•Atto V•
[Gelosia incatenate]
Un giorno i due protagonisti erano entrati a scuola e, quasi fosse accaduto un miracolo, tutti furono gentili con il moro anzi, pareva quasi che lo adorassero e questo lo infastidì.
Lui era un tipo molto riservato, preferiva rimanere per i fatti suoi lontano dalla confusione della folla e soprattutto lontano dagli sguardi indiscreti perché odiava nel vero senso della parola finire al centro di attenzioni soprattutto se positive.
Il suo umore di conseguenza era stato terribile per tutto il giorno, i suoi occhi erano stati cupi e infastiditi per tutta la giornata e non aveva fatto altro che sbuffare e roteare gli occhi al cielo spazientito.
Il suo umore era peggiorato notando che Mefisto era improvvisamente sparito durante la pausa pranzo, qualche minuto prima stava camminando al suo fianco e gli stava parlando di cosa potesse essere improvvisamente accaduto e poi pareva sparito.
Ignifero era seduto in corridoio su una sedia che aveva trovato lì, aveva le braccia conserte appoggiate al petto, la sua espressione era tanto minacciosa che il professore di quell'ora, quella subito dopo la pausa pranzo, si era fermato prima di girare l'angolo spaventato.
Gli occhi vedi sembravano quasi neri, le labbra erano pressate insieme e le ciocche nere che scivolavano morbide attorno al suo volto rendevano il suo volto ancora più spaventoso di quanto non avrebbe fatto da solo, era arrabbiato e infastiditi e si vedeva chiaramente.
Odiava essere al centro dell'attenzione ed era proprio per questo che si era seduto fuori dal corridoio; voleva aspettare Mefisto per poi trascinarlo fuori dall'edificio scolastico e farsi spiegare bene come mai l'idea collettiva era improvvisamente cambiata da odio puro a inspiegabile adorazione.
Venne risvegliato dai suoi pensieri, per la maggiore insulti rivolti al demone per averlo obbligato ad attendere ancora nell'edificio dato che voleva delle risposte, dal rumore netto dello schioccare dei tacchi sul pavimento.
Una ragazza con i capelli arruffati, il trucco sciolto e rovinato, l'uniforme sgualcita e male indossata testimoniavano che in quel tempo in cui c'era stata la pausa aveva fatto qualcosa di diverso dal riposarsi, anzi, sembrava che si fosse divertita molto.
Aveva intenzione di ignorarla, dopotutto a lui non interessava nulla delle altre persone poiché le trovava tutte monotone e ridicole ma qualcosa gli impedì di farlo, un forte odore mascolino che lui non avrebbe frainteso con quello di nessun altro era addosso a quella ragazza.
Mentre questa passava lentamente fiera di essere bella e popolare fra i ragazzi sentì un ringhio come di una bestia selvaggia che attirò la sua attenzione, fu allora che notò il ragazzo e vide il suo sguardo quasi completamente nero che gridava pericolo.
La ragazza ebbe talmente tanta paura che cominciò a correre lungo il corridoio superando il professore senza neppure salutarlo, inciampò qualche volta ma si rialzò velocemente senza guardarsi indietro e, terrorizzata, prese il suo posto nella sua classe, lontana da quella del ragazzo.
Poco dopo Ignifero vide Mefisto camminare lentamente lungo il corridoio, teneva il viso basso e gli occhi ambra puntati al suolo mentre sbuffava teso e bisbigliva qualcosa di incomprensibile fra se e se senza aver notato quell'istinto omicida provenire dal moro.
Poi però, quando stava per entrare in classe si accorse di una sensazione opprimente che quasi gli impediva di respirare, si accorse di una tensione pericolosa che sarebbe potuta presto esplodere e quando guardò negli occhi il suo contraente gli parve che un serpente gli fosse strisciano alle spalle senza che se ne accorgesse e, quando l'aveva avuto in pugno, si era trasformato in un feroce leone pronto ad azzannargli il collo e strappargli la vita.
Ignifero non disse nulla, semplicemente si lamentò come un animale non dotato del dono della parola, lo prese per il polso e lo trascinò via senza badare al professore anziano e tremante dietro l'angolo che aspettava solamente che quel pericolo ambulante sparisse.
Il demone era confuso, stava per chiedergli il motivo della sua collera e della sua fretta ma le parole non riuscivano a scivolare fuori dalla sua bocca e probabilmente lo sapeva perché, sapeva che era per quello che aveva fatto che non riusciva a parlargli o a guardarlo diritto in faccia.
Si morse il labbro ferendosi, si sentiva tremendamente in colpa ed era la prima volta in tutta la sua esistenza che gli accadeva, essere innamorato di qualcuno sembra essere una cosa devastante più che piacevole ed estasiante come la definivano molti uomini.
Aveva provato ad avere un rapporto sessuale con quella ragazza ma non era riuscito, neppure per un singolo istante, a non pensare che davanti a lui non ci fosse nessun altro che Ignifero e si sentiva male, tremendamente male tanto che non riusciva a spiegarselo.
Odiava tutto quello, odiava sentire il cuore battere veloce nel suo petto, gli occhi bruciargli e non riusciva a non farlo, a non sentirsi colpevole o orribile e odiava sentirsi in quel modo, odiava essere così simile agli umani.
Loro soffrivano molto durante le loro vite, loro sbagliavano molto, loro avevano rimpianti, loro si sentivano colpevoli, loro si sentivano distrutti, loro si sentivano orribili, loro tenevano di errare e di essere odiati e lui stava sentendo tutto quello e ne era sconvolto.
Come era stato possibile che fosse passato da essere una delle creature più insensibili e glaciali esistenti, una delle più spietate forme di vita e delle più sanguinarie ad essere finito con il cadere nella trappola più stupida e sciocca da cui quelli come lui, i demoni, tendevano a tenersi lontano o deridere?
Come era possibile che quel ragazzo avesse una tale importanza per lui, come era possibile che non riuscisse a dimenticare tutto e a soffocare il suo cuore come aveva sempre fatto?
Le sue domande vennero interrotte quando Ignifero si fermò, lo fece solo quando furono ben lontani dalla scuola e da qualsiasi passante indiscreto pronto a farsi gli affari degli altri senza troppi scrupoli e fu allora che lo guardò negli occhi con rabbia ma allo stesso tempo quella sua furia non era altro che dolore, dolore sconosciuto forse ad entrambi.
«Che cosa devo fare con questo, non ho la più pallida idea di come funzioni... » chiese con voce stanca e rammaricata indicando il suo petto con le iridi di quel verde brillante non più oppresso dalla rabbia ma lucide di sentimenti che non avrebbe mai compreso da solo.
Tutta quella rabbia implacabile che non riusciva a fermare verso quella ragazza pareva divorarlo e pregarlo di sfogarsi, non fu difficile leggere nei suoi occhi quel forte desiderio di fare del male a qualcuno.
«Sei arrabbiato? » chiese confuso il demone e forse un po' divertito nel notare quel disagio e quel l'insicurezza provenire da quel ragazzo solitamente freddo «Lo sono e non riesco a spiegarlo » disse l'altro con quello sguardo strano che il demone non sapeva come interpretare poiché era vitale ma allo stesso tempo non lo era.
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