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10.

Ragazzi, c'è stata una sovrapposizione di capitoli. Con Serena abbiamo pensato che avesse più senso mettere prima questo.

Capitolo scritto da @HungryHeart_

Ancora fermo lì, su quella poltrona, con le mani fra i capelli, e i miei singhiozzi che ogni mattina rubavano un po' di quiete all'ambiente, riflettevo su cosa fossi stato alla fine io.
Fin dove mi fossi spinto.
Il ruolo avuto nella vita di Sara, e su il ruolo mai avuto nella vita di Aurora.
Ogni mattina era così angosciante e malinconica, che diveniva sempre più difficile esser comunque presente. In questo luogo, privato di sensazioni assimilabili a qualsiasi umanità possibile. Perchè non si vive così, come cavie da laboratorio.

Il cervello frullava in mille direzioni ciascuna con milioni di domande e niente ancora spuntava come possibile soluzione.
Me lo ripetevo come un mantra “Marco Wilhelm riprenditi ciò che ti è stato tolto”.
Nonostante la paura che incutevo, ero un uomo fragile. E solo.

Ero stato costretto dalla vita a nascondermi. E quando è la vita che te lo impone le strade da prendere sono ben poche. Avevo commesso molti errori, e per tutti avevo pagato. L'errore più grande però, mi portava qui. Tutte le mattine, alla stessa ora. Con i gelsomini. La voce rotta. E il corpo scosso dai singhiozzi. Perchè adesso, davanti a lei, il mio errore più grande, era palese. Ed io ne pagavo le conseguenze tutti i giorni. E ne ero terribilmente felice, perchè continuavo a vederla, a immaginarla e a viverla attraverso un insulso software.
Ed ogni mio ricordo, diveniva anche il suo. Le raccontavo di tempi felici. Di lunghe passeggiate ai Navigli, e le lunghe chiacchierate, il lento nostro sfiorarci con parole calde e volute. Questo eravamo io e Sara, un libro ben scritto. Un romanzo rosa. Una vita desiderata. Colmata dall'arrivo di Aurora.

E poi il buio.

Il buio si era impossesato di me. E niente era stato più lo stesso.
I Navigli erano stati sostituiti dai sobborghi Milanesi, l'appartamento vicino Parco Sempione da uno insulso in periferia.
Ed io ero diventato ciò che avevo sempre temuto.
Un'ombra.
All'oscuro della vita che tanto avevo desiderato.

Mi piaceva pensare a Sara. Sempre sorridente. Con i suoi capelli lunghi che le ondeggiavano sulle spalle. Mi aggrappai a questa immagine di lei.
E le vedevo le sue pupille muoversi freniticamente sotto i suoi occhi addormentati.
I suoi scatti nervosi all'interno di un corpo addormentato.
La sua perdita di autocontrollo.

- Cosa stai combattendo? Torna da me lo combattiamo insieme …  le sussurro.

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Mi svegliai intorpidita. Amina mi fissa dallo stipite della porta.
-C'è una lettera per te.... sussurrò  spaventata.
Mi alzai e le sorrisi, rassicurandola.
Sapevo cosa stava pensando. Ma sentivo di aver recuperato le forze e la stabilità. Non sarei caduta nuovamente nel baratro.
-Lasciala pure sul comò.
La doccia mi accoglie e l'acqua calda mi scioglie.

La lettera sul comò pesava. La aprii e mi accorsi subito al tatto quanto di quanto fosse flebile e bagnata.
Mi affacciai alla finestra ma incredibilmente a Milano splendeva il sole.
La guardai dubbiosa, come puoteva essere bagnata ?
Ne lessi il conenuto.
“Aurora, sei anni, t ….. torna da me.”
Era interrota, come se avessero ripensato a cosa scrivere.
Questo gioco mi stava sfinendo, ma cosa volevano, perchè non mi lasciavano in pace ?
Qual era la soluzione a questo puzzle ?

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