Dct Avocado - 3
Scritto in collaborazione con DadaNin ♥️
Grazie per l'aiuto! Sei stata preziosa✨
Anna si guardò allo specchio e si chiese cosa stesse facendo...davvero avrebbe avuto un incontro volontario -perché non era un appuntamento - con Gilbert Blythe?
Perché aveva accettato?
Il film era stato incantevole e le aveva dato molti spunti per una conversazione illuminante e combattuta, ma cosa avrebbero pensato gli altri vedendoli al suo tavolo nell'angolo della caffetteria insieme? Cosa avrebbe pensato Ruby? E come avrebbero reagito Diana e Cole, che oltretutto non aveva ancora informato.
Rimarcando l'utilità dei detti, Anna fu distratta dai suoi pensieri a causa del suono che emetteva il cellulare vibrante sul comodino.
Era Diana.
"Non so se sia una fortuna, o una funesta coincidenza, ma sono comunque felice che tu mi abbia chiamato...sono nel baratro della disperazione! Ho fatto un errore madornale, mia amata amica! Ho accettato un incontro accademico privato con Gilbert Blythe e ora non so come ritrattare!" Esclamò Anna, senza neanche respirare.
Dall'altro lato del telefono non arrivò subito una risposta, perché la corvina era troppo sconvolta per rispondere.
"TU CHE COSA?! Per l'amore del cielo, Anna! Sono ANNI che aspetto che usciate insieme! QUANDO TE L'HA CHIESTO?! COME?! NON OSARE RITRATTARE, O TI BUTTO DALLA SCOGLIERA!" Urlò la ragazza, perdendo ogni traccia del candore che di solito la caratterizzava.
La Shilbert che si realizza?!
Era come la morte di Voldemort! Il bacio sott'acqua tra Percy e Annabeth! Emma che scende all'inferno per Uncino! Il matrimonio Malec! Guidare la DeLorean di ritorno al futuro! La nuova stagione di Lucifer! Castle che finalmente conquista Beckett! O anche tutte queste messe insieme!
Cole avrebbe dato di matto! Anche più della stessa Diana, la quale stava saltellando da una parte all'altra della stanza, facendo strani urletti che nemmeno la rossa aveva mai sentito prima.
Anna aveva appena rotto Diana...ottimo.
"PERCHÈ NON ME LO HAI DETTO SUBITO?!" Urlò infine, shockata e più teatrale dell'amica.
"Perché sapevo che avresti reagito così...beh, non esattamente così così...è andata molto peggio di quanto mi aspettassi e io ho un'immaginazione molto fervida." Rispose lei.
"Ok, va bene...la smetto...ma stasera ti chiamo e voglio sapere tutto! Comunque sono sotto casa tua tra cinque minuti." Sbuffò Diana, chiudendo la chiamata.
Prese la borsa e corse fuori di casa, salutando velocemente i suoi con un urlo.
Guidò fino a Green Gables e suonò il clacson per far capire alla rossa che era arrivata.
Questa uscì in tutta fretta e salì sull'auto ferma davanti all'entrata.
Quando Anna promise che avrebbe raccontato tutto, per filo e per segno, senza bugie, quella sera in videochiamata, la corvina chiuse l'argomento Gilbert e iniziarono a parlare delle lezioni di quel giorno.
Anna e Diana fecero il loro ingresso a scuola senza convenevoli, salutando distrattamente qualche conoscente e dirigendosi agli armadietti per depositare gli inutilmente pesanti libri.
Arrivate alla lezione della prima ora, si sedettero al solito posto, davanti alla loro bionda preferita: Ruby Gillis...l'essere umano biologicamente progettato per incarnare dolcezza e sensibilità.
Era così carina che ferirla era come ferite un cucciolo o un bambino, quindi immorale e crudele.
Ma la giovane ragazza non le notò minimamente, troppo presa a guardare in tutt'altra direzione: quella di Gilbert.
"Ruby!" La chiamò inutilmente Diana.
"Rubs?" Ritentò vanamente Anna.
Le due fecero un sospiro e seguirono lo sguardo di lei, incontrando una figura famigliare, che pareva stranamente turbata.
Il viso del ricciolo, infatti, era contratto in un'espressione incerta e infastidita, mentre assottigliava gli occhi sul libro che stringeva saldamente tra le mani.
Le sopracciglia aggrottate e la postura scomodamente scomposta installarono in Anna il sospetto che al ragazzo non piacesse particolarmente il pensiero dell'autore che aveva scritto quell'opera, malgrado non sembrasse minimamente intenzionato a distrarsi dalle pagine leggermente ingiallite.
"Ottimo! Le ho perse entrambe..."disse la corvina scocciata, che aveva guardato il ragazzo giusto il tempo per capire cosa potessero rendere Anna e Ruby tanto assorte.
Poiché aveva ormai capito che la sua voce non era più che un flebile e fastidioso ronzio per le due, si posizionò meglio al banco, strisciando la sedia durante il movimento.
Il rumore acuto, però, risvegliò le amiche dalla trance in cui erano cadute e la bionda le notò, finalmente.
"Ciao ragazze! Non vi ho viste arrivare!" Le salutò con un gran sorriso e un leggero rossore sulle gote.
"Tranquilla, nessuno può essere biasimato per amare!" Le rispose gentilmente Diana, lanciando un'occhiata ad Anna, che però non colse l'allusione.
"Così ti amo perché tutto l'universo ha cospirato affinché io giungessi sino a te." Recitò Anna, con un sorrisetto in volto.
"È bellissima! Chi l'ha scritta?" Chiese Ruby con un luccichio negli occhi da cerbiatta.
"Paulo Coelho, nell'Alchimista." Rispose la ragazza.
"È assolutamente fantastica! Me la segno subito!" Esclamò Diana, che da un po' di tempo collezionava le citazioni di Anna in un quadernetto che portava sempre con se, per rileggerle quando voleva un po' di ispirazione.
"Uh! Ragazze! Mia mamma ha comprato la nuova uscita di Vogue! Ho fatto qualche foto! Blumarine e Gucci sono le mie preferite, guardate!" Esclamò poi Ruby, ingaggiando una fitta conversazione sulla moda con Diana, mentre Anna rimase in disparte, all'inizio osservando le bellissime ragazze, poi spostando la sua attenzione sui suoi stessi pensieri.
Era stato strano poco prima...da quando lei, Anna Shirley-Cuthbert, si metteva ad osservare Gilbert Blythe?
Forse era solo la tensione per il pomeriggio...o l'espressione che aveva.
Era così coinvolto in quella lettura, così corrucciato e aveva quella strana ruga che gli veniva quando si concentrava molto su qualcosa.
La aveva notata spesso quando lui si metteva a leggere i libri di introduzione all'università, o quando facevano i compiti di matematica e alle gare di spelling, a quelle di nozioni generali e a quelle di discussione...praticamente avevano fatto tutte le gare accademiche possibili ed era paradossale come vincessero alternatamente.
Le labbra di Anna si stirarono in un sorrisetto involontario al ricordo dell'espressione concentrata del ragazzo, poi iniziò a sentire un piacevole tepore, come se improvvisamente il gelo invernale non filtrasse più dagli spifferi della scuola.
Come quando in primavera esci dall'ombra, il sole ti bacia e non hai più freddo, ma sorridi istintivamente perché in quei raggi delicati c'è la promessa dell'estate, che arriva lentamente.
Stavolta, però, il sole la scaldava da dentro ed era ancora più piacevole e confortante.
Era così strano...cosa aveva scaturito quel calore?
Le sembrava così nuovo, malgrado sentisse che il suo corpo lo accogliesse come un vecchio amico...anzi, ne voleva ancora, sempre di più.
Poi percepì lo sguardo famigliare di qualcuno posarsi su di lei e il calore piacevole che sentiva aumentò.
Sapeva chi fosse, succedeva sempre, lo riconosceva ormai, non aveva più bisogno di voltarsi.
Ma quel tepore? Come aveva aumentato quel tempore? Avrebbe potuto farlo ancora?
E perché le piaceva così tanto? Perché era così bello da provare? Perché lui lo sapeva intensificare? Poteva scoprire come facesse?
Anna voleva sentirsi così sempre, non voleva avere più freddo, però era stato lui ad aumentare il calore...ma lei non poteva affidarsi a lui per questo: era impossibile che una cosa così bella potesse dipendere da lui!
Diana lanciò sguardi di sottecchi all'amica, completamente immersa nel suo mondo, mentre fissava il foglio su cui la matita sembrava danzare fluidamente, disegnando una fitta rete di lineee curve, che si incastravano creando profondità e caos sulla superficie bianca bidimensionale.
Ora era la voce del professore a essere percepita come infinitamente lontana, non la sua.
Il vociare di alcuni alunni turbò il botta e risposta tra il professore, Gilbert e qualcun altro raramente, ma nessuno riusciva a non rimanere sorpreso dal fatto che la rossa non prendesse parte a quella discussione, che non rispondesse alle domande e che non gareggiasse con il ricciolo.
Anna iniziò a respirare sempre più pesantemente, come se avesse l'affanno e appena la campanella suonò, la rossa si precipitò fuori dall'aula, salutando con un filo di voce.
Corse in bagno e poggiò bruscamente il quaderno sul lavandino, iniziando a passarsi una mano tra i capelli e tenere l'altra sul fianco, mentre il suo petto di alzava e abbassava lentamente, ma visibilmente.
"Anna! Che hai?" Esclamò Diana, raggiungendola più velocemente che riuscisse.
"Non lo so! Credo di star impazzendo, Di...c'è qualcosa che non va...sento questo calore così piacevole...ma non lo capisco...mi sento sopraffatta! C'è qualcosa che non va! Non dovrebbe accadere! I-io non capisco!" Urlò lei nel panico, guardando l'amica con sincera disperazione negli occhi, mentre delle lacrime iniziavano a rigarle il viso.
La corvina strinse a se il corpo esile, nella speranza di riuscire a confortarla un po'.
"T-ti capita mai di provare un calore piacevole quando sei con Charlie? E non parlo delle farfalle nello stomaco o del cuore in gola...parlo di qualcosa di più profondo, un tepore costante, che ti fa sentire tranquilla, eccitata e estasiata contemporaneamente! Qualcosa di così piacevole, da spingerti a volerne di piu." Domandò Anna supplicante, scostandosi un po' da Diana, che sussultò un po' per la sorpresa e sgranò gli occhi.
"Provi qualcosa del genere?" Chiese poi.
Ad Anna mancò un battito e annuì spaventata da cosa avrebbe conseguito quel gesto clamorosamente semplice.
L'urgenza presente nella voce di Diana l'aveva destabilizzata...che fosse anche peggio di come sembrava?
"Non l'ho mai provata...ma zia Josephine me ne ha parlato...secondo lei è ciò che si prova quando finisce la fase dell'innamoramento...quando il sentimento diventa più profondo, intenso e forte." Raccontò lei, facendo crollare il mondo di Anna.
Era molto, estremamente, infinitamente peggio di quanto pensasse!
In qualche modo Diana riuscì a far uscire l'amica dal bagno e le ore passarono inesorabilmente lente, mentre la corvina cercava di tenere lontano Gilbert e la rossa si tormentava nei suoi stessi pensieri.
Dire che anche il ricciolo fosse confuso era un eufemismo: Diana Barry stava effettivamente cercando di allontanarlo da Anna Shirley Cuthbert...Diana Barry...colei che di solito li lasciava soli di proposito e quasi li spingeva l'uno nelle braccia dell'altra.
Capelli neri, occhi marrone chiaro, pelle candida, alta poco più di Anna, fisico ben proporzionato, sempre in ordine, amica della sua rossa, fidanzata di Charlie e proveniente da una famiglia ricca e distinta.
Quella Diana Barry.
Anche il comportamento di Anna stessa era strano, di solito incrociava il suo sguardo almeno un paio di volte, ma quel giorno sembrava persa in un altro mondo e lui si chiedeva se si sarebbe presentata al loro appuntamento quel pomeriggio.
Nella completa confusione aveva anche chiesto a Jane se fosse successo qualcosa che lui ignorava, ma lei non seppe rispondergli.
In compenso, però, quando alzò lo sguardo sconfitto, incrociò gli occhi azzurri di Anna, che li aveva osservati, seduta al suo tavolo della mensa con Diana.
La rossa spostò quasi subito l'attenzione sulla carne di dubbia provenienza che aveva nel piatto e strinse i pugni, raggiungendo una nuova consapevolezza: ogni volta che le sue amiche nominavano Gilbert con ammirazione o gli parlavano a lei saliva un gran fastidio, quindi era solita intervenire per sminuirlo e cambiare argomento...adesso sapeva il perché di quel fastidio: non era che provassero ammirazione per lui, ma il solo fatto che pensassero a lui o gli parlassero.
Il tepore aveva lasciato spazio a una vampata di fuoco e un istante di gelo dentro di lei, mentre la sua amica ignara si avvicinava al tavolo con un gran sorriso.
Anna non parlò, di nuovo, non intervenne, lasciando che le fiamme bruciassero il suo corpo e il gelo colpisse il suo cuore in silenzio.
Non avrebbe fatto una scenata! Non se ne parlava proprio! Non gliela avrebbe data vinta così! Non si sarebbe esposta! Lei era più forte.
Fece scivolare un altro paio di ore e finalmente tornò a casa con Diana, alleviata dalla consapevolezza che almeno metà del suo incubo era finito.
Salutò l'amica ed entrò in casa, dove fu accolta calorosamente dalla sua amata famiglia.
Abbracciò stancamente Mattew, che le chiese come era andata la giornata, al che lei rispose con un semplice: "tragicamente monotona".
Marilla ridacchiò e la rossa la aiutò pulendo tutta la cucina, prima di salire in camera per riposarmi minimante.
Anna si buttò sul letto perfettamente composto e guardò il comodino, su cui aveva appoggiato il computer e il suo taccuino notturno, con segnate tutte le annotazioni per la discussione con Gilbert.
E come pensò a lui, le tornò il calore piacevole, ma ripudiò il suo sorriso, emettendo un gemito di frustrazione.
In un ora si sarebbero visti, quindi si sforzò per autoconvincersi ad alzarsi e vestirsi decentemente.
Mise una gonna di jeans scuro a vita alta, con dentro la camicetta bianca e una cintura nera, poi indossò le Dottor Martin nere che le aveva regalato Diana per il compleanno e un maglione dello stesso colore.
Raccolse i capelli in uno chignon malfatto e concluse il look mettendo gli orecchini a cerchio color argento.
Soddisfatta, mise la matita interna nera e il mascara, prese la vecchia borsa nera di Marilla, infilandoci il taccuino, le chiavi e il portafogli, poi salutò tutti e si incamminò verso la fermata del pullman.
Come sempre, il bus arrivò tardi, obbligandola a correre per non superare i già gravosi e irrimediabili 10 minuti di assenza.
Quando vide finalmente il bar a pochi metri da lei si sentì sollevata come non faceva da tempo e si fermò per riprendere fiato, di cui aveva tanto bisogno.
Solo dopo un attimo per ricomoporsi alzò lo sguardo e lo vide dentro il bar-pasticceria, seduto solitario a un tavolino, mentre leggeva un libro e controllava l'orologio.
Anna, quella volta, non reprise il sorriso ed entrò con ancora un accenno di affanno e rossore.
Sorrise gentilmente alla cameriera e raggiunse il ragazzo, sedendosi nel posto vuoto davanti a lui.
"Pullman." Esordì lei.
"Lo sospettavo...non è mai in orario. La prossima volta non c'è bisogno che corri: aspetto sempre mezz'ora prima di andarmene." La tranquillizzò lui, facendole un gran sorriso.
"Grazie...e ciao!" Esclamò.
"Ciao!" Ricambiò lui ridendo.
E Anna sentì ancora quel calore, che la fece sussultare.
"Ti spiace se vado un attimo in bagno? Vorrei lavarmi le mani prima di prendere qualcosa." Domandò lei, attendendo un suo cenno per congedarsi.
La rossa praticamente corse nella toilette e chiamò Diana.
"Sono in panico." Esordì.
"Che è successo?!" Scattò la ragazza.
"Sento quel calore! Con Gilbert Blythe! Che cosa dovrei fare? Mi sento in un vicolo cieco, Diana." Spiegò lei, iniziando ad ansimare di nuovo.
"Non dare di matto e respira! È Gil! Il ragazzo può buono ed educato di Avonlea! Ed è cotto di te...farebbe di tutto pur di interagire con te in un modo qualsiasi. Non pensarci, goditi come ti fa stare e parla di quel dannatissimo film! Non è un appuntamento, non significa niente e vi state solo prendendo un caffè con una discussione interessante perché siete ugualmente intelligenti." Disse Diana, facendo calmare la ragazza
"Vero...non ho obblighi...non significa niente...posso farcela! Grazie Di." Sospirò lei, con un sorriso più tranquillo.
"Prego, ora vai o verrà a cercarti." La incoraggiò l'altra, attaccando.
Anna lavò velocemente le mani e mentre tornava vide la cameriera allontanarsi.
"Eccomi, ha portato le proposte?" Chiese Anna, risedendosi.
"Si, ma visto che prendi sempre le stesse cose e già so cosa prendere, ho direttamente ordinato." Rispose lui, facendo accigliare la ragazza.
"Come fanno a ricordare cosa prendo? Non vengo qui tutti i giorni." Domandò sorpresa.
"Sul serio? Tu prendi sempre le stesse cose. Tea inglese con una pallina di gelato alla vaniglia e pezzetti di frutta, se ci sono. Poi un muffin qualsiasi, ma se è integrale o al cioccolato è meglio." Recitò lui, come una filastrocca.
"Sono le uniche cose che Marilla non vuole fare...non so perché, ma ha un'avversione ai muffin." Ribattè la ragazza in sua difesa, sentendo le gote arrossarsi leggermente, mentre Gilbert iniziava a ridacchiare.
"Non ho mai detto che ci sia qualcosa di male." Si difese lui.
"Davvero? Pensavo che avresti iniziato con qualche predica sulla salute..." Mormorò sorpresa.
"Fai tanto di quello sport che so che non servono i miei discorsi, anche se una dieta ben equilibrata è ottima a prescindere. Ogni volta che mi vedo con Cole lui mi dice che avete mangiato McDonald! Almeno varia un po' con la pizza e il kebab." Disse lui.
"Ah, eccola!" Puntualizzò Anna, con un sorrisetto in volto.
"I vostri ordini, ragazzi...tea allo zenzero e con un cucchiaio di zucchero e paste alla frutta, insieme a tea con gelato, frutta e un muffin al cioccolato." Esclamò la cameriera, servendo i due.
"È sbagliato." Commentarono contemporaneamente, fissando la tazza di Gilbert.
"Come?" Domandò la ragazza.
"Allo zenzero con un cucchiaio di miele, non zucchero." Rispose Anna, visto che lui era troppo occupato a osservarla.
"Oh, mi dispiace, torno subito." Esclamò la ragazza, portando via la bevanda.
"Non guardarmi così, tutti sanno che non usi lo zucchero." Borbottò lei, portandosi una prima cucchiaiata di gelato e frutta alla bocca, senza fare contatto visivo con lui.
"Ecco!" Interruppe di nuovo la cameriera, porgendo la tazza con il tea giusto e facendo un sorriso dispiaciuto.
"Non fa niente, può capitare, grazie..." Mormorò il ragazzo distratto, volgendole un veloce sorriso.
"Allora...com'era il film?" Domandò poi Gilbert.
"Lo definirei fantastico, utopico e...controverso. Mi è piaciuto molto, grazie per il consiglio." Rispose lei, guardandolo finalmente negli occhi e iniziando a battere piano il dito contro la tazza dalla dubbia temperatura.
"Wow, molto meglio della risposta di Bash!" Esclamò lui soddisfatto.
"Che ti ha risposto?" Domandò Anna, guardandolo confusa.
"Se non sbaglio, le sue parole sono state: vaffanculo Gilbert! Che film di merda mi fai vedere? Quell'uomo è un idiota e i suoi figli non faranno mai niente di buono nella vita, eppure hanno l'ipocrisia di farlo passare per buono! Li ha rovinati!, seguito da: e domani ti ci svegli tu alle cinque per avviare la fattoria e dare il mangime al bestiame! Piccolo stronzetto..." raccontò il ricciolo, facendo scoppiare a ridere la ragazza.
"Era un film bellissimo! Forse di dubbia morale, ma dopotutto è fantastico, in ogni senso del termine. Quei ragazzi sono cresciuti in mezzo alla natura e si sono sfamati di cultura, imparando lingue rare e comprendendo i principi più geniali della filosofia, dell'antropologia,della scienza e del concetto di vita! Ammetto che sarebbe stato meglio estrapolarli un po' prima da quel contesto, perché facessero più allenamento nell'interazione sociale e sperimentassero la vita civilizzata, ma ciò che fanno loro è incredibile. Non avrebbe dovuto insegnargli a rubare o renderli parzialmente anarchici solo perché era il suo pensiero, ma se avessero potuto sperimentare anche degli input moderni avrebbero avuto l'istruzione perfetta. E poi avere dei punti di partenza da poter confutare o confermare è tecnicamente istruttivo, quindi anche il parere politico che il padre li ha condizionati ad appoggiare è più o meno corretto." Riflettè Anna ad alta voce, iniziando a maneggiare con la borsa per prendere il taccuino e essere più precisa nell'esplicazione del suo pensiero.
"Hai preso appunti?" Chiese lui sorpreso.
"Tu no?" Domandò lei ridacchiando, perché infatti lui esalò un sospiro e estrasse dalla giacca un quadernetto.
"Comunque questo film confuta definitivamente la teoria di Rousseau: non si può crescere un individuo in natura per non corromperlo, in quanto gli umani hanno bisogno della società." Disse il ragazzo.
"L'Emilio è teorico, immaginato." Puntualizzò la rossa.
"Però si conclude come ipotesi, mentre il film da una panoramica realistica delle conseguenze effettive e giustifica la situazione." Replicò Gilbert.
"Ma l'uomo ha bisogno della società per il proprio sostentamento, quindi automaticamente la teoria si confuta. Non ci sarebbe interazione sociale e si rimarrebbe nell'egocentrismo, da cui nasce l'avarizia, l'invidia, la vanità e il narcisismo." Disse Anna.
"Secondo i lavori dell'uomo, il bambino passerebbe spontaneamente la fase dell'egocentrismo." Ribattè Gilbert.
"L'egocentrismo sarebbe invece incentivato dalla esistenza solitaria dell'individuo, che non dipendendo o sostenendo l'altrui, dovrebbe soddisfare solo i propri bisogni, quindi la vita si concentrerebbe ancora di più sulla propria persona." Argomentò la rossa.
"Ma non vivrebbe da solo, vivrebbe con il suo tutore." Replicò Il ricciolo.
"Il cui compito è occuparsi di lui, quindi è al centro dell'attenzione. Sarebbe solo un rinforzo." Puntualizzò lei.
"Touché." Esalò lui, facendo comparire un sorriso beffardo sul viso della sua amata.
"Ok, chi è il cattivo? Il padre o i nonni?" Domandò lei.
"Nessuno ha ragione, ne torto. È come chiedere c'è un Dio o più dei? non possiamo saperlo, provarlo o sperimentarlo.
È il gatto di Schrödinger." Rispose il ragazzo.
"100 punti a serpe verde, purtroppo. Concordo pienamente, anche perché sarebbe immorale sperimentare la situazione, per quanto intrigante possa essere." Esclamò lei.
"Serpeverde? Sul serio? Non penso di meritarmelo." Sbuffò il ragazzo.
"O forse a Serpeverde, ragazzi miei, voi troverete gli amici migliori, quei tipi astuti e affatto babbei che qui raggiungono fini e onori." Recitò Anna mnemonicamente.
"I tuoi complimenti sono strani, Anna Shirley Cuthbert." Costatò Gilbert.
"Sono cresciuto in mezzo si libri, facendomi amici invisibili tra le pagine polverose, di cui ho ancora l'odore sulle mani." Si giustificò lei con un'altra citazione.
"Sai che non lo so...illuminami." Sbuffò lui, sbilanciandosi verso di lei e appoggiandosi con i gomiti sul tavolo.
"L'ombra del vento, di Carlos Ruiz Zafron." Gli sorrise beffarda.
"Che posso dire? Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte...Edgard Allan Poe." Ricambiò lui.
Allora anche lei si sporse sul tavolo, imitandolo e sfidandolo.
"La mia biblioteca era grande come un Ducato. La tempesta, di Shakespeare." Disse lei.
"Oggi non è che un giorno qualunque di tutti i giorni che verranno." Iniziò Gilbert, interrotto però dalla voce di Anna, che proseguì sussurrando: "ma quello che accadrà in tutti gli altri giorni che verranno può dipendere da quello che farai oggi."
"Ernest Hemingway, per chi suona la campana." Concluse lui.
"Vorrei poter dire che le miglia alle mie spalle mi abbiano portata a qualcosa, ma dovrei fare un'ultimo passo perverso per non avere più freddo." Disse Anna.
"Autore?" Chiese il ricciolo, perso negli occhi azzurri che aveva davanti.
"Anna Shirley Cuthbert...questa era un un'inedito." Rispose lei.
"Tu mi fai credere in Dio perché solo lui potrebbe creare qualcosa di tanto magnifico e terrificante come l'oceano, il fuoco o te, che li rappresenti entrambi." Ammise il ragazzo, prendendole la mano e incastrandola nella sua.
"Autore?" Esalò Anna a fatica.
"Gilbert Blythe...il giorno in cui ti ho conosciuta." Rispose lui, portandosi le loro mani giunte alle labbra.
Sentirono, di nuovo, l'agitazione, il groppo in gola e le farfalle allo stomaco.
Sentirono di nuovo il sudore freddo, il respiro venire a mancare, il cuore saltare un battito e la paura mischiarsi all' emozione, condite di curiosità.
Gilbert accarezzò il viso di Anna e la fece avvicinare piano...li fece avvicinare piano.
Anna avrebbe voluto ritrarsi, scappare e non guardarlo più in faccia, ma il corpo aveva preso il sopravvento e non avrebbe mai interrotto quel momento.
Le loro labbra si sfiorarono appena, una volta...poi una seconda...una terza e una quarta e una quinta...fino a non stracciarsi e iniziare una danza loro, ostacolata dall'ingombrante tavolo.
Anna si staccò un attimo, riprendendo il contatto visivo, e sussurrando un "aspetta." Accompagnato da un sorrisetto.
Si alzò e fece il giro del tavolino, andando sedersi sulle gambe del ragazzo, che la accolse in una stretta meravigliosa, mentre era stravolto dalla tachicardia.
"Sappi che non ho idea di cosa sto facendo e probabilmente complicherò tutto." Affermò lei, guardandolo attentamente.
"Non mi importa." Disse lui, fiondandosi sulle sue labbra.
"A me si...non voglio incasinare le cose, non con te." Ammise lei, con gli occhi lucidi, quando si fu staccata in malavoglia.
"Se le incasinerai, io le sistemerò. Anzi, faremo di meglio: le incasineremo insieme e le sbroglieremo insieme, come una squadra."le promise lui.
"Se ogni bugia suona così dolce, allora non smettere mai di mentirmi." Sussurrò Anna, prima di un altro lungo bacio.
Gilbert sorrise sulle sue labbra e la strinse a se come non aveva mai potuto fare, felice come non era mai potuto essere.
"Aspetto questo momento da un tempo infinito, Carotina." Ammise lui.
"Io non ho saputo di attenderlo fino a questo momento, Dottor Avocado." Replicò lei, facendolo scoppiare in una risata cristallina.
Anna lo guardò con un sorriso, ma quando lui smise, si rabbuiò.
"Che c'è?" Domandò il ragazzo, accarezzandole il viso.
"Non riesco a stare tranquilla." Rispose lei.
"Ti fidi di me?" Domandò seriamente, pur sfoggiando un sorrisetto in volto.
Anna si fidava di lui? Se le avesse chiesto di buttarsi o di chiudere gli occhi e farsi guidare da lui, non avrebbe esitato, ne avuto paura...ma affidarsi a lui, affidarsi a una qualsiasi persona al mondo, era più controverso.
"A grandi linee, si." Rispose la ragazza.
"Pensi di poter tornare a prima di oggi?" Continuò il ricciolo.
"No." Ammise con un sospiro e il viso corrucciato.
"Ho capito...ti prometto che farò di tutto perché tra noi due vada bene e tu non ne resti scottata, te lo giuro. Tu non sei solo una cotta o un'avventura adolescenziale, ok? Ti amo Anna." Cercò di rassicurarla lui, stringendola e usando tutto il coraggio che aveva in corpo per essere sincero.
"Anche io...pur avendo paura...ti amo e sono sicura che i miei timori si dissolveranno...prima o poi." Disse Anna, stringendo la presa sul suo braccio.
"Andrà tutto bene." Le sorrise Gilbert incoraggiante, baciandola ancora.
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