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Jelous?

Avviso: mi sono superata, mai scritto un capitolo tanto lungo e bello.
Penso che potrebbe anche essere l'ultima OS, sempre che non mi venga in mente qualcosa di meglio.
C'è da dire che è lunga quanto una ff...

Ringrazio DadaNin per il suggerimento!♥️










"Ah! Non vedo l'ora che arrivi il prossimo weekend!" Esclamò Anne eccitata.
"Come ti invidio...incredibile che i miei non mi abbiano permesso di venire con te! Ma chi ti accompagnerà?" Disse Diana.
"Ragazze, di cosa state parlando?" Chiese Charlie avvicinandosi alle due.
"Ho ricevuto una lettera da Cole: ci ha invitate a Charlottetown. Ha detto che se deve tornare a dipingere, vuole che i suoi primi lavori ritraggano l'unicità nei volti di chi gli è più vicino.
Non vuole esaltare la bellezza di una donna o la forza di un uomo, ne impreziosire l'immagine sociale di una persona...lui vuole trarne l'unicità, raccontarne la storia! Personalmente non lo trovo solo incredibilmente romantico, ma credo che un pensiero del genere sia la pura e nobile espressione dell'arte dell'umanesimo! Ho letto un libro su quel periodo e ne sono rimasta estremamente affascinata, soprattutto per la figura geniale di Leonardo Da Vinci! Oh, quali menti sa partorire l'umanità di tanto in tanto! Intelletti come quello fanno brillare il firmamento ancora di più perché istigano la curiosità delle stelle, che osservano a loro volta! Delizie come questa ti fanno apprezzare la vita e accentuano la bellezza del mondo." Esclamò la ragazza dai lunghi capelli rossi intrecciati ordinatamente.
"Anna, ti trovo particolarmente stimolata oggi. I tuoi discorsi sono ancora più fitti del solito." Constatò Gilbert, al fianco di Charlie.
"È l'entusiasmo! Oggi perfino tu non riusciresti a corrompere la mia serenità!" Rispose lei, con un sorriso beffardo.
"Lo dici come se fosse il mio principale scopo..."commentò lui.
"In certi giorni mi induci a pensare che lo sia." Replicò Anna, ingaggiando una lunga guerra di sguardi tra i due, immersa in un religioso silenzio.
"Tornando al nostro discorso, chi ti accompagnerà?" Li interruppe Diana.
"Jerry. Cole, oltre a noi, pensava di ritrarre lui e Ruby. Ha ammesso che l'ideale sarebbe ritrarre anche Josie Pie e Billy Andrews, ma teme che il suo disgusto per la perfidia dei due lo porterebbe a stare male prima che il quadro sia terminato." Rispose la ragazza, scoppiando a ridere con l'amica e i due ragazzi.
"Ha già accennato a come vorrebbe dipingerti?" Chiese lei.
"Non molto, ma mi ha anticipato che vorrebbe che tenessi i capelli sciolti e un po' spettinati, con qualche fiore e il nastro azzurro, poi mi ha detto di mettere il vestito grigio, che però colorerà di blu, come i miei occhi.
Ha promesso di farmi sorridente e con un libro in mano." Raccontò lei.
"Wow...è così te! Non vedo l'ora di vederlo! Quello che ha fatto a zia Josephine era magnifico: i suoi occhi erano pieni di amore e malinconia, aveva un bellissimo vestito colorato e prezioso, inoltre sul comodino accento a lei c'era ritratta la foto del matrimonio!"Disse Diana, sciogliendosi al ricordo del quadro.
L'uso dei colori e il disegno avevano reso quella donna di una bellezza rara, affascinante, senza nascondere la sua età.
"E non hai idea di cosa ha in serbo per te! Vorrebbe dipingerti seduta a un piano a coda, mentre accarezzi i tasti di esso, con un semplice e lungo vestito dalla stoffa particolare e i capelli ornati da una corona di fiori. Dice che la tua bellezza sta nella tua modestia, seppur anch'essa ha un'eleganza e una raffinatezza impareggiabile! Tu sei la vera principessa Cordelia, quella nelle mie storie! Non ti importa della differenza di classe e seppur sei superiore a me, non me lo fai pesare e sei sempre tanto cara...quel quadro racconterebbe tutta la tua unicità!" Descrisse Anna, lasciandosi trasportare dall'affetto e l'ammirazione per l'amica.
"Ha scritto proprio così?" Chiese Charlie, stranamente infastidito.
"Beh, no, potrei aver aggiunto un po' di miei pensieri: lui si è limitato alla modestia." Ammise la rossa, avvampando leggermente.
"Beh, ti si prospetta un fantastico fine settimana. Spero che vi divertirete." Le augurò Gilbert, con le mani strette in due pugni e il tono seccato, allontanandosi dalle ragazza con l'amico.

Cole per i loro gusti era anche fin troppo attento alla bellezza delle due ragazze e la coppia di amici non aveva potuto fare a meno di notarlo.
Pittore o meno, così oltrepassava il limite che avrebbero voluto poter segnare.

Il giorno passò in fretta, soprattutto perché Anna non stava più nella pelle e ogni cosa le sembrava semplicemente bella.

Perfino passeggiare verso casa la metteva di buon umore.
Il bosco in primavera era così bello che non poteva non pensare alle feste invernali che Cole e la zia Josephine avevano organizzato, quindi iniziò a piroettare, canticchiando una melodia e ridendo, senza essersi accorta Gilbert era a pochi metri da lei e la guardava divertito e affascinato.

Quella ragazza era pazza e bellissima, fresca come la brezza che veniva dall'oceano, sorprendente come una bambina, attraente come una rosa piena di spine, coraggiosa come un'eroe fiabesco, delicata come la musica, travolgente come un'avventura e unica come se stessa.
Guardarla gli faceva venire in mente Trinidad e la sorpresa di quella nuova eccitante terra. Lei gli faceva venire in mente il dolce sapore rinfrescante del mango, che sembrava una salvezza dall'afa dell'isola a cui era ben poco abituato, malgrado il tempo in caldaia a spalare carbone.

Le si avvicinò ancora di più e quando lei lo notò si bloccò, all'inizio sbiancando, poi arrossendo come non le era mai capitato.
Era completamente nel panico, imbarazzata come non mai.
"Signorina, le andrebbe un compagno di ballo? Mi concederebbe questo onore?" Chiese lui, allungando la mano verso di lei.
"Smettila di prendermi in giro! È molto maleducato spiare gli altri! Anzi, è infame!" Replicò la ragazza, profondamente offesa.
"Ti ho vista per casualità e non voglio prenderti in giro. È da molto che non ballo, da prima della morte di mio padre...quindi mi faresti questo onore?" Ripetè lui.

Anna alternò lo sguardo tra il viso di lui e la sua mano.

Le dispiaceva molto per il padre di Gilbert e sembrava che lui fosse sincero...ma non aveva mai ballato con qualcuno oltre a Diana e Cole.

"Prometto di non pestarti i piedi." Aggiunse il ragazzo.
"Io temo di non poter fare lo stesso." Sbuffò Anna, prendendogli la mano e facendolo ridere.
"Allora, cosa stavi canticchiando?" Chiese lui, avvicinandola a se e mettendo la mano libera sul suo fianco destro, mentre la sinistra era incatenata a quella di Anna.
"Non so come si chiama, era una melodia che hanno suonato all'ultima festa di inverno. La preferita della signora Gertrud." Ammise Anna, con un certo dispiacere per la zia Josephine.
"E chi era?" Domandò Gilbert, iniziando a dirigere i passi dei due.
"La migliore amica della zia Josephine, la sua anima gemella...la prima volta che sono andata a una di quelle feste lei era morta da un anno. Lessi io al posto suo la citazione del brindisi e da allora lo faccio tutti gli anni. L'anno scorso è stato ancora più speciale: la zia Josephine aveva fatto esporre alcuni lavori di Cole e molti ne erano rimasti affascinati. Grazie agli insegnamenti di molti artisti con cui è entrato in contatto vivendo con la signorina Barry sta diventando un grande artista, sono molto fiera di lui: ha colto l'opportunità." Esclamò Anna.

Gilbert fece un flebile sorriso.

Era felice che la rossa fosse entusiasta per il suo amico, ma gli bruciava la pelle il modo in cui lei ne parlava.

"All'inizio, però, ammetto che avevo qualche perplessità...mi aveva ferita il fatto che se ne fosse andato, non che non lo capissi, ma tendo a prendere un po' male l'abbandono. So che ci scriviamo e vediamo di tanto in tanto, ma so che non tornerà più ad Avonlea e non mi piace. Non che quando te ne sei andato tu fosse tanto diverso, ma ero sicura che prima o poi saresti tornato a vivere qui. Forse è stato meglio che eri già partito, almeno sapevo cosa aspettarmi e che gli avrebbe solo fatto bene. Sarebbe ipocrita da parte mia non volere che gli altri colgano le opportunità per paura di restare sola. Un giorno anche Diana potrebbe averne una e sarà tutto più difficile con lei...ma Avonlea è la mia possibilità e ora tocca a voi." Raccontò lei, con un po' di malinconia, ma anche tanta soddisfazione per i suoi amici.
"Quindi ti sono mancato?" Chiese Gilbert, che sembrò aver capito solo una millesima parte del discorso di Anna.
Lei rise, alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.
"Sei un egocentrico, Blythe." Commentò poi.
"Dai, inizia a canticchiare, sono stufo di ballare senza musica." La incitò lui.
"Perché non canti tu?" Domandò lei ridendo.
"Perché so solo le canzoni delle feste di paese, al contrario di te." Rispose il ragazzo.
"Ma io voglio una canzone di paese! Dai...è molto più divertente..." lo incitò lei.
Lui sbuffò e iniziò a canticchiare una melodia divertente ed energica, trasportando Anna in un ballo movimentato che la fece ridere a crepapelle.
Anna rise così tanto che dovette fermarsi e aggrapparsi a Gilbert per non cadere a terra senza respiro.
"Vedi perché dovevi canticchiare tu?" Esclamò il ragazzo, facendo sorridere l'amica.
"Oh no! È stato fantastico! Penso che l'ultima volta che ho riso così è stata quando io e Cole abbiamo fatto la battaglia di argilla! Zia Josephine e Diana erano così sorprese e arrabbiate! Ci biasimarono per dieci minuti! È stato epico!" Replicò lei, ricominciando a ridere e aizzando la gelosia di Gilbert.

Ma quella ragazza riusciva solo a parlare di Cole?

"Felice di averti fatto ridere." Esclamò, più serio di prima.
"Felice di aver riso...dovremmo replicare qualche volta. Ora vado a casa o Marilla mi darà per dispersa.
Ci vediamo domani, Gilbert Blythe." Disse lei, allontanandosi da lui per dirigersi verso casa.

Aveva detto di voler replicare...quindi avrebbe ballato di nuovo con la sua Anna.
Stava forse sognando? La rossa aveva forse battuto la testa?

"A domani, Anna Shirley-Cuthbert." Ricambiò, guardandola allontanarsi con un gran sorriso in volto.

Anna lo sentì appena e proseguì verso Green Gables, dove sua madre, suo padre e Jerry la stavano aspettando, con ogni probabilità, per prendere il tea.

"Anna Cuthbert! Ma dove eri finita?" La interrogò Marilla appena lei mise piede in casa.
"Battibeccavo con Gilbert." Mentì lei...anche se un po' si erano punzecchiati davvero.
"Sempre dietro a infastidirvi voi due, quando deciderete di diventare amici?" Sbuffò la donna.
"Mai." Risposero la ragazza, Jerry e il padre all'unisono.
Anna li guardò male per come le avevano fatto notare la sua testardaggine e ripetitività.
"Comunque, domani lavo il vestito grigio, così sarà pronto per il weekend." Disse Anna.
"Cosa succede nel weekend?" Chiese Jerry.
"Anna è stata invitata a casa di Josephine Barry per passare del tempo con Cole. La accompagneresti?" Spiegò Marilla, concludendo con la più che fatidica domanda.
"Purtroppo non posso: mio zio viene in città e mia madre ci vuole tutti presenti per andare in chiesa...lui è un prete e se lo impressioniamo potrebbe darci un po' di soldi."Rispose il ragazzo col suo marcato accento francese.
"Che cosa?! Questa è una catastrofe! Chi mi accompagnerà a Charlottetown! So bene che non mi lascereste andare da sola..." Si lamentò Anna in tono disperato.
"Non essere melodrammatica, troveremo qualcuno che sia tanto gentile da accompagnarti. Altrimenti sarà per un altra volta. Non è l'ultima opportunità per vedere la signorina Barry e Cole!" La interruppe Marilla.
"Vedrai che troveremo una soluzione, Anna." Cercò di rassicurala Mattew con il suo solito sorriso amorevole.

Magari lui avrebbe potuto accompagnarla e passare un po' di tempo con la sua vecchia fiamma, Ginny...ma non avrebbe mai passato una notte a casa di un estranea, specialmente se la tale casa aveva le dimensioni e l'importanza di quella della signorina Barry.

Anna lasciò andare un sospiro affranto.

Ogni sua fantasia sul rivedere il suo amico artista le stava sfuggendo dalle mani, fluide come l'acqua.

Il mattino dopo il viso di Anna era degno di un funerale, totalmente avverso all'espressione che indossava il giorno prima con estrema spensieratezza.

Arrivata a scuola, si tolse il caldo copriabito e il cappello, per appenderli al loro posto, poi si diresse verso il suo banco, dove si sedette con un tonfo.
"Ehy...Anna...che hai?" Chiese Diana, tra il confuso e il preoccupato.
"Jerry non mi può accompagnare a Charlottetown...Mattew non dormirebbe mai a casa di tua zia e se non trovo qualcuno che mi accompagni, posso anche sognarmi di prendere il tea con Cole e Josephine...volevo così tanto passare un pomeriggio in quella bellissima biblioteca..." piagnucolò Anna, stupendo visibilmente l'amica.
Di solito era Ruby ad avere un atteggiamento così negativo, non si aspettava tale comportamento dalla rossa,
"Perché sembra che il mondo di Anna sia caduto?" Chiese Charlie avvicinandosi.
"Non può più andare da mia zia: Jerry è impegnato e Mattew è a disagio con gli estranei. Il suo mondo è caduto davvero: la zia ci ha messo a disposizione la biblioteca. Solo ad aprire le porte Anna quasi collassa, figurati a poter leggere tutti quei libri. Una volta l'ho trovata lì nel cuore della notte a piangere con un romanzo tra le mani. Casa di zia Josephine è come un circolo culturale: arte, letteratura e musica la domano. Andare lì è come festeggiare il proprio compleanno in anticipo." Spiegò Diana.
"Secondo voi è viva?" Chiese Gilbert avvicinandosi ad Anna.
"Gira a largo, Blythe. Non sono in vena..." gli ordinò lei.
"Mi sembra una reazione un po' esagerata per una visita da Cole. Puoi andare un altro weekend." Esclamò lui.
"Ma sabato è davvero il mio compleanno...Marilla e Mattew non lo sanno, non glielo ho mai detto quando è...noi festeggiamo il mio arrivo a Green Gables.
Non mi è mai piaciuto, ma mi sembrava così entusiasmante andare lì proprio quel giorno. È tutto così diverso a casa di Josephine...come un mondo a parte. L'idea di stare lì con Diana e Cole lo avrebbe reso perfetto." Spiegò Anna, ancora con la testa tra le braccia.
"Che cosa? Come mai non me lo hai mai detto?" Domandò la castana.
"Non mi piace, non l'ho mai festeggiato...ma di solito cerco di scappare e andare in un bel posto a esprimere un desiderio. È la mia tradizione. Ogni 23 marzo...poco importa, mi nasconderò da qualche parte a leggere come lo scorso anno." Sbuffò la rossa.
"Ti accompagno io, se vuoi. Tanto non ho nessuno a cui dover chiedere il permesso e sono senza impegni. Bash sta con Mary nel weekend, saranno solo felici di non avermi fra i piedi." Si offrì Gilbert.
Anna alzò lo sguardo, incastrandolo con quello del ragazzo.
"Davvero?" Chiese lei speranzosa.
"Certo." Rispose lui con l'accento di un sorriso.
"Sei il mio eroe! Grazie! Prometto di ricambiare il favore appena possibile!" Esclamò la ragazza.
"Tranquilla, lo faccio con piacere e poi sono curioso di sapere come sia la tenuta dei Barry." Disse lui.
"Ottimo! Situazione risolta, visto Anna? Sei così di malafede!" Le rinfacciò Diana, facendo ridere i due ragazzi.
"Grande, ora avete tutti degli impegni tranne me nel weekend." Si lamentò Charlie, facendo ridere gli altri.
"Se vuoi, puoi venire al picnic che organizzano i miei. A quanto pare Gilbert si è preso il mio più uno." Propose Diana, facendo ridere il gruppetto.
"Volentieri, spero non sia nulla di troppo formale." Disse lui.
"No, solo una scusa per far giocare mio padre a calcio. Gli manca lo sport e di tanto in tanto organizza questi giochi con i suoi amici. Sarà felice di avere un elemento giovanile nella squadra e io potrò evitare di essere coinvolta." Spiegò la castana, con aria trionfante.
"La nostra lady modesta..." Commentò Anna, facendo sorridere gli altri.
"L'importante è che tutti avremo un ottimo fine settimana. Appena torno a casa scrivo alla zia a proposito di Gil e firmo per entrambe. Tu prepara un contratto." Disse Diana ad Anna.
"Perché un contratto?" Chiese Gilbert confuso.
"Starete due giorni a casa di mia zia. Voi due. Voglio un documento inviolabile su cui c'è scritto che se litigate non vi lancerete addosso oggetti di ogni tipo e che starete comunque vicini, onde evitare che uno di voi abbia problemi in città. Anna ha un talento nell'attirare i guai, lo so per esperienza.
Voglio anche una clausola che vieti a Gilbert di essere in qualsiasi modo aggressivo con Cole." Elencò Diana, esaustiva, esigente e puntigliosa.
"Perché dovrei prendermela con Cole?" Chiese il ricciolo.
"Non tutti capiscono subito come agire a casa di zia Josephine..." Cercò di dire Diana.
"Di che parli? A me sembra molto semplice..." Replicò Anna.
"Tu, mia cara, sei Anna. Tu fai parte di quel mondo...Gilbert è più scientifico..." Disse la mora, facendo corrucciare il viso dei ragazzi e zittendo la rossa.
Charlie stava per fare una domanda, quando Miss Stacy si precipitò in classe, scusandosi per il ritardo e ordinando di aprire i libri.

Malgrado l'insistenza di Gilbert e Charlie, non riuscirono a far dire a Diana cosa ci fosse di tanto strano a casa di sua zia Josephine e la settimana passò, per alcune velocemente e per altri con estrema lentezza.

Quando finalmente arrivò il giorno di partire, Gilbert camminò con la sua borsa fino a casa di Anna, dove lei e un carro con una borsa, il pranzo e delle coperte lo aspettavano.
La rossa stava chiacchierando amabilmente con i suoi genitori sul patio in attesa del ragazzo e quando lo vide gli rivolse un gran sorriso.
I quattro si salutarono, poi i due più giovani salirono sul carretto e Marilla iniziò la sua solita predica, che anche il povero corvino dovette subire.

Quando partirono iniziarono a parlare del più e del meno, fino a commentare i trascorsi viaggi di Anna a Charlottetown, quando era costretta a sentire il sublime canto di Jerry, tanto piacevole quanto la melodia dei corvi.

Lungo alla strada Anna osservava il paesaggio, ma dopo la prima ora di viaggio iniziò a sentire le palpebre farsi pesanti.
"Ti addormenterai?" Chiese lui, osservandola di sfuggita.
"No, posso resistere." Replicò la rossa.
"Capito, ti addormenterai. Appoggiati pure se vuoi, il caffè che Bash mi ha dato stamattina mi terra sveglio fino a domani, quindi non preoccuparti." Gli disse lui.
"No, ormai sono un'adulta, posso fare il tratto da casa a Charlottetown senza addormentarmi." Protestò la ragazza.
"Certo...a meno che non hai passato tutta la notte sveglia a pensare a come sarà il weekend." Ribatté Gilbert.

Anna era offesa e infastidita...da quando la conosceva così bene?

La rossa sbuffò e si appoggiò al ragazzo che guidava.

Nel giro di mezz'ora ella dormiva beatamente appoggiata a Gilbert che procedeva in silenzio per poter ascoltare il suono del suo respiro.

Anna si svegliò quando mancavano pochi minuti all'arrivo e fece ridere Gilbert a crepapelle.

Aveva iniziato a svegliarsi mugugnando qualcosa contro il sole, che seppur bello era una dolce maledizione per gli amanti di Morfeo; poi si era stretta di più al ragazzo aveva aperto un occhio alla volta, sbadigliando e strofinandosi la mano contro il viso, proprio come una bambina.

"Anna, siamo quasi in città. Dormito bene?" Domandò dopo averla avvisata dell'imminente arrivo.
Anna fece una smorfia per il sonno ancora sugli occhi e annuì piano, appoggiandosi di nuovo a Gilbert.
"Per fortuna mi sono svegliata in tempo. Sarebbe stato strano attraversare la città dormendo e venendo vista da tutti così." Disse lei.
"In realtà sembri quasi innocente mentre dormi. Nessuno direbbe mai che causi casini continuamente." Replicò il ricciolo.
"Da che pulpito viene la predica. Eri una peste, più di me!" Esclamò Anna.
"Ora non più." Asserì, sorridendo vittorioso.
"È così faticoso per te guidare senza iniziare un battibecco?" Domandò la rossa.
"Dovresti essere colpita dal fatto che riesco a fare più cose contemporaneamente." Replicò lui.
"Respiri e parli contemporaneamente...sei un mago?" Chiese con ovvio sarcasmo.
"Certo, il magnifico Gilbertì!" Scherzò lui, facendo ridere la rossa.
"Credo sia una delle cose più stupide che tu abbia mai detto." Commentò lei.
"Direi di metterla sulla lista accanto alla parola Carotina." Esclamò scherzoso, facendo ridacchiare la ragazza.

In poco arrivarono davanti alla casa - palazzo -di Josephine Barry.
Anna sorrideva estasiata alla famigliare ed elegante abitazione, mentre Gilbert osservava la costruzione un po' intimidito e molto stupito.
"Non sapevo che i Barry fossero così ricchi!"
Ammise lui
"In realtà Josephine ancora investe e lavora. Se avesse dipeso solo sulla sua eredità, Gertrud le avrebbe speso buona parte del patrimonio in pezzi d'arte, feste e viaggi.
Era un'artista e una studiosa di letteratura, ma non aveva potuto studiare per lavorare come filologa, quindi si era dedicata alla compravendita di pezzi d'arte sempre più importanti, poi si è ritirata e hanno basato la loro vita economica sui risparmi di entrambe e il patrimonio di Josephine." Raccontò Anna, memore di tutte le storie ascoltate dalla donna che tanto ammirava.
"Hanno avuto una vita invidiabile." Commentò Gilbert.
"Già! Entriamo! Ci staranno aspettando." Suggerì Anna, scendendo dal carro e andando a bussare alla porta.
Questa si aprì e lei vide l'amichevole volto di Pimbly, il maggiordomo inglese di Josephine.
"Signorina Anna! Bentornata. La signorina Barry e il signor Mckenzie la stavano aspettando. Prendete pure i vostri bagagli, farò portare il carro e il cavallo nella stalla." La salutò l'uomo, infinitamente cordiale come sempre.
"Grazie mille, non sa che piacere sia per me rivederla!" Esclamò lei, correndo verso Gilbert e vendendolo con già tutte le borse in mano.
"Ti aiuto!" Disse avvicinandosi.
"Tranquilla, ce la faccio. È tutto piuttosto leggero." Declinò lui, affiancandola per entrare.

Superata la porta, una donna anziana e dall'aspetto distinto li raggiunse all'entrata.
"Anna! Che bello rivederti, mia cara. Spero che stiate bene e il viaggio non sia stato troppo pesante. Chi è questo aitante giovanotto che mi hai portato?" Li accolse la donna, volgendo un bel sorriso a entrambi.
"Dubito caldamente che lei possa essere più gioiosa di me nell'esserci incontrare di nuovo. Lui è Gilbert Blythe, un amico mio, di Diana e di Cole. C'era anche lui la volta in cui avevamo preso il treno senza biglietto...solo che lui ha agito più legittimamente..."Ricambiò Anna, presentando il ragazzo.

Lui le lanciò un occhiata, cercando di nascondere il sorriso soddisfatto. Era la prima volta che lo aveva chiamato amico.

"Sono molto lieto di conoscerla, le ragazze parlano sempre meravigliosamente di lei." Disse Gilbert, appoggiando a terra una delle borse e stringendo la mano alla donna.
"Noto che passi molto tempo con la nostra Anna; apprezzo il ricco lessico con cui si esprime e con cui influenza i suoi amici." Commentò Josephine, con un sorriso sincero, che Gilbert ricambiò di buon grado.

Chi poteva non apprezzare le parole di Anna?

Billy Andrews e Josie Pie esonerati, ovviamente.

"Dove si sarà cacciato ora Cole? Quel ragazzo a volte mi fa impazzire. La settimana scorsa era così concentrato su un lavoro che a stento sono riuscita a farlo mangiare." Sbuffò la donna, guardandosi intorno per scorgere la figura del ragazzo.
"Signore, se me lo permette, porterei i bagagli nelle vostre camere." Disse Pimbly a Gilbert, che gli sorrise grato e passò le borse.
"Ah! Ora che mi ricordo! Nel cesto ci sono dei dolcetti che abbiamo fatto io e Marilla. Dovrebbero bastare per tutti. Sono alle mele." Esclamò Anna, ricordandosi del pensiero per la Josephine e le cameriere della sua casa.
"È un pensiero adorabile, mia cara, grazie mille." Ricambiò la donna lieta.
"Cosa vedono i miei occhi! La mia rossa preferita in compagnia di Gilbert Blythe! Sapevo che un giorno sareste finiti insieme!" Esclamò una voce, quella di Cole, mentre si mostrava scendendo dalla scala.
"Biondo!" Urlò Anna, correndogli incontro.
"Rossa!" La imitò lui stringendola a se.
"Sei ogni volta più bella!" Dichiarò Cole, prendendo il viso di Anna e baciandola sulle labbra, proprio sotto gli occhi di Gilbert, che si irrigidì immediatamente, come congelato.

Lei rise e lo abbracciò.

Perché era così vicino a lui?
Perché si erano baciati?
E perché ridevano così?

Gilbert ora capiva la clausola sul non attaccare Cole, perché potendo gli avrebbe sferrato un gancio destro seduta stante.

Stavano insieme?
Perché Anna non gli aveva detto niente?
Perché Diana non lo aveva avvertito?
E se stavano insieme, perché Cole era convinto che si sarebbero messi insieme?

"Sono entusiasta! Ora che ho una delle mie modelle predilette, sento di poter fare un quadro magnifico." Disse Cole con un gran sorriso.
"Oh, ragazzi miei! Fossi ancora giovane! Per fortuna ho incontrato presto la mia Gerty." Esclamò la signorina Barry.
"Il nostro ideale amoroso!" Recitarono in coro Anna e Cole.

La donna rise e guardò con finta esasperazione i due.

"Quattro anni e ancora lo ripetete, incredibile." Sbuffò lei uscendo dalla stanza.

"Anna, avete avvertito Gilbert sui modi in questa casa? Sembra che abbia visto un fantasma." Commentò Cole, guardando il ricciolo con occhi indagatori.
"Abbiamo accennato che cambiava un po' dagli standard tradizionali, ma non siamo scese nei particolari." Ammise lei.
"Povero ragazzo! Davvero di cattivo gusto. Allora, Blythe, lascia che ti illumini sulla follia che aleggia qui. Rossa." Disse fermandosi sull'ultimo scalino.
Anna rise e gli salì sulla schiena, tutto sotto lo sguardo incerto di Gilbert.
"Seguici" Asserì, muovendosi verso il salotto e lasciando la ragazza davanti al divano.
"Allora, qui siamo noi tre: biondo, rossa e mora. A volte le bacio, per gioco, non essere geloso, la rossa è tutta tua." Chiarì per prima cosa Cole, venendo subito interrotto da Anna, che si lamentò dicendo: "Smettila! Non stiamo insieme, mi ha solo accompagnata. Io non gli piaccio, non insistere con questa storia! Stai diventando pesante! Poi se litighiamo do la colpa a te."

Gilbert guardava la scena esterrefatto, disturbato dalla spontaneità senza filtri, che era ben lontana dai canoni del loro tempo.

Perché Anna pensava di non potergli piacere?

"Ok rossa! La smetto...ma quando dovrai darmi ragione, perché io ho ragione, voglio delle scuse in pompa magna." La avvertí lui.
"Continua a sognare: io scrivo storie, non ne vivo." Esclamò lei.
"Io sono ancora molto confuso." Si intromise Gilbert, con la voce piuttosto alterata.
"Oh, giusto. Allora, se le bacio non dare di matto, non mi può piacere in quel senso. Qui c'è la completa libertà creativa, come ha instituito Josephine. Io passo la maggior parte del mio tempo nello studio, dove ho materiare scenico e artistico per i miei lavori. Nessuno tocca niente senza il mio permesso.
Ci sono tre poltrone lì, ma sono solo per le mie donne, anche se l'assenza di Diana lascia un posto vuoto. Anna ha la libreria e il giardino. C'è una sezione della biblioteca che solo lei, Josephine e Gertrud possono toccare, quindi stacci alla larga.
Nell'atrio c'è il piano, solitamente suonato da Diana.
L'ora dei pasti la stabilisce la Josephine, eccetto la colazione, che è libera.
Se vuoi essere intellettuale, devi apportare anche il tuo aiuto alla cultura, quindi pensa bene a quello che fai e che tocchi. Per i giochi, bisogna scegliere tutto insieme a cena. Il mio preferito è ricreare i quadri, ma sono di parte. Anna, ad esempio, preferisce recitare le vecchie commedie inglesi. In ogni caso ho del lavoro da fare, quindi domani dovremo svegliarci presto perché voglio fare il ritratto perfetto della rossa. Accetta di essere chiamata così solo da me e Di, prettamente all'interno di queste mura.
Non stuzzicarla troppo: ho saputo della lavagnetta e non potete toccare i tesori di Josephine.
Domani sera verrà un gruppo musicale per fare un piccolo ballo privato tra noi, Josephine li adora.
Questo luogo è come la casa sicura dalla peste nel Decameron o un enorme simposio.
L'obbiettivo è trarre il meglio dell'intelletto. Stare tranquilli, non riceveremo ospiti questo fine settimana per vostra comodità.
Anna, sciogliti i capelli! Sai che odio quelle trecce!" Spiegò tutto velocemente e scrupolosamente, concludendo con il tirare i nastrini delle trecce di Anna.
La ragazza sbuffò, un po' a disagio che Gilbert la vedesse con i capelli non raccolti, ma alla fine li scosse e lasciò che cadessero morbidi sulle sue spalle.
"Molto meglio!" Esclamò Cole.
"Da quando sei così...energico?" Domandò il ricciolo all'artista.
"Poter vivere senza le restrizioni sociali campagnole aiuta molto. In realtà ero così ogni qual volta potessi, quindi solo in presenza di Anna e Diana. Sono i miei angeli, insieme a Josephine, ovviamente. Ora sarei nessuno senza di lei. Mi ha adottato, rendendomi libero.
Mi ha insegnato molte cose, ad esempio a leggere sempre due giornali settimanali a ogni uscita, per avere due punti di vista su cui ragionare ed anche una formazione più completa sull'attualità.
In quattro anni ho a imparato come muovermi egregiamente nei salotti intellettuali, alle feste più eclettiche e nel mondo dell'arte.
So procurare un dipinto, un pezzo di antiquariato o anche vendere uno dei miei lavori. A ogni commissione do tutto a Josephine, per ripagarla almeno in parte della vita che mi ha dato." Raccontò Cole.

Gilbert era molto colpito dal cambiamento del giovane, anche per come era vestito: aveva eliminato i maglioni pesanti e andava in giro con una semplice camicia di cotone nei pantaloni beige e le bretelle su di essa.

Sembrava cresciuto e libero...gli si leggeva la felicità in volto.

"Sono felice che tu stia bene." Gli sorrise il ragazzo corvino, educato come sempre.
"Grande! Ora che siamo tutti contenti, togliamoci queste giacche, che muoio di caldo. Voglio vedere che scenario hai preparato per me!" Esclamò Anna.
"Giusto, con tutta questa confusione non me ne sono nemmeno accorto." Concordò Gilbert.
I tre tornarono all'ingresso e il corvino aiutò la rossa a sfilare la giacca per passarla a Cole e poi gli diede la propria.
"Grazie." Mormorò Anna ad entrambi.

Quando le giacche furono a posto, Cole condusse la coppia nel suo studio, dove c'era una poltrona rossa con alle spalle una tenda bianca che copriva parte di un vecchio specchio.
A qualche metro dalla poltrona c'era il grilletto con la tela e dopo questo le altre sue poltrone nominate da Cole.
"Rossa, vai a prendere un libro che ti piace per favore? E anche il tuo nastro azzurro! Io intanto preparo il lenzuolo blu e le spille. Gilbert, quando Anna torna, esci finché non ti chiamo. Dobbiamo provare il materiale." Ordinò il biondo.
La ragazza sorrise e corse a prendere ciò che le era stato chiesto, mentre Gilbert osservava lo studio con circospezione.
"Perché dovrei uscire?" Chiese calmo a Cole, che intanto stava preparando spille da balia e un lenzuolo blu come l'oceano.
"Anna userà questo lenzuolo come vestito. I suoi non vanno bene per il colore. Non mi sembra opportuno che si spogli davanti a te." Rispose con un sorriso beffardo.
"E che lo faccia davanti a te?" Replicò Gilbert infastidito.
"Senti, non ti devi agitare, davvero. Io sono innocuo e poi ho già visto molte volte Anna e Diana cambiarsi davanti a me. Non si vergognano in mia presenza: sanno di non essere il mio tipo." Spiegò il biondo.
"E come sarebbe il tuo tipo?" Domandò allora il ragazzo.
"Oh, la risposta ti sorprenderebbe!" Ridacchiò Cole.

Il corvino non sapeva più se infuriarsi o meno.

Tutta la situazione lo turbava: perché Anna era così in confidenza con lui? E perché diceva anche anche Diana lo era?
Cole non gli era mai sembrato un maniaco, eppure tutta quella situazione avrebbe detto il contrario.
Che stava succedendo?

Gilbert stava per ordinargli di parlare chiaro e smettere di essere criptico, ma Anna fece il suo ingresso nella stanza e sorrise ai due.

Il corvino lanciò un occhiata alla ragazza, si tranquillizzò nel vederla pacata e uscì.

Il giorno dopo sarebbe stato il suo compleanno, non poteva rovinarle il fine settimana, ma l'avrebbe sicuramente protetta da quell'artista.

Dopo svariati minuti Anna urlò a Gilbert di entrare e lui eseguí subito.

La stoffa blu era avvolta intorno alla figura di Anna magnificamente.
Le due estremità in alto si intersecavano sulla schiena e poi avvolgevano attorno alle braccia come maniche, mentre il resto del tessuto era unito sulla schiena con le spille, sul busto più aderentemente rispetto alla gonna, che cadeva morbida, coprendole i piedi.
I capelli di Anna erano lasciati cadere sulle spalle e senza che le offuscassero il viso grazie al nastro sui capelli, che decorava la sommità della testa con il fiocco.

"Allora? Che ne dici? Domani con un po' di trucco e qualche accorgimento in più sarà perfetta.
Accomodatevi, tu sulla poltrona con il libro aperto." Ordinò il biondo.
Anna eseguì subito ciò che aveva detto e Cole le fece cambiare posizione più volte, prima di trovare quella perfetta.
Era Anna: coperta, ma anche dalla personalità travolgente e provocatoria, con un sorriso angelico, i capelli un po' arruffati che le incorniciavano il viso e due occhi immensi. Le mani erano strette al libro, poggiato sul suo grembo e con un fiore selvatico come segnalibro sarebbe stata quasi completa.

In un primo momento Cole pensò che potessero mancare i colori, i fiori...ma poi di rese conto che era altro, qualcosa nel suo sguardo: non era abbastanza sincero.

I suoi occhi caddero su Gilbert, riflesso nello specchio alle spalle di Anna, che la guardava con quello sguardo innamorato, quel sorriso unico solo per lei.

"Anna! - la richiamò, facendole alzare lo sguardo dal libro- non leggere, guarda Gilbert. Voglio che sembri che stai guardando lo spettatore." Le ordinò.
La rossa eseguì e, quando lei e il corvino iniziarono a osservarsi, qualcosa cambiò.

Il suo sorriso non era forzato, ma tenue e sincero. I suoi occhi erano tempestosi, più brillanti, di un misto tra il grigio e l'azzurro, inoltre la sua figura sembrò rilassarsi. Era perfetta, e lo era anche lui nel riflesso dello specchio.

"Ottimo! Non spostate nulla! Domani dovrete assumere esattamente la stessa posizione perché sembri che guardi me, ma invece stai guardando oltre!" Dichiarò Cole, soddisfatto.
"Quindi ora?" Chiese il ricciolo distogliendo lo sguardo dall'incantevole Anna.
"Tu esci, la rossa si cambia e andiamo a cena.
Domani dobbiamo prendere dei fiori selvatici, ricordatemelo. Viola, rosso e giallo!" Disse il pittore, con estrema solennità.

Anna rise per come avesse le idee chiare sulla regia del lavoro.

Era molto orgogliosa del suo amico.

Attese che Gilbert uscisse, poi si avvicinò a Cole, che aprì delicatamente le spille e la liberò dalla stoffa.
"Dovresti dirgli che ti piacciono gli uomini...penserà che siamo pazzi." Disse piano Anna all'amico.
"Gli ho detto che tu e Diana non siete il mio tipo." Replicò lui.
"Cole! Andiamo! Sono quasi nuda davanti a te."Ribatté la rossa piano, indossando il vestito di prima.
"E se lo facessimo ingelosire un po'?" Propose il biondo.
"E se mi credesse una poco di buono?" Domandò Anna.
"Glielo dirò domani...o prima che ve ne andiate. Probabilmente penserà che è innaturale e disgustoso." Si lamentò Cole.
"Non lo è e comunque, se vuole davvero diventare un dottore, deve imparare a non avete pregiudizi." Disse lei, avvicinandosi all'amico e allacciandogli le braccia al collo.
Cole rimase in silenzio, quindi lei gli sorrise e aggiunse:"Fammi un bel sorriso, mio bellissimo e talentoso amico. Quello che un giorno James ha visto e lo ha fatto innamorare perdutamente di te, perfino più di me."
Lui sorrise e strinse le mani sui fianchi di lei, dicendo: "Grazie rossa."
Si diedero un leggero bacio a fior di labbra, puoi uscirono per raggiungere Gilbert.
Quando ebbero superato la soglia della porta, il biondo noto che i bottoni più in alto del suo vestito erano staccati, quindi le catturò la vita e la sollevò, riportandola verso di lui.
"Rossa sbadata, hai il vestito slacciato! Sei proprio una sciocca!" Esclamò lui, spostandole i capelli dal collo verso il seno.
Fece una pernacchia sulla pelle scoperta di Anna e chiuse i bottoni mancanti, liberando l'amica.
"Grazie mille." Disse lei, ridendo per i modi di Cole.
"Non credi di esagerare un po'? Io non mi avvicinerei così neanche con mia sorella." Ringhiò Gilbert con uno sguardo truce verso il biondo.
Forse Cole aveva esagerato.
"Tranquillo, è solo molto espansivo. Andiamo a cercare Josephine?" Cercò di distrarlo Anna, porgendogli la mano.
Gilbert strinse la piccola e delicata mano della rossa e si rilassò a quel contatto.

Concentrarsi su di lei gli faceva passare la rabbia.

Con le dita intrecciate a quelle del corvino, Anna raggiunse il salotto, dove Josephine sedeva leggendo un libro.
"Ciao ragazzi! Pronti per la cena? La faccio servire adesso, appena finisco il capitolo. Anna, ti ho fatto lasciare un vecchio vestito di Gerty in camera. Io e Diana non abbiamo le sue forme, ma tu si, quindi prendilo. Quello che hai adesso mi sembra tirarti un po'. Vai a cambiarti, sarai più comoda." Li accolse la donna, avvisando la ragazza del recente lascito.
"Zia Josephine, hai fatto già fin troppo per me, per la mia famiglia...un vestito di Gertrud non saprei come accettarlo..." Mormorò Anna a fatica.

Sapeva quanto ardore ci fosse nell'amore di Josephine per la sua cara compagna di vita e non se la sentiva di prendere qualcosa di tanto prezioso...Josephine Barry aveva già condiviso con Anna fin troppe cose su Gerty.

"Voglio che ognuna delle mie amate nipoti abbia qualcosa della mia amata compagna. Ho dato a Diana tutti i suoi gioielli e a Minnie May i suoi pezzi d'arte...tu sei la più indicata per prendere qualcuno dei suoi abiti. So che ne avresti moltissima cura e che hai una personalità abbastanza unica da poterli indossare." Disse la donna.

Anna strinse più forte la mano di Gilbert, che ricambiò per darle conforto e forza.

"Ne sono immensamente onorata." Mormorò infine la ragazza, guardando intensamente la donna.
"Vai a cambiarti." La incitò Josephine.
Anna annuì e ripercorse le sue orme, lasciando piano la mano del giovane Blythe.

Arrivata in camera vide il vestito steso sul letto. 
Era di un bellissimo verde smeraldo, lungo fino si piedi, con dei particolarissimi ricami rossi a firma di rose, che creavano una trans magnifica in tutto il vestito.
Non era accollato, anzi, lasciava vedere le scapole e parte del petto, iniziando appena prima che si vedessero le curve dei seni.
Le maniche non erano a sbuffo, oltre a coprire solo tre quarti del braccio e all'altezza della vita c'era un nastro fine, rosso come i ricami, che ella annodò in un fiocco sulla schiena.
Raccolse i capelli in una treccia laterale che fermò con un fiocchetto portato da casa e prese un profondo respiro.

Capiva perché solo lei avrebbe potuto indossarlo: la vita di Gertrud era finissima e solo una ragazza esile come Anna avrebbe potuto indossarlo.

Tornò nel salottino dove aveva lasciato gli altri e Gilbert quasi si strozzò con la sua stessa saliva quando la vide.

Era bellissima e la scollatura lo aveva colpito molto: l'ultima volta che aveva visto una donna con un vestito scollato era durante il suo viaggio a Trinidad.

Contando poi i già presenti forti sentimenti per la ragazza e l'attrazione per lei, quel vestito dal corpetto succinto non lo lasciava essere indifferente.

"Ti sta meravigliosamente! È incredibile quanto tu e Gerty siate magre." Esclamò Josephine.
"Credo che la parola giusta sarebbe esile...sembro sempre sottopeso, tanto che ormai Marilla ha rinunciato all'idea di farmi mettere su un po' di carne." La corresse Anna.
"Io ti trovo splendida, rossa. Dia piangerebbe se ti vedesse adesso, anche se è totalmente fuori moda!" Replicò Cole.
"Già, quando lo ha comprato?" Chiese Anna, iniziando ad armeggiare con l'ampissima gonna ripiegata attorno alla sua piccola figura.
"Lo comprò a Londra, durante uno dei nostri viaggi di anniversario. Credo fosse trent'anni fa...comunque il tema della serata erano le feste dei primi anni dell'Ottocento, quindi anche il vestito era a tema, anche se più articolato. Era bellissima quella sera, poi il verde le ha sempre donato particolarmente. Aveva messo delle rose rosse tra i capelli biondo cenere e aveva anche un rossetto rosso intenso che mi faceva impazzire.
Era di una bellezza impareggiabile..."raccontò Josephine presa dai ricordi, con una mano sul cuore e un sorriso debole in viso.
Anna strinse un lembo della gonna, timorosa che fosse colpa sua se adesso Josephine sentisse la nostalgia dell'amata.
"Il nostro ideale amoroso..." Mormorò flebilmente Cole, lanciando un occhiata carica di affetto alla vecchia donna.

Anna si girò d'istinto verso Gilbert, che la osservava a sua volta con la sua espressione incantata.

"Signorina Barry, la cena è servita." Annunciò Pimbly entrando nella stanza e spalancando anche lui un po' gli occhi alla vista di Anna.

Forse sarebbe stato meglio se non lo avesse indossato, almeno a parere del protettivo e geloso Gilbert, che stava per dare di matto in quella casa.

A calmarlo era solo Anna, che con la sua presenza lo distraeva.

Tutti si alzarono e mossero verso l'altra stanza, eccetto il ragazzo ricciolo, che era rimasto a pensare sul divano.
La rossa, non vedendolo alzarsi, lo affiancò.
"Tutto bene?" Chiese lei piano.
"Mmhh..." mugugnò lui.
"Che ti prende? Sembri così turbato..." gli Domandò.
"Non capisco il tuo rapporto con Cole e la cosa mi innervosisce. Perché lo lasci avvicinare così?  Sei sempre stata una persona riservata, non capisco..." rimuginò lui.
"Non posso dirti perché, non posso parlare per lui, ma sono al sicuro. Non ha intenzioni maliziose, è solo uno sciocco a cui piace giocare. Te lo giuro." Cercò di rassicurarlo lei, stringendogli il braccio tra le mani.

Gilbert incatenò i loro sguardi e osservo i bellissimi occhi di Anna, che mutavano dal grigio all'azzurro.

Si avvicinò a lei e le baciò la fronte, prima di alzarsi e raccomandarsi di stare attenta.
Subito dopo quelle parole, si diresse verso la sala da pranzo lasciandola lì.

La rossa fece un gran sospiro, preoccupata per come Gilbert stava reagendo e timorosa di aver davvero esagerato. Per lei, Cole, Diana, Jerry e Josephine era normale, umano, affettuoso e innocente...ma il ricciolo aveva visto tutto per la prima volta e aveva addirittura temuto per lei.

Forse era stato un errore giungere alla tenuta della signorina Barry con lui,forse sarebbe dovuta rimanere a casa e godersi i suoi genitori.

Era stata ingenua a pensare che Gilbert avesse la mente abbastanza aperta da accettare senza porre domande sul romanticismo di Cole.

Anna scosse la testa per scacciare quei pensieri e raggiunse gli altri a tavola, dove parlarono allegramente in gruppo e lei cercò di sfuggire allo sguardo del corvino.

Dopo il pasto, estremamente appetitoso, Josephine e Cole cercarono di convincere la coppia a restare giù ancora un po', ma i due erano troppo stanchi e volevano solo cadere nelle braccia di Morfeo.
Senza fiatare o guardarsi, si diressero nelle proprie camere, mormorando solo dei semplici "buonanotte" per congedarsi.

La rossa si tolse velocemente il vestito e infilò la camicia da notte, per poi sciacquarsi il viso, andare in bagno e finalmente stendersi nel letto.

Seppur le membra della ragazza erano stanche, il suo cervello non le permetteva di dormire, tormentandola nel silenzio della notte con i suoi contorti ragionamenti.

Un po' perché presto sarebbe sorto il sole, iniziando il giorno del suo diciassettesimo compleanno, un po' perché quella notte non avrebbe volto avere gli incubi.

Loro arrivavano prepotenti ogni notte, facendo penare il sonno di Anna e venendo ricacciati via con un sorriso ogni mattina.
Era un circolo infinito, che sembrava non voler smettere mai e più cercava di reprimere il dolore, più aumentava la frequenza degli incubi...ma non quella notte.

Anna scostò le coperte, indossò la vestaglia e le ciabatte, poi uscì piano dalla camera, sperando di non svegliare gli altri.
Scese le scale, attraversando le bellissime stanze, dai particolari preziosi che brillavano per qualche flebile luce, fino ad arrivare alla pratica e moderna cucina, dove iniziò a prepararsi un tea.

Appena fu pronto se ne versò una tazza e poi ricominciò a girare per i corridoi con la bevanda calda in mano.

Si fermò solo una volta che fu arrivata davanti a due porte scure, con bellissimi intarsi a fuori, che si distinguevano da tutte le altre anche per la grandezza.

Ne aprì una piano e fece un gran sorriso entrando nella meravigliosa libreria, che la affascinava ed emozionava ogni volta.

Essere lì era come essere in un bellissimo sogno e confidava di poter trovare ogni conforto che il cuore necessitava.

Appoggiò la tazza di tea sul comodino accanto alla sua poltrona preferita, quella vicino all'immensa finestra, e iniziò a girare tra gli scaffali.

Alla fine la sua attenzione non poté che finire sull'antica favola della bella e la bestia, che le proprietarie della casa avevano in più versioni del libro: sia in francese che inglese, sia di Villeneuve che di Beaumont.
Personalmente preferiva la versione di Villeneuve, molto più intricata e magica, quindi prese la fiaba e iniziò a studiarne le pagine famigliari.

Non seppe quante ore passò a leggere, solo con la luce di una candela e della luna, ma si sentiva così bene quando veniva rapita dai problemi fiabeschi del libro.
Equivoci, amori, sorti e coraggio la facevano sentire più forte e non aveva problemi nell'ammettere che sarebbe entrata volentieri in uno di quei libri se avesse potuto...beh, magari non una tragedia, di quelle aveva già vissuto fin troppo.

Era fiera, però, di se stessa: non le avevano fatto niente.
Potevano intaccarla, graffiarla, ma l'odio e l'orrore non l'aveva piegata, ne spezzata. Non le avevano tolto niente, la sua vita era continuata ed era felice.

A volte la spaventava l'ira che aveva in corpo, il dolore e i ricordi, che erano ancora sulla sua pelle, appiccicosi come la resina, ma non sarebbe diventata come il signor Hammond.

Lei era migliore.

"Anna" La chiamò una voce famigliare dalla porta.
"Gilbert! Che ci fai in piedi?" Chiese lei, chiudendosi la vestaglia e sedendosi compostamente.
"Dopo che mio padre si è ammalato ho iniziato ad avere problemi di sonno. Dovevo alzarmi a controllarlo e cose così. Ho sentito dei rumori e mi sono irremissibilmente svegliato. La tua camera era aperta e tu non c'eri, quindi ho iniziato a cercarti. Tutto bene?" Spiegò lui, concludendo con la domanda e andando verso di lei.
Si sedette sul divano lì vicino e passò una mano sul viso stanco.

Faceva molto ridere in quel momento, con il pigiama tutto disordinato, la vestaglia aperta e i capelli arruffati. Si vedeva che era appena svegliato.

"Mi spiace averti disturbato...non riuscivo a dormire e sono venuta qui a leggere." Rispose lei.
"Avevi uno sguardo smarrito, perché non dormi?" Chiese il ragazzo.
"Nulla di importante. Sono solo agitata perché mi trovo qui." Mentì la rossa, facendogli un sorriso.
"No, sono troppo stanco per i giochetti, sputa il rospo." Replicò lui, capendo subito che fosse una bugia.

Anna lo guardò interdetta, poi sbuffò e pensò qualche secondo a come dire la verità senza esagerare.

"Ho il sonno un po' difficile. Di notte tutti i problemi sembrano venire a galla e si inizia a rimuginare..." Mormorò lei.
"Hai degli incubi?" Precisò lui, fastidiosamente perspicace.
"Tutti li hanno." Disse lei.
"A me interessa se li hai tu." Replicò Gilbert, facendo perdere un battito ad Anna.

Ogni volta che qualcuno esprimeva così apertamente il proprio interesse per il benessere della ragazza, lei iniziava a sentirsi a disagio.

"S-si...ogni tanto..." Borbottò lei.
"Ti va di raccontarmene uno? Pensa di parlare al tuo medico. Spesso anche parlare della mente aiuta il corpo." Disse il corvino.
"Non vorrei pesarti, non devi preoccuparti. Va tutto bene." Ribatté lei, con le stesse tre parole che usava con i piccoli Hammond.
"Prima o poi dovrai affrontare i tuoi demoni. Lo dobbiamo fare tutti. Gli eventi traumatici possono causare delle patologie molto gravi sulle persone. Se gli incubi ti tormentato, meglio che ne parli. Ho visto uomini grandi e grossi piangere nel cuore della notte e bisbigliare a memoria tutti gli ordini che gli davano quando erano costretti a combattere." Raccontò Gilbert.
"Forse...sai, il piccolo Tyler faceva spesso la pipì a letto, anche se era grande. Non c'era modo di calmarlo: ogni volta che la sera una porta sbatteva lui non poteva contenersi. Gli facevo fare la pipì prima di andare a dormire, ma non bastava.
Il signor Hammond era infuriato...iniziai a dormire con Tyler, così da farlo sentire protetto. Funzionò miracolosamente." Raccontò la rossa.
"Girano molte brutte voci sul signor Hammond." Commentò il ricciolo, cercando di nascondere la rabbia nella voce.
"Si può dire che era un uomo dalla dubbia morale...fino all'ultimo." Ammise Anna.
"Un bel problema per una ragazzina di dieci anni." Mormorò lui.
"Caro Gilbert, ti sorprenderebbero i problemi che può avere una ragazzina di dieci anni. Il signor Hammond era solo un pezzo della storia. Persone come lui, consumate da odio e alcol, vengono e vanno...ora puoi decidere se prendere un libro o andare a dormire. Non ci sono ladri o pericoli in casa." Gli rivelò la rossa, facendolo sussultare.

Cosa aveva vissuto Anna per ritenere il signor Hammond solo una parte della storia?
Ad Avonlea dicevano che fosse un uomo molto violento, senza scrupoli nel picchiare i figli e la moglie. Rude e dal cuore oscuro.

"Anna, parlami. Posso aiutarti." Ripetè il ricciolo, indurendo i modi e diventando più serio.
Lei lo osservava attentamente, con le mani strette in pugni e le unghie nella pelle.
"Quel capitolo è chiuso. Non posso cancellarlo, ma posso ignorarlo e intendo farlo. Spero che tu riesca ad accettare la mia decisione." Disse lei, piano anche se aveva una gran voglia di urlare.
"No. Ci tengo a te e ignorare non ti fa bene. Preferisco insistere e farmi odiare, piuttosto che vederti così tormentata." Replicò il ricciolo.

Anna sgranò gli occhi stupita.
Non si sarebbe mai aspettata una perseveranza del genere, non per la sua salute.
Ella si alzò piano, lasciando il libro sul comodino e andando a sedersi accanto al corvino.

Si studiavano a vicenda, lei cercando di capire perché facesse tutto quello per lei, lui cercando di capire le intenzioni della ragazza.

Gilbert aveva una sincera preoccupazione per l'amica e non la celava.

"Mi ha picchiata, più e più volte. Era ubriaco e arrabbiato tutto il tempo. Io cercavo di difendere i bambini, infondo erano innocenti e non se lo meritavano. Nessuno avrebbe pianto per me. È morto mentre mi prendeva a cinghiate sulla schiena. È completamente segnata dalle cicatrici, anche se nessuno le ha mai viste...signora Hammond a parte. Qualcuno doveva evitare che si infettassero.
All'orfanotrofio le altre ragazze mi bullizzavano e venivo punita per qualsiasi cosa, anche per aver letto.
Odio il giorno del mio compleanno perché il sono quasi morta il 23 marzo di undici anni fa. Il signor Thomas voleva strozzarmi. Era ubriaco e ha detto che così sarei stata ufficialmente un peso morto.
Blythe, il mondo è bello, ma molte persone sono cattive. Se non ignorassi tutto questo dolore proverei rabbia ogni singolo momento della mia vita e finirei per essere uno di quei mostri, consumata dalla mia vita. Non puoi curare questo male." Disse Anna, senza nemmeno prendere fiato, con una freddezza tale da non sembrare che stesse raccontando la sua storia.

Gilbert la guardava inespressivo solo perché non sapeva come reagire. Era impietrito e sconvolto.
Non immaginava nemmeno che Anna potesse avere tutta quella forza.

Non seppe nemmeno se lo fece per se stesso o per lei, ma la abbracciò, stringendola a se.
La rossa, che inizialmente si era irrigidita, ricambiò il gesto e si coricò sul suo petto.

"Scusa." Mormorò lui, accarezzandole i capelli e baciandole la fronte.
"Non devi dirlo a nessuno." Si raccomandò soltanto la ragazza.
"Lo giuro." Sussurrò lui, continuando a stringerla, come se potesse scomparire da un momento all'altro.
Rimasero così per un po', poi Anna alzò la testa per guardarlo negli occhi.
"Ti va di leggere qualcosa? Non voglio pensare." Chiese con un filo di voce.
"Certo!" Rispose subito.

Anna si alzò e riprese il libro dalla poltrona.
Si avvicinò a Gilbert e si appoggiò al suo petto, mentre il suo braccio le cingeva la vita, attirandola a lui.
Anna mise il libro sul suo grembo e iniziò a leggere piano, mentre lui le disegnava dei cerchi sul tessuto della vestaglia.

Stava bene in quel frangente, così quieto, e si sentiva amata grazie ai dolci movimenti di Gilbert.

Anna non si accorse nemmeno di essersi addormentata, o che Gilbert era già tra le braccia di Morfeo, quindi il mattino dopo i due si ritrovarono ancora nella biblioteca.

Anna sentì la luce colpirle fastidiosamente il volto e cercò di nascondere gli occhi nello strano e caldo cuscino su cui stava dormendo.
Purtroppo il sole sembrava divertirsi nello svegliarla, quindi decise di aprire lentamente gli occhi e fece mente locale.
Guardò in alto e vide il profilo di Gilbert e i suoi riccioli scuri che ricadevano delicatamente sul viso rilassato nel sonno.
La mano di lui era sul suo fianco e il braccio la avvolgeva lungo la schiena, mentre l'altra era appoggiata in grembo.
Anche lei lo stringeva, infatti nel sonno aveva allungato il braccio attorno al suo petto e teneva la mano sul fianco di lui.
Le gambe dei due erano malamente incastrate sorreggendo il libro della sera prima e lei aveva la testa sul suo petto, cosa che le permetteva di sentire il suo battito e respiro tranquillo.
Se si fosse mossa lui si sarebbe sicuramente svegliato.
Era un disastro!
"Gil..." Mormorò lei, muovendo piano la mano sul suo busto.
Il ragazzo le afferrò la mano e la fermò sui suoi addominali.
"Mmmhh..." mugugnò lui, avverso all'idea di aprire gli occhi.
"Sveglia...dai...ci siamo incastrati." Continuò lei sussurrando, le dava fastidio rompere il silenzio con la voce troppo alta.
"Sshhh..."la zittì il ragazzo, stringendola di più a se.

Anna iniziò a essere fastidiosamente imbarazzata per la situazione.
Le piacevano i gesti di affetto, sentirsi amata, ma stava diventando strano.

"Gil, è ora di alzarsi...come fai a essere così pigro pur avendo una fattoria?" Insistette Anna, alzandosi da lui e guardandogli il viso, sempre tenendo il volume della voce basso.
Lui aprì un occhio scuro con malavoglia e la guardò.
"Buon compleanno Carotina. Ora però torna a dormire...è ancora presto." Protestò lui, facendole gli auguri e portandosi la sua mano alla bocca.
Lasciò un debole bacio sulle sue dita e poi le riportò sul busto.
"Sono allibita dal suo comportamento, signor Blythe." Borbottò, tornando a coricarsi sul suo petto.
"Ok..." mugugnò il ragazzo, cercando di riprendere il sonno.

Anna osservava le loro mani intrecciate sul suo corpo e sentiva i muscoli di lui contrarsi e rilassarsi a ogni respiro.
Stava maledettamente bene...così tanto che penso avrebbe potuto passare il resto della sua vita in quella posizione.

"È poco opportuno..." si costrinse a commentare.
"Anna, siamo adulti da un bel po'. Se vogliamo dormire abbracciati non muore nessuno. Possiamo benissimo scegliere per noi stessi. Ora chiudi gli occhi e rilassati." Le disse Gilbert un po' scocciato.
"Va Bene..." Sussurrò la rossa, rilassando i muscoli e sistemandosi meglio.
Non riprese subito sonno, ma con tutta quella tranquillità arrivò dopo una mezzoretta.

Il ragazzo, invece, pur tenendo gli occhi chiusi ed essendo sul punto dormire, si concentrava sul momento e sulla ragazza accanto a lui.
Si sentiva così bene e così felice che per la prima volta capì veramente perché le persone si innamorassero.
Solo l'idea di poter passare ogni notte con lei e svegliarsi abbracciati in quel modo lo entusiasmava.
Era un uomo felice con Anna, anche quando lei combinava guai, o litigavano, o succedeva qualcosa di spiacevole.
Si sentiva forte e importante se c'era lei, diversa da tutte le altre persone che aveva conosciuto in vita sua.

La seconda volta che si svegliarono, fu il ricciolo ad aprire per primo gli occhi.

Strinse a se Anna e la guardò dormire beatamente su di lui; poi sentì qualcuno schiarirsi la voce e vide Cole seduto sulla poltrona che la rossa aveva occupato la sera prima.

Egli sussultò, facendo svegliare la ragazza, che nel vedere l'amico sbiancò e poi arrossì violentemente.

"Cole! Se parli a qualcuno di ciò che hai visto o lo immortali in un qualsiasi modo, dirò a Diana il nostro segreto..." lo minacciò piano la ragazza, facendo accigliare Gilbert, che si sentiva come un bambino scoperto mentre rubava il cibo dalla credenza.
"Quale?" Chiese lui con sospetto.
"Fanciulle prima della festa." Disse lei, facendo irrigidire il ragazzo.
"Avevi promesso di non dirle niente! E poi non si capisce!" Replicò lui.
"Sai che se tu facessi un passo falso io non esiterei un attimo a rimangiarmi la parola. Ti voglio bene, ma meglio non rischiare." Continuò Anna.
"Avete vinto, terrò la cosa per me e non dirò nulla del tipo te l'avevo detto." Esclamò lui, uscendo dalla biblioteca.

"Mi daresti qualche spiegazione?" Chiese Gilbert molto confuso.
"Mentre tornava in carreggiata con il disegno, ci ha ritratte in biancheria, intente a prepararci per la festa d'inverno.
Ho trovato il disegno il giorno dopo e mi ha fatto promettere di non dirlo a nessuno. Io sono irriconoscibile, visto che non ha colorato i capelli, ha omesso le lentiggini e uso capi modesti, ma Diana indossava la sua sottoveste di seta, quella che ama poi di tutte e l'avrebbe ucciso perché era più riconoscibile." Spiegò brevemente Anna.
"Capisco che gli artisti vedono il corpo come un soggetto artistico, ma perché lo lasci fare? Mi viene voglia di tirargli un pugno." Ammise il ricciolo.
"Cosa sei? Geloso?" Domandò la rossa divertita.
"Protettivo" la corresse lui, sistemandole una ciocca dietro l'orecchio e poi mettendosi a sedere.
Anna prese il libro e lo appoggiò al sicuro sul tavolino davanti a loro, poi affiancò il ragazzo e lo abbracciò.
"Mi piace tutto questo affetto." Mormorò lui, prendendo le mani della ragazza nelle sue.
"Anche a me...Marilla non è proprio una madre espansiva. Ruby e Diana mi hanno rivelato che in ambienti privati le loro madri sono sempre ben disposte ad abbracci o baci. Le invidio." Ammise la rossa.
"Capisco, da quando è morto mio padre di abbracci ne ricevo pochi o niente. I ragazzi sono troppo orgogliosi per queste cose." Aggiunse Gilbert.
Anna sospiro.
"Siamo proprio due orfani..." commentò scoppiando a ridere con lui, anche se la ragione della risata non era propriamente gioiosa.
Quando si ricompose, Anna baciò la guancia di Gilbert e poi si alzò, invitandolo a prepararsi per fare colazione.
Lui la seguì con un gran sorriso fino alle loro camere, dove si divisero per prepararsi.

A colazione non parlarono molto, troppo intenti a gustare la buonissima torta ai frutti di bosco e il tea dal retrogusto speziato che avevano accompagnato.

Raramente capitava a due cittadini normali di poter mangiare prelibatezze del genere, quindi era estasiante quella colazione.

Dopo aver scoperto la ragione per cui i ricchi sono grassi, Anna si decise di andare nello studio di Cole per poter iniziare il suo lavoro, ovviamente accompagnata dal corvino.

"La mia rossa preferita e la sua nuova conquista! Era da un pò che vi aspettavo, iniziavo a credere che foste scappati." Lì canzonò il biondo quando li vide.
"Lo farò sicuramente se andrai avanti con questa storia." Si lamentò la ragazza.
"Certo, certo. Fiori per il mio fiore!" Esclamò Cole, dandole i fiori selvatici che aveva appena raccolto per il quadro.
"Grazie mille sir." Ricambiò lei con un piccolo inchino.
"Ottimo. Gilbert, ti chiamo tra qualche minuto, Anna spogliati.
È ora di iniziare e devo anche truccarti, poi trovare la luce giusta e il resto." Ordinò il biondo.
Il giovane Blythe fece una smorfia ed uscì con malavoglia, mentre Anna iniziava a slacciare il vestito.
Cole drappeggiò velocemente il tessuto attorno alla figura della sua amica, poi la fece sedere e le mise del rossetto bordeaux sulle labbra e un po' di nero intorno agli occhi per renderli più profondi.
Disordinò i suoi capelli e sistemò il nastro azzurro in un bel fiocco.
Il biondo richiamò l'amico e lo fece accomodare sulla poltrona alle sue spalle, col viso diretto verso la rossa.
Anna assunse sulla poltrona rossa scura la stessa posizione del giorno prima, con il libro in grembo e dei fiori tra le pagine di questo.
La ragazza, una volta sicura di essere nella posizione giusta, guardò il corvino e gli sorrise sincera, con quella particolare luce negli occhi e il corpo rilassato.
"Ottimo! Non vi muovete di un centimetro o commetterò un omicidio!" Li minacciò l'artista, iniziando il ritratto.
Nel giro di un ora e mezza aveva finito le basi del disegno, con una velocità impressionante.
Era evidente che progettasse quel lavoro da un lungo tempo, l'unico particolare che aveva aggiunto era Gilbert Blythe, riflesso nello specchio, che osservava Anna con amore.

Ci volle tutto il giorno per fare le basi dei colori e, di tutte quelle ore, una era servita solo per gli occhi di lei, che erano talmente particolari da dover sfumare tantissime volte per poter trovare la gradazione perfetta.
Poi il vestito, i capelli, il viso, i fiori, l'arredamento e il ragazzo.
I colori di base erano stati messi, mancava solo la sfumatura e le ombreggiature, che avrebbero richiesto circa un mese di lavoro da parte di Cole.
"Finito! Ora dipende tutto da me! Conosco ogni centimetro del tuo corpo, ti ho disegnata milioni di volte. Sarai perfetta." Asserì il biondo.
"Grazie Cole, sono onorata che tu voglia ritrarmi...anche se non sono la modella dei tuoi sogni." Esclamò l'amica alzandosi dalla poltrona.
"Fidati, con quegli occhi saresti il sogno di chiunque, anche il mio! Peccato che non tutti possano avere quel tuo sguardo." Replicò lui, facendola confondere.
"Ragazzi, andiamo a cena? Sono le otto." Chiese Gilbert, infastidito dalla loro vicinanza.
"Certo, il tempo che mi cambio e ti raggiungiamo." Gli sorrise Anna.

Lui cedette un po', ma si riprese e ribatté che li avrebbe aspettati fuori, chiudendo poi la porta dietro di se.

"Uh...credo che qualcuno sia geloso..." Commentò Cole.
"Ma che dici?" Ridacchiò Anna.
"Andiamo! Mi picchierebbe se potesse." Esclamò lui, al che lei si zittì dato che lo aveva ammesso.
"Perché non parli? Aspetta! Mi picchierebbe veramente? Anna, anche tu hai gli occhi: quello nasconde un gran fisico sotto quei vecchi maglioni! Mi farebbe nero! Ha viaggiato per il mondo, sa come sferrare un pugno!" Si allarmò l'artista.
"Non essere precipitoso, ha detto che vorrebbe, non che lo farebbe..." Cercò di consolarlo lei.
"Questo mi aiuta molto!" Esclamò lui ironico.
"Sei tu che non gli dici di essere omosessuale! Io so come sei, ma per un'occhio esterno è strano: ci comportiamo così davanti a una persona che da per scontato che ti piacciano le donne." Sibilò Anna.
"La reazione è imprevedibile..." Commentò il ragazzo.
"Fidati, se ti picchiasse, la tua sarebbe molto prevedibile. Ne vale la pena?" Domandò la rossa.
"Non lo so Anna. Non so se fidarmi: un conto è essere preso per maniaco, un altro è che pensasse che io abbia qualche problema mentale. Non tutti sono come te e Diana. Tu ti fideresti?" Chiese lui, mentre lei infilava il suo vestito.
"Si...mi fido di Gilbert." Rispose lei.
"Se mentissi? Se fossi tu a dirgli che ti piacciono le donne? Vediamo come reagisce." Propose Cole.
"Ho passato la notte avvinghiata a lui come un koala...dubito che ci cascherebbe."Replicò lei, facendo ridere a crepapelle l'amico.
"Vieni qui, ti pulisco la faccia." Le disse poi, avvicinandosi con un fazzoletto bagnato.
Glielo strofinò sul viso, sotto i suoi lamenti per la mancanza di delicatezza e quando ebbe finito, Cole fece un buffetto sul naso di lei come se fosse una bambina.
"Entra pure Gil!" Gli urlò il biondo ridendo.
"Sei uno stupido." Lo insultò lei allontanandosi, ma l'artista le afferrò i fianchi e la riporto verso di lui per abbracciarla con gran forza e alzarla da terra.
"Non mettermi il broncio, bambina." Le disse lui.
"Non trattarmi come una bambina! Ho diciassette anni! Sei più grande solo di qualche mese! È ingiusto!" Si ribellò Anna.
"Lasciala." Disse Gilbert, con un sorriso in volto, anche se senza spirito comico.
Cole aprì le braccia liberando la ragazza, che si volse verso il corvino con un sorriso.
"Non lo spaventare. È solo un bambinone che ha bisogno di coccole. La sua fiamma lo ignora." Esclamò la rossa.
"Non mi ignora! Si trova in California per il matrimonio di sua sorella! È ben diverso!" Puntualizzò Cole.
"Certo certo! Tanto lo so che non mi può vedere. L'ultima volta sembrava sul punto di mordermi quando abbiamo ballato insieme.
La gelosia..." sospirò lei.
"Forse se non mi avessi baciato davanti ai suoi occhi e non ti fossi buttata su di me perché non c'era spazio sul divano, ora gli staresti più simpatica." Borbottò lui.
"Jamie soffre di malafede nei miei confronti." Obbiettò Anna.
"Jamie? Come James?" Chiese Gilbert confuso.
"Jamie come Jemma." Rispose velocemente Cole, che era pronto per incidenti del genere.
"Com'è questa Jemma? Deve essere speciale..." Domandò il corvino indagatore.
"La luce dei miei occhi...La Gerty della mia Jo! L'amo fino alla luna e ritorno! Non ci sono parole per il mio sentimento nei suoi confronti! Non bastano i colori, le poesie o le note! Un amore così grande che solo i palpiti del mio cuore sanno esprimere tutto questo perché la mente non basta! È un amore religioso!" Lo scimmiottò Anna, sfoggiando nel modo più teatrale possibile l'espressione dei sentimenti di Cole, almeno fino a quando non le tappò la bocca tra le risa di Gil.
"Ahia! Anna! Mi hai morso?" Sbottò il biondo, mentre lei rideva.
"Forse." Ammise incastrando perfettamente il labbro inferiore tra i denti.
"Se ti prendo, sei morta!" La avvisò, mentre lei scattò nella corsa, seguita dai due ragazzi.

Girò agilmente tra i corridoi fino al giardino all'inglese.
I due le erano alle calcagna, quindi decise di infilarsi nel giocoso labirinto creato dalle siepi.
Lì riuscì a seminare i ragazzi, confusi dalle sue risate che echeggiavano spensierate nell'aria.

Lei sentiva l'aria frizzante di primavera sulla pelle, mentre i lunghi capelli color tramonto le sfioravano delicatamente il viso.
Rideva e prendeva gradi respiri con il fiatone per lo sforzo.
Si sentì rigenerare, come se la natura volesse ribattezzare la sua anima e cancellare i peccati per lasciarle solo serenità e gioia.

Anna fu la prima a raggiungere il centro del labirinto, dove si trovava una bellissima fontana di marmo bianco.

"Presa." Sussurrò Gilbert, apparendole alle spalle e abbracciandola.
Lei si girò per guardarlo negli occhi con un sorriso sincero.
"Sono morta?" Domandò piano, tra i respiri profondi.

Lui scosse la testa e si fiondò sulle sue labbra, baciandola piano.

Anna fu interdetta all'inizio, ma poi ricambiò il bacio, stringendosi al corvino.

Si staccarono per respirare, ma lui continuò a lasciarle piccoli baci sulla guancia, la mascella e il collo, mentre lei rideva creando un suono cristallino.

Dio, quanto l'amava.

Anna Shirley-Cuthbert era la parte migliore della sua vita.

"Buon compleanno, Carotina." Ripetè, allontanandosi dalla sua pelle quel tanto per guardarla negli occhi.
"Ora lo è, Gil." Rispose lei, baciandolo di nuovo, ma timidamente.
Lui ricambiò e lei sorrise sulle sue labbra.

"Sono morto di gelosia per una settimana quando nominavi Cole, ma ne è valsa la pensa." Mormorò il ricciolo, facendo ridere Anna.
"Che peccato, è stato inutile...solo tu mi fai sentire...così." Rivelò lei con grande timore che lui potesse ritrarsi.
"Tu mi rendi felice: vedere il tuo viso è il motivo per cui mi alzo dal letto la mattina. Sei la luce dei miei occhi, tutto ciò che ho da perdere." Ammise, con una certa nota teatrale nella voce per farla ridacchiare.

Lei sentì gli occhi bruciarle e riempirsi di lacrime di gioia, baciandolo ancora e ancora.
Non sapeva nemmeno quanto fosse profondo e radicato il suo desiderio di lui, fino a quel momento.

Aveva notato che lui la facesse stare bene, ma all'udire di quelle parole si sentiva straboccare di felicità.

Ora sapevano perché le persone si innamoravano, perché esponessero così i propri cuori alle intemperie della vita, perché rischiassero tutto...e ne valeva la pena, completamente, anche solo per un bacio o un sorriso.

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