Capitolo scritto da Ghost_Writer__

Mille nomi ha la morte, mille volti.

Mi chiamano morta. Li ho sentiti. Mi definiscono. Mi categorizzano. Mi scandagliano. E poi provano a parlarmi da lontano, da così lontano, ombre lunghe distese sui viottoli del parco dal quale non riesco a uscire, tentando di dirmi qualcosa che non so ma che intuisco. E loro che pensano che io non senta niente.

Che non immagini.

La difficoltà non è quella.

Quello che è veramente difficile è violentare questo torpore e costringere la mente a ricordare.

Come raccogliere un anello caduto sul fondo del lago. E nel tentativo, non riuscire a risalire.

Lo so che sono tutti qui intorno.

E non pensino che non immagini da dove vengono i gelsomini.

Detta così suona come una soluzione. E invece è solamente un nuovo passo a sprofondare nelle sabbie mobili della mia forzata inazione.

Se solo Marco non fosse un'ombra.

Se solo Aurora...

Se solo...

Se solo ricordassi. Se gli indizi che mi arrivano sapessero comporre una storia.

Chi sono ora lo so. Grazie Amina, grazie Dottorino, non c'è bisogno che me lo ricordiate ancora.

Ma cosa è successo quella notte.

Frammenti di vetro sparsi in un incubo senza nome. Su ogni frammento un fotogramma.

e la pioggia. Così nera e così violenta.

Da portarci via tutti.

Marco non era in macchina con me. Allora dov'era? Paolo, mio saggio e paziente genio, che mi hai lasciato bocca aperta così tante volte mentre mi raccontavi la tua storia, in terrazza, un bicchiere di vino bianco in mano, rigorosamente fermo. Tu che hai ridato la vita e la speranza a tanti disperati, quasi che tu fossi Dio in camice bianco.

Paolo, tu mi sai dire dov'erano tuo figlio e la mia piccola? Mi sai spiegare perché io fossi sola e perché corressi lungo quella strada periferica come se mi stesse inseguendo il Diavolo in persona?

Tutta quella pioggia.

Tutto questo dolore.

I messaggi.

I gelsomini.

Le vostre voci.

Aurora, mio cuore.

Se solo potessi stringerti a me.

Sono così stanca.

Lasciatemi dormire.

Ancora.

Un po'....