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31) UNA NUOVA ALBA ( Seconda parte)

Saaràn aveva avuto la benedizione di Ten-gri con il Taniltsuulakh Yoslol e Bortecino aveva camminato con lui davanti agli Un, ma senza il Pugnale Azzurro egli era un Capo dimezzato.

Disperava che quel folle di Muu-Gol accettasse di restituirglielo senza lottare.

Ora che lo stringeva in pugno l'avrebbe tenuto ben saldo e non l'avrebbe ceduto facilmente.

Per cui, senza quel simbolo di potere nelle sue mani, il Naaxia poteva soltanto sperare che i Monti d'Oro e la presenza della Lupa Azzurra al suo fianco, fossero deterrenti abbastanza potenti per intimorire i cavalieri della Steppa e farli desistere dal combattere.

Voleva credere con tutto se stesso che una cosa simile potesse accadere per davvero, tuttavia non ci sperava, li conosceva troppo bene.

Ciononostante, prima di lasciarsi andare alla disperazione, preferiva parlare con Frassinella, sentire quale notizie la Yaonai avrebbe portato dei vari gruppi in cui l'Orda si era spaccata e quali fossero i loro più recenti movimenti.

Come ogni mattina, ella era partita alle prime luci dell'alba per andare a rendersi conto personalmente della situazione delle quattro differenti schiere.

Avevano stabilito assieme il giro di ricognizione che avrebbe dovuto compiere.

Per prima cosa sarebbe andata a vedere le condizioni di Kutula, poi si sarebbe diretta verso la schiera dei fuoriusciti accampati alla fine della valle, in seguito avrebbe fatto visita a Ongiroo per indicargli la via da seguire, infine, sarebbe andata a controllare il campo di Muu-Gol.

Era quest'ultimo che la Sua Signora voleva osservare con maggiore attenzione.

Da lì avrebbero potuto arrivare i pericoli maggiori per la sicurezza di Togriluudyn e dei suoi Togril e voleva essere certa delle intenzioni di quel folle.

Ogni mattina passava la maggior parte del tempo a discorrere con i lupi che vi aveva lasciato a guardia e a controllare l'andamento della malattia tra i Clan rimasti fedeli al Khan, ma in genere faceva abbastanza in fretta. Se non ci fossero stati impedimenti particolari a trattenerla, avrebbe dovuto già essere di ritorno.

Di norma ritornava prima che la rugiada evaporasse del tutto e ormai si era già ben oltre a quel punto del mattino.

Come Yaonai, ella non amava restare alla luce del giorno e in quella giornata di cielo terso, il sole era particolarmente forte e pungente.

Per tardare in questo modo, qualcosa doveva averla trattenuta e temeva che le fosse successo qualcosa di grave.

Ormai si era a metà mattinata ed egli iniziava a essere in ansia.

Credeva sarebbe tornata prima, invece tardava ad arrivare e di lei nessuno sapeva nulla.

Non gli piaceva la situazione che si stava venendo a creare e la sua l'impazienza cresceva di pari passo al tempo che restava fermo senza fare nulla.

Il gruppo di Un fuoriusciti si avvicinava sempre più a Kutula ed entro poche ore sarebbero arrivati ai piedi del sentiero, dove Helun aveva lasciato il carro Yurta giorni prima.

Saaràn avrebbe voluto muoversi anziché restare fermo ad attendere ancora, malgrado ciò, senza notizie certe, avrebbe potuto fare ben poco se non improvvisare sul momento.

Avrebbe dovuto azzardare, tuttavia questa volta preferiva non rischiare.

La situazione era troppo delicata.

Forse era meglio attendere ancora un poco.

In fondo avevano un piano, lui e Frassinella.

Quando la Sua Signora fosse ritornata, avevano stabilito che insieme si sarebbero diretti alle stalle e avrebbero scelto uno stallone Togril per lui e sarebbero scesi a valle passando dalla Dugui Naluu, la Rampa Tonda.

Lui sarebbe salito in groppa al mastodontico cavallo da guerra ed essa sotto le spoglie di Bortecino, la Lupa Azzurra, l'avrebbe preceduto.

Approfittando del passaggio segreto di cui soltanto i Togril erano a conoscenza, sia lui che la Sua Signora contavano sull'effetto che avrebbero ottenuto in questo modo sugli Un, facendo comparire dal ventre della montagna il Naaxia, in groppa a un cavallo senza pari, preceduto da Bortecino, la Lupa Azzurra.

Sapeva che era un rischio aprire quel passaggio proprio davanti ai cavalieri della Steppa, tuttavia avevano bisogno di ogni vantaggio possibile, se volevano sperare di evitare una inutile carneficina tra Clan rivali.

Saaràn disperava di riuscire a portare alla ragione Muu-Gol, ma avrebbe fatto qualunque cosa, pur di ottenere per Kutula almeno la fedeltà della schiera che si stava avvicinando.

Muu-Gol, quello stolto, folle uomo, non gli avrebbe dato ascolto nemmeno se fosse stato ancora in sé.

Era il suo tormento da una vita e ancora lo tormenterà, fino alla fine dei loro giorni.

Chissà cosa starà facendo, quel pazzo! si chiese, scuotendo la testa preoccupato.

Fino a ora era andata bene, Muu-Gol non si era ancora mosso dall'accampamento, ma per quanto ancora l'avrebbe fatto?

Quel folle aveva atteso. Non si sa bene cosa, tuttavia aveva atteso.

Fermo, immobile, e con lui tutti quelli che erano rimasti sotto al suo comando.

Saaràn non comprendeva perché il nuovo Khan dell'Orda Azzurra gli concedesse quel vantaggio prezioso, dandogli il tempo di consolidare le proprie alleanze anziché aggredirlo con ogni uomo disponibile per impedirle sul nascere.

Ciononostante l'aveva fatto e se Muu-Gol restava fermo dov'era ancora per un giorno, le Tribù dei Kaidu e dei Konghirati al comando di Ongiroo gli sarebbero sfuggite sotto il naso e sarebbero arrivate da Kutula prima di lui.

In caso contrario, sospirò al pensiero, i due gruppi avrebbero rischiato di scontrarsi nei pressi dell'imbocco della valle che conduceva a Togriluudyn e Ongiroo sarebbe stato massacrato.

Non si faceva illusioni sulle capacità militari di quell'uomo, era un incapace e non avrebbe saputo resistere a forze ben maggiori delle sue, ma era tutto quello che aveva.

Probabilmente se la sarebbe data a gambe alle prime avvisaglie di pericolo e avrebbe abbandonato al loro destino i suoi uomini.

No, Saaràn scosse il capo, non poteva fidarsi di Ongiroo, eppure non aveva scelta.

Senza l'appoggio di quegli uomini, ogni altra resistenza sarebbe stata vana.

Solo riunendo sotto di sé più Clan possibili, il Naaxia poteva sperare di reggere alla forza d'urto dell'esercito Un.

Per quanto sapeva che il morbo di Zűin nei prossimi giorni avrebbe ridotto di molto le forze del Khan, comunque alla fine Muu-Gol avrebbe avuto sempre più uomini di quelli di cui avrebbe potuto disporre lui e i soli uomini al comando di Ȕnench, non avrebbero retto che pochi minuti contro le forze di quel folle.

Le sue speranze erano appese all'immobilità di un mentecatto e in un gruppo di cavalieri che non riconoscendolo come Capo, stavano arrivando a cercarne un altro che desse maggiore fiducia.

E lui cosa aveva da offrirgli?

Una casa, una vita sedentaria, la fine di tutto quello che avevano conosciuto? Forse era troppo poco per un Un.

Inoltre, come se non bastasse, per non propagare il contagio anche tra le schiere che fino a ora ne erano rimaste immuni, era fondamentale evitare ogni contatto fisico e questo, lo sapeva, era la cosa più difficile da ottenere.

A dire il vero disperava di riuscirvi e Neko il Curatore era stato chiaro al proposito: non vi era mezzo che egli conoscesse per impedire che il male progredisse da una persona all'altra, una volta iniziato il contagio.

Anch'egli al massimo poteva attenuarne gli effetti, ma non poteva evitare che il morbo si propagasse tra uomini che fossero venuti in contatto tra loro.

Infine c'erano i Togril.

Gli uomini e le donne della Valle erano addestrati magnificamente, erano soldati forti e valorosi, tuttavia dopo l'epidemia erano rimasti in pochi e se si fossero avventurati nella Steppa, sarebbero stati circondati e sbaragliati da una carica in massa di cavalieri Un.

I Margaash e le arciere, per quanto valenti combattenti, avrebbero avuto maggiore utilità qui, a Togriluudyn, a proteggere le mura del Castello e i civili che vi erano dietro, piuttosto che gettarsi in uno scontro aperto che li avrebbe visti certamente sconfitti.

In quella, ancora sovrappensiero, Saaràn vide passargli davanti Tomor biye, affiancato da Chonyn.

I due soldati si dirigevano verso di lui. Venivano a incontrarlo.

Entrambi portavano l'elmo sotto il braccio e vedendolo seduto davanti alla Casa dei Lupi, gli fecero un cenno con la mano.

Indossavano l'armatura a lamelle d'acciaio e si dirigevano verso gli spalti a piedi, portando per la cavezza i cavalli.

Il più giovane dei due pareva stare meglio, camminava ritto al fianco al suo destriero e aveva un colorito migliore dei giorni precedenti.

Per quanto fosse smagrito e provato, Chonyn sorrideva.

Quando furono a pochi passi, il militare chiamò per nome il lupo.

Khar-Chikh, quando riconobbe dalla voce il suo Compagno di guerra, alzò la testa di scatto, rizzò le orecchie e quando lo vide, guaì dalla gioia.

Il militare più maturo invece si mantenne serio, assorto nel compito che l'attendeva con lo sguardo scuro e truce in volto, fisso sul Naaxia che l'aspettava.

Mentre la Yaonai era lontana da Togriluudyn, il comando del forte passava nelle mani del soldato con il grado più alto e questi era lui.

In quel momento, Tomor biye era il Capo della Valle e non faceva nulla per nasconderlo.

Saaràn fu impressionato da quello sguardo feroce, ma fece il possibile per sostenerlo per non dare l'impressione di temerlo.

Tomor, con l'aiuto di Chonyn che gli faceva da aiutante, fin dal mattino si stava apprestando a serrare le fila dei Margaash che gli restavano, per prepararsi per un assedio a Chuluun Tsaiz (Il Castello di pietra).

Quello era l'ultimo baluardo a difesa di Togriluudyn davanti alla furia degli Un, semmai i cavalieri della Steppa vi fossero giunti dopo aver sbaragliato le forze a valle.

Quando i due gli furono vicini, mentre Chonyn si abbassava ad accarezzare il lupo che scodinzolava, Tomor, parlando in Murlag, gli chiese con tono brusco:

"Oi, felice giorno a te, Naaxia. Niente Signora?".

Saaràn comprendendo che anche lui volesse sapere se la Yaonai fosse già arrivata, scosse piano la testa.

"Niente Signora, no" disse a bassa voce.

Tomor grugnì, contrasse le labbra e senza dire altro si allontanò, torvo in volto.

Chonyn, dopo un veloce cenno di saluto al Naaxia, senza dire una parola, lo seguì.

Nemmeno attese che Saaràn gli ricambiasse il saluto.

Il Naaxia sospirò, nel vederli allontanare in quel modo.

In fondo non c'era molto da dire e nemmeno da capire.

Il Comandante della guarnigione non si sentiva tranquillo, era di cattivo umore ed era meglio non contraddirlo quando era in quello stato d'animo.

Saaràn lo capiva, quell'uomo portava sulle spalle una responsabilità enorme e non voleva trascurare nulla.

Cibo e acqua non erano un problema, gli Un non avrebbero preso Togriluudyn per fame o per sete, ma le vie che degli assedianti avrebbero potuto prendere per assalirla erano anche altre.

Niente doveva essere lasciato al caso e ogni possibilità doveva essere prevista per tempo.

Ogni piccolo dettaglio insignificante doveva essere attentamente vagliato prima che fosse troppo tardi e Tomor, i punti deboli di quella fortezza, li conosceva tutti a menadito.

Il sentiero che risaliva la montagna seguendo il corso del torrente era studiato in modo da rallentare al massimo degli assalitori, tuttavia questo non sarebbe bastato a fermarli.

Nemmeno il ponte levatoio e il baratro che circondava le mura, avrebbero potuto fermarli per sempre.

Inoltre, nonostante le rassicurazioni della Sua Signora, il gigantesco soldato di colore non approvava che si mostrasse a quegli uomini l'esistenza del passaggio che portava alla Dugui Naluu, la Rampa Tonda.

Temeva che fosse un rischio enorme per la sicurezza della piazzaforte e l'aveva anche fatto presente a Frassinella.

Non si fidava di quegli stranieri che sapeva violenti e risoluti a distruggerli tutti quanti e temeva che facendogli vedere il passaggio che arrivava direttamente dentro al forte, sarebbe stato come dir loro da dove passare per entrargli in casa.

Tuttavia, per amore della Sua Signora e riconoscenza nei suoi confronti, egli aveva obbedito e aveva provveduto a fare in modo che le cose andassero come lei desiderava: il Naaxia avrebbe disceso la Rampa a cavallo e in sua compagnia avrebbero attraversato il passaggio a valle.

Sebbene quella rampa possedesse delle difese poderose ed egli avesse già provveduto a mandare un forte contingente alle chiuse del lago, se gli Un fossero arrivati alle mura passando da lì e le avessero prese con la forza, per i Togril della Valle sarebbe stata la fine.

Per quanto le forze di cui Tomor disponeva fossero ridotte e sapesse di non poter più affrontare gli Un in campo aperto, egli poteva però rendergli la vita alquanto difficile restando dietro le possenti mura di pietra della fortezza e non voleva farsi cogliere impreparato.

Saaràn lo stimava, lo reputava un valente soldato e lo rispettava come uomo d'onore, forte e coraggioso.

Sapeva che avrebbe fatto di tutto per difendere la sua gente e non dubitava che l'avrebbe fatto nel migliore dei modi, tuttavia non poté non chiedersi perché si dovesse arrivare ancora una volta a tanto.

Sospirò ancora, scuotendo la testa, chiedendosi quando mai gli uomini avrebbero imparato a vivere in pace e avrebbero smesso di scontrarsi in quel modo assurdo.

Lo guardò allontanarsi seguito da Chonyn.

Li vide entrambi arrivare alle mura e arrampicarsi a passo svelto sulle scale che portavano sugli spalti, quando alle sue spalle udì cigolare la porta attorno ai cardini arrugginiti dall'orina dei lupi.

Si voltò e il cuore gli diede un balzo.

Nel vano lasciato aperto dal battente, vide comparire il volto angosciato di Frassinella.

La donna aveva il cappuccio alzato sul capo per proteggersi dalla luce del sole e lo fissava intensamente, con un cipiglio che non prometteva bene.

"Vieni dentro, presto!" gli disse la Yaonai senza preamboli prima di ritrarsi all'ombra, ma gli occhi spalancati e i lineamenti contratti della bocca che il Naaxia aveva indovinato nello scorgerle il viso, non lasciavano presagire nulla di buono.

"Mia Signora!" esclamò lui, vedendola in quello stato.

Allarmato, si mise in piedi.

Scorgendola così trafelata già si attendeva il peggio e la seguì più in fretta che fu capace all'interno della Casa dei Lupi, ma nel farlo dovette stringere i denti per non gemere al dolore che un'improvvisa fitta alla schiena gli procurò.

Anche Khar-Chikh, benché ancor più lento nei movimenti dell'uomo, saltellando con una gamba piegata, gli andò dietro.

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