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Capitolo 2.

Capitolo 2.

Il giorno dopo, Thomas, si svegliò presto.

Andò nel bagno adiacente alla sua stanza dove s'infilò sotto il getto dell'acqua calda lasciandola scorrere sul suo corpo.

Una vocetta nella sua mente si fece insistente e fastidiosa sussurrandogli: Vai a vedere come sta. Non ti costa niente, ma forse hai paura di vedere che ti piace...

Strinse i denti ignorandola per un po', uscì da sotto il getto dell'acqua legandosi un asciugamano attorno ai fianchi entrando nuovamente in camera affacciandosi alla finestra continuando a tamponare i capelli con un altro asciugamano: Cosa dovrei fare se mi dicesse che è innamorato di me? Non so come potrei prendere la cosa. Averlo davanti secondo com'è ridotto potrebbe portarmi a dire cose non vere e ferirlo, forse...

Non riusciva a smettere di spegnere i suoi pensieri, eppure, non gli era mai interessato niente di Leonard e la cosa lo irritava moltissimo.

Non ci mise molto ad asciugarsi e vestirsi, ma prima dell'inizio delle lezioni aveva ancora un'ora per questo uscì dal dormitorio per poi lasciare l'edificio scolastico, voleva andare a vedere se c'erano novità sul ragazzo per questo andò a casa a prendere la sua moto per poi dirigersi all'ospedale più vicino alla scuola.

Si fermò parcheggiando la moto a pochi passi dall'entrata, si tolse il casco ed entrò nell'edificio avvicinandosi al bancone.

L'infermiera che lavorava lì lo guardò per un attimo senza sapere cosa dire, ma lui le chiese: «Buongiorno. Volevo sapere se per caso Leonard Black è ricoverato in questo luogo?»

«Solo un attimo» rispose lei accedendo al computer per ricercare il nome del paziente per poi dire: «Sì. È ricoverato qui»

«Capisco. Come sta?» chiese infilando le mani in tasca cercando di mostrarsi impassibile.

«Il ragazzo è sotto pesanti antidolorifici che per lo più lo fanno dormire» rispose lei aggiungendo: «Il medico sta cercando di diminuire il dosaggio ogni ora»

Thomas era indeciso, ma poi disse: «Potrei vederlo solo un attimo? Devo rientrare presto a scuola e ho solo pochi minuti prima che inizino le lezioni»

L'infermiera sorrise uscendo da dietro il bancone: «Certo. Starà ancora dormendo a quest'ora» disse tranquillamente conducendolo al secondo piano dell'ospedale fermandosi davanti alla stanza 34 aprendo lentamente la porta senza fare troppo rumore.

Il ragazzo entrato nella stanza subito dopo di lei guardò Leonard che dormiva tranquillo, ma vedeva bene che aveva difficoltà nel farlo per questo chiese con un sussurro: «È normale il suo modo di respirare?»

«Fa fatica a farlo per via del dolore alle costole per questo il dosaggio dei medicinali è ancora alto» rispose lei senza indugiare: «Se vuoi puoi avvicinarti a lui»

«No. Non è il caso di farlo al momento» ammise lui senza riuscire a distogliere lo sguardo dal ragazzo disteso tra quelle coperte: «Quando tornerà a casa?»

«Se il medico riesce a diminuire il dosaggio dei medicinali a fine settimana potrebbe tornare a casa» disse nuovamente la donna osservandolo attentamente cercando di capire cosa veramente gli passasse per la testa senza, però, fargli delle domande.

Thomas venne distratto da un messaggio che gli arrivò sul telefono per questo lo prese aprendolo:

To: Friends: Dove sei, Thomas? Siamo passati in camera tua e non ci sei... V.

To: Friends: Sono uscito presto per un impegno. T.

To: Friends: Non è che sei andato a vederlo? S.

To: Friends: No. Non sono andato da lui. T

Non rispose ad altri messaggi, ma diede un ultimo sguardo al ragazzo per poi posare lo sguardo su la donna uscendo poco dopo dalla camera: «Adesso devo andare, ma potrebbe farmi sapere se migliora?»

«Certo. Se mi lasci il numero ti tengo informato» rispose lei seguendolo fuori dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.

Thomas le diede un biglietto con il suo numero per poi lasciare l'edificio.

Salì su la moto facendola partire per poi lasciare quel luogo riportando il suo mezzo a casa, per poi dopo aver recuperato i vestiti che aveva portato la settimana prima per poterli lavare con calma, tornò a scuola.

Rientrato nel dormitorio guardò gli amici che lo aspettavano davanti alla porta della sua stanza, ma non disse niente limitandosi ad aprire la porta per poi posare il borsone sul letto e avvicinarsi alla finestra osservando il paesaggio.

Victor fece per chiedergli qualcosa, ma Kevin che aveva letto quei messaggi che si erano scambiati gli posò la mano su la spalla scuotendo la testa.

Poco dopo si avvicinò all'amico posandogli la mano su la spalla: «Stai bene?»

«Io? Sì, sto bene» rispose distogliendo lo sguardo dal paesaggio portandolo su di lui sorridendogli: «Dobbiamo andare a lezione»

«Lo sai che con noi puoi parlare di tutto?» gli domandò nuovamente Kevin.

«Sì, non preoccuparti. Sto bene» disse semplicemente Thomas avvicinandosi alla scrivania per cercare i libri che gli sarebbero serviti quel giorno cacciando indietro quella vocetta fastidiosa che gli diceva: Quanto sei bugiardo. Vederlo sofferente ti ha turbato e non hai nemmeno il coraggio di dirlo ai tuoi amici. Cosa sei un coniglio?

In tutta risposta a quelle parole diede un pugno al tavolo attirando nuovamente l'attenzione su di sé sbuffando: «Dannazione!»

Ci furono alcuni minuti di silenzio, ma poi disse: «D'accordo. Chiudete la porta» 

Simon che era il più vicino chiuse la porta aspettando una spiegazione per quella sua reazione piuttosto fuori dal normale.

Thomas appoggiò entrambe le mani alla scrivania abbassando il volto dicendo: «Sono stato da lui prima. Non so nemmeno io il motivo, però, dovevo vederlo» s'interruppe un attimo aggiungendo: «Non fatemi domande al quale non so le risposte, ma posso dirvi che non è uno spettacolo gradevole»

«Ci hai parlato?» gli chiese Kevin perplesso.

«No. È praticamente strafatto di morfina e antidolorifici» rispose lui lasciandosi andare a un sospiro per poi voltarsi a guardarli: «Dai andiamo a lezione. Non so nemmeno se riuscirò a concentrarmi. Non riesco a togliermi dalla testa quello che ho visto»

Recuperato tutto l'occorrente si mise la borsa in spalla uscendo dalla stanza con gli amici che lo osservarono preoccupati, ma il pensiero di tutti era lo stesso: Non riuscirà mai a gestire i sensi di colpa per quello che è successo. Questo è solo l'inizio del suo inferno...

Poco dopo si separarono per seguire le varie lezioni.

Thomas contro ogni previsione riuscì a scrivere tutti gli appunti senza distrarsi un attimo per tutte le ore di lezione prendendosi i minuti tra una lezione e l'altra sistemarli nel raccoglitore dividendoli per materie.

A ora di pranzo si ritrovò con gli amici in mensa che gli consegnarono una coppia degli appunti.

Non ci mise molto a sistemarli nel raccoglitore per poi rimetterlo in borsa.

Kevin lo guardò per un attimo: «Per caso hai riletto anche i nostri appunti ieri sera?»

«No, so che sapete come prenderli per poterli studiare al meglio» rispose lui mangiando distrattamente il suo pranzo.

Al termine di quel pasto guardò l'orario che si era scritto da una parte e lasciò la mensa andando a dare delle ripetizioni per due ore di fila prima di rientrare a scuola per andare ai corsi pomeridiani e recuperare tutti gli appunti delle lezioni.

Quel giorno gli erano capitati i corsi di musica e cucina, mentre il giorno prima gli erano capitati quelli di meccanica e ingegneria assieme a quello d'informatica.

Le lezioni terminarono alle quattro e mezzo per questo mise via il raccoglitore per poi andare in camera, adagiando la borsa sul letto, per cambiarsi e partecipare agli allenamenti di basket.

Arrivato in palestra incontrò gli amici che si avvicinarono a lui.

Kevin gli sorrise chiedendogli: «Come sono andate le lezioni?»

«Devo ammettere che ho fatto fatica a seguire quelle di meccanica e ingegneria. Per il resto è stato abbastanza facile» ammise lui accennando un sorriso: «Dopo passo in biblioteca a cercare dei libri sull'argomento del quale ha parlato il professore per vedere se ho preso correttamente gli appunti»

«Ti serve aiuto?» gli domando Victor curioso.

«Credo di potercela fare...» rispose lui portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio per poi legarli con un elastico.

«Dobbiamo andare per iniziare alcune ricerche che ci sono state assegnate per questo chiedevamo» ammise tranquillamente il ragazzo dandogli una pacca su la spalla.

Thomas non ebbe il tempo di rispondere perchè l'allenamento iniziò poco dopo. Intanto, Leonard, si era svegliato portando la mano sana su gli occhi avvertendo un po' di fastidio alla vista.

Cercò con la mano il campanello facendolo suonare tenendo gli occhi chiusi.

L'infermiera che quella mattina aveva accompagnato Thomas entrò nella stanza avvicinandosi al letto: «Posso fare qualcosa per te?»

«Sì, potrei avere qualcosa da mangiare, per favore? Poi se è possibile vorrei parlare con il medico. Ho un po' di fastidio alla vista» ammise lui senza giri di parole.

«Certamente. Vado subito a informare il medico poi ti porto da mangiare» disse lei sorridendogli per poi uscire dalla stanza.

Pochi minuti dopo si avvicinò al medico curante del ragazzo dicendogli: «Dottore, Leonard Black si è svegliato, però, dice di avere un fastidio alla vista»

«Vado subito da lui» rispose l'uomo allontanandosi da lei raggiungendo il ragazzo bussando alla porta per attirare la sua attenzione.

Leonard si voltò verso la porta lasciandosi scappare un gemito di dolore quando la luce intensa fuori dalla stanza gli investì lo sguardo: «Dottore?»

«Sì, sono io. Potresti spiegarmi meglio qual è il fastidio che senti?» gli domandò l'uomo avvicinandosi a lui.

«La luce troppo forte mi fa male» ammise lui spostando la mano da sopra gli occhi.

«Capisco. È uno degli effetti collaterali causati dai colpi che hai preso alla testa, ma passerà in qualche giorno» disse lui osservandolo attentamente per poi dirgli: «Dovrai usare degli occhiali da sole per proteggerli ed evitare fastidi eccessivi»

«I miei nonni non sono ancora arrivati?» chiese Leonard preoccupato.

«Hanno chiamato per avvisare che saranno qui più tardi. Si sono presentati a casa loro degli ospiti inaspettati» rispose l'infermiera che era tornata nella stanza portandosi dietro un vassoio con qualcosa che potesse mangiare.

Leonard si morse il labbro mettendosi seduto tra le coperte portando la mano sana su le costole doloranti: «Sempre peggio questi dolori fastidiosi»

«Le costole guariranno in un mese» disse il medico per poi aggiungere: «Adesso mangia qualcosa, poi vedrò quando mandarti a casa»

«Va bene» rispose lui senza giri di parole.

L'uomo lasciò la stanza e Leonard iniziò a mangiare tranquillamente per poi rivolgersi all'infermiera: «Per caso è venuto qualcuno oggi?»

«Non so se dovrei dirtelo, ma questa mattina è venuto un ragazzo chiedendomi di te» ammise lei sedendosi su una sedia vicino al letto: «Era di fretta e non si è fermato a lungo. Quando è andato via sembrava piuttosto turbato»

«Immagino di non essere poi un così bello spettacolo ridotto in questo stato» ammise lui terminando di mangiare tutto quello che aveva nei piatti.

«Credi che per me sia possibile uscire a prendere un po' d'aria fresca?» chiese mordendosi il labbro.

«Non lo so, ma provvisoriamente posso avvicinare il letto alla finestra della stanza in modo che tu possa goderti al meglio l'aria fresca» disse lei spostandogli una ciocca di capelli dal volto.

Leonard sorrise al suo gesto dicendo: «Mi farebbe molto piacere»

La donna sorrise liberando le ruote del letto dal loro blocco spostandolo poco dopo fino ad attaccarlo al muro vicino alla finestra.

Lo bloccò nuovamente per poi avvicinare anche tutti i macchinari al quale era ancora collegato in modo che i fili non fossero troppo tesi e si staccassero a un suo movimento errato.

Il ragazzo aprì la finestra venendo accarezzato dal lieve venticello che entrava nella stanza.

L'infermiera prese una coperta leggera mettendogliela su le spalle: «Non prendere troppo freddo. Con tutti i medicinali che stai prendendo il tuo sistema immunitario è un po' indebolito»

Poco dopo lasciò la stanza portando via il vassoio con i piatti vuoti.

Leonard rimase a osservare il giardino fiorito godendosi il fresco del vento e il calore del sole che gli accarezzava la pelle scaldandolo lentamente pensando: Chissà chi è venuto a trovarmi oggi? Si farà vivo di nuovo?

Si lasciò andare a un sospiro portando la mano su le costole avvertendo la solita fitta di dolore, ma venne distratto da una lieve risata che lo fece voltare verso la porta notando una bambina che si nascose dietro la porta.

«Come mai ti sei nascosta?» chiese il ragazzo curioso.

«Non mi sto nascondendo» rispose lei affacciandosi alla porta. 

«A no? Ti sei persa?» gli domandò il ragazzo perplessa. 

«No. Mio fratello ha accompagnato la mamma a fare una visita e io cercavo un posto dove guardare il giardino. La mamma mi ha detto che è bellissimo» ammise lei affacciandosi completamente alla porta.

«Se vuoi da qui si vede» rispose il ragazzo indicandogli la finestra.

La bambina entrò nella stanza prendendo una delle sedie portandole davanti alla finestra per poi salirci sopra guardando il paesaggio: «È bellissimo!»

«Sì. Lo è» rispose lui sorridendo osservando alcuni fiori volare trasportati dal venticello che entrarono dalla finestra aperta cadendogli sul letto.

Leonard afferrò uno di quei fiori sorridendo annusandolo chiudendo gli occhi: «Questi fiori hanno un profumo buonissimo»

«Davvero?» chiese lei scendendo dalla sedia avvicinandosi a lui per guardare da vicino i fiori entrati dalla finestra.

«Certamente...» rispose lui dandogliene uno per poi metterne un altro tra i suoi capelli biondi: «Adesso sei davvero carina»

Alle sue parole la bambina arrossì imbarazzata: «Cosa ti è successo?»

«Ho avuto un piccolo incidente mentre ero a scuola» rispose lui sorridendole.

«Mi dispiace. Ti fa tanto male?» chiese lei preoccupata.

Leonard le sorrise con dolcezza: «No, principessa. Vedi la flebo attaccata al mio braccio?»

La bambina annuì osservando le sacche collegate al suo braccio cercando di capire cosa contenessero, ma lui aggiunse: «Sono tutte medicine che non mi fanno sentire dolore e mi aiutano a guarire»

«Sei qui da solo?» gli domandò nuovamente la bambina.

«Tra poco dovrebbero arrivare i miei nonni, ma io sono tanto grande e forte quindi posso stare da solo per un pò» disse lui facendole l'occhiolino.

Sentendo la voce della bambina un ragazzo fece la sua comparsa su la soglia: «Erika, non dovresti disturbare gli altri...» s'interruppe a metà guardando il ragazzo: «Leonard...»

«Fratellone, da qui si vede il giardino che piace tanto alla mamma» disse lei sorridendo felice prendendolo per mano facendolo entrare nella stanza portandolo davanti alla finestra.

«Hai ragione...» riportò lo sguardo sul ragazzo mordendosi il labbro: «Spero che mia sorella non ti abbia disturbato»

Leonard accennò un sorriso: «Nessun disturbo. È una principessa molto curiosa, Kevin»

«Vi conoscete?» chiese curiosa Erika tenendo la mano del fratello.

«Sì, principessa. Siamo compagni di scuola» rispose semplicemente Leonard senza aggiungere altro.

La madre di Kevin vedendoli in quella stanza si rivolse ai figli: «Kevin, Erika, andiamo?»

«Sì!» esclamò la bambina sorridendo felice correndo da lei.

«Questi fiori?» chiese lei curiosa.

«Me li ha dati lui. Sono entrati dalla finestra» disse Erika sorridendo felice dando alla madre l'altro fiore che lo prese sorridendo.

La donna portò lo sguardo sul ragazzo per poi guardare il figlio e comprese al volo cosa stesse succedendo per questo entrò nella stanza: «Ti ringrazio per aver controllato la piccola Erika»

«Non si preoccupi, signora. Mi ha fatto piacere passare qualche minuto con una bella principessa» rispose lui sorridendo alla bambina che rise divertita nascondendosi dietro la gamba del fratello.

Poco dopo nella stanza arrivarono i nonni del ragazzo: «Leonard, non sapevamo avessi delle visite»

«Tranquilla, nonna. Lui è Kevin, un mio compagno di scuola era qui con la sorellina e la madre» rispose lui tranquillamente sistemandosi la coperta su le spalle.

«Capisco. Mi fa piacere sapere che qualcuno anche se di passaggio sia venuto a trovarti. Saperti da solo mi mette tristezza» ammise lei aiutandolo a sistemarsi la coperta.

«Ma dai, nonna. Lo sai anche tu che non mi da fastidio stare da solo, però, stare a letto mi annoia moltissimo» disse semplicemente Leonard guadagnandosi un piccolo buffetto su la fronte dalla nonna: «Ahi!»

«Bugiardo!» esclamò lei ridacchiando.

Il ragazzo si lasciò andare a una lieve risata che gli fece stringere i denti per il dolore che si ripresentò alle costole.

Kevin che non aveva mia visto il ragazzo sotto quella luce si passò una mano tra i capelli dicendo: «Noi adesso andiamo, magari potrei riportare la mia sorellina a trovarti»

«Va bene» rispose semplicemente Leonard.

Poco dopo i tre lasciarono la stanza avviandosi lungo il corridoio, ma la donna si rivolse al figlio: «Chi era quel ragazzo?»

«Quello di cui vi ha parlato il preside» ammise lui osservando la sorella avvicinarsi a un bancone dove vendevano dei fiori con dei peluche guardandoli curiosa.

«Erika, cosa fai?» le chiese il ragazzo perplesso.

«Guardavo questi fiori. Posso portarne un mazzo a lui?» chiese guardando il fratello con occhi da cucciolo abbandonato.

Kevin si passò una mano tra i capelli mettendo la mano in tasca recuperando il portafoglio porgendole una banconota: «D'accordo. Prendi anche un piccolo peluche da metterci assieme»

Erika prese i soldi andando a parlare con la ragazza al bancone che le preparò un mazzo di fiori carini assieme a un orsetto azzurro che teneva tra le mani un cartello con su scritto: "Auguri di pronta guarigione".

«Vado a portarglieli, fratellone» disse Erika sorridendo felice.

«Va bene. Ti aspettiamo qui» rispose lui sorridendole incrociando le braccia al petto pensando: Aveva ragione Thomas a essere turbato da quello che ha visto. Non mi aspettavo di vederlo in quello stato, ma è stato anche gentile a non dire niente a Erika su quello che gli abbiamo fatto...

«A cosa pensi?» chiese la donna osservandolo perplessa.

«Poteva dire tutto a Erika invece non gli ha detto niente o lei mi avrebbe trattato male» ammise lui senza giri di parole.

«Mi sembra un ragazzo piuttosto solo» constatò lei accennando un sorriso.

«A scuola è sempre da solo. Fa di tutto per tenere le persone lontane e non riesco a capirne il motivo» ammise Kevin senza giri di parole.

Intanto la bambina tornata su i suoi passi raggiunse la stanza dove aveva incontrato Leonard e bussò alla porta sorridendo.

Il ragazzo vedendola sorrise: «Principessa Erika, come mai sei tornata?»

«Ti ho portato questi. Non puoi uscire dalla tua stanza e ho pensato di portare i fiori da te» rispose lei entrando posandogli i fiori sul letto assieme all'orsetto. «Ti ringrazio. È un pensiero davvero carino da parte tua» rispose lui per poi guardare la nonna: «Nonna, potresti metterli nell'acqua?»

«Lascia fare a me, Leonard» rispose lei sorridendo alla piccola: «Stai attenta tornando dalla mamma e dal fratellone»

La bambina annuì per poi lasciare la stanza salutando con la mano correndo via tornado dalla mamma e dal fratello.

Kevin vedendola la prese in braccio: «Gli sono piaciuti i regali?»

«Sì!» esclamò lei abbracciandolo: «I fiori gli piacciono tanto»

Poco dopo i tre lasciarono l'edificio salendo in macchina per poi tornare a casa.

Tornata in camera la nonna del ragazzo gli chiese: «Posso chiederti chi era quel ragazzo veramente?»

«Era uno dei cinque che mi hanno mandato qui» rispose lui riportando lo sguardo sul giardino fiorito.

«Non hai detto niente, però, alla bambina su quello che è successo» constatò lei guardandolo seriamente.

Leonard scosse la testa: «Perchè dovevo farlo? Lei non ha colpe e poi sono abbastanza adulto da sapere che le persone possono soffrire se qualcuno che amano fa qualcosa di sbagliato»

«Sei un ragazzo speciale, Leonard. Hai un cuore enorme» rispose lei alle sue parole posando il vaso di fiori sul comodino che riempirono l'aria di un dolcissimo profumo dando un po' di colore anche a quella stanza troppo bianca.

La donna rimase con il nipote fino al termine delle visite, ma prima che se ne andasse il medico arrivò nella stanza dicendo: «Sono arrivato appena in tempo. Volevo informarvi che tra due settimane ti manderemmo a casa. Voglio tenerti qui per controllare la guarigione delle ferite causate dall'operazione per poi applicare il gesso in modo che le fratture possano saldarsi completamente senza che tu faccia movimenti avventati»

«Va bene, dottore» rispose la donna sorridendo: «Adesso è meglio se andiamo stiamo sistemando la tua stanza a casa in modo che quando torni tu possa muoverti agilmente senza troppi problemi»

«Credo che per muovermi avrò bisogno della sedia a rotelle anche perchè non posso fare comunque peso e con un braccio nello stesso stato della gamba le stampelle non servono a niente» rispose lui alle parole della nonna.

La donna sorrise con dolcezza e dopo avergli lasciato un bacio su la fronte lasciò la stanza per tornare a casa.

Intanto Kevin tornato a scuola si diresse fino alla stanza di Thomas bussando alla porta.

Il ragazzo che era seduto alla scrivania dopo aver recuperato diversi libri dalla biblioteca riguardanti le materie pomeridiane di Leonard si voltò verso la porta dicendo: «Avanti!»

Kevin varcò la soglia chiudendosi la porta alle spalle per poi tenendoci la schiena posata contro lasciandosi scivolare a terra stringendo le gambe al petto.

Preoccupato, Thomas, si diresse verso di lui inginocchiandosi posandogli una mano su la spalla: «Kevin, cosa succede?»

«Sono stato in ospedale per accompagnare mia madre...» sussurrò lui con un filo di voce per poi aggiungere: «Erika, voleva vedere il giardino di quel luogo e l'ha incontrato...»

«Incontrato?» chiese lui cercando di capire.

«Sì. Ha visto Leonard» rispose lui guardandolo con le lacrime agli occhi.

«Spiegati. Ti ascolto» disse con calma il ragazzo sedendosi vicino a lui.

«Quando sono andato a cercarla e l'ho visto non sapevo cosa dire. Ero preoccupato che lui le avesse detto cosa gli abbiamo fatto...» ammise Kevin con voce tremante.

Thomas gli accarezzò la schiena chiedendogli nuovamente: «L'ha fatto?»

Il ragazzo si morse il labbro lasciando scorre le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento rispondendogli: «No. Non le ha detto niente»

Tra un singhiozzo e l'altro si rivolse all'amico chiedendogli: «Cosa gli abbiamo fatto?»

«Gli abbiamo fatto del male» constatò semplicemente lui cercando di tranquillizzarlo con lente carezze circolari.

Dopo qualche minuto il ragazzo crollò sfinito addormentandosi profondamente per questo motivo Thomas lo prese in braccio portandolo nel secondo letto presente nella sua stanza che nessuno utilizzava.

Gli tolse le scarpe mettendogli sopra le coperte passandosi poi una mano tra i capelli lasciandosi andare a un sospiro pensando: Sei troppo sensibile, Kevin. Non è il caso di stare così male dato che non possiamo tornare indietro nel tempo per evitare che gli succeda qualcosa...

Tornò alla scrivania rimettendosi a lavoro su gli appunti che aveva preso quel giorno sistemandoli al meglio scrivendo nei vari colori quello che pensava fosse più importante.

Quando alzò lo sguardo era ora di cena per questo chiuse il quaderno e i libri allungando lentamente i muscoli per poi alzarsi dalla sedia avvicinandosi all'amico posandogli la mano su la spalla: «Kevin, andiamo a mangiare qualcosa»

Il ragazzo aprì gli occhi passandoci sopra la mano: «Thomas...»

«Su, ti aspetto qui. Il bagno sai dove trovarlo per darti una rinfrescata» disse lui sorridendogli.

Kevin si alzò dal letto infilandosi le scarpe per poi andare a darsi una rinfrescata. Solo dopo tornò da lui per poi raggiungere gli amici in mensa dove si riunirono in uno dei tavoli più appartati dove diedero a Thomas il resto degli appunti che avevano preso in modo da allegarli agli altri e mangiare senza essere disturbati.

Al termine della cena tornarono nella loro stanza per poi mettersi a dormire dopo quella seconda lunga giornata.

Intanto anche Leonard dopo aver cenato, chiusa la finestra, si era addormentato nuovamente sapendo benissimo che tutto quel dormire avrebbe mandato al diavolo i suoi orari di sonno per questo avrebbe dovuto riprendere la sua routine giornaliera una volta smesse quelle flebo di farmaci. 

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