Capitolo 56: Non lasciarmi mai, ti prego.
«Di che cosa è fatto?» chiede Lentiggini.
«Non ti fidi di me?» Kin sembra offeso.
Li guardo con la coda dell'occhio. Theo è seduto in terra, le ali insanguinate belle in vista, mentre Anakin è nella stessa posizione, dietro di lui. Le sue mani di solito piene di anelli, adesso sono nude e gli toccano le ali, mentre l'angelo sibila dal dolore. Non ho mai visto mio fratello così delicato con qualcuno, se non con me.
Non abbiamo dovuto aspettare nemmeno cinque minuti prima che Anakin si presentasse davanti a casa mia. Non appena l'ho visto, ho sentito di nuovo quella sensazione, simile a quella che avevo provato quando avevo visto Royal. Quando stavo per permettermi di piangere.
«Non è quello. Sono solo curioso» ribatte.
Anakin assottiglia gli occhi, come se non gli credesse.
Le cose tra loro... sono strane. Prima, mio fratello si divertiva a dare fastidio a Theo, probabilmente per attirare la sua attenzione. Lo stuzzicava, senza davvero essere cattivo. Cercava di avvicinarsi a lui, nonostante i rifiuti dell'angelo. Adesso invece... Sembra quasi spento, come se avesse abbandonato. Come se si fosse rassegnato. Non lo stuzzica più, non gli sorride più. Ma gli risponde.
«Di solito le lacrime di un demone nato nel posto in cui l'arma è stata forgiata guariscono le ferite provocate da essa. Questo è un miscuglio di lacrime e sangue» spiega, le dita sul punto della schiena in cui spuntano le ali di Theo.
«Di chi?»
«Di me, ovviamente.»
Il viso di Theo passa dal pallido al rosso mentre Anakin inizia a spalmare la cura sulle sue ali. Lo vedo tremare, poi stringere le labbra.
Lentiggini ha il viso nascosto dagli occhi di Anakin, ma lui sembra accorgersi dei brividi che lo colpiscono.
«Che c'è, ti fa male?» chiede mio fratello, un po' allarmato.
«N-no» balbetta l'angelo, abbassando ancora di più gli occhi.
Anakin spalanca gli occhi, e ritira di scatto le mani, come se avesse capito qualcosa. Si alza, e fa attenzione a non guardare Theo.
«Dovresti metterlo due volte al giorno» dice, «Guarirà presto, vedrai.»
Lentiggini si alza con un po' di fatica, e si sposta piano una ciocca di capelli biondi dal viso.
«Cerca di non volare per questa settimana» Kin si gira verso di lui, e il suo sguardo si trattiene per un po' sul suo petto scoperto.
«Va bene.»
L'angelo sembra annuire, poi lo guarda. Distolgo lo sguardo, perché gli occhi verdi di Lentiggini brillano in un modo che non voglio, che non posso vedere.
«Grazie.»
Mentre mi guardo le mani, sento mio fratello avvicinarsi. Mi giro e lo guardo.
Lui mi sorride, contento di vedermi.
«Starà bene» mi rassicura.
«Potresti... non andartene prima che guarisca?» gli chiedo.
«Certo, mi fa piacere.»
Mio fratello assottiglia gli occhi, poi mi tocca la guancia.
«Mi sembri molto giù» mormora, «Ma non chiederò niente.»
Lo ringrazio con lo sguardo, e lui mi bacia la fronte.
Di nuovo quella sensazione.
«Mi sei mancata tanto» mormoro.
«Anche tu.»
Vederlo quando invoco Katherine è una cosa, ma sentire la sua presenza davanti a me, vedere il suo viso abbronzato da più vicino e i suoi occhi e la sua voce... È tutto un altro mondo.
«Da Katherine ci sei sempre ormai» gli faccio notare.
«Già. È divertente stare con lei, e poi mi sento meno solo.»
Ridacchia e si tocca la nuca con una mano, in un modo così triste che mi si stringe il petto.
Quando tornerò all'Inferno... Spero che Kai mi permetterà di vederlo. Di solito mi lasciava fare quello che volevo a patto che gli dicessi tutto, ma ho paura che dopo quello che è successo non sarà così gentile.
«Che mi dici dei vampiri?» chiede.
«Stanno bene. Più o meno.»
Mento. Ma non voglio... non voglio parlarne. Il solo ricordo del viso umido di Arrow mi fa venire gli occhi lucidi. Sto male al pensiero che io l'abbia lasciato solo.
«E il tuo vampiro, invece?»
«È complicato» esito un po' prima di rispondere.
Anakin sembra un po' turbato dalle mie risposte troppo veloci e corte, ma sembra capire che non è il caso di insistere.
«Vai dal tuo umano, dai» dice alla fine, scompigliandomi i capelli.
Annuisco. Theo è in buone mani adesso, questo lo benissimo. Non du dubiterei mai di mio fratello.
Io devo occuparmi di Peter.
Esco dalla porta e corro verso la nostra casetta. Sono felice che Anakin non mi abbia chiesto niente, perché non credo che sarei riuscita a restare impassibile altrimenti.
Al solo pensarci mi viene da vomitare, da urlare e da piangere. Vorrei spaccare tutto.
E poi... C'è una cosa che ho fatto, quando l'avevo nelle mie braccia, mentre la sentivo scivolare via da me. C'è una cosa che ho fatto, di cui Kin non sarebbe per niente fiero, ma che mi ha dato l'ennesima conferma. L'ennesima conferma che nessuno è buono, che nessuno verrà ad aiutarmi se non riesco a salvarmi da sola.
Ho pregato Dio di lasciarla vivere, e Lui l'ha lasciata morire.
Apro la porta della casetta, ancora un po' scossa dalla vista delle ali di Lentiggini. Certo, quando me ne sono andata stava meglio, però...
Vederlo così distrutto mi ha fatto male. Spero che stare da solo con Anakin gli dia il modo di scusarsi per davvero.
Chiudo la porta, e quando mi giro vedo Peter uscire dalla camera da letto. Spalanco gli occhi quando lo vedo. Ha gli occhi marroni gonfi dal pianto, e la sua espressione disperata sembra attenuarsi quando si accorge della mia presenza.
«Aideen» sussurra, per poi correre verso di me.
Mi stringe a sé senza che io possa reagire, e un'ondata di dolore mi fa rabbrividire. Mi entra dentro, mi lacera il petto e distrugge il mio cuore. La tristezza di Peter cerca di risvegliare quello che sto cercando di nascondere, ma io lo accolgo a braccia aperte, e resisto.
«Pensavo te ne fossi andata» singhiozza, «Non farmi mai più una cosa del genere.»
«Mi dispiace...» mormoro, accarezzandogli i capelli castani.
Non avevo previsto questa sua reazione. Volevo solo sistemare le cose che avevo lasciato in sospeso, non farlo sentire peggio.
«Vieni, ti va di fare un bagno caldo? Credo che tu ne abbia bisogno, Peter.»
«O-okay» annuisce, rabbrividendo.
Lo prendo per mano, e arrivati in bagno, l'acqua ha già iniziato a scorrere grazie alla mia mente. Metto un po' di sapone, poi faccio entrare Peter dentro. Vederlo senza vestiti mi avrebbe dato la voglia di stuzzicarlo, ma adesso... non ci riesco. Forse lo farebbe arrossire. Forse invece mi guarderebbe male. Ma non dico niente, e distolgo lo sguardo dal suo corpo.
Mentre lui cerca di rilassarsi nell'acqua, io gli lavo i capelli. Gli massaggio il capo, mentre un altro po' di tristezza passa dal suo corpo al mio.
Non mi piace sentirlo triste in questo modo, ma sono contenta di potergli alleviare il dolore.
«Come fai a restare così... impassibile?» bisbiglia, mentre le lacrime iniziano di nuovo a rigare le sue guance.
Cerca di asciugarsi gli occhi, poi si nasconde il viso, mentre le sue spalle cominciano ad andare su e giù. Io ho le mani ancora nei suoi capelli, e resto immobile mentre la sua tristezza mi entra dentro.
«Io non riesco... Non riesco a smettere di piangere» sussurra.
«È normale... Non ti preoccupare, ci sono io, okay?» ritrovo l'uso della parola, e gli tocco la spalla.
«Non mi lasciare» si gira verso di me, poi mi abbraccia, «Non lasciarmi mai, ti prego.»
Mi bagna la spalla e il collo, mentre io accolgo tutta la sua tristezza, stringendo i denti. Anche io non vorrei lasciarlo mai.
Però non rispondo, perché so che non potrei mai dirgli la verità. Non potrei mai distruggerlo in questo modo.
«E adesso cosa devo fare?» chiede.
«Infornare e basta.»
Quando chiudo il forno, Peter si abbassa e guarda dentro.
«Sembrano buone» dice.
«Vedrai, ti piaceranno» cerco di sorridere, mentre lui si alza.
Dopo essersi sfogato in bagno, Peter si è sentito meglio, svuotato da tutta la sua tristezza. L'ho convinto dal non tornare nel letto, e abbiamo preparato delle lasagne insieme.
È stato... difficile. Ad ogni movimento lo sentivo tremare, e invece di sentire l'odore dell'impasto, riuscivo a sentire solo quello del suo dolore. Ma sono contenta che sia riuscito ad uscire dal letto, e poi non ha pianto da quasi un'ora. È un passo avanti.
«Ti va di guardare un po' di televisione mentre si cuociono?» chiedo dolcemente, «Se non mi sbaglio c'è Pollon scaricato.»
Peter sta per annuire, ma mi guarda un po' confuso e un po' curioso.
«Niente, è un anime un po' vecchio» gli spiego, «Io l'ho scaricato in italiano però ci sono i sottotitoli se vuoi.»
«Di che cosa parla?» chiede curioso.
«La protagonista è una bambina che si chiama Pollon, ed è la figlia di Apollo» lo informo, «Tutta la storia racconta dei pasticci che combina all'Olimpo.»
Mi avvicino al divano, mentre sento che mi segue. Spero che un po' di televisione potrebbe distrarlo. Non mi aspetto che ridi alle battute, ma solo che non pianga.
«Ho pensato che visto che ti interessa tanto la mitologia... forse ti sarebbe piaciuto» alzo le spalle.
«Sembra bello» sorride leggermente.
Sorride.
E io spero con tutto il mio essere che lui torni a sorridere come faceva prima. Perché so benissimo che quel sorriso è solo un assaggio.
Deglutisco, poi ci sediamo sul divano. Questa volta è lui che si appoggia a me, e le ultime gocce di tristezza mi entrano dentro. Poi non sento più nulla.
Lo abbraccio, felice di non dover più sentire quel dolore non appena lo tocco. Cerco di godermi questo momento. Potrebbe non capitare di nuovo.
Mentre guardiamo la televisione, Pete sembra rilassato. Non piange, non rabbrividisce, non emana tristezza. Forse... forse può stare meglio. Forse andrà meglio. Forse guarirà. Forse guarirò anche io.
Dopo un po' ci alziamo e mangiamo. Io non ho fame, e il cibo mi sembra senza sapore. Come se fosse plastica. Mangiare non mi dà nessuna soddisfazione, anzi. Mi sento ancora più vuota.
Peter invece sembra avere appetito, e sono sollevata. Almeno lui mangia un po' e sembra piacergli.
Dopo aver finito mi alzo e vado in bagno a vomitare.
Peter non sembra essersene accorto, perché non dice nulla. Torniamo sul divano.
Abbasso gli occhi sul suo viso. Si è addormentato qualche minuto fa, e adesso gli sto accarezzando i capelli castani.
Non sento tristezza. Riesco a concentrarmi sul suo respiro, sui suoi capelli e sul suo viso e sulla sua pelle morbida. Riesco quasi a sentirmi al sicuro.
«No...» sussurra.
Aggrotto le sopracciglia e faccio per svegliarlo, ma poi non dice più nulla. Torno a rilassarmi, anche se sono pronta a svegliarlo se ce n'è bisogno.
Non voglio vederlo piangere. Non voglio vedere il suo viso contratto dal dolore. Non voglio vedere i suoi bellissimi occhi marroni gonfi e rossi dal pianto.
Dopo un po' torna a mormorare qualcosa, e d'improvviso il dolore mi colpisce. Spalanco gli occhi mentre torno a guardarlo. Ero impreparata. Fa male.
«No! Ti prego!» inizia a gridare, «Non lasciarmi! Resta con me!»
«Peter» gli scuoto la spalla.
Lui scuote la testa, le lacrime sulle guance.
«Era solo un incubo» dico quando apre gli occhi, «Questa è la realtà, e ci sono io.»
Gli prendo il viso tra le mani e gli bacio la fronte. Altro dolore, altra tristezza. Altra distruzione.
«Ho paura» sussurra, «di non riuscire mai ad uscirne.»
«Non dire così, Pete» ribatto, «Prima eri da solo... adesso ci sono io, non devi sopportare tutto.»
Peter sembra un po' rassicurato, ma continua a piangere lo stesso. Lo attiro a me, facendomi di nuovo del male, e cerco di tranquillizzarlo. Mi dondolo avanti e indietro e per un attimo mi torna in mente un'immagine che mi sforzo a mandare via.
«Ci saranno di nuovo dei bei momenti» gli dico, «Te lo prometto.»
Ciao a tutti, eccomi di nuovo con questo capitolo ❤️ Lo so, è un po' corto... però è essenziale e spero vi piaccia lo stesso!
Anakin e Theo erano carini...
E Peter? Che ne pensate? Aideen non sembra molto in forma, invece...
Spero di poter aggiornare presto!
Baci 😈
-Gaia 💜
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