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Capitolo 33: Non ho paura.

Sospiro e passo la mano nei capelli del novellino. La testa sulle mie gambe, gli occhi marroni chiusi. Non ha ancora ripreso conoscenza. Me l'aspettavo un poco, ammetto.

Dopo che gli ho detto il mio nome completo, Peter mi ha guardata in un modo strano, come se non mi credesse, allora ho fatto diventare i miei occhi rossi e a quel punto il novellino è svenuto. L'ho preso al volo prima che cadesse, e l'ho adagiato sulle mie gambe.

Ho paura di svegliarlo, perché so benissimo come reagirà. Scapperà da me, e questa volta non tornerà. È stato bello baciarlo di nuovo, comunque.
Devo ammettere che il fatto che sia venuto qui mi ha fatto sentire meglio. So che per un umano deve essere stato molto strano assistere a quello che ha assistito Peter, eppure lui è tornato da me. Lui è tornato da me, nonostante fosse così confuso.

Abbasso lo sguardo su di lui. È così bello quando è rilassato in questo modo. Sembra felice, lì sulle mie gambe, e vorrei lasciarlo così.
Gli tiro un po' i capelli, cercando di svegliarlo, e Peter apre piano gli occhi.

«Aideen...» sorride leggermente, poi si mette a ridacchiare, «Sai, ho fatto un sogno stranissimo in cui mi rivelavi di essere la figlia di Lucifero.»

Mi tocca un po' la guancia con una mano, ancora leggermente stordito, mentre io metto la testa da un lato, senza rispondere. Il viso sereno di Peter si raggela di colpo.

«Non era un sogno» sussurra.
«Già» sospiro.

Spalanca gli occhi e si alza velocemente, prendendosi la testa fra le mani.

«Oddio...» mormora, mentre barcolla e cerca di appoggiarsi al muro.
«No, non ti azzardare a svenire di nuovo!» esclamo, avvicinandomi a lui.

Lui è troppo scosso per allontanarmi, e mi lascia prenderlo per le spalle e farlo sedere in terra, con la schiena contro il muro. Mi metto di fianco a lui, e restiamo in silenzio per un po'.

«Ma quindi... Quindi l'Inferno e tutto il resto...» sussurra dopo un poco.
«Sì, esiste davvero.»
«Ma p-perché sei qui allora?» si gira a guardarmi.
«Non mi piace l'Inferno» rispondo, alzando un poco le spalle.

Peter torna a guardare davanti a sé. Io mi mordicchio il labbro.

«Dimmi cosa pensi, non mi piace che stai in silenzio» dico, incrociando le braccia al petto.
«I-io non so...» balbetta.

Forse dovrei accompagnarlo a casa sua. Di sicuro è molto scosso, e non vorrei che svenisse per strada o roba del genere.

«Ho sempre pensato che c'era qualcosa di diverso in te. Certe volte parli come se venissi da un'altra epoca, mentre altre volte come se venissi da un altro mondo» ammette, aggrottando le sopracciglia, «Poi ho notato che non reagisci al calore o al freddo: per esempio quando eravamo in montagna mettevi le mani nude nella neve e non battevi ciglio, oppure bevevi la tua cioccolata come se non fosse bollente...»

Stringo le labbra. Merda, non pensavo fosse così evidente. È vero che prima di Peter e Jessica non sono mai stata accanto a degli umani, per questo non facevo così attenzione ai dettagli. A quanto pare Peter invece ci è stato attento.

«Io... Ho così tante domande, però non voglio farti arrabbiare» abbassa il capo.
«Puoi chiedermi quello che vuoi» sorrido leggermente, «Ormai sai il mio segreto, che tu sappia tutto o poco non cambia niente.»
«Anche gli altri demoni sono belli come te?»

Lo guardo e mi scappa una risata.

«Questa è la prima cosa che ti viene in mente?» chiedo, coprendomi un po' la bocca con la mano.
«N-no, insomma, mi chiedo anche come funziona, se Romeo e Giulietta sono davvero all'Inferno come hai detto l'altro giorno, e se anche i tuoi amici non sono umani, e come fai a muovere le cose con la mente e-»
«Aspetta, calmati!» lo interrompo, un po' divertita, «Dammi il tempo, dannazione.»
«Scusa.»

Fisso per un po' i suoi occhi marroni.
È decisamente sotto shock. Il cucciolo non ha ancora realizzato.
Decido di non dire niente. Se posso rimandare il momento in cui vedrò la paura sul suo viso, farò qualunque cosa.

«Non tutti i demoni sono come me, e non lo so se Romeo e Giulietta sono all'Inferno. Comunque, sì, anche Theo e Arrow sono... non sono proprio umani» ammetto.

Peter annuisce e torna ad immergersi nei suoi pensieri.
Lo guardo per un po', poi sospiro. Non voglio che abbia paura, però non voglio che resti in questo modo, senza capire davvero con chi ha a che fare. Questa è la realtà, e lui la sta prendendo un po' troppo alla leggera.

«Perché non sei scappato?» chiedo, senza riuscire a trattenermi.
«Mh?»
«Peter, sei letteralmente nella stessa stanza della figlia di Lucifero» un piccolo sorriso si fa spazio sulle mie labbra.

Lui aggrotta le sopracciglia, poi scuote la testa.

«N-non riesco a realizzarlo, scusa.»

Non dico niente, ma faccio diventare i miei occhi rossi.

«Okay ho capito!» si mette una mano davanti agli occhi, poi mormora: «Comunque a che cosa servirebbe scappare se sei letteralmente la figlia di Lucifero?»

Aggrotto le sopracciglia. Già, ha ragione, lo potrei ritrovare quasi subito. Ma non parlo di questo, intendo perché mi sta guardando come se fossi una persona normale?

«Non ti capisco... L'altro giorno, a casa tua-»
«Adesso è diverso» dice, sicuro, «Ho avuto paura e non riuscivo più a pensare...»

Si passa una mano nei capelli castani, poi torna a guardarmi.

«Mi dispiace, non volevo» penso si riferisca a come ha reagito.
«Non importa.» scuoto la testa.
«Sì invece... Ci ho pensato tanto e quando ho deciso di venire qui mi sono detto che qualunque cosa mi avresti risposto non ti avrei mai più guardata in quel modo.»

Si mette a sedere davanti a me, perché si accorge che sto evitando il suo sguardo.

«Non mi aspettavo di certo a questo, però...» ridacchia nervosamente.

Non capisco perché io mi senta così fragile in questo momento. Perché il mio stomaco si contorce di nuovo, e perché mi tremano le mani?
Perché mi sento così in sua presenza? Non ho mai avuto paura di quello che gli altri pensano di me. Non mi è mai importato. Eppure adesso mi sento in un modo così strano.

«Se sei quella che hai dimostrato di essere in questi mesi, io ci tengo a te» sorride leggermente, mettendo la testa da un lato, «E questo non cambierà solo a causa del tuo cognome.»

Alzo lo sguardo verso di lui.

«Lo pensi veramente?» chiedo.
«Sì.»

Aggrotto le sopracciglia. Mi sembra strano che Peter riesca ancora a guardarmi.

«E non ti penti di avermi baciata?» chiedo piano.

Il novellino scuote la testa.

«E farlo di nuovo ti darebbe fastidio?» chiedo ancora.
«No» dice.

Sorrido, anche se non capisco.
Avrà letto troppi libri. Sì, decisamente troppi libri.

«Sei davvero pazzo» ridacchio, scuotendo un po' la testa.
«Forse.»

Questa volta sono io che lo prendo per la nuca e faccio combaciare le nostre labbra. Forse queste cose che ha detto saranno solo temporanee e quando capirà che sono davvero un mostro si allontanerà da me, per questo preferisco baciarlo adesso che posso.
Peter sorride un poco sulla mia bocca e mi tocca i capelli. Lascia libero l'accesso alla mia lingua, e sento il suo cuore accelerare e le sue guance arrossarsi.
Ad un tratto però si stacca.

«Aspetta, ma quindi Caronte dà davvero delle bastonate ai dannati?» dice, con il respiro un po' affannato.

Io scoppio di nuovo a ridere, questa volta senza coprirmi la bocca.

«Certe volte, sì» ammetto, tra una risata e l'altra.

Peter mi guarda con le labbra schiuse, mentre cerco di smettere di ridacchiare.

«Penso che io sta per svenire di nuovo» dice dopo un po' a guardarmi.
«Non ti azzardare» sibilo.

«Quindi Evil è diventato il mio diavoletto personale» concludo.
«Ecco il perché delle tre code... Pensavo fosse a causa di una malformazione, che stupido!» si schiaffeggia la fronte con la mano.
«Non sei stupido» ribatto.

Alla fine Peter non è proprio scappato. È restato qui, e ha continuato a pormi qualche domanda. Gli ho fatto un thè, e adesso lo sta appoggiando sul tavolino vicino a noi. Il novellino ha detto che voleva restare in piedi, perché aveva davvero paura di svenire ancora.
È ancora sotto shock, è l'unica soluzione.

«Ma quindi, nel tema sulla nostra versione del paradiso...»
«Già, forse è per quello che le idee le hai date solo tu» ridacchio.
«Ci sei già stata?» chiede.

Questa volta esito prima di rispondere. Non mi piace parlarne, e anche se si tratta del novellino, non ci riesco.

«Facciamo così: da adesso, ogni giorno avrai il diritto a una domanda» dico, evitando la sua frase di prima.
«Una non è abbastanza!» esclama.

Ridacchio mentre lui si lamenta.

«Perché una sola?» chiede.
«Perché in questo modo sarai obbligato a tornare da me. Sei troppo curioso per non farlo, anche se hai paura.»
«Tornerei da te lo stesso» sospira, «E poi, non ho paura!» esclama, quando realizza che cosa ho detto.
«Ah no?» alzo un sopracciglio.

Mi avvicino a lui e lo costringo a poggiare la schiena al muro. Il novellino spalanca un po' gli occhi.

«Allora perché il tuo battito cardiaco è alle stelle?» chiedo, sorridendo.

Non riesco a farne a meno, stuzzicare Peter è talmente divertente... Costringerlo ad arrossire...

«L-lo sai perché» schiude le labbra, un po' nervoso.

Decido di dargli quello che vuole senza tormentarlo oltre.
Poggio di nuovo le labbra sulle sue. Credo che ormai io sia dipendente delle sue labbra.
Metto la mano sulla sua nuca, attirandolo un po' a me. Peter è timido anche quando bacia...
Però, ogni volta che tocco le sue labbra con le mie, ho paura che sia l'ultima.

Ad un certo punto sento la porta di casa aprirsi, e mi stacco lentamente dal novellino. Lentiggini mi guarda come se avesse visto un fantasma.

«Non vi insegnano a bussare, in paradiso?» sbuffo, incrociando le braccia al petto.
«Scusa, non sapevo avessi un ospite...» alza un sopracciglio.

Peter cerca di mimetizzarsi con il muro, mentre il viso lentigginoso di Theo ci fissa. Si tocca un po' i capelli biondi, probabilmente riflettendo su quello che ha visto.

«Ti aspetto di là» alza gli occhi verdi al cielo, lasciandoci soli.

Peter sospira: sembra sollevato. Dopotutto ormai sa che Theo è un angelo. Chissà che cosa avrà pensato della sua presenza...
Mi giro verso di lui, che è ancora rosso a causa del nostro bacio.

«I-io dovrei tornare a casa.»
«Vuoi che ti accompagni?» chiedo.
«No, prendo l'autobus, tranquilla» scuote la testa, mentre ci avviamo verso la porta di casa.

Peter è imbarazzatissimo, cerca di non guardarmi.
Ho ancora paura che possa cambiare idea su di me da un momento all'altro.

«Ci vediamo domani?» chiedo, un po' insicura.

Il novellino gira il viso verso di me e sorride, rassicurandomi.

«Certo! Ho una domanda da porti, ricordi?» annuisce.

Sorrido un po' anche io, poi gli faccio un cenno, e lui chiude la porta dietro di sé.
Chissà quanto durerà tutto questo...

Stringo le labbra e mi avvicino a Lentiggini.

Lui è seduto in cucina mentre osserva il suo telefono, e io mi tocco un po' i capelli. Forse anche io sono un po' in imbarazzo.

«Non commento quello che ho visto perché ho da dirti una cosa più importante» si schiarisce la voce.

Io annuisco velocemente, poi mi siedo vicino a lui.
Theo mi porge un telefono. Anzi, non è un telefono qualsiasi, è quello che ho preso al tizio che ho torturato!

Mi accorgo che lo schermo mostra un messaggio, inviato da uno sconosciuto. È un indirizzo e un'ora.
Dev'essere il demone che gli ha ordinato di uccidere i tre uomini! Non può essere Kai, perché non avrebbe mai potuto pagarlo di persona, quindi credo proprio che oggi ucciderò un demone!
Yay!

«Per Lucifero...» mormoro, un sorriso che si fa spazio sulle mie labbra.
«Già, esatto.»

Verifico che ore sono e mi accorgo che sono quasi le sei, cioè l'ora che ha mandato lo sconosciuto.
Spalanco gli occhi.

«Dobbiamo andare, è fra un quarto d'ora!» esclamo, alzandomi di scatto.

Lentiggini mi segue fuori casa e dopo qualche minuto siamo in macchina. Lui guida, mentre io penso a che cosa potrebbe mai aspettarci al luogo dell'incontro. Deve essere un demone potente per poter venire qui, sulla Terra, ma penso che potrò sbarazzarmi di lui facilmente.

Quando mi guardo intorno mi accorgo che Lentiggini si e parcheggiato. Usciamo in fretta dalla macchina.

Il posto dell'incontro è piuttosto buio anche se fuori c'è ancora il sole. Non so esattamente dove ci troviamo, però posso dire che si tratta di una strada piuttosto larga ma deserta, senza nessuno intorno. Bene, ci si potrà divertire.

«Lo senti?» chiede Theo, girandosi un poco verso di me.

Annuisco. Si riferisce all'odore. Riesco a riconoscere i demoni grazie al loro odore, e qui vicino ce n'è uno di sicuro. È lo stesso odore che avevo sentito su quei tizi che avevano provato a spararmi... Però... C'è qualcosa di familiare, ora che ci penso.
Mentre Lentiggini verifica l'orario, vedo come un'ombra muoversi all'angolo della strada in cui siamo.

Faccio un gesto a Lentiggini per avvertirlo, ma nemmeno un secondo dopo, una figura appare davanti a noi. Spalanco gli occhi e la bocca.

Per tutti i gironi e tutti i dannati del fottuto Inferno.

Il demone davanti a noi ha sempre la stessa apparenza dall'ultima volta che l'ho visto, forse i capelli mori un po' più corti. Si avvicina a noi con un sorrisetto divertito sulle labbra carnose, una mano nella tasca del suo pantalone, l'altra nei suoi capelli scuri. I suoi occhi rossi brillano anche se non c'è tanta luce, e la sua pelle abbronzata lo nasconde un po'. Alto come è sempre stato, qualche orecchino e qualche anello, mi sento quasi mancare.
Non può essere vero. Il suo nome sfugge alle mie labbra.

«Anakin» sussurro.

Lui sorride compiaciuto, e mette la testa da un lato.

«Quanto tempo è passato...» dice senza staccare gli occhi dai miei, «Sorellina.»

AAA non vedevo l'ora di pubblicare questo capitolo! Che ve ne pare? Ha davvero detto sorellina... Sorellina!
Aspetto i vostri pareri!
Che ne pensate di Peter? È carino, vi prego 😭
Spero di pubblicare nel week-end, ma non ne sono sicura!
Baci 😈
-Gaia💜

P.S: Adoro Star Wars e EleeBernabei  mi ha suggerito il nome ehhe!

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