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8) MORBO


Preoccupato dalle parole di Frassinella, Saaràn si guardò attorno e si sbrigò nel terminare l'improvvisato bendaggio al braccio della donna:

"Potrebbe aggredirci ancora?" le fece.

Era spaventato dalla prospettiva di vedere spuntare dal sottobosco le spire uncinate di quella creatura mostruosa.

Nemmeno a lui piaceva l'idea di rimanere ancora allo scoperto, ora che sapeva che non erano al sicuro.

"Forse no, però è meglio andare" rispose lei e fece per prendergli la mano, ma quando gliela strinse, l'Un emise un gemito di dolore e se la ritirò contro il petto, proteggendosela con l'altra.

Insospettita da quella reazione la Yaonai gliela riprese, la girò e vide che nella pelle del palmo vi erano quattro o cinque tagli.

Roba di poco conto, poco più che lacerazioni superficiali, eppure due di essi erano infiammati, gonfi e dolenti.

Attorno ai bordi si andava a formare un alone nero, quasi che i tessuti volessero seccare e stessero necrotizzando velocemente.

Dalle ferite suppurava un liquido trasparente, colloso e dall'odore pungente.

La Yaonai corrucciò la fronte. Non le piaceva per nulla quello che vedeva.

"Ma anche tu sei ferito. Quando ti sei fatto questi tagli?" s'informò preoccupata.

"Oggi, a raccogliere l'aculeo di Zűin. Appena l'ho afferrato mi ha ferito, ma sono taglietti da nulla. Guariranno presto" fece lui ritirando nuovamente la mano, massaggiandosi piano il dorso con l'altra come se fosse indolenzita.

La cosa non sfuggì alla Yaonai.

"Ti fanno molto male quei tagli?".

"Soltanto un poco" mentì l'Un.

Anche lui si era accorto del veloce peggioramento di quelle escoriazioni e in verità la pelle che contornava i tagli infetti gli prudeva sempre di più.

Sapeva abbastanza di medicina per rendersi conto che una situazione del genere poteva essere grave, ma in cuor suo temeva quello che quei sintomi potevano significare e preferiva fingere che non fossero nulla.

La sua ritrosia aveva un nome e una causa, quel taglio arrivava da Zűin e ne aveva paura.

Dopo aver avuto il contatto con quella creatura nel Mondo dei Semplici, Saaràn aveva compreso che nulla poteva venirne di buono, eppure lo sguardo attento della Signora lo fece vergognare della sua codardia.

Messo in soggezione dall'espressione indagatrice della donna, non se la sentì di proseguire nella menzogna.

"Soprattutto bruciano" aggiunse celando l'imbarazzo che provava dietro a un sorriso stiracchiato "solo un poco, ma sono convinto che a breve passerà".

"Vedremo" disse soltanto la Yaonai, ma si vedeva che non era per nulla convinta della sicurezza che l'Un ostentava.

"Sei in grado di fare un altro viaggio assieme a me?" gli chiese ancora "Presto dovremo allontanarci per raggiungere un posto più sicuro" fece scrutandolo attenta nel profondo degli occhi.

"Certo!" replicò lui "Ma tu? La ferita al braccio ha bisogno di essere curata al più presto".

"Non temere per me, presto verranno in nostro aiuto e mi cureranno".

"Chi verrà, Mia Signora?" fece lui sbalordito.

Non ebbe ancora terminato di dirlo, che attorno a loro apparvero delle donne molto simili a Frassinella, vestite con tuniche bianche fino ai piedi e i lunghi capelli chiari avvolti a vita.

Dalle pelli chiarissime, tanto da apparire quasi evanescenti nella penombra della foresta, esse erano una decina.

Comparvero dal nulla come fantasmi e come tali, immobili come statue, li osservavano nel più totale silenzio.

Ne erano circondati.

Ovunque Saaràn si girasse, ne vedeva una.

I loro sguardi severi non lo perdevano di vista un istante.

Istintivamente si pose davanti alla Yaonai e portò la mano all'impugnatura della spada, ma Frassinella fu più veloce di lui.

Prima che la potesse estrarre:"Fermo, uomo!" gli disse duramente in lingua Un "Non serve. Sono mie Sorelle, sono qui per aiutarci!".

Era la prima volta che la Sua Signora lo chiamava in quel modo, uomo!, e nel tono in cui lo disse vi lesse qualcosa simile al disprezzo.

Non se lo aspettava. Ne restò colpito.

Disorientato dalle parole della Yaonai, Saaràn allontanò la mano dall'arma, si ritrasse con un leggero, imbarazzato inchino e in un batter d'occhio si ritrovò alle spalle della donna.

"Frassinella, quanto tempo!" esclamò una delle nuove arrivate, pronunciando quelle parole in una lingua dolce e armoniosa, che all'uomo parve simile al vento tra i rami in primavera.

Benché Saaràn non potesse saperlo, l'antica lingua che essa usava era quella usata da millenni dalle Yaonai della Foresta.

Avvicinandosi a loro, la nuova venuta nemmeno lo degnò di uno sguardo.

Per nulla intimorita dalle sue armi, la Yaonai si fece avanti uscendo dalla pallida luce del sottobosco con movenze lente e graziose.

Era di una bellezza sopraffina, delicata.

Una maturità che alle altre ancora non increspava la pelle in minuscole imperfezioni appena percettibili, le rendeva merito nel massimo del suo fulgore.

Frassinella la riconobbe immediatamente e le si diresse incontro.

"Pino Argentato!" esclamò felice.

Un'intensa commozione si dipinse sul volto di entrambe.

Si tesero le braccia per abbracciarsi, ma quando la nuova venuta strinse il braccio di Frassinella e si accorse della ferita, arretrò.

Vide il vestito a brandelli, il braccio malamente fasciato dal tessuto zuppo di liquido e la linfa che seguitava a cadere a terra.

"Ma tu sei ferita!" le fece.

Frassinella si schernì:"È meno grave di quello che sembra. Ora è di altro che sono preoccupata. Forse faremmo meglio ad andarcene".

L'altra la guardò, accennando con il capo tutto il suo disappunto.

Pareva addolorata e triste tanto quanto lo era lei.

"Parli di Gioturna, vero? Anche noi siamo angustiate della reazione che ha avuto dopo l'esplosione del Vulcano. Hai ragione a esserne preoccupata, tuttavia lascia almeno che dia un'occhiata al tuo braccio. Poi andremo, te lo prometto. Nel frattempo le mie figlie vigileranno su di noi, non temere".

Dando un cenno d'assenso veloce e un sospiro rassegnato, Frassinella le porse il braccio e la lasciò fare.

Con poche, agili mosse, Saaràn la vide togliere la sciarpa che aveva avvolto poco prima e in breve la ferita rimase scoperta.

Sanguinava ancora, ma poco alla volta la linfa aveva iniziato a rapprendersi sui bordi della pelle, formando un callo legnoso come la corteccia di un albero.

Pino Argentato la osservò e la tastò attenta, poi annuì seria.

"Hai ragione, non è nulla di grave" confermò.

Detto questo strinse a coppa le due mani e le passò sulla ferita, avanti e indietro, sfiorando appena la pelle lesionata.

Dopo pochi attimi, la linfa che sgorgava dall'arteria lacerata divenne verde, molliccia e densa come gelatina.

Pino Argentato la vide addensarsi e proseguì a muovere avanti e indietro le mani, fino a quando l'emorragia non cessò del tutto.

Quando si ritenne contenta dell'effetto ottenuto, riavvolse la fusciacca di Saaràn attorno al braccio di Frassinella.

Era fradicia, ma non aveva altro.

"Al momento non ho nulla di meglio da metterci sopra" asserì convinta "ma è meglio tenere la ferita umida e coperta per qualche tempo ancora. Quando arriveremo sugli Anunna potremo curarti meglio. Guarirà presto, non temere".

Quando ebbe terminato, si voltò verso le altre Yaonai e con un lesto svolazzo della mano fece capire a tutte quante che potevano avviarsi.

Una alla volta annuirono, si voltarono e si lanciarono ognuna contro un albero o un cespuglio, assorbite all'interno come fumo aspirato.

In un batter di ciglia scomparvero alla vista.

"Venite" fece Pino Argentato a Frassinella "Le mie figlie renderanno sicuro il nostro viaggio per i Monti".

Dopodiché Frassinella ritornò verso Saaràn e lo prese per mano.

L'Un, rimasto a guardare attonito quello che era successo tra le due donne, senza comprendere nulla di quello che era stato detto e un po' frastornato, la seguì docilmente.

"Andiamo" gli disse, poi, dopo aver fatto un cenno a Pino Argentato, seguì l'altra Yaonai tuffandosi contro il tronco inclinato di un faggio.

Saaràn la seguì senza paura, fiducioso.

Non fece più caso alla sensazione di dilatamento che il suo corpo subì nel passare dal mondo degli uomini a quello delle piante.

Oramai lo conosceva.

In un batter d'occhio si ritrovò ancora circondato di linfa e splendore.

Con la Sua Signora si inoltrò nelle misteriose vie delle Yaonai e osservò strabiliato con quanta leggerezza e maestria quelle strane creature del bosco sapessero volteggiare attorno a lui e alla sua guida, andando avanti e indietro con la velocità del pensiero.

Apparivano e scomparivano sotto forma di scie luminose.

Come raggi di luce esploravano i dintorni e li circondavano di luce scintillante.

Per quanto non capisse la vera natura di quegli esseri meravigliosi che ora li guidavano verso una meta più sicura, ben poche altre volte in vita sua avvertì di essere circondato da così tante benevole attenzioni come in presenza di quelle Yaonai.

Il viaggio durò pochissimo e nel breve tempo che il Naaxia si lasciò trascinare dalla mano di Frassinella, attorno a sé poté percepire quanta distruzione avvolgeva quelle creature così eteree.

Avvertì dello scuro attorno a sé, una bolla di malvagità che arretrava.

Ampie zone in cui il buio avevano sostituito la luce.

Percepì anche un intenso odore di zolfo, di polvere, di morte, di distruzione, però subito dopo si rese conto di rallentare, di ritirarsi, restringersi.

Si fermavano.

Erano giunti al termine del viaggio.

Quando ritornò nel proprio corpo e si guardò attorno, vide che avevano lasciato alle spalle il bosco ed erano arrivati su un suolo più duro e roccioso.

Montagne dietro a loro.

Massi che spuntavano dalla terra, emergevano da ciò che restava della foresta e si innalzavano.

Erano sulle estreme propaggini di catene montuose che non conosceva e che si elevavano scoscese.

Era la prima volta che vedeva i Monti Anunna.

Erano diversi dai Monti d'Oro dove abitavano i Togril, i loro pendii erano più aspri e ripidi di quelle che si erano lasciati alle spalle poco tempo prima.

La luce del pomeriggio inoltrato era velata da un denso strato di pulviscolo che volteggiava leggero.

L'aria era satura di odori pungenti, di fumo e cenere.

Saaràn tossì e si portò una mano sulla bocca.

Aveva l'impressione di soffocare.

Il sole era quasi tramontato e il chiarore che ancora li circondava era mascherato da questa coltre densa e puzzolente di polvere che lentamente si posava su ogni cosa.

L'aria puzzava di bruciato e toglieva il fiato.

Attorno a sé il Naaxia vedeva una desolata landa in cui gli alberi erano rasi al suolo o pendevano miseramente verso terra, sorretti a malapena da radici quasi divelte dal suolo bruciato.

Una volta quella era una foresta.

Un altro colpo di tosse lo colse impreparato.

Espettorò del muco denso e scuro.

La mano ferita pulsava, il braccio formicolava come se fosse percorso da orde di insetti voraci che lo mordessero dall'interno.

Improvvisamente avvertì caldo, un sudore appiccicaticcio lo fece sentire a disagio nei vestiti pesanti.

Di botto si tolse il cappello di pelliccia e si sbottonò la giacca.

La testa prese a girargli.

Si sentì mancare, il fiato divenne rapido, gli occhi gli si velarono e fece fatica a reggersi in piedi.

Vagamente si rese conto che Frassinella lo chiamava.

Allarmata la Yaonai gli andava incontro e lo sorreggeva, prima che le gambe gli cedessero e crollasse in terra.

Avvertì delle dita fredde come il ghiaccio toccargli la pelle del volto e delle mani.

Scottavano.

Le sentì slacciargli la giubba e sfiorargli il petto, poi perse conoscenza.

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