6) RITORNO A CASA (Terza parte)
Come spesso succede, tutto avvenne per caso sui Monti d'Oro, qualche tempo dopo il suo arrivo.
Durante una notte di luna piena, sentendosi sola per la mancanza delle sorelle, della propria Scheggia e della vita precedente, Frassinella emise il lugubre richiamo delle Yaonai, un lungo gemito, simile a un ululato.
Sapeva di essere l'unica della sua gente in quelle terre, oltre a lei non vi erano altre Yaonai per migliaia e migliaia di chilometri tutto attorno.
Era sola, nessuno l'avrebbe compreso.
Ululò in solitudine, per rompere la disperazione che l'affliggeva.
Lo fece senza speranza alcuna di ricevere risposta, per malinconia, invece udì ululati simili ai suoi ripetersi a lungo sui fianchi dei Monti.
Ancora e ancora essi risuonarono per tutta la notte, prima lontani, avvicinandosi poco alla volta a lei come un incendio involontariamente acceso dal suo richiamo.
Non capiva, non sapeva se temere o meno quei richiami così simili al proprio, eppure, per quanto le fossero sconosciuti, ne era attratta e incuriosita.
Nuova del posto, non sapeva che in quelle lande altri animali oltre a lei usavano un richiamo simile a quello Yaonai.
Erano i lupi e lo utilizzavano per comunicare tra loro.
Sui monti su cui si trovava lei, ve ne era un grosso branco e la udirono.
Attratti dal suo richiamo, i lupi andarono a cercarla e dopo averla trovata, la circondarono e la valutarono.
Le piacquero subito e permise loro di farlo.
Come Yaonai raminga, Frassinella non aveva più una casa, una Scheggia a cui tornare, una famiglia, ma la capacità che le aveva concesso la Grande Madre di mutare forma in altri esseri, le tornò utile.
Vedendosi circondata dai lupi, mutò la propria sembianza assumendone una simile alla loro.
Un poco donna, un poco pianta, in parte Yaonai e in parte animale, la donna trasformò il proprio aspetto in quello di una lupa, assumendo un colore che in tutto e per tutto era identico al blu cobalto del cielo.
Se quelle belve feroci ebbero timore di quella strana lupa che prima camminava come una umana, profumava come una rosa e ora ululava come una della loro razza, non lo diedero a vedere.
Compresero che si trattava di un essere differente e per questo, pur essendo diversa da ogni altro lupo che ebbero modo di conoscere prima, alla fine l'accolsero e l'adottarono.
Frassinella visse alcuni mesi tra di loro sotto le sembianze di Lupa Azzurra, divenne parte integrante del branco e dentro a esso, grazie alle sue doti e alla sua intelligenza, poco alla volta crebbe d'importanza fino a divenirne la guida.
In questo modo apprese che i lupi di quella zona avevano un forte legame con degli uomini che abitavano in una valle vicina, ricca e prospera, rigogliosa d'acqua e campi coltivati a riso.
Il branco selvatico e gli umani condividevano il territorio.
Vivevano alla pari, i lupi assicurando protezione al loro villaggio, le donne e gli uomini di quella valle, cibo al branco.
Quella gente definiva orgogliosamente se stessa come ai Togril, gli Uomini.
Essi adoravano Ten-gri, l'Infinito Cielo Azzurro e temevano Zűin, il Male che giunge da sotto la terra.
Attendevano con fede profonda la venuta di un animale, una Lupa Azzurra, Bortecino, che avrebbe portato l'armonia nel creato, pacificando il Cielo e la Terra.
Quando quei montanari videro comparire assieme al branco una lupa del colore di Ten-gri, l'accolsero e l'adorarono come l'essere prodigioso che attendevano da secoli.
Presso quella popolazione pacifica e nobile, Frassinella ritrovò il rispetto per se stessa e per gli esseri umani, ma soprattutto, cosa ancor più importante, un senso per quel compito che le era stato affidato da Salice Splendente: difendere gli animali e gli uomini dei territori dell'Est dall'Immonda.
Decise così di andare a vedere con i propri occhi se in quelle terre lontane i timori della Grande Madre fossero esatti.
Quando vi giunse la prima volta lo fece mantenendo le sembianze di una donna e inorridì a vedere quello che stava succedendo in quelle terre, in seguito all'arrivo di Gioturna.
Primitivi al limite del selvaggio, gli Un, prima che l'Immonda sconvolgesse la loro esistenza, vivevano di caccia, di pesca e di quello che la natura poteva offrire loro.
Non coltivavano la terra e nemmeno conoscevano il fuoco, si ricoveravano in rifugi fatti con le pelli e perlopiù ogni piccola comunità evitava le altre, con le quali aveva meno rapporti possibili.
Si ignoravano, per così dire, non mancando cacciagione, pesca o raccolta per nessuno, sia d'estate che d'inverno.
Separati gli uni dagli altri, ma strettamente imparentati per via di matrimoni incrociati, i piccoli nuclei familiari composti al più da poche decine di persone, oltre alla stirpe e alla lingua, in comune non avevano altro se non l'essere violenti e rudi.
Ogni villaggio aveva un animale guida in cui si riconosceva e tra villaggi situati molto vicini gli uni dagli altri, essendo l'animale guida il più delle volte il medesimo, gli abitanti di questo o di quel nucleo ne cambiavano soltanto il colore per distinguersi da quelli accanto.
Questi villaggi, riconoscendosi tutti quanti sotto il medesimo genio protettore, si riunivano in Clan, più di nome che di fatto, non avendo la reale necessità di restare uniti.
Non necessitavano di molto e avendo più del necessario per riempire lo stomaco, nemmeno lo cercavano.
Tra Clan e Clan non vi erano che rare scaramucce, in cui, mancandone la necessità, nessuno aveva voglia di impegnarsi veramente, per cui il più delle volte esse cessavano prima ancora di iniziare a diventare pericolose.
Grida, strepiti, minacce, il lancio di qualche bastone, improperi dall'una e dall'altra schiera erano gli estremi per una battaglia e poi basta, ognuno faceva ritorno alle proprie tende, soddisfatto di avere qualcosa da raccontare a chi non era presente.
Gli Un conducevano una vita semplice, misera, eppure resa clemente dalla posizione in cui dimoravano, una striscia di terra ai piedi delle ultime propaggini di montagne che si prolungava fino a giungere alle praterie, stretta da una parte dal grande Mare Oceano e dall'altra dal limitare degli spazi infiniti della Steppa.
Chiamavano quelle terre Dai-Sescen, il paese dove sorge il sole, e alture che le serravano a Nord, i Monti d'Oro.
Ma quando Gioturna fece la sua comparsa in quelle terre, tutto cambiò. Incapaci di combatterla e terrorizzati dall'idea di vedersela venire contro, gli Un cambiarono rapidamente modo di vivere.
Invece di unirsi, i Clan si sparpagliarono.
Alcuni, quelli più forti e violenti, per sfuggire alle sue liane mortali, arrivarono a considerarle come le dita di un essere crudele che doveva essere nutrito per placarne la fame e la rabbia.
Costoro abbandonarono gli antichi dei e si misero al servizio di Gioturna, alla quale diedero il nome di Anca-Tek, Colui che giunge da solo.
La nutrirono, fornendole il cibo di cui aveva bisogno.
Per primi braccarono gli animali.
Ogni giorno, senza posa, cacciarono per lei, ma quando iniziarono a scarseggiare le prede da sacrificare, a quella mostruosa creatura diedero in pasto quello che rimaneva da catturare.
Per salvare se stessi, quegli Un divennero cacciatori di uomini.
Aggredirono altri Clan vicini.
Uomini, contro uomini, Un contro Un, questo fu quello che Frassinella trovò nella terra di Dai-Sescen, quando vi arrivò sotto le sembianze di una donna.
Allora nessuno badò a lei.
I vari Clan erano troppo impegnati a fuggire o a cacciare per dare ascolto a una donna.
Per non essere cacciati da Gioturna dovevano cacciare altri come loro, ma con il tempo la Yaonai apprese come agire.
Assunse le sembianze di Bortecino, si alleò con i lupi di quei territori e assieme a essi riuscì a tenere quella bestia immonda lontana dagli uomini.
Scoprì che quella Creatura malefica temeva il sole.
Gioturna* ne rifuggiva il riflesso.
*(Per la storia completa di Gioturna, vedere la Seconda Parte de:
"La Maschera e lo Specchio").
Ne era terrorizzata.
Era sufficiente puntarle addosso il raggio riflesso da un superficie lucida e lei fuggiva, tornando a rintanarsi sotto terra smettendo all'istante la lotta.
Scoperto che con un semplice riflesso la si poteva obbligare a nascondersi, tutto divenne facile per la Yaonai.
Con il tempo seppe respingerla, anno dopo anno la obbligò a tornare indietro verso la pianura da cui era venuta e a restare per periodi sempre più lunghi sotto terra.
Man mano che Gioturna si allontanò nella Steppa, i Clan a lei fedeli la seguirono e costoro furono i primi ad andarsene da Dai-Sescen, portando distruzione e morte ovunque arrivassero.
Poco alla volta, molti Clan di uomini prima sparpagliati per quelle lande, elessero la donna che sapeva diventare lupa loro Khan.
Frassinella, la Yaonai randagia, divenne la paladina delle loro vite.
Coloro che si raccolsero attorno lei prepararono uno Sherdan che la rappresentava, lo stendardo di Bortecino, uno scudo tondo con sopra una Lupa Azzurra su fondo giallo.
Poco alla volta molti stendardi di Clan, gli Aul, vennero a raccogliersi attorno allo Sherdan del Khan.
Sotto la sua guida gli Un iniziarono a divenire una nazione.
Frassinella mostrò loro una realtà differente da quella che conoscevano. Gli insegnò ciò che ella stessa aveva appreso dall'altra parte della Steppa, nella valle dei Togril.
Gli offrì l'Eterno Cielo Azzurro, Ten-gri, l'infinito ed eterno.
Insegnò loro il nome del Male e usò quello Togril, Zűin, ma trovandolo difficile da pronunciare, ben presto per quelle genti divenne Gin.
Frassinella divenne Bortecino, la Lupa Azzurra, la Signora dei Monti d'Oro, Khan delle genti, eletta da Ten-gri a proteggere gli uomini.
Per coloro che la riconobbero Khan, la Sovrana, la sua immagine superò qualunque altra.
Gli Un s'inginocchiarono davanti a lei e si unirono in due Tribù, i Kaidu e i Konghirati.
La Lupa Azzurra divenne il loro stendardo, la Signora dei Monti d'Oro il loro inno.
Grazie a Frassinella, gli Un evolvettero da esseri selvaggi e diventarono un popolo forte e temuto.
Tuttavia questo ancora non le bastava.
Per quanto Gioturna fosse stata scacciata da quei territori, l'Immonda Creatura non era stata sconfitta e se la Yaonai avesse lasciati da soli gli Un, ella sarebbe tornata e ne avrebbe fatta strage.
Poi da lei nacque Sangun.
Lo definirono Naaxia, Occhio Limpido, mezzo uomo e mezzo Yaonai, unico tra tutti i seguaci di Bortecino ad averli.
Per gli Un questo fu un segno propizio.
Gli occhi di un grigio brillante divennero il segno distintivo di Sangun.
Con la nascita di Sangun ella si sentì pronta per far intraprendere agli Un un lento viaggio per condurli in salvo, verso una nuova casa dall'altra parte della prateria.
Quando suo figlio fu cresciuto abbastanza per comprendere l'importanza della loro missione, gli affidò lo specchietto sbeccato che lei aveva usato per allontanare Gioturna.
Glielo lasciò in custodia, perché lo usasse per difendere le due Tribù dai Gin dell'Immonda e lo passasse, di generazione in generazione, ai Naaxia che lo avrebbero seguito.
Grazie agli occhi del Naaxia, Frassinella convinse gli Un a seguirla nella Steppa.
Lei li avrebbe preceduti, loro avrebbero marciato anno dopo anno.
Kaidu e Konghirati scelsero suo figlio come Gran Khan, il Signore Cercatore di Strade, per guidarli nella Steppa, verso una nuova terra e una nuova vita, lontana dai Gin e dagli aculei di Gioturna.
Verso una terra lontana e sicura, sotto la protezione di Ten-gri e Bortecino, uniti.
Sapendo dei successi di Frassinella, la Grande Madre delle Yaonai, Salice Splendente volle dare a Sangun un dono bellissimo, un pugnale, sormontato da una grossa pietra azzurra, il Pugnale Azzurro del Khan, augurandogli che gli illuminasse la via.
Quella fu l'unica volta che Sangun, Naaxia tra le genti, incontrò Salice Splendente, dopodiché si avventurò nella Steppa, alla guida dei carri Un.
Questo avveniva duecentocinquanta anni prima della nostra storia ed erano passati poco più di cinquant'anni da quando Frassinella mise piede per la prima volta in quelle terre.
Trecento anni, da quando gli Un adoratori di Anca-Tek* se ne andarono da Dai-Sescen, scomparendo per sempre dalle terre dell'Est.
Tuttavia, costoro, attraversando la Steppa, ovunque arrivarono lasciarono al loro passaggio una scia di lutti e distruzione, sciamando come locuste fameliche sopra a chi ebbe la disgrazia di incontrarli sulla loro strada.
(*Per leggere la storia completa degli Un adoratori di Anca-Tek, leggere la Quarta Parte de: "La Maschera e lo Specchio", Cap.4-Diario di un Viandante).
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