Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 60: Sei l'unica cosa che mi impedisce di cadere a pezzi.

Mi stropiccio gli occhi e torno a guardare l'impasto che sto preparando. Con una mano mescolo il tutto, mentre l'altra è appoggiata sul mio fianco.

Peter non si è ancora svegliato, così ho deciso di fargli una sorpresa e di preparargli i pancakes, anche perché non c'è quasi più nulla per fare colazione. Saranno forse le dieci e mezza, ma io sono sveglia già da qualche ora.
Dall'ultima conversazione con Kai, dormire è stato un po' complicato. E non a causa degli incubi, ma soltanto perché non voglio assolutamente perdermi un secondo del tempo che mi resta. Pochi giorni, per l'esattezza.

Sinceramente, non avrei pensato che questa seconda settimana sarebbe passata così in fretta. Forse è perché Peter si sente meglio che il tempo mi è sembrato volare leggero. Io invece... be', devo ancora capire come sto. Non sono guarita del tutto, ma aspirare meno tristezza mi ha davvero fatto del bene, e vedere Peter sorridere di nuovo, ancora di più.

Quando i pancakes sono pronti, li metto in un piatto e ci spalmo sopra il poco di nutella che era rimasto. Prendo un bicchiere e ci svuoto dentro le ultime gocce di succo d'arancia, poi metto il tutto su un vassoio e mi dirigo in camera da letto.

Preparare i pancakes mi ha fatto tornare in mente quella volta, allo chalet, quando io e la mia amica ne avevamo preparati insieme. Lei era così felice di poter fare qualcosa con me, e io ero onorata del modo in cui mi guardava. E del modo in cui mi raccontava i suoi sogni, o di come arrossiva ogni volta che nominava Arrow.

Stringo i denti e cerco di pensare ad altro. È difficile, ma meno di qualche giorno fa. Posso esserne felice.

Dopo aver fatto capolino nella stanza mi accorgo che il viso di Peter è leggermente corrucciato, così mi avvicino e gli tocco la fronte. Un po' di paura mi entra dentro, ma niente di che. Starà facendo un sogno strano.

«Aideen» sussurra Peter mentre apre un poco gli occhi marroni.

Sorrido e gli bacio la fronte.

«Scusa se ti ho svegliato» parlo a voce bassa visto che è ancora mezzo addormentato, «Ti ho portato la colazione.»

Lui si mette a sedere e si porta una mano nei capelli, un piccolo sorriso che si fa spazio sul suo viso stanco. Mi ringrazia e io lo guardo mentre mangia. È proprio carino...

«Che buoni...» sorride ancora di più, «Grazie, amore.»

Le mie guance cominciano a pizzicare tantissimo, e mi viene l'istinto di nascondermi il volto. È la prima volta che mi chiama in quel modo...
Peter sembra accorgersene, ma non dice niente, e io lo ringrazio mentalmente.

«Che facciamo oggi?» chiedo, quando ha finito di mangiare.
«Guardiamo qualche episodio di Pollon

Gli dico che va bene mentre gli pizzico una guancia. Certo che alla fine quell'anime gli piace davvero tanto.

«Dopo ti va di mangiare fuori?» gli chiedo.
«Sì, che bello!»

È da un po' che non uscivamo, forse è per questo che è così entusiasta. Anche io sono felice di poter uscire con lui, come se andasse tutto bene.
Alla fine decidiamo di guardare tre episodi e poi cominciare a prepararci.

Non presto tantissima attenzione alle scene che accadono in TV, ma mi concentro sulla testa di Peter appoggiata al mio petto. Sul suo respiro e il suo odore e la sua piccola risata. Mi piace tanto stare così, sul divano, mentre lo abbraccio. Mi sento di nuovo in quella bolla fuori dal mondo, ed è una sensazione magnifica.

«Dai che è tardi!» esclamo mentre trascino Peter in camera nostra.
«Ma solo un altro, per favore!» protesta, cercando di liberarsi dalla mia presa.

Quasi mi metto a ridere mentre osservo il suo viso contrariato. Dovevamo vedere tre episodi e abbiamo appena finito il quinto, ecco.
Riesco a convincere Peter a vestirsi, e dopo un po' ci ritroviamo a camminare per strada, mano nella mano.

Alla fine decidiamo di andare nel solito bar, in cui ordiniamo due hamburger. Osservo Peter e sorrido leggermente. Il suo petto è coperto da una semplice maglietta bordeaux abbinata con dei jeans chiari, ma anche se è molto semplice, lo trovo molto carino. Io invece ho messo un vestito, anch'esso chiaro per via del caldo, che però è comodo e non mi dà fastidio.

«Sai che questa notte ho sognato il tuo cane... quello nero» dice Peter dopo un po'.
«Hai sognato Evil?» aggrotto le sopracciglia.
«Sì, ero nella sua ciotola e lui stava avanzando verso di me per mangiarmi.»

Quando mi accorgo della faccia spaventata di Peter scoppio a ridere, mettendomi una mano davanti alla bocca per calmarmi. Quindi era quello il motivo della piccola dose di paura che gli ho preso stamattina!
Lui mi guarda male.

«N-non è divertente...» mormora, anche se sembra divertito anche lui.
«Sei proprio un novellino» ridacchio.

Lui arrossisce di botto.
Sgrano un poco gli occhi: non lo chiamavo così da un bel po' di tempo... Quel nomignolo mi ricorda il passato, ma quasi non mi sembra più adatto. Insomma... lui non è più un novellino, anzi, ha passato e sa fin troppe cose per esserlo.

Faccio per dire qualcosa ma una voce mi interrompe.

«Peter!» esclama, «Aideen cara...»

Mi giro verso la persona che si sta avvicinando al nostro tavolo, anche se l'ho riconosciuta dalla voce tenera e dolce.

«Che piacere vedervi qui» sorride la madre di Peter.

Lui spalanca gli occhi, perché non credo si aspettasse di vederla. Di certo io no.
Da quando lei non c'è più, ricordo che Peter aveva detto a sua madre che aveva bisogno di spazio, per giustificare la sua assenza. La sua famiglia sembrava aver capito, perché non hanno insistito.

«Quand'è che torni a casa, tesoro?» chiede piano la donna dai lunghi capelli biondi, «Desmond e io cominciamo a sentire la tua mancanza, lo sai...»
«E-ehm... Credo fra poco. Non ti preoccupare.»

Non guardo Peter mentre lo dice. Fra poco. Lui non sa fra quanto poco dovrò andarmene per davvero.

«Basta che tu stia bene, Peter. E anche tu Aideen.»

Torno a guardare gli occhi marroni della donna, e annuisco. Annuisco anche se so benissimo che quando me ne andrò, spezzerò in mille pezzi il cuore di suo figlio.

«Io vi devo salutare. Buon appetito» sorride di nuovo, per poi uscire dal bar.

Alzo lo sguardo su Peter, che sembra ancora un po' stordito, e cerco di cambiare discorso per tirarlo su di morale.

Continuo a guardare davanti a me, cercando di reprimere il tremolio delle mie mani.
Non può essere passato così in fretta. Non può essere. Dev'esserci stato un malinteso, qualunque cosa...

Abbasso lo sguardo sulle mie mani. Non riesco a smettere di tremare. Stringo i pugni, ma non funziona. Faccio un respiro profondo e serro le labbra. 
Torno a guardare il panorama che mi si offre dalla finestra della camera da letto. Deglutisco.

È da qualche minuto che sono qui, appoggiata al bordo della finestra con i gomiti, che osservo. Non c'è qualcosa di preciso che guardo, anzi, cerco proprio di guardare tutto insieme. Questa mattina mi sono svegliata, e il mio umore è stato subito schiacciato non appena ho guardato che giorno eravamo.

Questa notte. Devo andare via questa notte.

Non so come ha fatto il tempo a passare così veloce. Dopo quella volta in cui siamo usciti, io e Peter abbiamo passato i due giorni seguenti in piscina, oppure abbracciati nel letto dopo aver fatto l'amore. Sapevo che il tempo passava, ma allo stesso tempo lo ignoravo.

Faccio un altro respiro profondo e cerco di imprimere tutti gli odori e rumori e sensazioni che sento. L'umidità dell'aria, visto che è quasi sera. Il rumore di qualche uccello o piccolo animale. Il piccolo venticello che mi accarezza la pelle e i capelli.

All'Inferno tutto questo sarà solo un ricordo. Gli odori saranno quelli del sangue e del dolore. I rumori quelli delle grida e dei gemiti di paura. E le sensazioni quelle di soffocare dal caldo e dalla mancanza di aria fresca e pura.

Sento due braccia circondarmi la vita e una bocca sfiorarmi l'orecchio.
Anche questo sarà solo un ricordo. Peter e le sue guance arrossate dall'imbarazzo. Il modo in cui sorride e mi mordicchia l'orecchio come sta facendo adesso.

«Tutto bene?» mormora, accarezzandomi i fianchi.
«Sì» mento, «Stavo solo pensando.»

Mi giro verso di lui, che mi guarda un po' confuso. Ha capito che sto mentendo, ma non insiste oltre, e mi fa piacere.

Le mie mani scivolano nei suoi capelli castani, e gli lascio un bacio sul naso, poi sulla bocca. Peter mi segue e le nostre lingue si scontrano. Anche adesso, cerco in ogni modo di piantarmi in testa tutto quello che provo e sento. Non piango, non me lo permetto.

Mentre continua a baciarmi ci stendiamo sul letto, ancora sfatto. Passo le mani sul suo viso, sui suoi occhi marroni, lungo il suo naso e sulla sua bocca perfetta.

«Ti amo» sussurro per poi tornare a baciarlo.
«Ti amo» mormora sulle mie labbra.

E lì, in quel letto in cui abbiamo pianto, dormito, riso e altro... Facciamo di nuovo l'amore per l'ultima volta, o perlomeno, quella che lo sarà per un bel po' di tempo. 

Lo guardo mentre dorme. Il suo petto ancora nudo si alza e si abbassa in modo regolare.
Gli scosto una ciocca di capelli dal viso, e non riesco ad alzarmi. Voglio restare qui con lui. Non vorrei mai lasciarlo, ma non ho altra scelta.

Riesco ad alzarmi. Non appena mi allontano dal letto scoppio in un pianto che non riesco a fermare. Il sole non è ancora sorto, perciò Peter è ancora in un sonno profondo. Non riesco a respirare. Il solo pensiero che sto per spezzargli il cuore mi paralizza. Mi impedisce di pensare.

Deglutisco e fisso la lettera che ho lasciato sul comodino. Sono una codarda, la più codarda di tutti i codardi. Lasciare una lettera... Che cosa egoista.
La prendo e la rileggo un'ultima volta.

"Peter, amore mio.
Innanzitutto mi scuso per averti nascosto quello che sto per dirti. So benissimo che mi avevi chiesto di non lasciarti mai, ma non ho trovato un'altra soluzione. Jessica è morta, e non posso permettere che tu o altre persone a cui tengo vengano uccise. So che è difficile. So che fa male, ma per adesso dobbiamo dirci addio. Non per sempre, però. Tornerò all'Inferno con Kai, ma giuro che troverò un modo per tornare. So che forse potrebbe passare parecchio tempo e che magari deciderai di voltare pagina, ma sai bene quanto sono egoista... per questo spero tu tenga un piccolo posto anche per me nella tua vita. So che il nostro doveva essere soltanto un amore d'estate, ma non riesco a credere che possa finire tutto in questo modo. Vorrei soltanto un altro po' di tempo, soprattutto dopo quello che è successo.
Non ti ho detto nulla perché cominciavi a sentirti meglio, e sapevo che se avessi visto il tuo viso distrutto di nuovo non ce l'avrei fatta ad andarmene. Ad ogni modo, se deciderai di voltare pagina, lo capirò e me ne andrò come avevo stabilito. Ma per favore, ti prego. Non ti dimenticare di me. Sei l'unica cosa che mi impedisce di cadere a pezzi, Pete.
Sono un egoista e una codarda, ma spero tu mi ami lo stesso.
Ti amo, e non rinuncerò a te così facilmente.
-Aideen S.D.M."

Poggio di nuovo la lettera sul comodino.
Cerco di non fare rumore mentre le lacrime continuano a scendere lungo le mie guance.

Mi allontano dalla stanza, respirando a fatica, e chiudo piano la porta dopo di me. Non appena prendo la busta con le bottiglie di sangue comincio a correre.

Esco di casa e mi dirigo al Lux. Devo dire una cosa a Royal, e soprattutto devo dargli il sangue. In questi giorni mi sono quasi dissanguata per assicurarmi di lasciargliene abbastanza.

Mentre corro, questa volta piango senza trattenermi. Grido anche, fino a perdere la fottuta voce. Stringo gli occhi e poi li riapro, cacciando via le lacrime.
Mi fermo davanti al bar, e faccio quattro respiri profondi. Quando mi sento meglio, entro nel
Lux.

Royal è lì, che sta lucidando il bancone, con il viso piuttosto stanco. I capelli neri gli ricadono sul viso, e non si preoccupa di spostarli.

Non appena entro, alza lo sguardo e mi vede. Forse è dall'espressione del mio viso, o dalla busta di bottiglie di sangue, ma sembra capire subito la situazione.

Corro verso di lui e subito lo abbraccio. Royal mi sostiene subito il capo con una mano, come se potessi scappare da un momento all'altro. Qualche singhiozzo mi scappa, e lui sembra irrigidirsi.

«Ti ho portato queste.»

Gli mostro le bottiglie di sangue e lui schiude le labbra nel vedere quante ce ne sono. Si gira di nuovo verso di me e comincia a scuotere la testa.

«Tornerò» dico.

Lui non sembra rassicurato, ma annuisce.

«Royal, ti devo chiedere un favore.»

Deglutisco, mentre lui mi ascolta curioso.

«Hai presente quel debito di cui parli sempre?» gli rammento, «Credo sia arrivato il momento di ripagarlo.»
«Va bene» annuisce subito.
«Proteggilo. Fallo da lontano, senza che lui se ne accorga, ma proteggilo. Almeno finché non torno» lo supplico, «Dopo questo non avrai più nessun debito, niente di niente. Capito?»

Non ho fatto nomi, ma so che ha capito benissimo di chi parlo. Annuisce.

«Grazie.»

Fa un debole sorriso, e io abbasso gli occhi.

«Arrow è qui?» chiedo.
«Credo sia in camera sua.»

Deglutisco, e lo abbraccio ancora. Il freddo che mi colpisce... cerco di imprimere anche questo nella mia mente.
Mi stacco da lui e mi avvio al piano di sopra, senza voltarmi indietro.

Quando arrivo alla stanza di Arrow, lo trovo mentre si sta pettinando i capelli. Si gira verso di me, e spalanca gli occhi.

«Che succede...» si interrompe non appena capisce.

Aggrotta le sopracciglia e capisco che è solo un modo per trattenersi dal piangere.
Anche lui viene ad abbracciarmi.

«Torna presto da noi, ti prego» sussurra.
«Ci proverò...»

Si stacca da me, poi mi lascia un piccolo bacio sulla guancia.
Stringo gli occhi e lo guardo di nuovo prima di scendere di sotto e di uscire veloce dalla porta.

Cammino lentamente, i capelli neri mossi dal vento. So esattamente dove sono diretta, e che cosa succederà una volta arrivata.

Dovrò lasciare tutto quello che amo per proteggere lui e le persone a cui tengo. È l'unico modo, l'unico che ho trovato. Eppure ci ho pensato per giorni.

Fisso la stradina stretta e buia in cui mi trovo e cerco di godermi gli ultimi istanti che passerò qui sulla Terra. Questo pianeta così bello, se si è con la persona giusta.
Mi fermo, faccio un respiro profondo e stringo i denti.

Guardo di fronte a me, e me lo ritrovo davanti. Puntualissimo, come al solito.
Cento anni fa mi ero fatta la promessa di non rivederlo mai più, e invece...

La persona che mi ha preso tutto è lì, seduta su una moto che ha probabilmente rubato, i capelli rosso fuoco che si vedono benissimo nonostante il buio.
La prima cosa che penso è che vorrei tanto farlo soffrire come ho sofferto io, stringere il suo cuore con la mente fino a farlo scoppiare, fino a sentire il rumore che fa il sangue quando si spiaccica al suolo, ma non posso... non posso e lo so benissimo.

È tutto così sbagliato e improvviso. Pensavo di essermi liberata di lui, di poter stare tranquilla, di poter vivere la mia vita... Pensavo di essere libera, finalmente.
Ma mi sbagliavo, mi sbagliavo eccome, cazzo.

Lui si gira verso di me, e quando mi vede, l'ombra di un sorriso si fa spazio sul suo viso pallido. Sembra quasi dispiaciuto, eppure so benissimo che non prova la minima empatia per quello che è successo.
Il mio sguardo non è pieno d'odio e di rabbia come dovrebbe essere. È vuoto. Non voglio fargli capire come mi sento, non posso.

Mi avvicino a lui, e senza dire niente salgo sulla moto. Lui alza il mento, probabilmente compiaciuto, anche se non lo dà per niente a vedere.
Sale anche lui, mette in moto e parte, velocemente.

So benissimo dove siamo diretti, mentre il vento scompiglia i miei capelli.
Siamo diretti verso il posto che odio di più al mondo, dove sono cresciuta e poi scappata, giurando di non tornare mai più: l'Inferno.

Quest'ultimo pezzo non vi sembra familiare? Esatto, è esattamente quello che c'era scritto nel prologo! 
Comunque, spero vi sia piaciuto questo ultimo capitolo, e questo pomeriggio arriva l'epilogo! Ditemi tutti i vostri pensieri nei commenti, e non dimenticate la stellina! 💜💜
Baci 😈
-Gaia 💜

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro