29) L'ACCAMPAMENTO HANBAKAI
La donna Merchita si portò sul davanti del carro, si sedette a fatica sul ruvido assito del posto del conducente e prese in mano le redini.
Quando le strinse tra le dita le diedero subito una strana sensazione, così lunghe, pesanti, attaccate ai morsi di due Tarpan invece che alle corna delle mucche, ma fece finta di nulla.
Non voleva che gli uomini la vedessero scoraggiarsi prima ancora di tentare a partire.
Dopo un ultimo scambio di sguardi d'intesa con Saaràn, scosse vigorosamente le lunghe strisce di cuoio e disse:
"Ooop...".
Lo faceva sempre, le bastava quel semplice suono e un vigoroso colpo sulle schiene dure dei bovini, perché le quattro vacche si mettessero docilmente in movimento, solo che questa volta non tenne conto dei cavalli.
I Tarpan, eccitati da Filli e da tutto quello che di nuovo gli stava accadendo attorno, sentendosi colpire con forza ebbero un improvviso sobbalzo e scattarono in avanti dando uno strattone al carro, portandosi dietro le più lente mucche.
Per poco Helun non ruzzolò indietro dalla sorpresa e Saaràn, a lei vicino, non si trovò con un piede schiacciato sotto una ruota.
Uleg, ancora ritto al lato della pariglia e pronto a intervenire contro ogni evenienza, benché anch'egli sorpreso dallo scatto improvviso dei Tarpan, ripresosi dallo stupore, li prese per i morsi e li bloccò al volo.
Saaràn andò ad aiutarlo e passando dall'altra parte della pariglia, li fermarono entrambi.
"Dovrai essere più delicata nei movimenti, Khani. Altrimenti rischierai di ribaltare la Yurta e di farti del male" fece Saaràn a Helun, improvvisamente incerto sul risultato ottenuto con la modifica che aveva voluto.
Era talmente preoccupato per l'incolumità della moglie da usare senza accorgersene il nomignolo che i due usavano nell'intimità.
Uleg imbarazzato si schiarì la voce.
Saaràn si rese conto dell'errore, ma non gli diede peso, tanto più che non era molto sicuro di aver avuto una buona idea.
E non tanto per il carro, quanto per la sicurezza di Helun, perché avrebbe dovuto portare il carro lungo una strada sconosciuta, senza nessuno a mostrarle il percorso e con dei cavalli bizzosi attaccati a delle vacche molto più lente nei movimenti.
Uleg intervenne: "Padrone, le cinghie sembrano tenere e le redini per la pariglia anche, però il carro reggerà?" fece dubbioso, avendo sentito scricchiolare le assi dell'impiantito e l'assale di sterzo durante il sobbalzo.
Helun sorpresa e spaventata dalla reazione inaspettata dei Tarpan, tardò un momento a rimettersi ritta e sistemarsi ancora al suo posto.
Aveva le guance colorite di un evidente rossore.
Anche lei aveva sentito quello che aveva detto il marito, ma, benché ne fosse compiaciuta, preferì non farci caso.
Lo vedeva troppo preoccupato per farglielo notare.
Sapeva che si preoccupava per lei e se voleva rimediare all'errore commesso doveva reagire in fretta, altrimenti non l'avrebbe lasciata partire da sola, mettendo così a repentaglio la sicurezza di tutti.
Tornata al suo posto, afferrò con delicatezza le redini e guardò il Taiciuto.
"Reggerà" gli disse risoluta, stringendo forte le dita attorno alle strisce di cuoio.
I suoi occhi erano determinati e Saaràn, che conosceva bene quello sguardo, grugnì soddisfatto nel vedere la sua determinazione.
La donna sapeva che era importante portare il più lontano possibile dagli Un il loro carro e che soltanto lei poteva farlo.
La gamba zoppa non le permetteva di cavalcare a lungo e se non fosse riuscita a governare quei Tarpan, l'aiuto che avrebbe potuto dare per la salvezza di Saryn e di tutti quanti loro, sarebbe stato molto limitato.
Se Saaràn la conosceva come credeva, difficilmente la sua donna avrebbe accettato di essere un peso morto per tutti e ben presto avrebbe reagito energicamente al primo insuccesso.
Helun avrebbe fatto di tutto per dimostrare il suo valore e difatti, poco dopo, i due uomini la videro annuire e arrotolare delicatamente le redini attorno alle mani.
"Lasciateli andare, voi due" disse con voce bassa e risoluta agli uomini che trattenevano Bor e Dakhi "proverò ancora".
Saaràn e Uleg si scambiarono un cenno di assenso e assieme si allontanarono lentamente dai cavalli, pronti a intervenire ancora in caso di bisogno.
Passandosi la lingua sulle labbra, Helun deglutì, poi mormorò:
"Ooop...". I cavalli, questa volta, non si mossero.
Stringendo con più decisione le redini le agitò piano, mentre ripeteva con maggiore decisione: "Ooop!".
Subito Bor si mosse, trascinandosi dietro il più indeciso Dakhi.
Il carro ebbe un sobbalzo in avanti, ma i cavalli da soli non riuscirono a farlo muovere.
Non era ancora quello che si aspettava, ma almeno era un inizio.
Soddisfatta da questo primo successo, Helun ripeté: "Ooop!" e scosse le redini in modo da colpire anche le vacche mezze assopite dall'attesa.
Questa volta funzionò.
Con potente e lenta determinazione i quattro bovini si mossero all'unisono e seguirono la nervosa trazione dei due cavalli.
Le ruote del carro sobbalzarono e presero a girare, dapprima lente e poi con tenace costanza senza mai fermarsi.
Saaràn e Uleg si guardarono soddisfatti. Anche Omnod e Gerel esultarono per il successo ottenuto. Helun da sopra il carro gridò raggiante.
Era felice, c'era riuscita!
"Non ti fermare, Helun!" le fece Saaràn indicandole la direzione da seguire e avvicinandosi di un passo al carro.
In un impulso di tenerezza le sfiorò la gamba con un dito.
"Prosegui lungo il torrente, allontanati più che puoi da Muu-Gol e vai a Nord, verso i Monti" aggiunse "Ci penseremo noi a trovarti. Abbi cura di te e che Ten-gri sia al tuo fianco!".
La donna sorrise, intenerita dallo sconforto che leggeva dentro gli occhi di Saaràn, poi volse lo sguardo verso Gerel, la quale la salutò da sopra la puledra.
Helun sapeva che poteva essere l'ultima volta che vedeva entrambi, ma non volle darlo a vedere.
Con un nodo alla gola si costrinse a un'allegria che non provava.
"A presto!" disse spavalda a Saaràn, ma per la tensione che provava nell'imminente separazione, non riuscì a impedire che gli occhi le si inumidissero.
Saaràn la vide e si fermò dove si trovava, lasciando che il lento e cigolante carro gli scorresse accanto.
Fu con un ultimo saluto della mano che la vide proseguire da sola e non riuscì a dire più nulla.
Attese che il carro scomparisse dietro ad alcune basse alture, poi si voltò, tornando indietro.
Evitò lo sguardo degli altri e montò in groppa a Monglik.
Non voleva che gli leggessero in volto l'angoscia che provava nel vedere allontanarsi da sola la moglie, senza nessuno a scortarla e con un unico pugnale per difendersi.
Helun era praticamente disarmata, sola e indifesa nella Steppa.
L'arco e le frecce che le aveva lasciato le sarebbero state pressoché inutili alla guida del carro e il giavellotto che lui usava per i lupi era troppo pesante per scagliarlo a dovere.
Si diede del folle, del pazzo irresponsabile per quello che le aveva chiesto di fare. L'aveva lasciata andare via da sola.
Sollevò gli occhi a Ten-gri e invocò il suo intervento.
Raramente gli sembrò di averlo visto così limpido e chiaro.
Con un rapido increspare di labbra, gli sorrise e si toccò la fronte in segno di rispetto.
Nonostante tutto, l'Infinito Cielo Azzurro era sopra di lui e stava accanto a lui e alla sua famiglia.
Gli ultimi cigolii del carro in allontanamento risuonarono ancora incerti nelle sue orecchie, quando, alzando una mano, disse:
"Andiamo!".
Dopo una rapida cavalcata, il Naaxia e i suoi tre compari ritornarono indietro e quando giunsero nei pressi dell'accampamento Un smontarono.
Gerel rimase in basso con Filli, mentre i tre uomini si arrampicarono fino in cima ai poggi che li nascondevano dagli Hanbakai.
Dopo aver controllato che tutto fosse a posto, Uleg e Omnod, stesi in cima alle basse alture al fianco di Saaràn, a un suo cenno scivolarono indietro, portandosi lontano dalla vista degli Un.
Come avevano concordato assieme, lui invece sarebbe rimasto ancora per controllare che tutto filasse liscio.
Prima di muoversi avrebbe dato ai due uomini il tempo di raggiungere i loro Tarpan alla base della piccola collina e di allontanarsi.
Entrambi sapevano cosa fare e sperò che tutto funzionasse a dovere, perché in caso contrario ne andava della vita di Saryn.
Respirò a fondo e ripassò per l'ennesima volta il piano.
Una volta allontanatisi, risalendo il torrente in secca, Uleg e Omnod sarebbero tornati verso i monti.
Uleg, avendone attraversato a cavallo il letto in secca, ne avrebbe seguita la sponda opposta verso valle e avrebbe riattraversato il greto appena fosse giunto oltre al recinto dei cavalli Hanbakai.
Una volta giunto dal recinto, avrebbe spinto i Tarpan degli Un verso l'accampamento di Muu-Gol per creare un diversivo.
Omnod invece avrebbe nascosto gli altri cavalli che avevano portato con loro e sarebbe ritornato indietro a piedi, camminando nel greto del torrente.
Tenendosi nascosto sotto la riva, con cautela avrebbe raggiunto l'accampamento degli Hanbakai.
L'ombra del pomeriggio l'avrebbe coperto fino al grande masso inclinato che saliva fino al pianoro e poi sarebbe rimasto in attesa proprio sotto alla tenda piccola.
Annuì: poteva funzionare, doveva funzionare, perché era l'unica cosa che gli era venuta in mente e non poteva che sperare di aver fatto la scelta migliore per tutti.
Tenendo d'occhio l'accampamento Un, Saaràn vide che le ombre del pomeriggio si allungavano, oscurando già tutto il lato opposto delle colline fino ad arrivare al piano.
Voltandosi appena indietro e guardando verso il basso, sulla sinistra vide la figlia.
Un vento teso le scompigliava i capelli raccolti sulla schiena e il sole del tramonto glieli faceva risplendere.
Le fece cenno di attendere dove si trovava. Gerel assentì.
La bambina, ritta in piedi accanto a Filli, aveva un'espressione seria, concentrata.
Era agitata, ma non nervosa e non perdeva d'occhio il padre un solo istante.
Teneva saldamente Filli per le redini e le accarezzava piano il muso come le aveva insegnato a fare lui, affinché la cavalla non nitrisse attirando l'attenzione degli Un.
Restando sopravvento rispetto al recinto dei Tarpan, Gerel doveva attendere il segnale del padre su dove, come e quando muoversi assieme alla Tarpan in calore.
Dalla Steppa il vento soffiava verso lo steccato dei cavalli Un e portava con sé l'odore della cavalla che viaggiava ben oltre la collinetta.
I cavalli di Muu-Gol erano tutti stalloni giovani e già avevano avvertito la sua presenza.
Erano più grandi, audaci e veloci delle giumente, ma ora l'aria tirava proprio nella direzione giusta e Saaràn vedeva che iniziavano ad agitarsi.
Era quasi l'ora di muoversi.
Abbassandosi verso l'orizzonte, il sole alle sue spalle allungava l'ombra delle basse colline verso il campo Un.
Presto l'astro sarebbe arrivato alla medesima altezza delle alture su cui si trovava e ne avrebbe lambito le cime, lasciando il campo completamente in ombra.
Guardando di sotto, il Naaxia ricontò per l'ennesima volta gli Hanbakai presenti in quel momento nella spianata in basso.
Era preoccupato, non gli piaceva quello che vedeva, i conti non tornavano.
Verso monte vedeva due Baltai che come prima bloccavano pigramente l'entrata al campo.
I soldati erano tranquilli, seduti in terra a parlare.
Poi c'erano gli Scengun di guardia alle due tende, due davanti alla piccola e due davanti a quella del nobile. I quattro Un osservavano attentamente ogni movimento di Muu-Gol che, inquieto, camminava avanti e indietro nel breve spazio che vi era tra una tenda e l'altra, pronti a obbedire a qualunque suo ordine.
Il nobile Un-han era agitato e pareva sul punto di esplodere dalla rabbia.
Scalciava l'erba con gli stivali tirati a lucido e osservava bieco di qua e di là, pronto a colpire chiunque gli capitasse a tiro, pur di potersi sfogare su qualcuno.
Per ultimi, Saaràn vedeva altri due Baltai accudire i focolari, badando che non si spegnessero e non facessero troppo fumo.
Nove.
In tutto erano nove, nel campo gli Hanbakai erano nove, anziché dieci. Mancava uno Scengun.
Saaràn non ne vedeva traccia da nessuna parte e questo poteva rappresentare un guaio.
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