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Capitolo 17: E se io fossi un vampiro, che faresti?

«Aideen, posso farti una domanda?» chiede dopo aver messo a posto il foglio in una custodia di plastica.
«Certo.»

Alzo lo sguardo verso di lui, curiosa di ciò che vuole chiedermi.

Alla fine ce l'abbiamo fatta: abbiamo finito il compito. Peter ha dato tutte le idee, e io ho soltanto annuito e suggerito qualche parola.
La sua versione del paradiso, ha detto, è la neve insieme alle persone che ama. Devo dire che è una bella immagine.
Nel mio paradiso era sempre primavera, ma ho preferito lasciare fare il novellino. Non mi andava di parlare troppo di me, soprattutto del mio tempo passato nel paradiso.

Il novellino si passa una mano tra i capelli marroni, e sembra un po' nervoso. Ha ancora le guance arrossate, la differenza è che adesso non si sta più congelando dal freddo.

«Perché dopo Ravenna non ci hai più rivolto la parola?»

Spalanco gli occhi per una frazione di secondo, poi mi ricompongo.
Non mi aspettavo questa domanda, sinceramente, o almeno non da lui. Non pensavo gli importasse, e adesso mi ritrovo a corto di scuse. Non so che cosa dire tranne la verità.

«Ho capito che non è il caso di starvi intorno» dico, alzandomi.
«Cosa? E perché mai, scusa?» si acciglia, mentre si alza anche lui.
«Non sono la persona giusta da frequentare» cerco di tagliare corto, ma lui non me lo permette.
«Senti... A me non importa più di tanto se ci stai intorno oppure no, però a Jess sì.»

Mi giro verso di lui, e lo fisso.
Anche lui mi osserva, mentre riprende a parlare.

«Lei si è affezionata a te. È triste quando non ci sei» ammette, poi abbassa lo sguardo.

Lo sto guardando troppo: è in imbarazzo.
Distolgo lo sguardo.

Mi dispiace sapere che Jessica è triste senza di me: detesto quando non sorride.

«Potrei farle del male... è meglio di no.»

Detto questo esco dalla cucina e mi avvio verso la porta. Peter se ne deve andare, abbiamo finito il compito: non ha più un motivo per stare qui. La sua presenza mi confonde, per questo è meglio che se ne vada prima che io faccia qualcosa di cui mi pentirei.

«Per favore, Aideen. Jess non ha mai avuto un'amica femmina da quando Bella l'ha presa di mira.» sospira, e mi blocco.

Quindi anche lui ha capito che Bella le sta dando fastidio.
Pensavo fosse cieco, e che non se n'era ancora accorto. Invece mi sbagliavo.
Ma allora perché, perché non fa niente?

Mentre aggrotto le sopracciglia, mi innervosisco.

«Non ti capisco, sai benissimo che Bella la sta bullizzando, eppure lasci quella...» mi interrompo, per evitare di chiamarla vipera, «Lasci che ti tocchi e ti parli. Dici di preoccuparti per la tua Jess, ma non sembra, sai.» 

Lui fa per dire qualcosa, ma abbassa lo sguardo.
Alzo un sopracciglio, perché non accetterò un sospiro come risposta.

«All'inizio non lo sapevo. L'altro giorno, in Italia, dopo che te ne sei andata ho avuto una conversazione con Bella. Non che ti riguardi, ma le ho detto che se non smette di darle fastidio io non le parlerò più» dice, alzando il mento.

Lo guardo.

«Non m'importa.»

Faccio per salire le scale, per fargli capire che se ne deve andare, ma l'effetto è esattamente l'opposto: il novellino mi segue. Per Ecate...

«Aideen, aspetta...» dice, «Pensavo che le cose fra noi stessero andando meglio.»
«Questo non riguarda come stanno le cose fra noi, riguarda Jessica» scuoto la testa e sospiro, «Io... Vorrei tanto stare di nuovo in sua compagnia, ma potrei farle male. Se le succedesse qualcosa per colpa mia ti prenderesti la responsabilità? Perché sarà soltanto colpa tua.»

Cos'è che non capisce? E perché mi sta dicendo queste cose? A lui cosa importa, che cosa trae nel convincermi a tornare da Jessica?

«Va bene. Lo farò, mi prenderò la responsabilità nel caso in cui succedesse, ma sono certo che non succederà. Fra voi c'è qualcosa...» si interrompe, come a corto di parole, «Lei ti ammira, Aideen.»

Ispiro di scatto, le sue parole che mi si intrufolano nel petto.
Lei ti ammira.

«Be', non lo fanno tutti?» alzo il mento, un leggero sorriso sulle mie labbra, mentre fingo che le sue parole non mi abbiano colpito.

«Uhm... Novellino, ho una cattiva notizia» dico, mentre guardo fuori dalla finestra.

Il temporale non si è calmato, anzi.
Per l'amor del Diavolo, dovrà passare la notte qui.

Diamine, so che non è una buona idea, ma non riesco a trovare un'alternativa: a quest'ora gli autobus non passano, e io non ho la macchina... Potrei prendere la moto, ma è rischioso, con tutta l'acqua che c'è per strada...
Ho riflettuto per cinque buoni minuti, e non ho trovato nulla. Dovrà dormire qui.

«Che succede?»

Lui è davanti alla porta, le sopracciglia aggrottate e la testa piegata da un lato.
Strano, non ha sbuffato perché l'ho chiamato "novellino".

«Non posso accompagnarti a casa perché mia zia ha preso la macchina, e gli autobus non passano più. Con questa pioggia credo tu sia costretto a passare la notte qui» dico.
«Cosa?! Assolutamente no!» esclama, sgranando gli occhi.

Alzo un sopracciglio.
Mi torna in mente la conversazione di prima:

"Pensavo che le cose fra noi stessero andando meglio"

Be', da come reagisce al solo pensiero di passare la notte qui non sembra proprio.

«Voglio dire, ho tantissime cose da fare, e mia madre si preoccuperà...» cerca di trovare una scusa.
«Puoi dirlo se mi detesti» dico, alzando gli occhi al cielo.
«Non ti detesto» ribatte, in un sussurro.

Non dico niente per un po', lo guardo e basta. Non faccio altro che guardarlo, perché è davvero bello, ammetto. Il rossore delle sue guance mi intriga: vorrei sapere che cosa le sta facendo arrossire in questo momento.

«C'è la camera degli ospiti, dormirai lì» dico dopo un po' in silenzio.

Lui si rassegna e annuisce.

Ad un tratto sento il rumore delle zampe di Evil avvicinarsi a noi.
Oh-oh.

Vedo il mio mostriciattolo nero scendere veloce dalle scale, per poi precipitarsi su Peter, ringhiando e abbaiando.
Spalanco gli occhi e scoppio a ridere nel vedere il viso terrorizzato del novellino. Credo lo abbia traumatizzato.
Decido di aiutarlo, e gli tolgo Evil di dosso.

«Evil, buono, dai!» cerco di calmarlo, accarezzandogli il muso.
«Lui invece mi detesta sul serio» borbotta, con una mano sul cuore, i capelli scompigliati e gli occhi ancora spalancati.
«Già...» ridacchio, mentre Evil mi lecca la mano.

Peter non dice niente, ma il suo battito del cuore aumenta. Giro un poco la testa per assicurarmi che non stia avendo un infarto, e lo trovo a fissarmi.
I suoi occhi marroni sono puntati sulle mie labbra, le pupille dilatate, la bocca dischiusa.

Mi porto la mano sulla bocca, che è ancora stesa in un sorriso, e mi ricompongo.

«Vado a sistemarti la camera.»

Detto questo salgo le scale, con Evil ancora in braccio.
Mi ha guardato in quel modo perché stavo sorridendo. Sorrido di rado, sarà per questo... Si era davvero incantato. Credevo aver già sorriso davanti a lui, ma forse mi sbagliavo.

Non sono abituata a sorridere. All'Inferno c'erano poche cose divertenti.

Scuoto la testa e dopo aver lasciato Evil nella mia stanza vado a sistemare la camera degli ospiti. È da tanto che non è stata usata, perciò c'è davvero un casino qui dentro.
All'interno della camera c'è soltanto un letto doppio con due comodini di fianco ad ogni lato e un armadio, di cui le pareti sono due grandi specchi.

Dopo qualche minuto finisco di cambiare le lenzuola e di spolverare un po' i comodini. Decido che può bastare, ed esco dalla stanza, chiudendo la porta dietro di me.

Quando scendo le scale e torno dal novellino, lo trovo davanti alla piccola biblioteca che c'è in salotto. Con tutti i libri che leggo, la signora Denvers ha fatto costruire uno scaffale grande quanto tutta una parete del salotto, dove dentro ci sono tutti i nostri libri.

Ho sempre trovato l'atmosfera di questo salotto molto rilassante: il divano marroncino, le poltrona preferita della signora Denvers e la piccola televisione sulla quale guarda il telegiornale, il camino acceso... Anche le pareti scure mi rilassano, mi fanno stranamente sentire a casa.

Tornando al novellino, mi avvicino a lui silenziosamente. Sta leggendo un mio libro, e quado riesco a scorgere qual'è spezzo il silenzio.

«Twilight? Sul serio?» chiedo, scuotendo la testa.

Lui sobbalza, e per poco non fa cadere il libro. Quando si riprende arrossisce e riesce di nuovo a parlare.

«Uhm, scusa non volevo...» balbetta.

Decido di sorvolare il fatto che lui abbia toccato le mie cose senza il mio permesso.

«Di tutti i libri che possiedo tu hai preso Twilight» stringo le labbra, divertita.
«Mi piace, a te no?» chiede curioso.
«È un libro stupido» dico.
«Disse quella che ce l'ha nella biblioteca.» alza un sopracciglio.

Touché.

«L'ho comprato perché mi incuriosiva. E a quel punto il seguito lo dovevo leggere» alzo le spalle.

Gli prendo il libro dalle mani e lo metto al suo posto, vicino al resto della saga. Peter continua a guardarmi, come se volesse approfondire il discorso.

«Perché non ti piace?» chiede dopo un po'.
«Perché è una cavolata. Un'umana e un vampiro... Se tu vedessi una creatura del genere reagiresti come Bella?»
«Edward è gentile, quello che è non definisce se è buono o cattivo» alza le spalle.

Assottiglio gli occhi, e piego la testa da un lato.
Oh, davvero?

D'un tratto, non so precisamente come, mi ritrovo davanti a lui, con le mani ai lati della sua testa, premute sul bordo degli scaffali della biblioteca.
I nostri visi vicini. I miei occhi nei suoi.

«E se io fossi un vampiro?» chiedo, il mio naso che sfiora il suo, «Che faresti?»

Il suo cuore è impazzito, e lo sento deglutire.
Continuo a guardarlo negli occhi, aspettando una risposta che so che non arriverà.
Divertirmi ad imbarazzarlo è qualcosa che mi viene naturale, ma questa volta è diverso. Non voglio solo stuzzicarlo, voglio di più.

Le nostre labbra quasi si toccano, e mi avvicino di più a lui.
Proprio quando le nostre labbra si sfiorano, il campanello suona, e mi stacco in fretta da lui.

Per tutti i gironi dell'inferno.
Che cosa stavo per fare?

Lui torna a respirare, come se avesse trattenuto il respiro, mentre io mi allontano.
Mi avvio alla porta, passando una mano fra i miei capelli. Per tutti i demoni dell'Inferno, sto impazzendo!

Quando apro la porta riconosco subito l'odore della persona che ha suonato il campanello.
Royal. E che cosa ci fa lui qui?

Quando lo vedo davanti a me aggrotto le sopracciglia.

Indossa una felpa nera e dei pantaloni del medesimo colore. I capelli neri sono asciutti perché riparati da un ombrello.
Ha una giacca sotto al braccio, e quando mi vede sorride leggermente.

«Ciao Stella. Avevi dimenticato questo al Lux» mi porge il mio cappotto.

Lo prendo e lo ringrazio. Ecco dove diavolo era, avevo ribaltato la casa nel cercarlo.

«Pensavo di stare un po' con te ma sembra che tu abbia... compagnia» aggrotta le sopracciglia, per poi fare un sorriso sghembo, «Stai torturando un umano e non mi hai invitato?»             

Scuoto la testa, un poco divertita dalla sua frase.

«Non lo sto torturando, è un mio compagno di classe. Avevamo un compito da fare» gli spiego.

Lui annuisce, anche se non sembra entusiasta da quello che gli ho detto.

«Bene, allora io vado» dice.

Si china verso di me per baciarmi con forza, e l'istante dopo sparisce.

Mi tocco le labbra e aggrotto le sopracciglia. So benissimo perché mi ha baciato in questo modo: per rivendicare la sua proprietà.
Il fatto è che io non sono affatto sua.
Non sono di nessuno.

Torno dentro e chiudo la porta dietro di me.

Peter è dove l'ho lasciato. Metto a posto il mio cappotto, e torno verso di lui, anche se questa volta sono più lontana.

«Meglio se vado a letto... Vieni, ti mostro la tua stanza.»

Lui non dice niente, ma mi segue.
Saliamo le scale e arrivati davanti alla sua stanza gli faccio un cenno.

«Ecco, è questa qui» dico, mentre apro la porta, «Per qualsiasi cosa quella è la mia stanza.»

Gliela indico con un cenno della testa. Lui annuisce, e mi volto per allontanarmi da lui e chiudermi nella mia camera.

«Aspetta» dice prima che me ne vada, e sento la sua mano che tiene la mia.

Mi blocco e sposto lo sguardo sulle nostre mani.
Alzo lo sguardo su di lui, ma non mi scosto dal suo tocco.

Peter mi guarda di nuovo nel modo in cui mi aveva guardato prima, quando gli avevo sorriso, e sento il mio stomaco contorcersi. Non so perché i suoi occhi marroni mi facciano sentire in questo modo.

Tira via la mano e abbassa gli occhi.

«Sogni d'oro.»

Sbatto le palpebre più volte, non sapendo che cosa rispondere.
Gli avvenimenti di questa sera mi stanno confondendo, non ci capisco più niente.

Fisso il novellino per un po', poi decido di rispondere, con un leggerissimo sorriso sulle labbra.

«Buonanotte, Peter.»

Ciaoo! Ecco un nuovo capitolo per voi!
Scusate, è molto lungo, AA ho pensato di spezzarlo in due ma poi mi sono detta che mi avreste odiata... Uhm, comunque 😂
Ecco un capitolo pieno di momenti per la #TeamPeter. Spero vi piaccia, fatemelo sapere nei commenti.
Baci 😈
-Gaia 💜

P.S: grazie mille per le 1Mila views, davvero!❤️

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