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Capitolo 5: Anime prave un corno.

Aideen

«Caronte? Davvero?» Anakin spalanca gli occhi.

Guardo Katherine, che è tornata soltanto da qualche minuto. È seduta su una delle sedie del grande tavolo, e si sta mordicchiando le labbra.

Non appena i suoi passi si sono fatti sentire, io e mio fratello ci siamo precipitati da lei. Kate aveva un'espressione stanca, quasi stufa.
Toccandosi pigramente i capelli rossi ci ha spiegato che l'unico che può aiutarci è Caronte.

«Il dannato libro è rovinato e non si capisce nulla» ripete Katherine, «L'unico che potrebbe tradurre questa lingua senza un vocabolario è lui.»

Annuisco. Avrei dovuto pensarci prima. Caronte è qui all'Inferno da molto tempo, se non la conosce lui questa dannata lingua, allora non abbiamo nessuna possibilità.

«Ci vado adesso» dico, alzando il mento.
«Adesso?» chiede mio fratello, un po' deluso.
«Non c'è tempo da perdere, Kin.»
«Hai ragione.»

Mentre Kate era in biblioteca, sono stata con Anakin a parlare, ridere... È stato bello, ma non devo perdere di vista il mio obbiettivo. Devo andarmene da qui, e al più presto. Anche se mi sono sentita rinascere, non posso permettermi di restare qui con lui, non con questo tatuaggio che mi brucia la pancia ogni volta che lo guardo o lo penso.

«È meglio se dopo torni da Kai» aggiunge Katherine, «Potrebbe insospettirsi se tardi troppo.»
«Sì, hai ragione.»

Lei si liscia la gonna, poi torna di nuovo a giocare nervosamente con i suoi capelli.
Faccio un respiro profondo e mi preparo ad andare dal traghettatore. È da tanto che non l'ho visto... ma sono felice di fargli visita.

«Ci vediamo fra un po'... così avrete un po' di suspense» cerco di smorzare la tensione.
«Non è divertente!» sbuffa mio fratello.

Si passa una mano nei capelli neri e scuote la testa. Ridacchio, poi faccio un cenno con la mano per salutare i due demoni.

«Aspetta!»

Mio fratello si avvicina a me e mi abbraccia. Il suo profumo mi invade le narici, e chiudo gli occhi al contatto delle sue mani sulla mia schiena. Per un momento valuto la possibilità di restare qui, tra le sue braccia, ma lui si stacca e mi sorride debolmente.

«Torna presto, sorellina.»

Le grida dei dannati mi fanno stringere chi occhi. Pensavo di essermici riabituata, eppure adesso che mi trovo sulla sponda dell'Acheronte non mi sento tanto bene. Anche se il dolore che mi solletica le narici sembra molto buono, non sono del tutto calma.

Riapro gli occhi, e la prima cosa che vedo è l'acqua. Cerco di concentrarmi sul rumore scorrevole, ma uno sbuffo mi fa distrarre. Mi giro verso il punto da cui ho sentito il rumore, e quasi mi viene da sorridere.

Una barca sta approdando sulla riva, ma la cosa o meglio, la persona, sulla quale mi soffermo, è il traghettatore. In tutta la sua orrenda potenza, Caronte scende dalla barca, portando con sé il suo remo preferito. Quando mi vede, spalanca gli occhi di fuoco e la sua forma cambia completamente. Se prima il vecchio somigliava ad una creatura anziana e potente, adesso somiglia di più a un babbo natale magrolino.

Sorrido un po', perché pensavo che in questi cento anni avesse perso l'abitudine. Quando ero molto piccola, ricordo, lo osservavo da lontano, senza mai avvicinarmi per la troppa paura. Quando lui se n'è accorto, ha mutato forma, e finalmente ho avuto il coraggio di parlargli.
Dopo qualche secolo, però, non avevo più paura della sua vera apparenza, eppure lui si ostinava a rimanere un semplice vecchietto ai miei occhi.

«Aideen» la sua voce antica pronuncia il mio nome, «Sei venuta a salutarmi?»
«Più o meno, sì.»

Lui sorride un poco e si avvicina a me.

«Sembravi un po' arrabbiato prima» gli faccio notare.
«Quei dannati sono davvero testardi» stringe i denti, «Uno si è anche attaccato alla mia barba! Guarda che insolenza! Anime prave un corno.»

Sbuffa di nuovo mentre io ridacchio leggermente. Caronte e i dannati... certo che mi mancava un po' sentire i suoi lamenti sulla questione.

«E tu invece?» si rivolge a me, «Sembri triste.»
«L'Inferno... non è esattamente il posto in cui vorrei stare in questo momento» cerco di spiegare senza andare troppo nel dettaglio.
«Capisco» annuisce, facendo muovere i suoi vecchi capelli, «Kai ti tratta bene?»

Apro la bocca, ma poi la richiudo. Per come mi sono comportata, credo proprio di sì... Insomma, mi lascia uscire, mi lascia mangiare, mi ha regalato quella pietra e anche quel demone del piacere.

«Certo, sì.»
«Bene.»

Deglutisco mentre Caronte si liscia la barba grigia con le dita.

«Dicono che sei cambiata.»
«Davvero?» aggrotto le sopracciglia.
«Dicono che hai imparato ad amare.»

Spalanco gli occhi. Vorrei uccidere chiunque abbia messo in circolo queste voci, anche se sono vere. Sono fin troppo vere.
Non voglio che si sappia. Potrebbero fargli del male...

«È vero?» chiede.

Annuisco piano, senza dire nulla.

«Ne sono felice. Sapevo che prima o poi sarebbe successo. Da quando hai incontrato lui, poi...»

Faccio finta di non aver sentito l'ultima frase. Non voglio sapere a chi si riferisce. Non adesso.

Mentre il traghettatore torna a guardare il fiume con aria nostalgica, cerco di pensare al modo per chiedergli di tradurre quel foglio. Non saprei da dove cominciare: non voglio fargli credere che mi sto servendo di lui... io sono comunque felice di vederlo, è un mio amico.

«Ti conosco, diavoletto» dice, «So benissimo che non saresti venuta qui senza un motivo preciso.»

Stringo le labbra, perché mi ha beccata. D'altronde è Caronte, dai.

«È... qualcosa di molto importante» mormoro, «Ma non ne devi parlare a nessuno.»
«Va bene.»

Deglutisco. So bene che Caronte non mi tradirebbe mai, nemmeno se Lucifero stesso glielo ordinasse.
Tiro fuori il foglio e glielo porgo, tremando un poco.

«Conosci questa lingua?»

Il traghettatore socchiude gli occhi rossi mentre legge. Prego Lucifero con tutta me stessa perché riesca a capire qualcosa.

«Sì, la conosco» annuisce, e io sospiro di sollievo, «Dove hai trovato questo foglio? Pensavo che nessuno la usasse più...»
«Ho bisogno che tu me lo traduca. Ti prego, è molto importate, farò tutto quello che vorrai.»

Non nomino Ecate perché non ne ho il tempo. E anche perché non ne ho molta voglia.

«Hai qualcosa per scrivere?»

Annuisco veloce, e tiro fuori un altro foglio per appuntare la traduzione.

«Per questa volta non voglio niente in cambio» sorride gentilmente.
«Grazie.»

Sospiro, e sinceramente sono felice di questa cosa. Non credo avrei sopportato di dover fare un favore a Caronte. Devo davvero concentrarmi sull'incantesimo. Voglio tornare a casa.

«Allora...» borbotta Caronte.

Io mi mordicchio le labbra, ansiosa di sapere che cos'ha da svelarmi. Sono un po' spaventata. Conoscendo Ecate, non mi avrà reso la faccenda facile. No, di sicuro no.

«Sono degli ingredienti» mi informa.
«Quali sono?» chiedo di scatto.
«Dice che servono tre elementi dei tre mondi dell'aldilà: il sangue di un demone, dei granelli di sabbia della spiaggia del purgatorio e un fiore del giardino di Afrodite.»

Spalanco gli occhi.
Lucifero.

«Aspetta, c'è un'altra cosa...» mormora, «Bisogna procurarsi anche una fiamma del demone di fuoco e rinchiuderla in un barattolo per conservarla.»

Respiro male. Quasi mi si appanna la vista mentre mi porto una mano sugli occhi.

«Sembra molto complicato...» mi fa notare.
«Dannazione» sibilo.
«Nel "nota bene" c'è scritto che la sabbia e il fiore non devono essere contaminati dall'aria dell'Inferno o dal tocco di qualsiasi essere infernale.»

Benissimo, come se non fosse già abbastanza complicato!

Non dico niente per un po', e mi affretto a scrivere la traduzione. Cerco di pensare a come procurarmi la sabbia e il fiore. E il fuoco di Kai in un barattolo, ma certo, e che altro?!

Caronte mi traduce il resto, che spiega come mescolare gli ingredienti. Quello non è molto complicato, per fortuna. Con l'aiuto di Katherine e Anakin dovrei riuscirci. Il problema sono gli ingredienti.

«Spero di essere stato d'aiuto» dice quando ha finito.
«Non so come ringraziarti» sospiro, perché mi ha davvero salvata.
«Se mi raggruppi quelle anime mi faresti un grande piacere.»

Guardo il punto che sta indicando e annuisco, sorridendo un poco. Prendo in mano il remo del traghettatore e mi preparo a dare del filo da torcere a quei dannati.

«Mi sembra un po' giù...» mormora il mio demone del piacere, «Non le è piaciuto?»

Abbasso lo sguardo su di lei, che mi sta accarezzando la pancia scoperta.
I suoi capelli castani le ricadono sulle spalle e le coprono un po' il seno, mentre i suoi occhi scuri mi guardano. Indossa solo il basso dell'intimo, bianco come le lenzuola del letto sul quale siamo stese.

«Ho qualche pensiero in testa, tutto qui.»

Dopo aver passato un po' di tempo con Caronte per aiutarlo con le anime, sono tornata da Kai. Lui stava dipingendo, come al solito, ma non ha fatto domande sul dove fossi stata. Gli ho detto che avevo bisogno di distrarmi, e lui ha annuito, capendo al volo di chi stessi parlando.

Anche se il mio demone mi ha fatto arrivare al piacere due volte, dopo qualche minuto tutta la mia preoccupazione mi è tornata in mente.
Il pensiero dell'incantesimo e degli ingredienti... non riesco a concentrarmi su altro. È tutto così complicato, e ancora devo riflettere su come agire. Ho qualche idea, ma non sono del tutto sicura che possa funzionare, anzi.

Non ne ho nemmeno parlato con Katherine e mio fratello, perché non volevo insospettire Kai. Insomma, se esco ogni volta che ne ho l'occasione potrebbe pensare chissà cosa... Meglio se resto sotto la sua sorveglianza almeno un po'.

«Per questo è venuta da me?» chiede, baciandomi la guancia.

Annuisco, poi le afferro piano il mento per tenerla ferma. Il suo sguardo scuro mi guarda le labbra, poi gli occhi.

«Come ti chiami?»

Il demone si ferma e mi fissa, confuso. Piega la testa da un lato, poi sbatte le palpebre.

«Noi demoni del piacere non abbiamo un nome» mi spiega, «Posso avere qualunque nome lei voglia.»
«Davvero?»

Lei annuisce. Le passo l'indice dalla fronte fino al collo, sorprendendomi di quanto sia soffice e delicata la sua pelle.

«E come vorresti che ti chiamassi?» chiedo.
«Non desidero niente se non il suo piacere.»

Continuo a guardarla, curiosa. Distrazione, distrazione.

«Niente, davvero?»
«Davvero» annuisce.

Lei si china a baciarmi l'orecchio. Mordicchia un po' il lobo, poi torno a sentire la sua voce.

«Mi piacerebbe avere un fiore. Qualcosa che venga dalla Terra.»
«Un fiore? E quale?» chiedo.
«Un girasole. Ne ho sentito parlare, certe volte.»

A quel punto, mi è molto difficile trattenere un ricordo dal riaffiorare. Grazie alle sue labbra sul mio collo riesco ad evitare di scoppiare a piangere al pensiero del campo di girasoli nel quale lui mi aveva detto che si era innamorato di me per la prima volta.

«È un fiore molto bello» mormoro.
«Ne ha già visto uno?»
«Sì» annuisco.

Stringo un po' i denti ma resisto al dolore che mi ha portato l'argomento.

«Me lo vuole dare?» mi chiede.
«Un girasole?»
«No, un nome» ridacchia.

Assottiglio gli occhi mentre le sue mani mi solleticano l'interno coscia.

«Ci devo pensare» dico, «I nomi sono molto importanti.»
«Davvero?»
«Certo.»

Devo rifletterci per bene. Almeno avrò qualcosa a cui pensare quando non sarò occupata a cercare gli ingredienti dell'incantesimo. Un nome... come potrei chiamare il mio demone del piacere? 

«Non vedo l'ora di averne uno, allora.»

Il demone si stacca dal mio collo, e riesco a vedere di nuovo il suo bel volto. Le sposto i capelli dalla fronte, poi arrotolo una ciocca su un dito e lo tiro, facendolo gemere.

«Dai, adesso fammi dimenticare.»

Lei sorride, e si avvicina di nuovo alla mia bocca.

«Ai suoi ordini, Stella Del Mattino.»

Ciaoo! Scusate il ritardo, ma ieri proprio non ho avuto il tempo di aggionare.
Lo so, il capitolo è corto, ma mi serviva soprattutto per introdurre gli ingredienti dell'incantesimo, ma anche per divertirmi con Caronte.
Che ne pensate? La mia versione di Caronte vi è piaciuta? E l'incantesimo? Come farà Aideen a procurarsi gli ingredienti?
Ditemi nei commenti quale nome dareste al demone del piacere della nostra protagonista!
Ci sentiamo mercoledì prossimo, se ce la faccio!
Baci 😈
-Gaia 💜

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