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Capitolo 34: Chiamami K


La luce del mattino filtrava gentile attraverso le tende dell'ospedale, creando motivi danzanti sul pavimento lucido della stanza 304. Yukari era seduta sul letto, le gambe incrociate sotto il lenzuolo bianco, il telefono tra le mani. La flebo era stata rimossa, ma il livido sul dorso della mano rimaneva come un ricordo violaceo della notte precedente. Dal letto accanto, i lamenti intermittenti di Goshiki spezzavano il silenzio.

«Senpai... non mangerò mai più così tanti onigiri...»

«Lo hai detto anche dieci minuti fa,» rispose Yukari distrattamente, gli occhi fissi sullo schermo del telefono.

[Messaggio anonimo - 09:47]
"Non sei la prima. Chiamami K. Anche io... anche io sono stata una sua vittima. Ma c'è di più. Quello che è successo a te... è solo la punta dell'iceberg. Lui mi ha... mi ha violentata. Ho denunciato, avevo prove, ma i suoi sponsor... i suoi avvocati... hanno insabbiato tutto. Mi hanno fatto passare per una bugiarda. Una che cercava attenzione. Ho dovuto cambiare scuola."

Yukari rilesse il messaggio per la quinta volta. Ogni parola sembrava pesare come piombo nel suo stomaco.

«Senpai?» la voce di Goshiki era più seria ora. «Stai bene? Sei pallida.»

Prima che potesse rispondere, la porta si aprì. Shirabu entrò, ancora in uniforme sportiva, i capelli leggermente umidi dalla doccia post-allenamento. Il suo labbro spaccato stava iniziando a guarire.

«Ehi,» disse, avvicinandosi al letto di Yukari.

«Ehi,» rispose lei automaticamente, ancora fissando il telefono.

«Capitano!» gemette Goshiki. «Diglielo anche tu che dovrebbero darmi più ghiaccio per lo stomaco!»

«Se non avessi mangiato come un...»

«Kenjiro,» lo interruppe Yukari, la voce tremante. «Leggi.»
Gli porse il telefono.

Lo guardò leggere, vide la sua mascella serrarsi, le nocche - ancora graffiate dalla rissa - diventare bianche mentre stringeva il dispositivo.

«Quel bastardo...» sibilò.

«Non è tutto,» Yukari scrollò il messaggio. «Ce ne sono altri. Altre ragazze. Non tutte... non a tutte è successo quello che è successo a K., ma...»

«Dobbiamo denunciarlo,» disse Shirabu, secco.

«Non hai letto? Hanno soldi, avvocati...»

«E allora cosa? Lasceremo che la faccia franca? Che lo faccia di nuovo?»

«Non ho detto questo!» scattò lei. «Ma dobbiamo essere più intelligenti di loro. Non possiamo...»

«Ah, quindi ora hai un piano?»

«Magari se mi lasciassi finire una frase...!»

«Se tu avessi un'idea sensata...!»

«Oh mio,» una voce divertita li interruppe.

Sulla porta, Shirabu Sayuri sorrideva. «È raro vedere qualcuno tenere testa a mio figlio così bene.»

«Mamma...»

«Ho portato la colazione,» continuò la dottoressa, posando un sacchetto sulla mensola. «E le analisi mostrano che puoi essere dimessa oggi pomeriggio, Yukari-chan.»

Mentre controllava la cartella clinica, aggiunse casualmente: «Sai, in ospedale impari presto che i problemi più grandi si risolvono meglio quando hai più persone dalla tua parte. I numeri fanno la differenza.»

Yukari si immobilizzò. I numeri. Le squadre. I messaggi di supporto.

«Dottoressa Shirabu,» disse lentamente. «Lei è un genio.»

«Lo so,» sorrise la donna. «E Kenjiro?»

«Mm?»

«A volte la forza non sta nel pugno, ma nel numero di mani che si alzano insieme.»

Yukari afferrò di nuovo il telefono, iniziando a digitare freneticamente.

«Cosa stai...?» iniziò Shirabu.

«Sto creando una chat di gruppo,» rispose lei, gli occhi che brillavano di determinazione. «'Operation Justice'. E ho bisogno del tuo aiuto.»

Dal suo letto, Goshiki gemette di nuovo. «Posso aiutare anche io? Appena riesco a muovermi...»

Per la prima volta da quella mattina, Yukari sorrise. «Sì, Tsutomu. Avremo bisogno di tutti.»

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Il pomeriggio si stava allungando in ombre dorate attraverso la finestra dell'ospedale. Yukari, ora seduta sulla poltrona accanto al letto invece che sdraiata, aveva il telefono appoggiato sulle ginocchia raccolte. Ogni tanto, le sue dita si fermavano sulla tastiera, esitanti, prima di riprendere a scrivere.

Shirabu era seduto sul bordo del letto, così vicino che le loro spalle si sfioravano ogni volta che uno di loro si muoveva. Il suo volto era serio, concentrato sullo schermo che Yukari gli mostrava periodicamente.

[Operation Justice - Nuovo Gruppo]

Membri iniziali: @saitoyukari,
@shirabu.k, @tendo_satori, @oikawa_tooru, @daichi.sawamura, @mai.photo...

«Sicura di voler includere così tante persone dall'inizio?» chiese Shirabu, la preoccupazione evidente nella sua voce bassa.

«I numeri fanno la differenza,» mormorò lei, citando sua madre. Poi, guardandolo: «Hai paura?»

«Non essere stupida,» rispose lui automaticamente, ma il modo in cui la sua spalla premette leggermente contro la sua diceva altro.

Dal letto accanto, Goshiki - che finalmente aveva smesso di lamentarsi - si sporse per guardare.
«Aggiungete anche Hinata! È piccolo, ma fa un sacco di rumore!»

Un debole sorriso increspò le labbra di Yukari mentre digitava il nome.

[Messaggio iniziale - Bozza]

"Quello che è successo sabato notte non è stato un incidente isolato. Non sono stata l'unica. E alcune... alcune hanno subito cose peggiori. Ma hanno paura. Sono state zittite. Noi possiamo essere la loro voce. Non chiedo vendetta. Chiedo giustizia. Chi è con me?"

Le dita di Yukari tremavano leggermente mentre mostrava la bozza a Shirabu.«È... è troppo drammatico?»

«È perfetto,» disse lui, e la sicurezza nella sua voce la fece rilassare impercettibilmente.

Il sole stava tramontando quando premette "invio". Per un momento, il silenzio nella stanza fu totale. Persino Goshiki trattenne il respiro.

Poi....

@tendo_satori: "Conta su di me, Yukari-chan~ 🦇"

@oikawa_tooru: "Oh? Una missione di vendetta? Come potrei rifiutare? ✨"

@daichi.sawamura: "La Karasuno è con te."

I messaggi continuarono ad arrivare, ogni notifica come un piccolo battito di speranza. Yukari sentì gli occhi riempirsi di lacrime.

«Ehi,» la voce di Shirabu era insolitamente gentile. «Va tutto bene?»

«Sì,» sussurrò lei. «È solo che...»

@kuroo_tetsurou: "Tokyo è lontana, ma hai il nostro supporto 😼"

@bokuto.k: "HEY HEY HEY! CI SIAMO ANCHE NOI!"

«Vedi?» disse Shirabu, e questa volta fu lui a sfiorare intenzionalmente la sua spalla. «Non sei sola.»

Yukari annuì, incapace di parlare. Il telefono continuava a vibrare nelle sue mani, ogni nuovo messaggio come una promessa.

«Um,» la voce di Goshiki interruppe il momento. «Posso fare una domanda stupida?»

«Quando mai ne fai di intelligenti?» borbottò Shirabu.

«Come facciamo a far sapere alle altre ragazze che possono fidarsi di noi?»

Il silenzio calò di nuovo nella stanza. Era una domanda sorprendentemente acuta. Yukari guardò il telefono, poi Shirabu, poi di nuovo il telefono.

«Ho un'idea,» disse lentamente. «Ma avremo bisogno dell'aiuto di Mai. E...» esitò. «Kenjiro?»

«Mm?»

«Quanto sei bravo a organizzare riunioni segrete?»

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La luce del tramonto aveva ormai lasciato spazio al blu profondo della sera. La stanza d'ospedale era illuminata solo dalla lampada sul comodino, creando un'atmosfera quasi cospirativa. Yukari aveva spostato il tavolino mobile tra i due letti, trasformandolo in una sorta di quartier generale improvvisato. Sopra, il suo telefono continuava a vibrare con nuove notifiche, ma ora l'attenzione era concentrata sul quaderno che Shirabu aveva estratto dalla sua borsa scolastica.

«Okay,» disse lui, la sua calligrafia precisa che riempiva la pagina. «Riassumiamo.»

«Prima di tutto,» intervenne Yukari, «dobbiamo creare uno spazio sicuro. Un modo per far sapere alle ragazze che non sono sole, senza esporle.»

«Mai può aiutare con questo,» Shirabu annuì. «La sua pagina di fotografia ha già un seguito considerevole.»

«E non solo,» aggiunse Yukari, gli occhi che brillavano nella luce soffusa. «Ricordi quella serie di foto che ha fatto per il giornale scolastico? Quelle in bianco e nero, con le persone di spalle che raccontavano le loro storie?»

«Potremmo fare qualcosa di simile...» mormorò Shirabu, comprendendo. «Testimonianze anonime, ma potenti.»

@mai.photo: "Ho un'idea per la campagna fotografica. Vi mando dei concept. E ho già parlato con il club di giornalismo della Seijoh 📸"

Goshiki, che era rimasto sorprendentemente silenzioso, si sporse dal suo letto.
«Ma come facciamo con gli sponsor? Quelli che hanno zittito K.?»

Shirabu e Yukari si scambiarono uno sguardo. Era il punto critico.
«Per questo abbiamo bisogno delle altre squadre,» disse Yukari lentamente. «Non possono zittire tutti.»

@oikawa_tooru: "Yahoo~ Il padre di Iwa-chan è avvocato, specializzato in casi di abuso. È interessato ad aiutare 👨‍⚖️"

«E poi,» continuò lei, «c'è il festival estivo tra tre settimane.»

Shirabu alzò un sopracciglio. «Il festival?»

«Pensaci,» Yukari si sporse in avanti, eccitata. «Tutte le scuole partecipano. Ci saranno stand, eventi...»

«...e la stampa locale,» completò Shirabu, comprendendo. «È perfetto per...»

«CAPITANO!» l'urlo improvviso di Goshiki li fece sobbalzare entrambi. «Ho avuto un'idea! Possiamo usare la palestra della Shiratorizawa per la riunione! È enorme e...»

«Abbassa la voce, idiota!» sibilò Shirabu, ma i suoi occhi si erano illuminati. «Ma... non è una cattiva idea.»

Yukari aveva già ripreso il telefono.

[Operation Justice]
"Prima riunione: giovedì, ore 19:00, palestra Shiratorizawa. Rappresentanti di ogni squadra. Mai, porta la tua macchina fotografica. PS: Goshiki ha offerto di preparare gli onigiri per tutti."

«EH? IO NON HO...»

«Shh!» Shirabu e Yukari lo zittirono all'unisono.

Le risposte iniziarono ad arrivare immediatamente.

@tendo_satori: "Porterò anche delle parrucche per il travestimento~ 🎭"

@daichi.sawamura: "Confermato per la Karasuno."

@oikawa_tooru: "Iwa-chan porterà i documenti di suo padre ✨"

@kuroo_tetsurou: "Tokyo vi supporta digitalmente 😼 Kenma sta preparando un sito web anonimo per le testimonianze"

Yukari sentì qualcosa stringerle il petto - non paura, questa volta, ma determinazione.

«Kenjiro?»

«Mm?»

«Grazie,» sussurrò. «Per... tutto questo.»

Lui non rispose, ma la sua mano trovò la sua sotto il tavolo, stringendola brevemente.

@mai.photo: "Ho il titolo perfetto per la campagna: 'Non Siamo Sole' 🌟"

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Il giovedì arrivò più velocemente di quanto si aspettassero. Il sole stava iniziando a calare sulla Shiratorizawa, tingendo di arancio le alte finestre della palestra principale. Yukari, finalmente dimessa dall'ospedale, era seduta sugli spalti vuoti, le gambe che dondolavano nel vuoto mentre osservava Shirabu e Tendo spostare gli ultimi materassini. La sua uniforme scolastica era tornata immacolata, ma il livido sulla mano rimaneva come un promemoria - non più violaceo, ma di un giallo sbiadito.

«Yukari-chan~» la voce di Tendo risuonò nella palestra quasi vuota. «Dove mettiamo il proiettore?»

«Vicino al muro est,» rispose lei, consultando gli appunti sul suo telefono. «Mai ha bisogno di uno sfondo neutro per le foto.»

Il suono di passi attirò la sua attenzione verso l'ingresso. Semi Eita, ex setter della Shiratorizawa, entrò con in mano alcune scatole.

«Ho portato i volantini,» annunciò, posandoli su un tavolo. «Li ho fatti stampare nel negozio di mio zio. Nessuna domanda, nessuna traccia.»

Yukari si alzò, scendendo gli spalti per esaminare i volantini. Erano semplici, ma d'impatto: sfondo nero, una singola frase in bianco."Non Sei Sola"

E sotto, in caratteri più piccoli: "La tua storia merita di essere ascoltata."

«Sono perfetti,» mormorò.

@mai.photo: "In arrivo con l'attrezzatura. Ho anche i pass anonimi per l'ingresso

@oikawa_tooru: "Yahoo~ Siamo quasi lì! Iwa-chan ha una cartella MOLTO interessante 📁"

«Tendo-san,» chiamò Yukari. «Hai sistemato le telecamere di sicurezza come...?»

«Già fatto~» canticchiò lui. «Il loop di un normale allenamento andrà avanti per tutta la serata. Nessuno saprà mai che la palestra è stata usata.»

Il suono di altre porte che si aprivano. Goshiki entrò, seguito da un gruppo di manager che portavano vassoi coperti.

«Gli onigiri sono pronti!» annunciò orgoglioso. «E questa volta ne ho mangiati solo tre durante la preparazione!»

«Miracoloso,» mormorò Shirabu, ma un accenno di sorriso gli incurvò le labbra. Yukari controllò di nuovo il telefono. I messaggi continuavano ad arrivare:

@daichi.sawamura: "In partenza con Suga e Asahi. Portiamo le testimonianze raccolte."

@bokuto.k: "HEY HEY HEY! AKAASHI HA PREPARATO UN DOCUMENTO CONDIVISO PER TUTTO!"

@kenma.k: "Il sito è pronto. Password protetta."

«Nervosa?»
Yukari alzò lo sguardo. Shirabu si era avvicinato silenziosamente, gli occhi fissi sui volantini che lei stava ancora stringendo.

«Un po',» ammise. «Tu?»

«No,» rispose lui automaticamente. Poi, più piano: «Forse.»

Si guardarono per un momento. Il sole era quasi completamente tramontato ora, lasciando la palestra in una penombra bluastra.

«Ehi, piccioncini!» chiamò Tendo. «Le luci?»

Shirabu scattò verso l'interruttore, mentre Yukari sentiva le guance scaldarsi. Uno dopo l'altro, i neon si accesero, rivelando una palestra completamente trasformata: materassini disposti in cerchio, un proiettore pronto, tavoli con cibo e bevande, e in un angolo, l'attrezzatura fotografica di Mai già montata con uno sfondo nero.

«È quasi ora,» disse Semi, guardando l'orologio. Yukari annuì, estraendo il telefono un'ultima volta.

[Operation Justice]
"Tutto pronto. Le porte si aprono tra 15 minuti. Ricordate: quello che succede qui, resta qui. Siamo più forti insieme."

Le risposte furono immediate e unanimi:"✊"

Il cielo era ormai completamente buio quando i primi colpi discreti risuonarono sulla porta laterale della palestra. Tendo, che si era autonominato "guardiano della porta", si avvicinò silenziosamente.

«Parola d'ordine?» sussurrò teatralmente.

«Tendo-san, mi hai visto arrivare dalla finestra,» la voce esasperata di Yahaba lo fece sorridere.

«Le regole sono regole!~»

«...Aquila Bianca,» sospirò Yahaba, e la porta si aprì con un click. Il ragazzo della Seijoh entrò, seguito da altri tre ragazzi che portavano cartelle e computer portatili. I suoi occhi si posarono immediatamente su Yukari.«Come stai?» chiese, la sua solita aria sarcastica sostituita da genuina preoccupazione.

«Meglio,» rispose lei. Poi, più piano: «Grazie. Per quella notte... per essere rimasto.»

Yahaba scrollò le spalle, ma il suo viso si addolcì leggermente. «Qualcuno doveva assicurarsi che il tuo ragazzo non facesse altre stupidaggini.»

«Non è il mio...» iniziò Yukari, arrossendo.

Yahaba sorrise, soddisfatto. «Certo, come no.» Poi, più serio: «Ho portato qualcosa che potrebbe interessarvi.»

Estrasse una cartellina dalla sua borsa.

«La squadra femminile della Seijoh... alcune ragazze hanno iniziato a parlare. Dopo aver saputo quello che è successo. Non sono le uniche che...» si interruppe, la mascella tesa. Shirabu prese la cartella, sfogliandola rapidamente. Il suo viso si indurì.

«Bastardo,» sibilò.

«Lo prenderemo,» disse Yahaba, e per una volta, i due setter rivali si guardarono con perfetta comprensione.

Altri colpi alla porta.

«Parola d'ordine?» canticchiò Tendo.

«Satori, apri questa dannata porta prima che Daichi perda la pazienza,» la voce di Sugawara filtrò attraverso il legno.

La palestra iniziò lentamente a riempirsi. Mai era già al suo posto, fotografando discretamente l'arrivo di ogni gruppo. Il suo obiettivo catturava momenti che sarebbero diventati testimonianza: Daichi che consegnava una chiavetta USB a Kenma (collegato via video-chiamata), Iwaizumi che spiegava qualcosa a un gruppo, Oikawa che, per una volta, non aveva il suo solito sorriso affettato, ma un'espressione determinata mentre parlava con Yahaba.

«È... è più grande di quanto pensassimo,» mormorò Yukari, osservando la scena.

«Bene,» rispose Shirabu. «Significa che non potranno più nasconderlo.»

Un ultimo colpo alla porta.«Parola d'ordine?»

«Tendo-san, sono io,» la voce tremante di una ragazza. «K.»

Il silenzio calò nella palestra.

Tendo aprì la porta lentamente. Una figura esile, avvolta in una felpa troppo grande, entrò esitante. Yukari fece un passo avanti.

«Sei al sicuro qui,» disse gentilmente.

K. annuì, abbassando il cappuccio. I suoi occhi erano determinati nonostante la paura evidente.

«Sono pronta,» disse. «Sono pronta a raccontare tutto.»

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