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Tell me a story

La camera era completamente buia e Anna sentiva il tepore delle coperte sul suo corpo, che placavano il freddo dell'autunno canadese durante le ore di riposo.
Il solito silenzio tranquillo, però, quella sera era stato tradito da uno strano rumore proveniente dal comodino.
La rossa, tremendamente infastidita da quell'elemento di disturbo, aprì a fatica gli occhi e allungò la mano verso il telefono per farlo terminare il prima possibile.
Accettò distrattamente la chiamata e appoggiò lo schermo freddo all'orecchio, causando un brivido in corpo.

"Pronto..." mugugnò a fatica, non ricevendo risposta, se non il suono di un respiro affannato.
"Pronto...chi è? Cole? Diana?" Domandò di nuovo la ragazza, riaprendo gli occhi.
"...Anna..."la chiamò piano una voce maschile, roca e incrinata.

La giovane allontanò l'oggetto dall'orecchio e guardò il nome del contatto: slateface.

"Blythe...Che succede?"Chiese con un groppo in gola, mettendosi seduta sul letto, ma lui mantenne il silenzio.
"Gilbert, parlami, che succede? Mi stai spaventando! È un'emergenza? Perché mi chiami alle tre di notte?" Lo tempestò di domande, sentendo il cuore batterle a mille.
"P-potresti solo...parlare?" Disse lui a fatica.
"Oh, Gil, che succede? Stai bene? Non capisco...è successo qualcosa a Bash? A Mary? Sei a casa? In ospedale? Dimmelo, ti prego! Mi bastano pochi minuti per raggiungervi...dimmi solo cosa non va." Lo supplicò Anna, ormai terrorizzata che fosse accaduto qualcosa di orribile ai Blythe-Lacroix.
"S-sto bene...sono a casa...stiamo bene." Rispose lui, con una voce sofferente.
"Posso fare qualcosa? Qualsiasi cosa? Mi sto preoccupando: sei troppo strano." Chiese lei drammaticamente angosciata.

Non era solito che Gilbert fosse così debole o che andasse a cercare l'aiuto di qualcuno in modo così ovvio.
Di solito era lui a sistemare le cose.
Lui era la roccia di tutti...sempre saldo, compatto e determinato.

"Raccontami qualcosa." Mormorò lui, con il tono più addolcito.
"Non ci crederai, ma ho la mente annebbiata in questo momento. Riesco solo a pensare a cosa potrebbe essere accaduto." Ammise lei, stringendo più forte il telefono e mordendosi il labbro.
Tratteneva il respiro per paura che anche muovere l'aria fosse pericoloso.
"Raccontami una storia..."La esortò di nuovo, prendendo un gran respiro.
"Va bene...- Sussurrò lei esausta, ma rincuorata dal tono sempre più pacato del ragazzo. - ho inventato una storia ieri, dovrebbe andare, anche se non è un gran che.
Tratta di una ragazza, una sconosciuta, che vive nel bosco, in una casa stracolma di libri.
Tutto intorno a lei è incantevole, dalle finestre vede gli animali, la luce che si insinua tra le foglie, la pioggia scosciare e la natura vivere...ma ha troppa paura di uscire, così l'unico fremito che sente può essere causato da un libro, parole astratte che riesce a interpretare.
In inverno accosta i vetri delle finestre per provare a sentire il profumo della neve, ma dura solo qualche secondo.
La sua paura non è uscire, ma che fuori ci sia l'inferno, che ucciderebbe la sua visione utopica del mondo.
Un giorno, però, si innamora di un personaggio dei libri e impazzisce.
Vuole vederlo così tanto da avere allucinazioni su di lui, che infesta la sua casetta come se fosse un fantasma, attirandola senza mai soddisfarla.
Un giorno la ragazza vede il ragazzo fuori dalla finestra e inizia a urlare e strepitare per attirare la sua attenzione, ma egli sembra trovarsi in un mondo diverso, dove non la può sentire.
In un impeto di follia, vedendolo allontanarsi, lei spalanca la porta e si precipita fuori.
Per la prima volta sente il terreno sotto i piedi, il clima fresco della primavera e i profumi che riempiono quel luogo.
Dopo un'attimo di assortimento lei inizia a correre dietro al fantasma, fino a ritrovarlo.
Vederlo sembra un' incantesimo, un'illusione, ma lui si trova lì.
La ragazza, troppo assorta per avere paura, corre ad abbracciarlo, ma cade a terra, perché lui non era fatto di carne, solo di intelletto.
La ragazza scoppia in lacrime, ma viene udita da una strega, che decide di spacciarsi per fata e ingannarla.
La strega si fa raccontare dalla giovane cosa sia successo e poi le dice che c'è ancora una speranza di rivederlo: se seguirà la bussola che la strega le dona, verrà condotta dal suo principe e il mondo sarà perfetto come nelle sue storie.
La ragazza accetta e cammina attraversando tutta la foresta, fino a un villaggio, dove dovrebbe imbarcarsi per procedere verso est.
Al porto la ragazza assiste a una rissa tra pirati e quando uno dei farabutti sta per colpire alle spalle uno dei loro sfidanti con un pugnale, lei si precipita a fermargli la mano, dando il tempo al ragazzo di capire cosa fosse accaduto e stenderlo.
Il pirata, grato per avergli salvato la vita, decide di farla imbarcare sulla sua nave e accompagnarla dal principe.
Il viaggio, però, si scopre subito turbolento, un po' per i caratteri incompatibili dei due, un po' per gli effettivi pericoli, che li obbligano a collaborare.
Alla fine del viaggio giungono a un castello enorme, che si erge sul promontorio di un'isola sperduta, dove vive un mago cattivissimo, al posto del bel principe.
La strega, infatti, era in debito con il mago e pensò che mandare una vergine dal cuore puro sarebbe stato tanto gradevole da pareggiare i conti.
Il mago cercò di prendere la ragazza per strapparle il cuore dal petto, ma il pirata e la ciurma si opposero ai suoi incantesimi e riuscirono a trovare riparo, chiudendosi nella biblioteca.
Fu allora che la ragazza scoprì che il mago stesso era maledetto, avvelenato dal dolore di aver perso sua moglie e sua figlia per mano di un cacciatore.
Convinta di poterlo salvare, lei restò, mentre la ciurma scappava a malincuore.
A sua sorpresa, però, rimase anche il suo pirata, il suo compare, con cui visse nei meandri del castello magico per un mese, muovendosi come i topi.
Dopo trenta giorni, finalmente, la coppia riuscì a trovare una soluzione: il cuore del mago, per essere maledetto, era stato trasformato in un pezzo di pergamena su cui era stata scritta una canzone con il sangue.
Era una ninna nanna, come aveva precisato il pirata, memore della melodia lontana nei ricordi.
La ragazza di gli disse di preparare la spada, poi iniziò a cantare, appellando a loro lo stregone, che si prostrava forzatamente alla giovane.
Ella continuò a cantare, mentre un vento sempre più forte si alzava, ululando attorno al castello.
Il suo canto, sempre più melodioso divenne lentamente un sussurro, mentre gli occhi le si appannavano e le lacrime le rigavano il viso.
La pergamena cambiò, trasformandosi in un romanzo dalla copertina bordeaux, rilegata perfettamente e la ragazza perse la vista e l'udito.
Aveva trasferito su di se la maledizione e questa le aveva tolto ciò che più amava: le storie.
Il mago, rinvenuto alla sanità mentale, si precipitò da lei, supplicando perdono e pietà, ma lei non lo poté sentire.
Il pirata, furioso per cosa era successo alla sua compagna, iniziò a sbraitare sull'uomo, affinché egli rimediasse al disastro...ma solo il bacio del vero amore avrebbe potuto spezzarla.
La ragazza, intanto, sedeva a terra, con un senso di vuoto dentro e un sorriso sulle labbra.
Era così contenta di aver aiutato il mago, di aver vissuto un'avventura degna di tutti i libri consumati, ma ora non avrebbe più potuto udire o leggere una favola.
Chiamò il pirata, l'unico di cui lei si fidasse, e lo supplicò di portarla via dalla biblioteca.
Negli anni a venire la coppia visse sempre alla corte dello stregone, combattendo ogni giorno contro i malori causati dalla maledizione...fino a quando, in un pomeriggio d'estate, lui la accompagnò in giardino.
Passeggiavano silenziosamente, cercando di godere dei profumi, il clima tiepido e la brezza marina.
Comunicavano secondo il codice che avevano costruito a fatica, facendo discorsi semplici e lenti, tenendosi stretti per non sentire la solitudine che turbava nefastamente le loro anime.
Lei, terrorizzata che gli stesse ostacolando la vita, aveva ripetuto molto spesso nel tempo di andarsene, ma egli non aveva mai ascoltata, semplicemente perché non aveva luoghi in cui andare senza lei.
La lealtà, l'affetto, la complicità, la cortesia, la fiducia, la bontà e il rispetto erano stati superati da qualcosa di ancora più importante: l'amore.
In quel pomeriggio estivo il pirata accarezzò lo zigomo della ragazza dal bosco e si sporse per accarezzarle le labbra con le proprie.
Il bacio del vero amore.
In un attimo la maledizione fu spezzata e alla giovane tornarono la vista e l'udito.
Increduli, sopraffatti e gioiosi, si abbracciarono e baciarono, danzando fino alla sera.
In breve il loro amore crebbe magnificamente, fiorendo il giorno del loro matrimonio.
Continuarono a vivere nel castello dello stregone, ora un luogo molto più felice e accogliente, ma iniziarono anche a intraprendere viaggi strabilianti per mete esotiche, fino a vedere il mondo insieme, fino ad aver solcato tutti i mari." Concluse con un gran sorriso.
"È molto bella...mi sembra sia passata una vita da quando mi raccontavano le favole." Affermò Gilbert.
"Sono solo storie, ma possono fare molto nelle vite delle persone. Sognare è il primo passo per essere ciò che si è sempre cercato di diventare." Asserì lei.
"Sei proprio unica, Anna Shirley-Cuthbert...far innamorare quella povera ragazza di un pirata..."Constatò lui.
"Ammiro gli uomini come il pirata: non c'è niente di più nobile che essere in potenza di agire malevolmente, ma scegliere di essere buono.
Le persone come voi sono veramente degne d'amore." Ammise lei.
"Ritieni che faccio parte della categoria?" Domandò lui sorpreso.
"Far soffrire gli altri è un modo molto comune usato per gestire il dolore, ne sono testimone. Tu, però, hai sempre scelto di essere buono, lo ammiro davvero. Non che io sia stata cattiva sempre, ma di certo il mio temperamento non ha aiutato a restare sulla retta via." Spiegò la ragazza, ridacchiando un po'.
"Quel quaderno non me lo aspettavo, ma me lo sono meritato...sei molto buona, Anna. Vorrei essere positivo come te." Replicò lui.

"...Come stai Gil?" Sussurrò la rossa, timorosa dell'impatto della domanda.
Lui non rispose, continuò a respirare.
"Quando ero piccolissima ero in una famiglia dove la sorella maggiore, Eliza, si prendeva cura di me. È stata la prima è l'ultima a volermi bene per tento tempo, fino ai Cuthbert.
Era molto stonata, cantare proprio non le si addiceva, ma quando avevo gli incubi e correvo nel suo letto per farmi consolare, mi faceva raccontare tutti i turbamenti e cantava una ninna nanna, mentre mi accarezzava i capelli. Non c'era niente che mi piacesse di più, tanto che a volte fingevo di aver avuto gli incubi solo per farmi coccolare un po' da lei." Raccontò Anna.
"Vuoi cantarmi una canzone, Shirley?" Domandò lui divertito.
"Solo se mi racconti il tuo incubo, Blythe." Rispose lei.
"Non lo so...è tanto che qualcuno non è dolce con me. Mi manca quella sensazione di affetto.
Ma c'è questa ragazza di cui sono innamorato e lei è fantastica, ma quando sogno di perderla mi sento malissimo, come se non riuscissi più a respirare.
Non credo di poter sopportare di non averla più e la cosa mi spaventa...forse se non me ne fossi innamorato prima che mio padre morisse potrei gestire questo sentimento, ma mi è andata male." Confessò il ricciolo, sentendo una scomoda stretta al cuore.
"Sei un ragazzo meraviglioso, Gilbert...capisco perché la maggior parte delle ragazze di Avonlea ti amano.
Sono sicura che non la perderai, nessuna ti rifiuterebbe." Lo rassicurò lei.
"Non parlo di rifiuto, Anna...lei scompare di notte, o affoga, o si addormenta e non riesco a svegliarla.
Mi fanno impazzire questi incubi...vederla leggere mentre fa la kemio è il peggiore: è bellissima e destinata a un dolore così grande. Nei miei sogni la morte me la ruba e io non voglio che mi strappi anche lei." Raccontò lui affranto, con una voce sempre più debole, come se stesse per rompersi.
"Si dice che sognare qualcuno morto gli allunga la vita...a meno che lei non stia già male..." azzardò la rossa, cercando di nascondere la paura che sentiva.
"È sana, come un pesce...dovrebbe solo dormire di più." Disse subito il ragazzo, con un sorriso sulle labbra.
"Fidati di lei, Gil...e fidati di me: starà bene, specialmente se ci sei tu ad amarla.
Ti ricordi, combattente di draghi?
Tu prenditi cura di lei e io terrò d'occhio te, prima che l'amore di accechi tanto da non vedere in che burrone ti butti.
D'accordo?" Propose la rossa, sperando di aver aiutato il ragazzo.
"Va bene, Anna." Mormorò lui, sorpreso e intenerito da quel patto inconsciamente stipulato con il ragazzo che la amava.

I due rimenarono in silenzio per qualche minuto, ascoltando i respiri l'uno dell'altra, che si facevano sempre più regolari.

Anna appoggiò di nuovo la testa al cuscino, si coprì con le coperte e guardò il buio della sua camera.

"Lavander's blue, dilly dilly, lavander's green.
When I'll be king, dilly dilly, you shall be queen.
Who told you so, dilly dilly, who told you so?
'Twas my own heart, dilly dilly, that told me so.
Call up your men, dilly dilly, set them to work.
Some to the plough, dilly dilly, some to the fork.
Some to make hay, dilly dilly, some to cut corn.
While you and I, dilly dilly, keep ourselves warm.
Lavander's green, dilly dilly, Lavander's blue.
If you love me, dilly dilly, I will love you..." canticchiò Anna, fino a sentire le lacrime bagnarle il viso, mentre il respiro di Gilbert aveva assunto il ritmo di chi dorme.
"Buonanotte Blythe..." aggiunse ella prima di chiudere la chiamata.

A quel punto avrebbe voluto dormire, ma si erano fatte le quattro e mezza, quindi pensò che fosse più proficuo leggere un libro e aspettare di vedere l'alba.

Anna scese le scale alle cinque e iniziò a incamminarsi fino al colle di Avonlea, dove guardò una delle albe più belle che le erano mai capitate, stretta nella sua coperta di lana, il maglione blu di Mattew, con sotto la maglia pigiama e dei jeans.

Quella notte così strana non se la sarebbe mai immaginata...e non se la sarebbe mai dimenticata.

Gilbert Blythe era innamorato e spaventato.

Novità non da poco.

Chissà poi di chi...quale meravigliosa creatura avrebbe potuto conquistare il suo cuore?
Chi potrebbe attirare l'attenzione del ragazzo d'oro di Avonlea?

Un po' il ricciolo assomigliava al sole albeggiante: sai che è maestoso e che diventerà caldo, ma per ora ti irraggia luce tenue, che somiglia molto a una carezza.
È delicato, anche se nasconde una grandissima forza.
Piano piano cresce e scalda sempre di più le persone intorno a lui con un tepore confortevole.

Lui era così confortevole...ti faceva dimenticare i pericoli, a volte...era così facile rilassarsi...

Anna non si accorse nemmeno di essersi addormentata ai piedi dell'albero, scaldata dal sole gentile come Gilbert, mentre pensava a quel ragazzo unico nel suo genere.

Non avrebbe mai ammesso quanta malinconia annidasse la sua anima mentre pensava al ragazzo innamorato.

Era una verità troppo grande ed oscura, a essere sincera.

Ma non era l'unica a pensare quella mattina.

Lo stesso corvino era stato svegliato dal sole, che filtrando dalle finestre aperte, gli aveva colpito il viso, alterando il suo sonno leggero.

In un primo momento il ragazzo si alzò e andò a chiudere le finestre, ricordandosi che non c'era nessuno da controllare, per tornare beatamente tra le coperte...ma poi gli tornò in mente Anna, l'unica persona che voleva veramente vedere dopo quella notte infernale.

L'incubo che l'aveva colto era stato inscenato a un pic nic sul lago dei Barry, evento organizzato dalla corvina, la rossa e le loro amiche per tutta la classe.
C'erano cose un po' strane, come il pedalò a forma di paperella gigante, ma nulla che non calzasse a un sogno.
Poi Josie aveva convinto la sua amata a salire sulla "barca" con lei e Jane, alla guida c'erano Billy e Moody.
Fu mentre Anna si era sporta per accarezzare l'acqua che Billy la spinse.
La rossa iniziò ad arrancare per restare a galla, mentre gli altri ridevano sguaiatamente e osservavano la scena, perfino Diana.
Lui, dalla riva, era entrato per raggiungerla, ma più nuotava, più lei sembrava lontana, fino a sparire sotto il blu.
L'aveva chiamata disperatamente, ma ne aveva guadagnato solo un risveglio terribile, tra le lacrime.

Odiava quei sogni che lo costringevano a perderla ogni notte, a farlo sentire tremendamente debole e in colpa.
Avrebbe mai saputo salvarla veramente se ci fosse stata un'emergenza? Lei lo avrebbe perdonato se non ci fosse riuscito? E lui si sarebbe perdonato?

Torturato da se stesso, Gilbert raggiunse il bagno e si lavò la faccia.

Indossò velocemente un jeans, una maglietta, la giacca e le scarpe, per prendere una merendina e uscire.

Doveva andare a Green Gables, anche se non l'avrebbe vista.

Ma, fato volle, che non ebbe neanche bisogno di camminare molto: vide da lontano la sua Anna, dormiente e accoccolata ad un albero, rivolta verso oriente, sotterrata dalla lana.

Come riusciva a dormire con il sole che la colpiva in pieno viso? Come faceva a non sembrare minimamente turbata?
Sembrava uno di quei bambini che dormono indisturbati tra le braccia dei genitori, come se niente e nessuno possa ferirli o li abbia mai feriti.
Esisteva ironia più crudele?

Gilbert si sedette accanto a lei e, notando che la rossa era beata nel mondo dei sogni, le prese il libro che stringeva tra le mani.
Assassinio sull'orient express di Agatha Christie, insolito per una come Anna, ma era proprio il genere del ragazzo.

Così, mentre lei scivolava lentamente tra le braccia del ricciolo, che leggeva innocentemente, passarono le ore, fino al risveglio di Anna.

La rossa sbattè le palpebre un paio di volte, strofinando il viso contro la giacca di Gilbert, che ridacchiava amabilmente alla scena.
"Buon giorno signorina Shirley-Cuthbert, dormito bene?" Chiese lui.
Lei lo osservò, dapprima confusa, poi comprese che fosse vero e arrosì più dei suoi capelli arruffati.
"B-Blythe...ciao...che succede?" Domandò lei confusa.
"Non lo so, ti ho vista dormire e mi sono avvicinato per controllare che fossi viva. Ti avrei svegliata, ma sembravi così in pace che sarebbe stato un peccato e poi il libro è interessante. Come mai eri qui?" Spiegò lui, contro-interrogandola.
"Sono uscita per vedere l'alba, ma il risultato sembra ovvio..." Ammise lei, accennando un sorriso.
"Va be, è comunque bello farsi un giro nel verde." Constatò lui.
"Vero..."sussurrò Anna, facendo calare un quieto silenzio, che permase per qualche minuto.

"Come stai?" Ripetè lei piano, ancora preoccupata per la reazione del giovane.
"Te l'ho detto, sto bene. Tu piuttosto? Sei pallida e tremi, dovremmo rientrare." Replicò lui.
"Sto bene, mi preoccupi di più tu."Ammise lei.
Gilbert arrossì leggermente, ma nella speranza di sviare la questione si limitò a prenderle le mani e scaldarle, poggiandole sul suo petto dentro la giacca.
"Sei un calorifero! Non è che hai la febbre?!" Constatò lei stupita.
"No, tranquilla, sono caloroso di mio."Affermò lui ridacchiando.
"Incredibile! Come fai? È qualche cibo? Uno sport? Meditazione? Dimmi il tuo segreto, sono stufa di congelare." Domandò lei, ridendo con il ragazzo.
"Genetica, non puoi farci nulla, Shirley-Cuthbert." Rispose lui.
"La vita è ingiusta." Sbuffò la ragazza.
"Vero...ma ti do il permesso di usarmi come calorifero umano. Anche mia sorella stava sempre vicino a me sul divano e mi stringeva come se fossi un gatto." Si offrì lui.
"Minu!" Esclamò lei, divertita, allacciando le braccia intorno al suo collo.
Gilbert, dapprima, fece una smorfia offesa, ma cedette alle sue risate e si unì alla rossa.
Le prese la vita e le gambe, spostandola di peso sul suo grembo.
Anna soffocò un gemito di sorpresa, arrossendo violentemente per il gesto inaspettato.
Guardò gli occhi del ragazzo per un po', mantenendo il religioso silenzio, poi lui accennò un sorriso e la strinse.
Si morse le labbra e appoggiò il corpo contro il quello del ricciolo, facendo rilassare i muscoli e ristorando la testa sulla sua spalla.
"Forse non dovresti essere così gentile con i tuoi amici: la ragazza di cui sei innamorato potrebbe fraintendere e credere che ti piaccia io, o Diana, o Ruby...anzi, Diana o Ruby." Mormorò la rossa.
"Se mi comportassi così con Ruby crederebbe che sono innamorato di lei e inizierebbe la terza guerra mondiale.
Se lo faccio con la ragazza che mi interessa lei non crede che io possa amarla.
Come sono complicate le donne..." Constatò il ragazzo, sbuffando.
"Siamo molto semplici: intendiamo quello che vogliamo intendere per non stare male.
Ruby ha una cotta per te, quindi crederebbe che il suo sogno è realtà...mentre, magari, l'altra ragazza ha paura.
Cole mi ha raccontato che l'anno scorso Tod Locke aveva una cotta per me, senza che me ne accorgessi minimante.
Non volevo ferirlo, devo dire che nel momento stesso in cui mi parlava facevo apposta a fraintenderlo, ma è più facile non avere una vita amorosa.
Sono belle da leggere, ma non riuscirei ad affidare il mio cuore a qualcuno, sempre che lo voglia!
Non lo so, sembra solo pericoloso.
Non sono abituata all'amore e al contatto, in questo stesso momento mi sento un po' a disagio, ma se qualcuno fosse così pazzo da amarmi non saprei come comportarmi.
Forse anche lei è come me...ma non devi perdere le speranze per questo.
Spero solo che la tua fiamma ti meriti, perché tu meriti davvero molto." Ammise Anna.
"Non credo di meritarla: è così fragile e forte, bella e intelligente. Una di quelle persone che stravolgono la vita e vorresti che non se ne andassero più.
Mi ha cambiato davvero, ha cambiato tutto.
Hai in mente quei film in cui i genitori hanno improvvisamente un figlio e nulla è come prima?
Non intendo che è come una figlia, sarebbe strano...solo che da quando è comparsa nella mia vita l'asse intorno al quale ruoto è lei." Tentò di spiegare, facendola ridere.

"Sei troppo generoso Gilly-boy...non farti ferire da qualche oca giuliva, per favore.
Sarebbe troppo ingiusto vederti triste." Si raccomandò lei, accarezzandogli il collo e la mascella con le dita un po' meno fredde.

"Allora non mi ferire." Mormorò lui, stringendola di più.

"Che cosa?" Domandò Anna, staccandosi dal suo petto per far scontrare i loro sguardi.

Gli occhi della ragazza erano spalancati e le labbra leggermente aperte, mentre le sopracciglia si corrugavano per la sorpresa.
Era bellissima, con i capelli scompigliati che le incorniciavano il viso disordinatamente.

"Non mi ferire, se non vuoi vedermi ferito.
Sono uno dei pazzi innamorati di te, che ti assicuro non sono pochi a mio malincuore.
Non voglio che mi affidi il tuo cuore e non voglio che tu senta la responsabilità di avere il mio.
Di fatto sarebbe già un miracolo se decidessi di uscire con me una volta.
Sono felice che sei nella mia vita, in qualsiasi ruolo ti vada a genio..." Ammise il ricciolo, accarezzandole la guancia con la mano calda.

Anna aggrottò la fronte e arricciò leggermente le labbra, abbassando gli occhi, tramite i quali si potevano intravedere le rotelle nel suo cervello che giravano.
"Non mi interessa se ho paura..." Sussurrò più a se stessa che a lui, prima di accennare una risata e baciarlo.

"Facciamo che tu non ferisci me e io non ferisco te?" Propose lei, tenendo la fronte contro quella di Gilbert, immobilizzato dallo stupore.

"C-certo..." Mormorò lui incredulo.

Lei sorrise e lo baciò di nuovo, stavolta venendo ricambiata.
Le mani scorrevano sui vestiti, tra i capelli, sconfinavano sotto le magliette, mentre i corpi si divincolavano dalla coperta per avvicinarsi di più, per sentirsi meglio.
Ridacchiavano, tra un contatto e l'altro, respirando quando potevano, perché sembravano non volersi più scollare.
Anna gli baciò le labbra, l'angolo della bocca, il naso, la guancia, la mascella e il collo, dove nascose la testa durante il loro abbraccio ansimante.

"Hai sognato che morivo?" Realizzò lei dopo un po', staccandosi di nuovo bruscamente.
"Erano incubi, fidati che non mi sono piaciuti." Rispose lui.
"Non morirò, ma cerca di evitarli: è inquietante." Disse lei.
"Non essere avventata, così io non mi preoccuperò." Suggerì lui.
"Non posso fare promesse." Commentò la rossa, stampandogli un'altro baciò, che lui approfondì.

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