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Capitolo 2: Lentiggini.

Un'ora dopo, sento finalmente la campanella suonare, e mi precipito fuori dall'aula.
Una volta lontana da quel ragazzo mi sento più tranquilla: l'odore di tristezza è sparito, perciò posso finalmente rilassarmi e tornare a respirare correttamente.

Evidentemente ho cantato vittoria troppo presto, perché non appena alzo lo sguardo mi imbatto in delle iridi verdi che, a mio malgrado, conosco molto bene.

«Buongiorno, Dark» dice con una voce melodiosa, che mi fa rabbrividire.
«Lentiggini, quante volte ti ho detto di non chiamarmi così?» borbotto scostandomi.

Sì, mi vesto sempre di nero, ma no, questo non gli dà il diritto di chiamarmi con quello stupido nomignolo.

«E quante volte ti ho chiesto di non chiamarmi "lentiggini"?» chiede, mettendo la testa da un lato.

Vorrei rispondere: "Sì, ma io sono la figlia del diavolo, quindi farai quello che ti dico io", ma non lo faccio.

«Touché» mi limito a dire.

Forse ha ragione, per una volta.

Theo è un angelo molto gentile, devo ammetterlo: si preoccupa per gli altri e fa di tutto per mettere le persone a loro agio. 
Ecco, il problema è che io non sono mai a mio agio. Sono a mio agio o quando sono da sola, probabilmente con un libro in mano, o quando sono al Lux, in compagnia di Royal.
Già, Royal è proprio bravo nel mettermi a mio agio.

Lentiggini invece, non ci riesce proprio.
Con lui mi sento sbagliata, perché lui è la perfezione, e io sono l'opposto.

«Com'è andata la tua giornata?» l'angelo mi risveglia dai miei pensieri.

Lo guardo di sfuggita.
L'ho già detto, è molto bello: capelli biondi, occhi verdi, labbra piene e rosa, pelle candida e lineamenti dolcemente marcati. Peccato che il suo fascino non mi faccia effetto.
Nah, gli angeli non fanno per me.

«Come sempre» rispondo vaga spingendo la porta per entrare nella mensa.
«Sempre così esplicita... Comunque io ho avuto francese ed è successa una cosa-» prova a dire, ma io sono già seduta al tavolo, intenta ad osservare la mia forchetta come se fosse la cosa la più interessante al mondo.

Lo guardo mentre si avvicina a me, con quel suo passo armonioso e leggero.
Qui ci mancano solo la luce bianca e gli uccellini.

«Dicevo che-» prova a proseguire con il suo racconto, ma lo interrompo.
«Lo sai che non ti ascolto, non sprecare fiato» gli dico facendo girare una forchetta tra le mie dita.

Lo so, certe volte sono troppo schietta. Ma non potrebbe fregarmene meno, insomma, sono fatta così, che ci posso fare?

«Volevo solo dirti che è arrivato un nuovo studente» alza le spalle, continuando la conversazione anche se gli avevo chiaramente fatto capire che non mi andava.
«Lo so» sospiro, addentando una mela verde, «L'ho visto a storia»

La sua domanda mi fa ripensare all'odore di tristezza che avevo sentito prima, a lezione.
Per gli inferi, quanto vorrei poterlo toccare per prenderne un po', solo un po'...

«Pensavo non facessi attenzione al mondo intorno a te» dice alzando le sopracciglia, e un espressione divertita si fa spazio sul suo viso.

Non c'è niente da ridere, Lentiggini.

«Si è seduto vicino a me» ribatto, mentre la sua espressione passa da divertita a sorpresa.
«Vicino a te?» chiede sbalordito.
«Sì, vicino a me» dico poco interessata, «È così strano?»
«Be', voglio dire... incuti un po' di timore, ecco» mormora, abbassando lo sguardo.
«Mhm...» non lo ascolto più, sono concentrata su altro.

Quando si parla del diavolo!
Il novellino è appena entrato nella mensa, e lo osservo mentre si siede ad un tavolo insieme a... persone di cui non conosco nemmeno il nome.

Un ragazzo biondo e una ragazza dai capelli castani.

Qualunque siano i loro nomi, non somigliano a niente in confronto a lui.
La sua bellezza è spiazzante, non capisco come sia possibile.

Mi ritrovo ad origliare, perché sono annoiata.

«Adesso mi devi spiegare come hai avuto il coraggio di sederti vicino a lei» dice il ragazzo biondo, probabilmente puntandomi un dito contro.

Io sto guardando altrove, ma sento comunque i loro sguardi addosso.
Un po' di discrezione, per l'amor del diavolo!

«Non lo so... stare davanti non mi piace, e c'era solo quel posto libero» mormora il novellino.
«Be' sei stato coraggioso. Di solito nessuno si siede vicino a lei.»
«E perché no?» chiede.
«Perché? Be', perché è Aideen Stella!» esclama, come se fosse ovvio.
«Aideen Stella? È un po' strano come nome...»

Senti occhi marroni, non è colpa mia se la prima città in cui mi sono "registrata" come essere vivente sulla terra era una città italiana!  Ho dovuto scegliere la versione italiana di "Stella del Mattino" perché in quel paese odiavano gli stranieri, e tagliarlo in due perché secondo Lentiggini era troppo sospetto.

Aideen Stella Del Mattino.
Perfetto.
Aideen Stella.
Orribile.

Tutta colpa di Theo, ovviamente.

«Chissene frega del suo nome, l'hai vista?»

Ecco, questo ragazzo di cui non conosco il nome ha guadagnato qualche punto.
Prima era a meno duemila, adesso è a meno millenovecento.

«Sembra uscita da un film.»

Non riesco a fare a meno di ridacchiare.
In realtà sarei uscita dritta dall'inferno.

«Già... Ma è sempre così-» il novellino sta per porre una domanda, ma il ragazzo biondo lo interrompe.
«Stronza?» tira ad indovinare.
«Antipatica» lo corregge, e il biondino alza le spalle.

Be', lo prenderò come un complimento.

«È straniera?» Peter continua l'interrogatorio, e gli altri stanno in silenzio, probabilmente confusi, «Be' il suo cognome... Non è americano.»
«Oh, amico, nessuno sa niente di lei. Non parla con nessuno se non il suo amichetto perfettino che sta vicino a lei adesso.»
«Si chiama Theo» interviene la ragazza, che fino ad adesso era stata zitta.
«Lui sembra più gentile...» mormora Peter.

Ma questo mormora e basta o sa anche parlare normalmente?

«Infatti, è proprio un angelo» dice la ragazza di prima.

Lentiggini per poco si strozza e non riesco a non prenderlo in giro.

«Quindi il perfettino origlia anche?» ridacchio.

Un sorrisetto ombreggia sulle labbra di Theo, mentre abbassa gli occhi.

«Volevo solo capire perché eri così distratta» dice lui, cercando di riprendersi.

Scuoto la testa. Dicono sempre di essere perfetti, ma non fanno altro che peccare.

Torno ad origliare la conversazione.

«Comunque anche se a prima vista sembra asociale, la trovi a quasi tutte le feste, con dei ragazzi più grandi, e quelli sono davvero... insomma, belli quasi quanto lei» continua la ragazza.

Torno a guardare la mia mela morsicata con un sorrisetto: se solo sapeste, se solo sapeste. I ragazzi di cui parlano sono i miei "amici" del Lux.

Sì ecco, sono le persone di cui tutti dovrebbero stare alla larga.
C'è Arrow, che dopo essersi trasformato non ha più voluto farsi chiamare col suo vero nome, qualche altri tizi di cui non ricordo il nome e... Royal.
Royal, Royal, Royal... anche solo pronunciare il suo nome mi fa fremere dal piacere.

Ovviamente non andrei mai in giro con degli umani, ma loro... non lo sono.

«Non la guardare in quel modo» dice il biondino, penso riferito a Peter.
«Non la sto guardando in nessun modo...» ribatte il novellino.
«Si vede lontano un chilometro che ti stai per prendere una cotta per lei.»
«Ma se non la conosco nemmeno» sbuffa, ma il suo battito cardiaco aumenta.

O sta mentendo o è a disagio... non posso esserne sicura.

«Ti consiglio solo di togliertela dalla testa. Accontentati del fatto che stai vicino a lei a storia» il biondino gli dà una gomitata.

Detesto ammetterlo, ma quel schifoso umano ha ragione. La loro specie non fa per me.
Sul serio.
Per prima cosa, sono troppo sentimentali, il che comporta troppe emozioni negative: sarebbero una continua tentazione. E poi sono troppo deboli: un passo falso e potrei ucciderli senza farlo apposta...

Oh, per Ecate, mi sembra di imitare Lentiggini quando mi beccava a parlare con un umano nei miei primi anni qui sulla terra.

Guardo di nuovo verso il loro tavolo, per capire se il biondino diceva la verità sul come Peter mi guarda. Infatti lo trovo a fissarmi. Ricambio lo sguardo, spostandolo su tutto il suo corpo per poi tornare a guardare il suo viso. Non è cambiato da stamattina, ma i suoi capelli marroni si sono asciugati. È bello. Indossa una maglietta bianca a maniche lunghe e una felpa verde, con dei jeans azzurri.

Peter si accorge che l'ho beccato, arrossisce e distoglie lo sguardo.

Torno a guardare il mio piatto, ma la voglia di mangiare è passata.
L'unica cosa che voglio è la tristezza di quel ragazzo.

«Non ho più fame» dico, alzandomi.
«Ma non ho ancora finito!» si lamenta Lentiggini, con ancora la bocca piena.

Non lo ascolto.
Dopo aver sparecchiato esco dalla mensa e vado al mio armadietto. Quel dannato aggeggio che non si apre mai.
Gli do un piccolo colpo per farlo aprire e prendo il mio quaderno di matematica.
Detesto la matematica.

Infilo il quaderno nella mia borsa e mi appoggio con la schiena all'armadietto.

«Non potevi aspettarmi?» chiede Lentiggini, che nel frattempo si è riavvicinato a me.
«Da quando in qua faccio quello che mi chiedi?» serro le labbra in un sorriso finto.

Lui scuote la testa e si siede accanto a me.
Un raggio di sole gli arriva in viso, e mi ritrovo a fissarlo.
Al sole è ancora più bello: le sue lentiggini si vedono di più, e i suoi occhi verdi splendono come smeraldi. È difficile non restare incantati a guardarlo, sembra un'opera d'arte.
Io però sono abituata, e riesco a distogliere lo sguardo.

«Ci vediamo domani.» dico una volta che sento il suono della campanella.

Mi incammino verso l'aula di matematica, e spero solo di non rivedere il novellino, altrimenti potrei avere difficoltà a controllarmi.

Ciao! Ecco il secondo capitolo!
Lentiggini vi piace? È carino 🥺
Spero vi sia piaciuto il capitolo, ditemi che cosa ne pensate!
Aggiornerò di nuovo domenica!
Baci 😈
-Gaia

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