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•Atto X•

[Il parassita e il drago imperatore ]

Il ragazzo camminava a passo lento ma deciso, fino a quando non fu vicino a Mefisto che lo osservava interdetto, si leggeva in quelle sue iridi spente che avrebbe tanto desiderato dire qualcosa, ma lo tenne per se, come era giusto che fosse in quel momento.

Il misterioso individuo che l'aveva chiamata parassita era alto, molto alto, aveva dei capelli castani un po' lunghi, dei taglienti occhi verdi dalla pupilla allungata a forma di mezza luna, le labbra carnose e i denti un po' esposti.

Aveva il busto scoperto, tonico e muscoloso di cui Mefisto riuscì a vedere solo la schiena possente e le spalle larghe solcate da una sorta di tatuaggio marrone scuro che ritraeva un grosso drago attorcigliato attorno a tutto il suo torso nudo.

La figura era fiera, imponente e trasudava potenza, così come maestosità, da ogni suo poro e nonostante non stesse prestando attenzione alla ragazza questa era impallidita, tremando poi si era avvicinata ad una parete quasi alla ricerca di un'uscita che non avrebbe mai trovato.

Bastò che una delle dita di quella grande e calda mano sfiorassero il corpo devastato dall'anima sgretolata del demone perché questo fuarisse quasi come se nessuna ferita gli avesse mai squarciato il petto o distrutto il cuore.

Gli occhi di Mefisto brillano, era quella rara luce di pura vita che scintillava nei suoi occhi solo quando c'era lui al suo fianco e solo quando era più felice del solito e quel momento per lui era il migliore di tutti, Ignifero stava bene e lo aveva salvato.

«Fratello, ora siamo finalmente insieme! » a quelle parole il suo sguardo su fece più duro e finalmente le prestò attenzione «Sta zitta, tu non sei diversa da un parassita e la tua esistenza ne è la prova restituisci quello che non ti appartiene » ringhiò con voce possente e con tono imperativo, lui si che sembrava un imperatore.

Lei sembrò morire a causa di quelle parole gelide come il ghiaccio, pronunciate con crudeltà e senza riguardi per le sue emozioni; era vero che era un  parassita, eppure nonostante questo, non avrebbe lasciato a suo fratello la possibilità di essere felice senza di lei, o almeno credeva di poterlo fare.

Si lanciò in un disperato attacco rivolto al demone che, lentamente e con fatica, era riuscito a rimettersi in piedi, proprio accanto a Ignifero che gli aveva rivolto uno di quei suoi sorrisi bellissimi e pieni di amore che non avrebbe mai confuso con quelli di altri.

Mefisto stava per essere colpito secondi i calcoli della ragazza fuori di senno, almeno questo è quello che credeva, ma come è ovvio fin dell'inizio di questa incredibile storia il demone non era affatto debole e indifeso, era pur sempre il terzo demone più forte fra tutti.

La ragazza non riuscì a capire neppure quello che e le era successo, fu un attimo come il boato di un fulmine, come un battito di ciglia, semplicemente sentì una fitta dolorosa al cuore e poi niente, più nulla.

Mefisto scagliò quel colpo, per lui quasi innocuo,  alla ragazza con tutta la rabbia che ancora risiedeva nei meandri più sperduti del suo animo e le trapassò l'organo vitale senza neppure preoccuparsi di farlo, in fin dei conti avrebbe preferito che soffrire ma no, lui era migliore di quella.

Oh, no.

Niente affatto, Mefisto dopotutto era il secondo in forza, ma, quando perdeva il controllo, quando si arrabbiava davvero allora in ferocia e crudeltà sapeva essere peggio del diavolo stesso e una lampante affermazioni di ciò fu vedere l'anima di lei che scivolava via dal corpo morto mentre bruciava già a causa delle fiamme della sua ira.

La ragazza urlava a squarciagola, pareva che i suoi polmoni non trovassero pace nel tentare di catturare un briciolo d'ossigeno, così la sua gola e le sue labbra che parevano impossibilitate nel chiudersi a causa di quel dolore che la stava piani piano consumando, letteralmente.

La piccola ferita procurata dal demone bruciava su quel petto formoso espandendosi, bruciava  obiettivi fiamme nere come la disperazione che per colpa di quella donna aveva dovuto provare e rosse come la rabbia viva e bollente che voleva spingerlo a strangolarla con le sue stesse mani, ma nulla sarebbe per lei stato doloroso come sentire ogni parte di se venire divorata da quel fuoco.

Ad un tratto le fiamme si spensero, di quella persona frivola e sciocca erano rimasti solo il corpo vuoto e le ceneri spirituali di un'anima che non sarebbe mai dovuta esistere, ma dietro si era lasciata dietro qualcosa che non avrebbe mai abbandonato il demone.

Mefisto infatti aveva conosciuto per la prima volta la paura terribile di perdere la persona a cui teneva, la persona che lo aveva salvato da gelo che lo aveva sempre accompagnato e aveva portato luce e colori nel tetro mondo che lo aveva sempre ospitato.

Aveva conosciuto quel terribile dolore che il suo cuore non avrebbe retto, che non aveva retto, aveva capito che non valeva più vivere per lui se al suo fianco non c'era Ignifero e finalmente poteva dire di aver capito il vero valore nella sua esistenza.

Quando tutto giunse al termine si gettò fra le braccia del ragazzo, o meglio dire drago, lasciandosi consolare dalle sue braccia muscolose e forti, dal suo peculiare odore tanto forte e provocante e dal suo tocco gentile che era sempre stato capace di calmare il suo animo.

«Mi dispiace di averti fatto preoccupare, se poi ti ho fatto piangere sono proprio un pessimo ragazzo » disse piano mentre con il pollice accarezzava la guancia bagnata del demone, perché si, finalmente piangeva fuori quello che aveva trattenuto allora, quel velo che gli aveva ricoperto le iridi per un po'.

«Già, sei stato proprio terribile » gli diede ragione sentendosi stringere, sentendo di essere tanto prezioso per lui come Ignifero lo era per se, sentì la piacevolezza di quel abbraccio gentile e pieno di amore che aveva temuto di non percepire più.

Era vero che il ragazzo non era rimasto un cadavere per molto tempo, eppure il dolore che aveva provato era dilaniante, quasi avesse vissuta una vita intera senza di lui, in un certo senso era così, prima di incontrarlo si chiese come avesse fatto.

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