Mors et vita
Capitolo 13
"Mors et vita"
La prima settimana di Dicembre non ci mise molto ad arrivare, portando con se la solita aria natalizia, che rende questo periodo dell'anno uno dei più belli in assoluto.
Tuttavia già dagli ultimi giorni di Novembre, per i lunghi corridoi di Hogwarts si potevano osservare le magiche decorazioni che ornavano le pareti spesse e umide del Castello, accompagnate dall'odore acre di abete fresco.
Quell'anno Hagrid si era impegnato ancora di più rispetto a quegli precedenti, e con l'aiuto di Silente aveva decorato i famosi alberi di Natale che riempivano la Sala Grande con delle piccole palline magiche, in cui venivano raffigurate esperienza o avvenimenti che avevano contribuito a rendere gli anni passati i più belli e i più brutti per ciascuno studente di Hogwarts.
L'idea non era passata inosservata, e molti ragazzi si fermavano ad osservare l'interno delle piccole palline, rivivendo con tristezza momenti che avevano preferito dimenticare, e con gioia momenti che avevano contribuito - e contribuivano - a rendere il loro soggiorno ad Hogwarts nel miglior modo possibile.
Nonostante il piccolo aumento di temperatura che c'era stato qualche settimana prima, in quegli ultimi giorni la situazione stava tornando come alla fine del mese di Ottobre, e il freddo - da ottimo amico qual'era - si faceva sentire ancora di più.
Il cielo era costantemente cupo. E minacciava neve, molta di più di quella che era caduta nelle notti scorse.
Le montagne che facevano da corona alle mura spesse del Castello
erano imbiancate, e ricordavano tanto grosse fette di torta al cioccolato ricoperte di zucchero a velo.
Il lago nero era coperto da una spessa lastra di ghiaccio, ai cui bordi si addensavano piccoli grumi di neve.
I rami spogli del famoso Platano Picchiatore - il quale copriva l'ingresso del passaggio segreto che portava alla Stamberga Strillante, e contro il quale Harry Potter e Ronald Weasley si schiantarono con la Ford Anglia volante del padre di quest'ultimo - si tendevano al cielo avvolti da fiocchi di neve e rivestiti da piccoli diamantini di ghiaccio.
Era Giovedì 4, del dodicesimo e ultimo mese dell'anno quando la bellissima ibrida Ada attraversò furiosa, e fregandosene del fatto che qualche studente avrebbe potuto vederla - anche se fortunatamente non successe - l'infinito corridoio del secondo piano, raggiungendo l'ufficio del preside.
Quando Silente la vide, non si meravigliò di trovarla in quello stato. Al contrario, dentro di sé sorrise compiaciuto, poiché sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato.
«Sono stanca!»urlò Ada, camminando freneticamente per l'ufficio.
«Anche io lo sono, mia cara» cercò di sdrammatizzare la situazione il vecchio mago, senza successo, guadagnandosi in risposta soltanto un'occhiataccia.
«Sono stanca di tutto questo!-continuò quella-sono stanca di essere quel che sono... Un mostro»sussurrò, con voce debole.
A quelle parole Silente si alzò, raggiungendola. Poggiò le proprie mani sulle sue spalle, e la fissò da sopra gli occhiali a mezzaluna.
«Non dirlo mai più-mormorò con tono duro-tu non sei un mostro, Ada... I veri mostri sono là fuori»continuò, puntando gli occhi fuori dalle enormi vetrate che ornavano le pareti dell'ufficio.
Per qualche secondo regnò il silenzio.
Un silenzio carico di tensione, rancore, odio verso se stessi.
«Mi nutro di sangue, Albus...-sospirò-mi nutro di sangue di animali innocenti, degli stessi animali di cui un tempo si nutriva Voldemort, e di cui ora mi nutro io-fece una pausa-Sono stata creata. Sono stata creata da streghe che si concedevano al diavolo. Non sono stata concepita con amore, io. Sono stata creata per il semplice scopo che nessun'altra strega venisse uccisa in futuro. E io mi sento un mostro, Albus, perché questa non è la vita che avrei voluto avere... Se mai ne avrei voluto avere una. Non mi posso osservare allo specchio, perché un pezzo di vetro non può riflettere l'immagine di una persona morta. Ed io è questo che sono. Sono morta e sono risorta dagli inferi più bui»concluse.
Ci fu un lungo silenzio, rotto solo dai respiri pesanti della donna, fino a quando Silente non richiuse gli occhi, per riaprirli qualche secondo più tardi.
«Dove sei stata per tutto questo tempo, Ada?» chiese quest'ultimo, con uno strano tono di voce.
L'ibrida non ci mise molto a rispondere: «Te l'ho appena detto, Albus, sono stata all'inferno».
Il suo tono era freddo. Gelido come il ghiaccio.
Negli occhi del vecchio mago passò un bagliore di compassione.
Lui sapeva cosa volevano dire quelle parole. Cosa voleva dire essere stati all'inferno.
«É stato lui, vero?»domandò pensieroso.
La bellissima donna non rispose. O meglio, la sua risposta fu il silenzio.
Era stato lui, già. Era stato lui che l'aveva imprigionata in una gabbia senza via d'uscita, mentre le fiamme ardenti degli inferi più profondi squarciavano le sue carni, bruciando non solo la sua pelle, ma anche le sue ossa.
Aveva urlato. Aveva urlato fino a far diventare le sue corde vocali il nulla.
Ma a niente erano valse le sue grida.
E mentre lei diventava cenere, lui rideva, osservandola con odio e lussuria peccaminosa.
Le aveva tolto persino la capacità di piangere.
Alla fine... Alla fine a cosa serviva far rigare le proprie guance di disperazione, quando il dolore invece di diminuire, aumentava?
«Tu sei forte, Ada. Non conosco nessuno che sia sopravvissuto a quel posto... tanto orrendo, quanto brutale. Tu invece ti sei salvata. Come hai fatto, mia cara? Come hai fatto a salvare la tua vita?».
«Sette anni, Albus. Per Sette anni sono stata prigioniera di lui. Rinchiusa in un luogo che preferisco dimenticare. E io ero il nulla, in confronto a tutto il resto. Il nulla più assoluto... Tu mi chiedi come ho fatto ad uscirne viva, come ho fatto a liberarmi dalle sbarre che mi circondavano, e io ti rispondo che l'ho combattuto, e pensavo anche di averlo sconfitto. Ma mi sbagliavo, perché il male non si sconfiggerà mai del tutto. Ci sarà sempre quella piccola briciola di malignità pronta a distruggerti».
«Il male può essere sconfitto Ada, bisogna solo volerlo»sussurrò l'ex Grifondoro.
«E se io non lo volessi?-rispose retorica l'ibrida-se io non volessi sconfiggerlo? Cosa succederebbe in quel caso?».
«Il fini mondo, mia cara, questo succederebbe. Il Ministero si scaglierà contro di te e tu...»iniziò a dire il preside, ma venne interrotto.
«Il Ministero mi considera morta, e se solo volessi potrei annientarli tutti con un dito. Loro non sono niente in confronto a me».
«Ma tu non lo vuoi Ada, e non farai niente che potrà mettere in pericolo la tua vita. Sappiamo entrambi che il problema più grosso non sono loro, e al momento abbiamo cose più importanti di cui parlare.»concluse il vecchio mago, per poi riprendere qualche secondo più tardi.
«Il Magicae Sigillum-sospirò-bisogna trovarlo e distruggerlo».
***
Hermione Jane Granger aprì gli occhi, infastidita dalla lieve luce del Sole che filtrava dalla finestra, e che timida si faceva spazio tra le grigie nuvole che ornavano il cielo.
Si stiracchiò le ossa indolenzite, intanto che la sua bocca si apriva in un piccolo sbadiglio.
Per un attimo immaginò di trovarsi avvolta da due forti braccia, mentre il suo esile corpo veniva deliziato da tenere e morbide carezze.
Era questo, infondo, quello che era successo qualche mattina prima, quando si era svegliata accanto a Draco Lucius Malfoy.
«Sono stanca-aveva detto quel giorno-stanca di tutto questo, delle continue guerre, delle lotte, del bene, del male... Vorrei solo vivere una giornata normale, prendere una burrobirra e fare un giro per le vie di Hogsmead in tranquillità, senza la continua paura che da un momento all'altro possa succedere qualcosa».
L'aveva osservato mentre veloce finiva la sua sigaretta, e poi, lasciandosi trasportare dalla quiete tranquilla che dopo tanto si poteva respirare, almeno per qualche secondo.
Lasciandosi trasportare dal suo respiro pesante, e dai battiti del suo cuore, si era addormentata poggiando la testa sulla sua spalla.
Quando si era svegliata lui era ancora lì, ad osservarla, intanto che giocherellava con i suoi ricci.
Si erano fissati per qualche secondo, immobili. Occhi negli occhi.
E poi lei si era alzata, e scusandosi in modo frenetico si era allontanata, lasciandolo da solo sulla Torre di Astronomia, mentre pensieroso si accendeva l'ennesima sigaretta della giornata.
Scosse la testa per allontanare i pensieri mentre si alzava dal letto e si dirigeva verso il bagno.
L'acqua calda della doccia la fece rilassare, intanto che il profumo di vaniglia misto a lavanda si diffondeva nella piccola stanza.
Quella mattina ci sarebbe stata lezione contro le arti oscure insieme al professor Browning e Piton.
Era la prima volta che i due uomini svolgevano la lezione insieme, e la giovane Grifondoro era curiosa di sapere come sarebbe andata a finire.
Quando scese nella Sala Comune trovò Harry seduto sulla solita poltrona amaranto, vicino l'enorme camino di marmo.
«Buongiorno»lo salutò forzando un sorriso, avvicinandosi per lasciarli un timido e piccolo bacio sulla guancia.
Lui alzò gli occhi dal pavimento, rivestito dal morbido tappeto rosso vermiglio e oro, per poi spostarlo sulle pareti tappezzate di drappi e arazzi dei colori della Casa.
Infine puntò lo sguardo sul corpo gracile della ragazza, ricambiando il bacio.
Era un gesto affettuoso che avevamo iniziato a scambiarsi subito dopo la guerra.
Inizialmente era successo per caso...
"La morte è l'ultimo nemico che sarà sconfitto".
Stava leggendo Hermione sulla Gazzetta del Profeta, intanto che si arrotolava una ciocca di capelli intorno alle dita.
È così che risponde il giovane eroe Harry Potter - o meglio conosciuto come il bambino che diciassette anni fa è sopravvissuto - al nostro inviato.
Sono passati tre giorni dalla morte di voi-sapete-chi, e ci sembra ancora così strano pronunciare il suo nome.
Il 2 Maggio 1998 il mondo magico e quello dei babbani è stato salvato dalla distruzione, e per questo dobbiamo ringraziare quello che ormai, insieme ai suoi amici, è divenuto un icona per il nostro mondo.
Harry Potter ha ucciso Voldemort.
E secondo quello che molte fonti certe attestano, l'ha ucciso attraverso un semplice expelliarmus, che ha fatto rimbalzare il suo stesso incantesimo.
C'è sempre qualcosa di ridicolo nella morte di un cattivo, voi-sapete-chi si riteneva invincibile, invece è caduto a terra esanime per un incantesimo tanto facile e allo stesso tempo tanto complicato che può definirsi un assurdo "incidente di percorso''.
Per quanto riguarda il mondo dei babbani, è stato facile mettere a tacere le loro assurde domande, e le loro ipotesi "sull'esistenza di creature extraterrestri che hanno fatto tremare la terra...".
Intanto, dopo mesi passati nel terrore, possiamo finalmente tornare a respirare normalmente, senza l'ansia continua di essere un bersaglio facile per colui che non deve essere nominato.
«.. Un incantesimo tanto facile e allo stesso tempo tanto complicato che può definirsi un assurdo incidente di percorso...» rilesse ad alta voce Hermione facendo rimbombare la sua voce tra le pareti fragili de La Tana.
Infatti la cara e vecchia casa Weasley, dopo essere stata attaccata dai Mangiamorte durante il matrimonio di Bill Weasley e Fleur Delacour, e dopo la sconfitta del mago oscuro più potente di tutti i tempi, era stata ricostruita - proprio come il Castello di Hogwarts - grazie all'aiuto della magia.
Erano già passati tre giorni dalla fine della seconda guerra magica, quella decisiva, quella che aveva visto il bene trionfare sul male, e già il giorno dopo i giornali più famosi del mondo magico avevano iniziato a diffondere notizie tanto vere quanto false sulla morte di Voldemort.
Era ormai da tre giorni che Hermione Jane Granger cercava notizie sui suoi genitori, la voglia di rivederli era tanta, e la voglia di riabbracciarli era talmente forte da farle provare un profondo vuoto alla bocca dello stomaco, ma intanto, mentre le ricerche proseguivano, si era imbattuta su un articolo di giornale che le aveva fatto provare rabbia e odio verso se stessa, e verso tutte le menzogne che infestavano non solo quello che in breve era diventato il suo mondo, ma anche quello che da sempre era stato il suo mondo, quello dei babbani.
Quella mattina, appena sveglia aveva afferrato la Gazzetta del profeta che si trovava sul piccolo tavolo di legno nell'altrettanto piccola cucina, e aveva iniziato a sfogliare le pagine finché non aveva trovato quello che realmente le interessava.
«Harry Potter ha ucciso Voldemort-ripeté ancora-e secondo quello che molte fonti certe attestano, l'ha ucciso attraverso un semplice expelliarmus, che ha fatto rimbalzare il suo stesso incantesimo.»
Intanto, mentre lei continuava a leggere l'articolo, la giovane Grifondoro era stata raggiunta dal bambino sopravvissuto, che la osservava curioso.
«Tutto bene, Herm?» aveva chiesto, preoccupato per la sua migliore amica.
«Alla grande!»aveva enfatizzato lei in risposta, con un tono a dir poco glaciale.
«Sicura?»aveva continuato a chiedere Harry Potter.
Per alcuni minuti nessuno dei due aveva parlato, fin quando la Granger non gli aveva passato il piccolo malloppo di carta che teneva tra le mani.
Intanto dal piano superiore si iniziavano a sentire dei rumori, segno che qualcun'altro si era appena svegliato.
«Guarda cosa hanno scritto!? Ti hanno sminuito, Harry!» alzò la voce, furiosa.
Il giovane Grifondoro aveva letto con attenzione il piccolo articolo, non sorpreso da ciò che c'era scritto. Infondo era vero, aveva messo fine alla vita di Tom Riddle con un semplice incantesimo, un' expelliarmus.
«Ma è vero, Hermione-aveva quindi sussurrato-ho uccisso Voldemort facendo rimbalzare contro di lui la sua stessa maledizione».
«Si ma...» tentò di dire la ragazza, non trovando le parole adatte.
«Voldemort si ucciso da solo, Herm. É morto per un suo stesso incantesimo. Mi aveva già lanciato un' Avada Kedavra nella foresta, distruggendo involontariamente un Horcrux. Voldemort è morto per mano sua, io sono soltanto stato quello che ha respinto l'incantesimo contro di lui» aveva concluso, lasciando - per la prima volta- un piccolo bacio sulla guancia candita della giovane strega, che per qualche secondo era rimasta sorpresa, per poi riprendersi e ricambiare il gesto.
Era stata una azione involontaria, una di quelle che si fanno senza uno scopo preciso, e da quello stesso giorno era diventata ripetitiva...
«Buongiorno»disse Harry, alzandosi dalla comoda poltrona, e iniziando a camminare sue e giù lungo la stanza.
Tra i due si poteva avvertire tensione e ansia.
Dietro i finti sorrisi che ornavano i loro volti si nascondeva vendetta, voglia di scoprire, di combattere di nuovo, ma anche terrore di non potercela fare, paura per tutte le persone che erano morte... E in un angolino del loro cuore c'era il bisogno incessante di vivere finalmente le loro vite in modo tranquillo, sereno, come un qualsiasi adolescente della loro età dovrebbe fare.
«Harry...-mormorò la giovane strega avvicinandosi all'amico-qualche settimana fa mi avevi promesso che mi avresti raccontato quello che ti sta succedendo, del perché Silente ti vuole sempre nel suo ufficio, però non lo hai ancora fatto...»concluse, lasciando la frase in sospeso.
Il Grifondoro non rispose, ma continuò a spostare lo sguardo da una parte all'altra della stanza, facendo attenzione a non incrociare mai gli occhi della ragazza, la quale curiosa aspettava una risposta.
Non era pronto, si disse mentalmente. Dopo anni passati a combattere non era pronto ad affrontare un nuovo scontro. Non poteva, e non voleva parlarne con nessuno.
Ci sono alcuni dolori che vanno vissuti in silenzio, da soli con se stessi, e questo era quello che voleva fare lui. Pensare, ricordare, rivivere e immaginare momenti con i suoi genitori che non avrebbe mai più potuto trascorrere.
«Mi preoccupo per te, Harry...-aggiunse Hermione, vedendo lo sguardo perso del suo migliore amico-so cosa ti è successo, del sogno...»disse, lasciando la frase in sospeso.
Il giovane mago alzò lo sguardo e puntò i suoi occhi in quelli della ragazza.
«Ho bisogno di tempo-sussurrò-il sogno è stato qualcosa di... Il sogno è stato così reale, e io non sono pronto a riaffrontare di nuovo tutto. Non sei stupida Herm, so che hai capito che sta succedendo qualcosa, di nuovo. Chi non l'ha capito?-chiese retorico, alzando le braccia al cielo in un gesto quasi disperato-là fuori-e indicò con lo sguardo le enormi vetrate che abbellivano la Sala Comune-là fuori sta ritornando ad accendersi l'inferno. Ne è la prova vivente Bellatrix. Sembra quasi ridicolo dirlo, morta e risorta-rise beffardo-ma infondo viviamo in un mondo di magia, dove tutte le cose che crediamo non siano reali in realtà lo sono. E io che fino agli undici anni nemmeno sapevo cosa fosse la magia...- scosse il capo, mentre le immagini di suo zio Vernon che lo portava via da Privet Drive, e del mezzo gigante Hagrid che gli consegnava una torta di compleanno per il suo undicesimo anno di vita - forse l'unica che aveva mai ricevuto - si proiettavano nella sua testa come tanti e piccoli flashback-è morto un ragazzo, Hermione. Un bambino che aveva dei sogni, che non ha vissuto niente della vita. E prima di lui sono morte altre persone, e muoiono persone ogni giorno, nel mondo. E io riesco a chiedermi soltanto perché dobbiamo combattere sempre, perché ci imponiamo di vincere, perché vogliamo che il bene annienti il male, quando poi il male trionferà sempre. Magari non colpirà noi in prima persona, ma colpirà persone che conosciamo o sconosciuti, e noi non potremo fare più niente, perché di fronte alla morte siamo il nulla. E io mi rendo sempre più conto di quanto la vita sia una merda, e non ho più voglia di combattere...»concluse.
La voce debole, stanca.
Si era sfogato, aveva dato voce alla maggior parte dei pensieri che gli attanagliavano la mente nell'ultimo periodo, e ora si sentiva meglio - per quanto meglio potesse stare - anche se non avrebbe voluto dire tutte quelle cose.
La giovane Grifondoro guardò come gli occhi verdi del bambino sopravvissuto, lentamente, avevano iniziato a diventare lucidi, e non poté fare altro che avvicinarglisi è legare le sue esili braccia intorno alla sua vite, stringendolo in un abbraccio tanto delicato quanto forte.
E mentre il silenzio gli circondava, quel semplice gesto sembrava esprimere più di mille parole.
Rimasero in quella posizione per minuti che sembravano ore, fin quando un leggero colpo di tosse non gli spinse ad allontanarsi imbarazzati.
«Ragazzi.. Scusate-mormorò Neville, che nonostante negli anni fosse cambiato parecchio,la sua timidezza era sempre lì, pronta a farli compagnia nei momenti bui-il professor Browning ha detto di raggiungerlo in Sala duelli» avvertì, prima di scomparire dietro il quadro della Signora Grassa, e anche i due amici - dopo essersi scambiati una breve occhiata - lo seguirono, mentre l'ombra di quelle parole ricche di rancore e paura, alleggiava ancora tra di loro.
Quando Grifondoro e Serpeverde entrarono nella grande sala di pietra non poterono fare a meno di rabbrividire, stringendosi le braccia intorno al petto.
Il professor Matthews Browning era al centro del palco - dove anni prima Draco Lucius Malfoy e Harry James Potter si erano sfidati - accanto a lui, oltre alla lavagna scura che sembrava fluttuare nell'aria, c'era - con la sua solita espressione vuota e senza sentimenti, incorniciata dai capelli neri lunghi e sempre unti e la carnagione pallida, Severus Piton, il quale lo guardava con ostilità.
In realtà, come si era scoperto nel corso della seconda guerra magica, il tanto temuto Professor Piton possedeva senz'altro un animo coraggioso, nobile e leale accompagnato da un pizzico di furbizia e astuzia che lo rendevano oltre che un mago eccezionale, anche un uomo vero che si distingueva dalla mentalità comune.
«Ragazzi, buongiorno!»sorrise entusiasta l'Auror, ricevendo in risposta una serie di versi civettuoli dalla maggior parte delle ragazze.
Le quali, da quando l'ex- Serpeverde aveva iniziato a trascorrere le sue giornate all'interno del Castello, avevano assunto un comportamento malizioso, atteggiandosi - quando lo incrociavano per i corridoi poco illuminati e freddi - in pose provocanti e salutandolo con una voce odiosamente smielata.
«Oggi-proseguì quello, non facendo caso alle occhiate sognanti che sembravano colpirlo come fulmini ardenti-insieme al professor Piton, vorremmo...».
«Vuoi, Browning, vuoi»sottolineò il cosiddetto "principe mezzosangue", interrompendolo.
L'Auror sospirò sarcastico prima di proseguire:«Vorrei-calcò la parola con la voce-farvi vedere qualcosa che non avete mai visto, forse nemmeno sentito nominare»
«Come penso che voi sappiate-iniziò a dire, sollevando la bacchetta che teneva stretta tra le dita, e muovendola leggermente per far apparire lentamente delle scritte sulla lavagna scura che si trovava alla sua destra- gli animali magici vengono classificati in base al loro grado di pericolosità».
«Ci tengo a precisare, professor... Browning che è l'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche a classificarle»sputò Piton.
«Con calma Severus, ci stavo arrivando»disse in risposta quello, scatenando una reazione di ilarità da parte degli studenti, i quali si ammutolirono dopo essere stati fulminati con lo sguardo da Piton.
«Allora, come stavo dicendo, gli animali, o meglio le creature magiche, vengono classificate attraverso il loro livello di pericolosità. Ora, vi pregherei di osservare la lavagna».
Gli occhi degli studenti di entrambe le case, si spostarono dalla figura del giovane ed affascinante mago, a quella della piccola strutture di ardesia, dove si potevano leggere una serie di simboli:
XXXXX - Noto ammazzamaghi, impossibile da addestrare o addomesticare
XXXX - Pericoloso, serve un mago esperto
XXX - Un mago capace dovrebbe cavarsela
XX - Innocuo
X - Noioso
«Questo è lo schema in cui vengono riconosciute queste creature. Alcuni animali che possono essere rappresentati con una sola X o con due X, sono i Vermicoli e gli Snasi. Il mio obbiettivo, come penso sia anche quello del professor Piton, è quello di farvi affrontare animali esperti, in modo tale che possiate diventare maghi altrettanto esperti».
«Oggi vorrei parlarvi del Graphorn... Anzi, Severus vorresti renderci partecipe delle tue conoscenze riguardo questa creatura?»chiese divertito.
Piton lo guardò con l'odio puro dipinto sul viso, infastidito dalla sfacciataggine dell'Auror, ma fece finta di nulla, rivolgendosi ai Serpeverde e non calcolando per nulla i Grifondoro.
Infondo come si suol dire, il lupo perde il pelo ma non il vizio.
E Severus Piton era l'incarnazione in persona del proverbio stesso.
«Il Graphorn... è una creatura magica che abitualmente vive sulle montagne, la sua caratteristica è quella di essere dotato di due corna, la cui polvere, viene utilizzata nella creazione di varie pozioni. L'ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche gli classifica con quattro X, quindi sono animali abbastanza pericolosi che possono essere affrontati soltanto da maghi esperti-disse con tono di voce gelido-un'altra particolarità dei Graphorn, è la loro pelle. La quale è molto più resistente di quella di un qualsiasi drago»concluse, lanciando uno sguardo di sfida a ogni singolo studente.
«Bellissima spegazione, Severus-si complimentò in modo sfacciato Browning-allora...-disse poi rivolto agli alunni-qualche domanda?».
Non passò molto prima che la solita ragazza saccente, autoritaria e a detta di molti la so-tutto-io del Castello alzasse la mano.
«Granger, le vecchie abitudini sono vecchie a morire...»mormorò tra sè e sè il principe mezzosangue, riferendosi a tutte le volte in cui la giovane Grifondoro aveva alzato la mano senza essere interpellata, o senza dare a gli altri il tempo di farsi avanti per primi.
Tuttavia, la ragazza fece finta di non sentire il suo commento, e aspetto che l'Auror gli concedesse di porre la sua domanda.
«Mi chiedevo..-iniziò a dire, abbassando la mano-se il Graphorn vive sulle montagne, come faremo a combatterne uno?»domandò, guadagnandosi un'occhiata sorpresa sia dai Grifondoro che dai Serpeverde, i quali non potevano fare a meno di chiedersi dove l'unica ragazza del magico trio trovasse tutta questa voglia di confrontarsi con animali pericolosi, e per molti versi anche rari.
«Hermione, in realtà la tua domanda è molto interessante. Come si fa a sconfiggere un mostro, se non lo si è mai visto? Se non si sa nemmeno com'è fatto? Esiste un incantesimo molto particolare e al tempo stesso delicato, il suo scopo è quello di ricreare una sorta di illusione ottica che può essere paragonata alla pura realtà. Nel momento in cui l'incantesimo viene lanciato, soltanto maghi esperti saranno in grado di capire se ciò che vedono e falso oppure no...».
«Browning, non mi sembra il caso di...»lo interruppe Piton.
«È il caso, invece, è il caso.-lo contraddisse in risposta l'Auror-quando questi ragazzi usciranno da qui, tra un paio di mesi, non dovranno affrontare mollicci o mostri di forza minima, dovranno sapersi difendere, ed essere a conoscenza di ciò che li circonda».
«Stai criticando il metodo di insegnamento per caso?»sentenziò Piton.
«No caro professore, sto criticando il mondo di favole dove molti di questi ragazzi sono stati abituati a crescere»replicò lui, scatenando diverse reazioni da parte della classe.
«Non mi sembra proprio un mondo di favole»borbottò il famoso bambino sopravvissuto. Ma il suo commento di certo non passò inosservato.
«Come, Harry?»chiese l'ex Serpeverde, avvicinandosi al ragazzo.
«Ho detto che solo pochi mesi fa ognuno di noi ha dovuto dare una parte di se in una guerra tanto grande, quanto distruttiva. Poche settimane fa un bambino è morto, per non parlare di tutte le altre persone che oggi non sono qua. Penso, e sono sicuro che molti di loro-indicò con la mano le due casate che lo circondavano-..concordino con me, sul dire che questo mondo tutto ci sembra tranne che rose e fiori»sospirò infine.
Sia Piton che l'Auror lo guardarono, sorpresi dalla reazione del giovane Grifondoro.
Mentre lo osservava in silenzio - Matthews Browning - non poté fare a meno di ricordare quando, qualche notte fa il professor Silente lo aveva chiamato, dicendoli che era arrivata l'ora di aiutare Harry Potter...
«Dopo... Le torce si sono spente, gli uomini sono spariti e le urla sono riprese. E io... Ho sentito il dolore, un dolore atroce invadere ogni mio osso, ogni mio muscolo»aveva detto il ragazzo, mentre nei suoi occhi si poteva leggere il terrore che aveva vissuto in quel momento.
«Non so dirti molto a riguardo, ma è pericoloso. È intriso della magia oscura più potente, il compito del sigillo è quello di riportare in vita una persona, a patto che qualcuno venga sacrificato. Ricorda Harry, nessuno fa qualcosa se in cambio non ottiene niente».
«Il velo... Il velo può forse essere definito come una delle cose più pericolose appartenenti all'intero mondo magico. Tutti conoscono la tua storia, Harry Potter. Tutti sanno chi sei, cosa hai vissuto da quando sei nato, cosa hai fatto insieme ai tuoi amici da quando ad undici anni hai iniziato a frequentare questo Castello, e a scoprire i segreti che si celano dietro le sue enormi pareti. Conoscevo i tuoi genitori Harry, Lily e James, conoscevo anche il tuo padrino, e so com'è morto».
«Dietro il velo c'è la morte, Harry, quelle pura. Le voci che hai sentito erano di persone defunte, persone a te care...»
«Mi ha risposto che hai maghi è possibile lasciare un'impronta sulla terra, così che una volta morti, la loro anima possa continuare a percorrere le stesse strade calpestate in vita. Ma che solo in pochi scelgono di farlo. Mi ha detto che Sirius era andato avanti. Che vuol dire?»
«Questo non me lo so spiegare neanche io. So solo che Jacob Mackenzie è stato ucciso per essere una vittima sacrificale».
«Non si può cambiare il corso del destino».
Ripercorse con la mente piccole frasi che si erano scambiati quella sera, piccoli momenti che avevano vissuto. Rivide con la mente l'immagine del bambino sopravvissuto stravolto dalle lacrime, e non poté fare altro che dare ragione a quel ragazzo.
Il mondo in cui avevano vissuto fino a quel momento, non era stato uno dei migliori.
Ma i pericoli che avrebbero iniziato a vivere da quel momento in poi, erano senz'altro superiori rispetto a quelli che avevano vissuto.
L'Auror non rispose, ma iniziò a fare su e giù lungo il palco, pensieroso.
«Allora dove eravamo rimasti?-chiese retorico- si giusto, come stavo dicendo il Ministero viene suddiviso in sette dipartimenti, il più grosso e anche quello più importante, è quello dedicato alla regolamentazione ed all'applicazione delle leggi e delle limitazioni sull'utilizzo della magia. Esistono degli incantesimi, quindi, che soltanto in poche persone hanno il permesso di fare. Uno di questi, è l'incantesimo "Somnium"».
«Perché non tutti possono farlo?»domandò una ragazza di Serpeverde.
«Perché confonde la mente»mormorò Draco Lucius Malfoy, attirando su di se l'attenzione di tutti gli studenti e dei due professori.
«Esatto, Signor Malfoy-si complimentò, sorpreso, l'Auror-Anche se non mi spiego come faccia a conoscerlo-borbottò tra sé e sé-.. Comunque, come diceva il vostro compagno, non tutti hanno il permesso di usarlo in quanto confonde la mente dell'avversario, e se lo si vuole, anche la propria»spiegò.
«Lei sa usare quest'incantesimo?-chiese Pansy Parkinson-ha il permesso di utilizzarlo?».
«Sono un Auror, e la carica che rappresento mi permette di utilizzare molti incantesimi proibiti. Mi piacerebbe, durante quest'anno, insegnarvi alcuni di questi incantesimi...».
«Non ti sembra di star esagerano, Browning? Sono incantesimi proibiti per un motivo»lo riprese Severus Piton, guadagnandosi in risposta una risata di scherno.
«Stavo solo scherzando, mio caro vecchio prof... In realtà ragazzi, sarò io stesso ad utilizzare questo incantesimo su di voi. Allora, è arrivato il momento di metterci alla pratica, dividetevi in coppie!»esclamò,sollevando la bacchetta.
Lentamente, nonostante il piccolo caos che si venne a creare, gli studenti si divisero nelle coppie che ormai, da poco più di un mese gli erano state assegnate, e Hermione Granger si ritrovò, inevitabilmente, a fissare gli occhi gelidi di Draco Malfoy.
Era da quel giorno sulla Torre di Astronomia che non si rivolgevano la parola. Ma invece, quando l'uno non guardava l'altro si scambiavano sguardi furtivi, cercando di non farsi notare da occhi indiscreti.
Inutile dire che il Serpeverde ci era rimasto male quando la Grifondoro, svegliandosi dal sonno profondo in cui era caduta, si era alzata e mormorando uno "scusa" frenetico, era scappata lasciandolo da solo, mentre il fumo dell'ennesima sigaretta gli invadeva nuovamente i polmoni.
«Mezzosangue»ghignò quest'ultimo, osservandola con la solita nota di malizia dipinta negli occhi.
«Malfoy»fece in risposta quella, mentre il professore iniziava a spiegare quello che dovevano fare.
«Adesso io lancerò su ogni componente di ogni singola coppia l'incantesimo Somnium, vi confonderò la mente, vi farò vedere cose che in verità non ci sono. E voi dovrete combattere contro queste cose, anche se nella realtà quelli sono i vostri compagni».
«E' ridicolo»borbottò Seamus.
«In realtà no, Signor Finnigan. Vi farò combattere l'uno contro l'altro, anche se voi sarete convinti di star combattendo contro dei mostri veri. Questo sarà il metodo più veloce per conoscere le vostre abilità. E adesso, bacchetta alla mano, e che inizii lo spettacolo!».
Non passò molto prima che l'Auror agitando lievemente la bacchetta, e mormorando un tenue Somnium facesse cadere le menti di ogni singolo studente, nel tranello di se stesse.
Lavanda Brown davanti a se non aveva più la figura robusta di Vincent Tiger, ma al posto di quest'ultimo c'era un animale alto e grosso, dal pelo grigio-viola, dotato di due corna affilatissime e che era in grado di mantenere tutto il suo peso soltanto su due zampe.
Per molti versi assomigliava a un Troll, ma era molto più pericoloso di un Troll.
La stessa cosa valeva per lo stesso Vincent Tiger, il quale non vedeva più la figura egocentrica di Lavanda Brawn.
E per Ron Weasley e Pansy Parkinson, Calì Patil e Theodore Nott, Harry Potter e Dapfne Greengrass, Ginny Weasly e Blaise Zabini, e per il resto degli studenti.
La stessa cosa non sembrava valere per Draco Malfoy ed Hermione Granger. Infatti, mentre quest'ultima davanti a sé vedeva la figura possente del Graphorn.
Il giovane Serpeverde vedeva soltanto la solita ragazza saccente, pronta a muovere la bacchetta per disarmare l'avversario.
Tuttavia non lo diede a vedere, e anche lui fece finta di essere spaventato dalla grandezza del mostro, anche se due paia di occhi, lo osservavano con sospetto.
Mezz'ora più tardi, vari Pietrificus Totalus, Expelliarmus, Levicorpus, e altre parole difficili da pronunciare quanto da applicare,vennero lanciati all'interno dell'aula duelli, fin quando il professor Severus Piton non ritenne che era arrivato il momento di finirla con quella che lui riteneva un "inutile messinscena" e con un semplice colpo di bacchetta, annullò l'incantesimo.
Per i minuti che seguirono, sia Grifondoro che Serpeverde si sentirono stremati, e al tempo stesso estasiati da quello che era appena successo.
«Ritengo che per oggi possa bastare». Sentenziò Piton.
«Certo, per una volta sento che sia il caso di concordare con te, Severus-disse Matthews Browning-solo un'ultima cosa... L'incantesimo che avete appena sperimentato può sembrare un cosa semplice, facile... Esistono molti incantesimi simili a questo. Ma il Somnium è senz'altro il più potente, in quanto senza che voi vene rendiate conto, riesce ad addormentare una parte del vostro cervello, facendovi vedere cose che in realtà non sono lì con voi in quel momento, o che con molto probabilità neanche esistono. Ora andate a mangiare qualcosa, sembrate esausti-ridacchiò, ripensando a quando anche lui aveva subito gli effetti di quell'incantesimo-tranne lei, Signor Malfoy».
Uno ad uno gli studenti uscirono dalla Sale Duelli, pronti a seguire il consiglio dell'Auror e a dirigersi verso il delizioso e generoso banchetto che gli aspettava nella Sala Grande.
Draco Lucius Malfoy, invece, non poté fare a meno di chiedersi tacitamente perché in quell'ultimo periodo tutti sembrava volessero parlare con lui.
A cominciare dal vecchio preside, seguito dalla mezzosangue, e adesso alla lista si aggiungeva anche l'Auror.
«Piton, ti dispiacerebbe concederci la nostra privacy»disse quest'ultimo, stuzzicando il professore, il quale dopo aver borbottato una serie di maledizioni contro il giovane ex Serpeverde, e aver lanciato un'occhiata di avvertimento al suo alunno prediletto, uscì finalmente dall'aula, lasciandogli da soli.
«Allora Draco, come stai?»domandò Browning.
Il ragazzo in questione lo guardò male, chiedendosi cosa diavolo volesse da lui.
«Senta-disse poi, con i suoi soliti modi gentili-non mi sembra il caso dei convenevoli, mi dica cosa vuole».
«Hai un bel caratterino, eh Malfoy?-domandò retorico-quindi, arriviamo al dunque. So quello che ti ha detto Silente, sul l'essere il Custode e tutto il resto».
A quelle parole, nella mente del Serpeverde si riaccese l'immagine di quel giorno.
«Il mondo della magia, non è soltanto quello formato da bacchette e Castelli incantati, da bene e male-aveva risposto-ci sono cose che non si vedono, ma che possiedono un potere immenso. Per proteggere Hogwarts, nel 993 d.C, con la nascita del talismano, la magia stessa creò un custode. Diciassette anni fa, quando il male scomparve da occhi indiscreti, sconfitto da un bambino di nome Harry Potter, quest'ultimo divenne il Protetto».
«E io... Che compito ho io in tutto
questo?».
«Sono passati oltre mille anni da quando i fondatori del Castello si uccisero. Diciassette anni fa Harry Potter divenne il Protetto, oggi diciassette anni più tardi, Draco Malfoy, tu diventi il Custode».
«Come... Come fa a saperlo?»domandò con voce tremante il ragazzo.
«Puoi darmi benissimo del tu, Draco, ho soltanto qualche anno in più di te. E per rispondere alla tua domanda, è stato lo stesso Silente a dirmelo».
Per i secondi che seguirono regnò il silenzio, e Draco non poté fare a meno di chiedersi come mai il vecchio Grifondoro gliene aveva parlato a l'Auror, quando a lui gli aveva fatto giurare di non dire niente a nessuno.
«Perché?»chiese quindi, pensieroso.
«Perché il compito del custode è qualcosa di complicato, che va oltre ogni limite. Essendo un custode ti aspettano dei doveri. Devi difendere il tuo protetto»spiegò.
«Io non voglio proteggere nessuno! Non voglio essere il custode del cazzo di nessuno!»sputò acido in risposta.
L'Auror lo osservò, vedendo soltanto un ragazzo distrutto.
Rovinato da quella che era stata la sua vita.
Da quelli che erano stati i suoi genitori.
Un puzzle da ricostruire.
Un ragazzo da aiutare.
«Non vuoi, lo so-mormorò-ma devi. Io ti aiuterò, Draco. Ti insegnerò a combattere. A diventare ancora più forte di quello che già sei. Ho visto come su di te l'incantesimo di prima non ha avuto nessun effetto. Come la mia magia non ha preso il controllo della tua mente. Sei potente Malfoy, molto più di quello che tu stesso credi-sospirò, per poi riprendere- So che sei molto abile nell'arte dell'occlumanzia. Io ti insegnerò la legillimanzia. Ti insegnerò a prendere il controllo delle menti che vuoi tu».
A quelle parole il Serpeverde lo guardò con interesse.
Si ricordava ancora quando sua zia Bellatrix Lestrange, per evitare che Piton riuscisse a scoprire le sue intenzioni usando contro di lui la Legilimanzia, gli aveva insegnato a praticare l'occlumanzia, lanciandogli un crucio ogni volta che sbagliava qualcosa.
«Come saprai la legillimanzia è un particolare tipo di magia che rende possibile ad un mago entrare nella mente di un altro, capendo le sue intenzioni o il corso dei suoi pensieri. Ricorda, però che con la legillimanzia non si possono intrigare i pensieri di una persona».
«Perché?... Perché proprio a me?»chiese Malfoy, titubante.
«Te l'ho detto. Tu sei un custode, e come tale devi sviluppare poteri che altre persone nemmeno conoscono... Io ti aiuterò soltanto a dare vita a questi poteri-chiarì-solo una domanda, sai usare una spada?».
Malfoy scosse il capo, in segno di negazione... Che poi, che domanda era mai quella? Si chiese mentalmente.
Tuttavia il giovane Auror non diede nessuna spiegazione, ma dando le spalle al Serpeverde iniziò a camminare verso l'uscita.
«Benissimo, ti aspetto domani pomeriggio alla stessa ora di oggi in quest'aula»disse infine, facendo un segno di saluto in direzione del ragazzo.
***
Malfoy Manor era stata utilizzate durante la seconda guerra magica come la base per le operazioni di Lord Voldemort e dei suoi seguaci.
La villa era da sempre recintata da siepi alte e ben curate e da un cancello le cui sbarre assumevano la forma di un viso che chiedeva il motivo della visita. Era circondata da un enorme giardino, al cui centro si trovava una piccola fontana di marmo.
Malfoy Manor era da sempre stata la residenza della famiglia Malfoy e di Narcissa Black, anche se nell'ultimo periodo le cose erano cambiate.
Al finire della seconda guerra magica, Lucius Malfoy aveva fatto una scelta.
Per la prima volta aveva avuto il coraggio di scegliere la famiglia al potere. Questa sua scelta però, non era bastata a risparmiarli il futuro che lo attendeva nelle fredde e gelide celle di Azkaban, anche se aveva avuto la fortuna di non essere sottoposto al bacio del dissennatore.
Narcissa Black in Malfoy, invece, alla fine della guerra non aveva più avuto il coraggio di tornare in quella che per anni era stata la sua abitazione.
Malfoy Manor, quindi, non era rimasta nelle mani di nessuno.
In quel momento, però, quella villa ormai incustodita era tornata al suo vecchio e solito ruolo. E al suo interno, figure malvagie e assetate di potere si aggiravano indisturbate.
Un volto sconosciuto, incappucciato di nero, e del quale si potevano intravedere soltanto i delicati e tenui tratti femminili, era intento a versarsi del vino in un piccolo calice di cristallo.
«Manca poco, ormai»ghignò, di un sorriso sadico quanto crudele.
«Come già detto, Katrin, per la notte di Natale il Signore Oscuro potrà tornare a spargere terrore su questa terra»sentenziò un ragazzo alto e moro, il cui nome rimaneva celato.
«Bellatrix...-mormorò poi la donna, puntando il suo sguardo sulla prima figlia di Cygnus Black III e
Druella Rosier-allora cosa sai dirmi di tuo nipote, il famoso Draco Malfoy?».
«Draco-borbottò quella con voce acuta-Draco è figlio di sua madre, anche se nelle sue vene scorre il sangue di un Malfoy».
«È un traditore»ringhiò tra i denti la donna, Katrin.
«Non lo nego»concordò Bellatrix Lestrange, ricordando quando quella notte lo aveva rincontrato dopo quasi più di sei mesi che non lo vedeva.
-Ti voglio dare un'ultima possibilità nipotino- aveva detto, seria, con la bacchetta sempre protesa verso l'alto.- se tu stasera verrai via con me, e dimostrerai la tua fedeltà all'Oscuro Signore facendo fuori la mezzosangue io non ti ucciderò ma ti farò raggiungere il potere-.
Draco la guardata. L'aveva guardata con un sentimento stano dipinto negli occhi. Con l'odio puro arderli nelle vene.
-Come hai fatto a tornare in vita?-aveva chiesto.
-Non ti hanno mai insegnato le buone maniere, Draco? Forse dovrei rinfrescarti la memoria-aveva detto ridendo la seguace più fedele all'oscuro Signore, preparandosi poi a lanciare il prossimo incantesimo-Non si risponde a una domanda con un'altra domanda-.
Draco aveva schivato l'incantesimo prendendo Hermione per mano e rotolando dall'altra parte del balcone.
-Rispondi alla mia domanda e dopo io risponderò alla tua-.
-Mi dispiace ma io non ho alcuna intenzione di rispondere-.
-E io non ho alcuna intenzione di venire via con te, né stasera né mai Bellatrix-.
Aveva visto come aveva affermato la giovane Gridondoro portandola al sicuro.
Le sue orecchie avevano udito il "NO!"disperato che aveva urlato quando l'ennesimo crucio aveva colpita la ragazza.
«Non nego che sia un traditore-riprese,scuotendo il capo come per allontanare i ricordi-ma è pur sempre un Mangiamorte, e non può venire meno ai suoi doveri».
«Ci spero per te, Bellatrix cara, o sai già la fine che farà il tuo dolce nipotino»ghignò il ragazzo senza nome.
«Ti dò due settimane di tempo, Bella. Hai due settimane per portare Draco Malfoy dalla nostra parte, altrimenti sai già cosa gli succederà, e tu di sicuro non ne uscirai indenne»aggiunse Katrin, prendendo un sorso del suo vino.
Bellatrix annuì, abbassando il capo verso il pavimento nero e lucido.
«Manca poco e il cerchio si chiuderà»sorrise Katrin.
«Il sacrificio sta per giungere al suo termine»tuonò con voce roca e pesante un uomo robusto, il quale era appena entrato dalla porta principale per poi giungere all'interno dell'enorme stanza.
«Ci serve il sangue dei prescelti-borbottò la donna-i bambini dell'antica profezia devono ritornare a dare vita all'Oscuro Signore».
«La profezia? Quale profezia!?»chiese in modo frenetico Bellatrix Lestrange.
«La profezia di Salazar Serpeverde.-disse il ragazzo con voce atona, priva di qualsiasi emozione.
«Allo scoccare dell'ultima ora del giorno-recitò poi-del dodicesimo mese dell'anno, il sangue dei due bambini prescelti si mischierà e il talismano alla sua antica luce tornerà. Il figlio nato diciassette giorni prima del solstizio d'estate piangerà, e le sue lacrime faranno tornare l'Oscuro Signore alla sua gloriosa e vecchia libertà. I contrari si separeranno, e il fuoco ardente si riaccenderà, bruciando con il suo calore incandescente gli inferi più bui e profondi che il mondo, trovando il coraggio, ci mostrerà».
La Lestrange lo ascoltò con interesse, facendo attenzione a cogliere qualsiasi significato nascosto.
«Salazar Serpeverde non era un profeta-disse poi, sorpresa- come ha fatto a fare previsioni sul futuro?»domandò.
«Salazar Serpeverde era tante cose. Ma come hai detto tu non era un profeta.-concordò l'uomo-La profezia non la fece lui, ma la sua penultima discendente: Merope Gaunt».
«Merope Gaunt?-sibilò la donna-la madre di... Di Lord Voldemort?»chiese incredula.
Ancora più incredula di quanto già non fosse.
Il ragazzo annuì in risposta.
«Ma com'è possibile?-domandò ancora-Merope era una maganò... E perché avete detto che la profezia è di Salazar Serpeverde?».
«Fai troppe domande, mia cara-sorrise sadica la donna incappucciata, camminando verso l'enorme camino di pietra che abbelliva il salone-ma ritengo che sia giusto che tu sappia. La profezia viene riconosciuta come quella di Salazar Serpeverde, in quanto a pronunciarla fu la penultima delle sue discendenti. Merope in realtà non era una maganò, ma non ebbe mai la possibilità di dimostrare il contrario, e quindi non le venne concessa neanche l'opportunità di sviluppare a pieno i suoi poteri né il controllo di tali. Merope era una donna brutta e trascurata e per conquistare il cuore di quello che poi sarebbe diventato il suo unico e vero amore, aveva dovuto fare ricorso a un potente filtro d'amore. Quando l'incantesimo finì, Tom l'abbandono, nonostante la donna portasse in grembo suo figlio. Di fronte all'ennesimo abbandono, Merope cadde in quella che era la distruzione di se stessa. Divenne povera, e non volendo chiedere aiuto alla sua famiglia iniziò ad abitare sotto i ponti. Allo scadere dei nove mesi, Merope Gaunt riuscì a sfruttare le ultime forze per raggiungere l'orfanotrofio più vicino, dove il 31 Dicembre, all'età di 19 anni, diede alla vita quello che poi sarebbe divenuto Lord Voldemort-si interruppe, dando a Bellatrix il tempo di assimilare ciò che aveva appena detto prima di proseguire-fu proprio dopo il parto, quando la sua vita era in bilico tra il mondo dei morti e il mondo dei vivi, che si scoprì possedesse il dono della vista»concluse poi, osservando il poco vino rosso che le rimaneva nel piccolo calice di cristallo che ancora stringeva tra le mani.
«La vista?»mormorò la Lestrange.
Katrin rise, osservandola:«Cara Bellatrix-sorrise-devo dire che per definirti la Mangiamorte più fedele all'Oscuro Signore non sai molto riguardo la sua vita»finì, scatenando una reazione di ilarità da parte dei due uomini che si trovavano con loro all'interno della stanza.
A quelle parole la sorella maggiore di Narcissa Malfoy si alzò di scatto dalla sedia sulla quale sedeva con tutte le intenzioni di dimostrare che loro si sbagliavano, ma non ebbe il tempo di compiere un solo passo, che si ritrovò in ginocchio, a pregare la donna che la guardava di sbieco, e la quale in quel momento le stava infliggendo un dolore tale da poterlo paragonare ai Crucio che lei stessa era solita lanciare.
«Mai mettersi contro di me-sibilò, liberando la donna dall'incantesimo-Ora, come stavo dicendo, fu proprio nei suoi ultimi attimi di vita, che la stessa Merope Gaunt scoprì di possedere la vista. Chi possiede la vista non è un profeta, non emette nessuna assurda profezia. Chi possiede la vista è in grado di vedere - quando questi si presentano - piccoli momenti del futuro. Ora ti starai sicuramente chiedendo, com'è possibile definire quella pronunciata da Merope Gaunt come profezia, se lei poteva vedere soltanto piccoli scorci del futuro? Beh, la risposta, mia cara Bellatrix Lestrange è abbastanza semplice. Durante la sua prima e ultima visione, Merope vide qualcuno, di cui ancora oggi non ci è concesso sapere il nome, pronunciare la profezia che il nostro adorato Tristan pochi minuti fa ci ha recitato»terminò, bevendosi l'ultimo sorso di vino che le rimaneva nel calice trasparente.
«Che vuol dire...-borbottò Bellatrix con voce roca e stanca, mentre lentamente si alzava dal pavimento per tornare a sedersi sulla sedia-che vuol dire che i contrari si separeranno?».
«Questo non te lo possiamo dire, Lestrange-intervenne il ragazzo, Tristan-ma oggi mi sento generoso, e voglio darti un indizio... Come il bene non può esistere senza il male, l'uno non può esistere se non esiste l'altro».
«Ma è senza senso...»borbottò confusa la strega.
«In realtà no-affermò l'uomo-ha molto più senso di quanto tu sola possa immaginare, ma questa è un'altra storia».
I minuti che seguirono quelle parole, furono minuti di silenzio, durante i quali ognuno di loro si perse nei propri pensieri.
Bellatrix Lestrange fissò ognuno di loro con minuziosa attenzione, chiedendosi se avesse fatto una scelta giusta a chiedere il loro aiuto.
Il Signore Oscuro sarebbe tornato a regnare come un tempo, e il bambino sopravvissuto avrebbe finalmente raggiunto il suo amato padrino nel tanto tenuto mondo dei morti.
Stava per alzarsi e uscire dalla stanza , quando Travers, famoso Mangiamorte entrò nell'enorme salone correndo.
«Katrin-disse, con voce affaticata dalla corsa-è arrivato il momento, i pianeti si stanno allineando»
La donna lo guardò, mentre un sorriso crudele della serata si andava - lentamente - a formare sul suo volto.
Non passò molto, prima che la donna, seguita da tutti gli altri uscisse fuori dall'enorme villa, puntando lo sguardo verso il cielo buio e stellato.
Ed era proprio tra tutte quelle stelle, che cinque pianeti, lentamente si stavano allineando.
Prima Mercurio, seguito da Venere, Marte, Giove e Saturno.
Ed era in quel momento, che la congiunzione planetaria che da mesi stavano aspettando finalmente avvenne.
«La notte dei contrari si avvicina»sorrise l'uomo, il cui nome ancora non ci era concesso sapere.
«Et diu expectata nocte succedunt sidera» iniziò a recitare la donna, il cui viso rimaneva sconosciuto.
«Mundus factus confusus piceo»aggiunse, e alle sue parole qualcosa cambiò.
Non era qualcosa di materiale, però, era un cambiamento che si poteva sentire nell'aria, ma era una sensazione strana, che attanagliava lo stomaco delle persone che le stavano vicine
«Dolores inferni circumdederunt...»disse ancora.
Bellatrix guardava la giovane donna con attenzione.
Era la prima volta che vedeva fare una cosa del genere.
E la sorpresa nel sentire pronunciare a Katrin quell'antica e potente formula era tanto grande quanto strana.
«...generemortuis petere auxilium»mormorò, con il tono di voce basso. E intanto che lei parlava, nel cielo si potevano intravedere piccoli fasci di luce, che sembravano attraversare le nubi oscure, per raggiungere Salazar solo sa cosa.
«Mors et vita, et vivere infantem, cum in cinerem revertetur».
I fasci di luce aumentarono, e la terra tremò per qualche secondo.
«Dolores inferni circumdederunt generemortuis petere auxilium» ripeté infine.
E mentre i fasci di luce diminuivano, fino a sparire del tutto, la donna si tolse il cappuccio, facendo rimanere la stessa Bellatrix che mai l'aveva vista, sconvolta di fronte alla famigliarità del suo crudele, e al tempo stesso grazioso volto.
***
Ognuno di noi, ha un modo diverso in cui sfogare la propria rabbia.
C'è chi legge, chi scrive, chi invece preferisce semplicemente mettersi due cuffie nelle orecchie e isolarsi dal mondo che lo circonda, attraverso la voce di colui che in breve è diventato una delle poche persone più vicine a te, nonostante sia circondato da telecamere per la maggior parte della giornata, e nonostante le possibilità di incontrarlo siano veramente poche.
Nella mondo magico, molti ragazzi avevano il vizio di sfogare la propria rabbia con l'aiuto delle loro bacchette. Evocando incantesimi facili, ma al tempo stesso divertenti.
C'era poi chi - come Draco Lucius Malfoy - preferiva sfogare la propria rabbia attraverso il volo.
Quanto volava in sella alla sua Nimbus 2001 - fedele compagna di viaggio dal suo secondo anno ad Hogwarts- difatti, si sentiva libero.
Libero come poche volte riusciva a sentirsi nella sua vita.
La stessa cosa stava succedendo in quel momento, il giovane rampollo di casa Malfoy, infatti, era intento a sorvolare il cielo cupo di Hogwarts.
Mentre volava, sentiva il vento freddo sfiorarli con il suo tocco gelido il viso, e lo aiutava ad allontanare i pensieri tetri che gli attanagliavano la mente.
Era un custode. Ok, questo lo aveva accettato, anche se non gli stava tanto a genio il fatto che doveva essere il custode del famigerato Harry Potter. Ma alla fine aveva accettato anche questo.
Quello che ora non riusciva a capire, era il perché avrebbe dovuto imparare a combattere. Ad usare una spada, anche se - a dirla tutta - l'idea di imparare l'arte della legillimanzia lo attirava parecchio.
Mentre sfrecciava in sella alla sua scopa, però, si rese conto che non era neanche quello il motivo della sua rabbia. In confronto quello era una sciocchezza.
Il nervoso che gli serrava lo stomaco era dovuto al fatto che aveva paura.
Una fottuta paura di risentire di nuovo quel bruciore.
Quel bruciore atroce che sembrava farti ribollire il sangue all'interno delle vene.
E ad aumentare questa sua paura, si aggiungevano le parole dei suoi amici che di nascosto aveva origliato.
Quell' "Ho... ho sentito mio padre parlare di nuovo con quell'uomo, non so chi sia, anche se la voce non mi è nuova... dicevano qualcosa riguardo il Castello, e che questo sarà il luogo del sacrificio. All'inizio non gli ho dato molta importanza, ma poi mio padre ha detto una frase del tipo:"Presto il potere sarà di nuovo nostro". Ha parlato al plurale, credo si riferisse a tutti i Mangiamorte e... all'Oscuro Signore"di Pansy.
Quel "Merda!" che aveva ringhiato Blaise e il "Non può essere"che aveva sussurrato Daphne.
E intanto che lui volava perso mei suoi pensieri, due occhi incantati - appartenenti a una ragazza tanto coraggiosa quanto debole - lo guardavano ammaliati.
Hermione Jane Granger, era seduta sui freddi spalti del campo da Quidditch, mentre un tomo di difesa contro le arti oscure poggiava indisturbato sulle sue gambe.
Il suo viso era puntato verso l'alto, ad osservare un certo ragazzo biondo.
Tra le cui braccia si era addormentata soltanto pochi giorni prima.
Il ragazzo non si era ancora accorto di lei, e incurante continuava a svolazzare un po' di qua e un po' di là.
Mentre lo osservava, Hermione non poté fare a meno di chiedersi cosa l'Auror Matthews Browning gli avesse detto quando erano rimasti da soli nell'Aula Duelli. Inoltre, era anche curiosa di sapere cosa Silente gli aveva detto. Perché lei al "nulla di importante" non ci credeva per niente.
Stava per alzarsi e tornare dentro il Castello, quando sentì qualcuno respirarle sul collo.
Sussultò per lo spavento che si era presa, e si portò la mano sul cuore.
«Granger, adesso mi spii, anche?»domandò il giovane Serpeverde con voce gelida quanto sensuale, sfiorandole con le labbra il lobo dell'orecchio.
La ragazza rabbrividì a quel contatto, cercando di controllare il respiro.
«Mi... Mi hai spaventato, Malfoy. Non ti avevo visto arrivare»borbottò la Grifondoro con voce bassa.
Ed in effetti aveva ragione. Perché il ragazzo, era stato attento a non farsi vedere.
E in compagnia della sua scopa, era comparso alle spalle della strega.
«Salta su, mezzosangue»ordinò Draco, indicando il manico di legno sul quale tranquillo e spensierato sedeva.
«Cosa!?»esclamò la ragazza, girandosi verso di lui.
«Hai sentito, Granger. Forza, salta su»ripeté ancora, con il solito tono autoritario. Che non ammetteva repliche.
«No»rispose la giovane strega, decisa.
«Come?»domandò il giovane Serpeverde, per nulla sorpreso dalla risposta della mora.
«Ho detto di no. Non prendo ordini da te, Malfoy».
«Ah no?-ghignò il biondo Serpeverde-e se io te lo chiedessi... Se te lo chiedessi per favore, mezzosangue?»chiese il ragazzo facendo fatica a pronunciare le ultime parole.
La Granger lo ascoltò con attenzione, chiedendosi tacitamente - ad un certo punto - se aveva sentito male, e fosse il caso di farlo ripetere.
Ma a giudicare dalla faccia sconvolta del giovane mago - anche lui sconvolto dalle sue stesse parole - giunse alla conclusione che non aveva sentito bene, ma benissimo.
«Beh, in quel caso, potrei anche ripensarci»sorrise la strega.
Le stava piacendo quello strano scambio di battute che stavano facendo.
Per un momento le capitò di chiedersi se stavano forse flirtando.
Ma no, era una cosa impossibile.
Lei è Malfoy? Mai.
«Allora Granger, saliresti - per favore - sulla mia fantastica scopa?»ghignò, sottolineando con la voce la parola "per favore".
«Così sembra tanto una frase con doppi sensi»lo stuzzicò la mora, mentre le sue guance si dipingevano di rosso.
«Granger salì sì o no?»iniziò ad irritarsi Draco Lucius Malfoy.
La ragazza arrossì maggiormente, alzando le mani in segno di difesa.
«E va bene ma...».
«Lo so, lo so- sospirò il biondo frustato-..non hai un ottimo rapporto con il volo. Sali davanti, forza».
Lentamente la ragazza fece come le era stato detto, e prima una gamba, poi un altra, si ritrovò a svolazzare sopra gli spalti su cui era stata seduta fino a pochi minuti prima. Con la schiena appoggiata al petto tonico del bel Serpeverde. Il quale la avvolse con le sue braccia, per poter impugnare il manico di legno color nero e argento.
In breve si ritrovarono a volare nel cielo buio e stellato. E dopo che la tanto coraggiosa Grifondoro lanciò un gridolino, il ragazzo aumentò la velocità, salendo sempre più in alto. Fino a far diventare l'enorme campo da Quidditch, un macchiolina indistinta di colori.
Per un po' volarono lungo la circonferenza del Castello, mentre la notte gli scorreva addosso.
Lentamente Hermione iniziò a rilassarsi. E sorprendendo anche se stessa per i suoi assurdi pensieri, desiderò prolungare quel momento per sempre.
Stessa cosa si poteva dire per Draco, che con la testa poggiata nell'incavo del suo collo, aspirava il suo odore dolce, come vaniglia e miele insieme.
Mentre ancora continuavano a svolazzare lungo il Castello, al biondo venne un'idea, e invertendo la rotta della scopa iniziò a volare dritto, verso una metà a lui precisa.
«Cosa stai facendo, Malfoy?»domandò subito allarmata la ragazza.
«Sto tenendo fede alla mie parole, Granger»sorrise il ragazzo, e lasciando di stucco anche se stesso, diede un piccolo e delicato bacio sulla guancia della sua mezzosangue preferita.
***
Salve a tutte ragazze!! Finalmente dopo quasi sei mesi sono riuscita ad aggiornare. Vi chiedo scusa per questo, ma ho avuto dei problemi e la scrittura non era uno dei miei pensieri principali.
Scrivere questo capitolo è stata dura, sono quasi 11mila parole, ed è il più lungo che io abbia mai scritto. Quindi spero di essermi fatta perdonare😅😅
Vi ringrazio per aver continuato a leggere la storia💕 e vi chiedo scusa se c'è qualche errore di ortografia, inoltre, nonostante studio latino da ben tre anni, io e questa materia non andiamo esattamente d'accordo, e non vi posso assicurare che la formula che pronuncia - la finalmente conosciuta - Katrin sia grammaticalmente corretta. Anzi, molto probabilmente sarà ricca di errori, per non dire orrori😅😅🙈
Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere cosa ne pensate, e grazie ancora❣😘
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