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Alcatraz

Oggi i cancelli di Alcatraz torneranno ad aprirsi.
Sì, bè, scusate, sono poco chiara persino per me stessa, ma la sveglia è appena suonata per la quinta volta di seguito, mettendomi al corrente che sono già le sette e quaranta del mattino, quindi cercate di comprendermi. Devo fare la doccia, cercare di assumere sembianze umane dopo la notte insonne che ho trascorso, assicurarmi di non dimenticare niente e poi... ah, sì, giusto, fare colazione e cercare di evitare mio padre.
Oh, per chi non l'avesse capito... oggi inizia ufficialmente il mio ultimo anno di scuola superiore alla Fort Lauderdale High School. Sì, lo so, quando finisci di pronunciare il nome della scuola, non solo ti ritrovi diplomato, ma probabilmente sei anche prossimo alla pensione.
M'infilo in bagno, cercando di tenere gli occhi aperti. Mi lavo i denti, abbondo con il dentifricio e li strofino minuziosamente. Da quando Hunter mi ha baciato a quel party, la scorsa settimana, non riesco più a smettere di sentire il suo sapore nella mia bocca. Ho provato in tutti i modi, ho mangiato del cibo piccantissimo, dei pop corn salatissimi, addirittura ho fatto i gargarismi con il collutorio ultra potente di mio padre, ma niente da fare. Continuo ad avvertire il sapore di Hunter, un mix di alcool e menta che mi manda al manicomio.
Metto via lo spazzolino con un sospiro frustrato, dopodiché mi tolgo il pigiama ed entro nella doccia. L'acqua tiepida che scende dal miscelatore mi accarezza la pelle intorpidita, riuscendo nell'intento di far rilassare i miei poveri muscoli contratti. Mi lavo accuratamente i capelli, metto una lozione per non farli annodare, visto che sono estremamente fini, dopodiché esco dalla doccia e decido di non asciugarli, in modo che rimangano mossi naturalmente.
Torno in camera mia, accendo il computer e contemporaneamente cerco di infilare gli shorts di jeans. Poi controllo la posta elettronica. Sono praticamente sommersa dalla pubblicità. C'è l'invito per l'apertura di una nuova palestra, un avviso di sconti pazzi in un negozio d'abbigliamento, persino la proposta di matrimonio di uno sceicco arabo. Finalmente individuo quello che cerco in mezzo a quella marea di futili e-mail: il mio orario scolastico.
Il preside Lendersten è un tipo molto scrupoloso e ben organizzato. E' solito inviarci sulla posta elettronica il programma previsto per il nuovo anno, evitando così di creare caos in segreteria alla riapertura della scuola.
Stampo il mio orario, lo infilo nella tracolla, mi metto le scarpe e corro di sotto.
Mio padre sicuramente sta ancora dormendo, oggi ha preso una giornata libera dal lavoro per andare a fare una visita alla prostata. E' terribilmente ipocondriaco e al minimo sintomo corre a farsi controllare da un esperto. Ora si è convinto di avere problemi urologici, solamente perché ha fatto pipì tre volte in una notte, quando invece di solito va in bagno una volta sola intorno alle tre del mattino. Evidentemente ha dimenticato di essersi scolato un'intera bottiglietta di tè freddo prima di andare a dormire, quella sera.
Mi riempio un bicchiere di succo d'arancia, afferro un paio di biscotti, prendo le chiavi della mia macchina dalla ciotola all'ingresso e faccio per uscire dalla porta, quando una voce mi blocca proprio lì dove sono.
<<Sei in ritardo.>> Mio padre è seduto sul divano, in salone. Mi guarda attraverso il buio fitto della stanza. Le tapparelle sono ancora abbassate e lui è in pigiama.
<<Già>>, borbotto, cercando i suoi occhi nell'oscurità. <<Non ho sentito la sveglia.>>
<<Se andassi a dormire prima, la sera, invece di chiacchierare per ore al telefono con quella tua amica cuoca, adesso di sicuro saresti in perfetto orario.>> Ha detto "cuoca" con lo stesso tono che si usa per dire "assassina".
Sono troppo in ritardo per mettermi a discutere con lui. La scuola viene prima di ogni altra cosa, perché è l'unico mezzo che ho per andarmene da questa città soffocante.
Sorrido, sarcastica. <<Sì, bè, hai ragione come sempre.>> Apro la porta e torno a guardarlo. <<Buona fortuna con la tua prostata!>>
Cinque minuti dopo sono ferma ad uno stop e mi sto praticamente sganasciando dalle risate. Insomma, so che è stata una battuta stupida, quella fatta a mio padre, ma è proprio questo il bello.
O forse io sto semplicemente avendo una crisi di nervi.



Di solito arrivo a scuola in perfetto orario, ma indovinate un po'? Stamattina mi sono ritrovata bloccata a causa di un incidente.
Per la verità non si è trattato proprio di un incidente, ma ha generato ugualmente del caos: Walter Carridone è un ex soldato dell'Esercito Americano che nel lontano millenovecento cinquantacinque ha partecipato alla Guerra del Vietnam. E' rimasto decisamente toccato da quell'evento, al punto da simulare veri e propri attacchi al nemico nel bel mezzo della strada. Chiaramente non possiede armi vere, ma si serve del telecomando della sua televisione per eliminare nemici immaginari. In diciassette anni di vita mi ha già fatta fuori almeno cinquanta volte.
Parcheggio la macchina nello spiazzo esterno della Fort Lauderdale High School, un enorme edificio di mattoni color miele circondato da un curatissimo campo da football, dopodiché corro verso l'entrata, sperando di arrivare in tempo prima del suono della campanella. Non sono mai stata così in ritardo e la cosa peggiore è che probabilmente ha ragione mio padre. Io e Tess dobbiamo smetterla di commentare per tutta la notte gli episodi di Games Of Thrones che guardiamo contemporaneamente in streaming.
Afferro il mio orario dalla borsa per controllare quale materia ho alla prima ora: chimica.
Corro verso l'aula del professor Fannies, salgo le scale e finisco dritta dritta contro qualcuno. Il qualcuno in questione è un ragazzo che conosco solo di vista, mi sembra faccia parte della squadra di nuoto, ma non ne sono pienamente certa. Mi raccoglie la borsa caduta durante l'impatto e mi sorride, porgendomela.
<<Qualcosa mi dice che sei in ritardo.>> Sorride, mettendo in mostra un'arcata di denti bianchi, dritti e spettacolari.
Mi sistemo la tracolla sulla spalla e ricambio il sorriso. <<No, in verità mi stavo solo allenando per la maratona.>> Lui mi guarda perplesso, così mi affretto ad aggiungere: <<Sto scherzando. Non fare caso a quello che dico, la mattina è già tanto se riesco a parlare e respirare contemporaneamente.>>
<<E pensare che c'è anche chi fa tre cose contemporaneamente>>, dice, fingendosi incredulo.
<<I misteri della vita.>> Mi tiro indietro i capelli e mi mordo un labbro. <<Scusa se ti sono piombata addosso.>>
Lui scrolla le spalle. <<Ehi, poteva andarmi peggio. Almeno sei una bella ragazza e non un massiccio giocatore di football sudato.>> Alza lo sguardo verso il grande orologio appeso accanto all'auditorium. <<Credo che tu sia ancora più in ritardo, adesso.>>
<<Merda!>> Sgrano gli occhi e mi porto le mani sulla mia bocca inopportuna. <<Cavolo.>>
Ricomincio a camminare e prima di voltare l'angolo torno a guardare quel ragazzo. Lui mi sorride e poi riprende a scendere le scale.
Sbaglio o... insomma, non prendetemi per una povera sfigata, ma non ho molta esperienza in questo genere di cose, e per questo genere di cose intendo "i ragazzi carini con i denti perfetti che ti dicono velatamente che sei bella e che... bè, probabilmente ti prendono per squilibrata". Quel ragazzo stava cercando di flirtare con me? Oppure... insomma, sto prendendo uno scorpione? Cioè, volevo dire granchio. Sto prendendo un granchio?
Raggiungo l'aula di chimica e spalanco la porta, pregando il cielo di non fare la mia apparizione durante uno di quei momenti di silenzio imbarazzante, in cui tutti quanti ti fissano come se avessi due nasi al centro della faccia.
Indovinate un po'? Silenzio tombale e almeno venti paia di occhi che si soffermano sulla mia imbarazzata figura.
Mi scuso con il professor Fannies e raggiungo il mio posto, o per meglio dire, raggiungo l'unico posto rimasto libero. Mi metto a sedere sullo sgabello di metallo e osservo la scritta "Tavola Periodica" che capeggia sulla lavagna.
Proprio in questo preciso momento, la porta dell'aula si apre di nuovo e fa la sua apparizione Mr. non-rubare-la-mia-argenteria, altrimenti detto Hunter Hamilton, o come preferisco io, la mia spina nel fianco.
<<Signor Hamilton, grazie per averci degnato della sua presenza.>> Il professor Fannies fissa Hunter con uno sguardo sarcastico.
L'idiota sorride, alzando le spalle. <<Si figuri, non avevo niente di meglio da fare.>>
La classe scoppia in una fastidiosissima risata di gruppo a cui io chiaramente non prendo parte. Mi limito a deglutire ossessivamente, nella speranza di togliermi quel maledetto sapore dalla bocca. Ora che guardo Hunter, lo sento ancora più amplificato sul mio palato. Deve avermi fatto il malocchio.
<<Si sieda accanto alla signorina Nashton e la smetta.>>
Ecco, di solito dopo una risposta del genere un professore non ci penserebbe due volte a spedirti dal preside con tanto di richiesta esplicita di sospensione, ma per Hunter Hamilton e la sua cricca le cose funzionano diversamente. Ricordate il discorso sulla crema e sul burro d'arachidi? Appunto, tenetelo sempre a mente.
Hunter mi guarda scocciato, facendosi strada verso il mio banco, mentre io cerco di ricordarmi come si fa a respirare e contemporaneamente provo a tenere a bada la voglia di infilzare il professor Fannies con la penna blu che sto stritolando tra le mani.
Vi ho detto di tenere sempre a mente il discorso sulla crema e il burro d'arachidi? Bene, dimenticatevelo durante le lezioni con il professor Fannies. Lui non fa distinzioni, ci odia tutti, dal primo all'ultimo, senza esclusioni né classi sociali.
L'idiota si siede accanto a me e sparpaglia il suo ciarpame sull'intero banco, occupando anche il mio lato. Mi cade l'occhio sul suo orario e mi rendo conto di avere insieme a lui almeno tre lezioni.
Socchiudo gli occhi e metto a fuoco la sua figura: camicia bianca quasi del tutto aperta, i jeans Levi's chiari, un cappellino nero girato al contrario sui capelli biondi e un paio di sneakers bianche ai piedi.
<<Bè?>>, mi dice, costringendomi ad alzare lo sguardo sul suo volto. <<Pensi di osservarmi per tutto il giorno? Per me non c'è problema, cameriera, ma non vorrei t'innamorassi troppo.>> Ghigna, mordicchiando la penna che tiene in mano.
<<Non stavo guardando te.>> Abbasso gli occhi sul banco e... no, dai, davvero? Ho veramente risposto così? Ma se non stavo guardando lui, allora cosa diavolo stavo guardando? Sono un'idiota.
<<Lo strabismo può essere curato, sai?>>
<<Peccato, perché invece per il tuo cervello non c'è speranza.>> Mi sembra di essere tornati all'asilo. Con lui non riesco mai a vincere, nonostante io possa vantare di avere la lingua più tagliente della città.
Sento il suo respiro che mi solletica la pelle dell'orecchio. <<Andiamo, cameriera, quella lingua sai usarla meglio di così.>>
Chiudo gli occhi e stringo la presa sul bordo del banco. <<Vai all'inferno, Hunter.>>
<<Dai, ammetti che quel bacio ti è piaciuto.>> La sua penna inizia a solleticarmi il braccio, su e giù, lentamente. <<Ammetti che senti ancora il mio sapore, che vorresti rifarlo, che ti sto facendo impazzire anche in questo preciso momento.>>
Ritraggo il braccio e torno a guardarlo negli occhi. <<E tu, allora?>> Mi faccio più vicina a lui, in modo che nessuno mi senta. <<Se mi disprezzi tanto, se mi consideri solo una cameriera, perché mi hai baciata?>>
Hunter mi fissa senza aprire bocca, con quegli occhi verdi e quel sorriso strafottente dipinto sulle labbra. <<Io non ho alcun problema ad ammettere che mi è piaciuto.>>
Sospiro, abbasso lo sguardo e apro il libro di chimica. Per il resto dell'ora, ringraziando il cielo, io ed Hunter ci ignoriamo categoricamente. Mi sento profondamente umiliata, vorrei che quel bacio non ci fosse mai stato, perché adesso probabilmente dovrò farci i conti per molto molto tempo. Io e Hunter veniamo da due mondi completamente diversi. Lo conosco bene, ormai, non perderà occasione di mettermi in imbarazzo con questa storia, la userà contro di me, trasformandola in una debolezza.
Non appena suona la campanella, mi fiondo fuori dall'aula. Spero solo di non incontrarlo anche alla lezione di letteratura.

A mensa mi siedo accanto a Dawn. Mi racconta l'ennesimo dramma familiare. A quanto pare suo cugino ha deciso di sposarsi con la sua ex insegnate di prima elementare. La donna ha sessantadue anni e lui appena venti.
La mia amica deve decisamente cambiare famiglia al più presto ed estirpare i loro geni dal suo corpo.
Guardo verso la porta e vedo entrare Hunter, Kevin Armstrong, Caroline Stinson e tutta l'allegra compagnia. Prendono posto al loro solito tavolo, quello accanto alla finestra, riservato solo ed esclusivamente alla crema: giocatori di football, cheerleaders e ragazzi con il fondo fiduciario stellare.
Mangio pigramente un boccone di purè e piego le labbra. <<Li detesto, spero vivamente che il cibo della mensa gli faccia venire una dissenteria immediata.>>
<<Mio Dio, guarda il punto vita di Caroline Stinons>>, mi dice Dawn, trattenendo a stento una smorfia di disgusto. <<Diventa sempre più fino, sembra che qualcuno l'abbia scavata con un cucchiaio.>>
Sorrido. <<Con un bisturi, vorrai dire. Tutto il grasso che si toglie dal ventre, se lo fa impiantare nelle tette.>>
La mia amica mi fissa inorridita. <<Davvero? E chi te l'ha detto?>>
Ghigno, maligna. <<La scorsa settimana, mentre stavo svuotando i cestini nell'ufficio del signor Stinson al Country Club, ho trovato una ricevuta di un chirurgo plastico che esercita in California. C'erano tutti i piccoli ritocchini della nostra cara Caroline.>> Mangio un altro boccone di purè. <<Oh, il grasso delle guance è finito dritto dritto sul suo sedere.>>
Sposto lo sguardo verso sinistra e vedo il ragazzo contro cui sono finita questa mattina sulle scale, che avanza verso il tavolo di Hunter con un vassoio stracolmo di cibo. Quando si accorge di me, mi sorride, cambia direzione e si avvicina.
<<Ehi, che strano, non stai correndo>>, mi dice, aprendosi in un sorriso.
Inghiotto velocemente il boccone di purè e ricambio il sorriso. Spero solo di non avere niente incastrato tra i denti. <<Bè, sai, mi alleno solo sulle scale.>>
<<Peccato, ci stavo facendo l'abitudine.>> Mi fissa attentamente. <<E' piacevole scontrarsi con te.>>
Abbasso lo sguardo, completamente rossa per l'imbarazzo. Dawn mi guarda incuriosita, mentre mangiucchia un po' di polpettone, ma non osa aprire bocca. Rimanderà l'interrogatorio a quando saremo da sole. E' la prima regola sul codice dell'amicizia. O forse la seconda...
Mi schiarisco la voce. <<Vale lo stesso per me. Sei molto morbido.>> Sgrano gli occhi, non appena mi rendo conto di ciò che le mie labbra hanno appena pronunciato. Vi prego, ditemi che esiste un modo per tornare indietro nel tempo.
<<Bè... grazie?>> Lui trattiene a stento una risata.
<<Non volevo dire questo, anche perché è molto duro e... oh, mio Dio, intendevo il tuo petto. Il tuo petto è molto duro, ma...>>
<<Ehi, dolcezza.>> La voce estremamente fastidiosa di Kevin Armstrong m'interrompe. <<Vuoi sentire cos'altro è duro?>>
Mi volto verso destra e vedo Kevin e Hunter accanto al ragazzo con cui stavo parlando. <<No, grazie, sono certa che la tua mano amica s'ingelosirebbe.>>
Il tipo con cui stavo parlando scoppia a ridere, porgendomi poi la mano sinistra. <<Io comunque sono Parker.>>
Annuisco, ricambiando la stretta di mano. <<Skyler.>>
<<Okay, Park, abbiamo gli allenamenti.>> Hunter richiama l'attenzione di Parker, senza però staccare gli occhi dalla sottoscritta. E' stranamente serio, non ne capisco il motivo. <<Sono sicuro che potrete rimandare le presentazioni ad oggi pomeriggio, al Country Club. Vedi, Park, riconoscerai la nostra Skyler molto facilmente. E' quella con la divisa e il cart delle bevande.>> Ghigna, ricevendo una pacca sulle spalle da Kevin Armstrong.
<<Ci vediamo, Skyler.>> Parker mi sorride, dopodiché si allontana insieme a quei due idioti, scomparendo fuori dalla porta della mensa.
Infilo praticamente la faccia nel purè, cercando in tutti i modi di sfuggire allo sguardo di Dawn. Quando ci si mette è peggio di un segugio.
<<Allora?>>, dice alla fine, cedendo alla sua curiosità. <<Come mai conosci Parker Allen?>>
<<In realtà non lo conosco.>> Alzo le spalle. <<Stamattina gli sono finita contro e abbiamo scambiato due chiacchiere, tutto qui.>>
<<Sarà, ma a me sembrava parecchio interessato.>>
<<A cosa?>>
<<Non a cosa, ma a chi.>> Dawn sorride e morde una patatina fritta. <<E' molto difficile attirare la sua attenzione, ma tu a quanto pare ci sei riuscita.>>
Sorrido a Dawn, fingendomi lusingata dalle sue parole. In realtà non riesco a fare a meno di togliermi dalla mente lo sguardo di Hunter. Non so spiegarvi perché, ma c'era qualcosa d'indefinibile nei suoi occhi.
E' lo stesso sguardo che aveva poco prima di baciarmi.

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