tutto il resto era sopportabile. Sarei guarita e mi sarei presa cura di lei. Quella era l'unica dimensione in cui potevo sopravvivere. Tutto sarebbe cambiato e io non sarei mai più stata come prima. Ma se pure fossi diventata l'ombra di me stessa, sarei stata un'ombra viva.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro