Capitolo 12: Questa è la persona che mi hai fatto diventare.
Cammino fino alla sua stanza, cercando di non fare rumore. Non si arrabbierà, vero?
Entro nella sua camera e la trovo seduta sul letto, i capelli slegati che le ricadono sul viso.
«Mamma...» sussurro, avvicinandomi piano a lei.
«Aideen, tesoro. Perché sei ancora sveglia?» si gira verso di me e sorride.
Ogni volta che la vedo, penso che sia la Dea più bella in assoluto, e non lo dico solo perché è la mia mamma. La sua camicetta rosa che mette per dormire le copre il corpo e vorrei tanto diventare come lei quando sarò grande. I suoi occhi grigi mi guardano un po' preoccupati, ma le sue labbra rosa sono stese in un sorriso.
«Ho fatto un brutto sogno» mormoro, stropicciandomi un occhio, «Posso dormire con te?»
«Certo, amore. Vieni qui» mi fa un cenno, e io mi avvicino saltellando.
Questa stanza è una delle mie preferite. Mi sento al sicuro qui. Ci sono tanti fiori, e si può anche sentire il rumore dell'acqua che scorre tranquilla.
Mi sembra di essere nella natura.
Salgo sul letto con un po' di difficoltà, poi mamma mi prende per la vita e mi mette su di lei. Mi abbraccia e si stende con me. I suoi capelli biondi mi vanno in viso, ma non mi danno fastidio. Annuso il suo profumo di vaniglia.
«Mamma?» chiedo ad un certo punto.
«Sì?»
«Anche gli altri bambini fanno i brutti sogni?»
Me lo sono sempre chiesta. I bambini di questo posto sono molto diversi da me. Non stanno mai con le loro mamme come faccio io, non disobbediscono mai, come faccio io certe volte, e non scherzano mai.
Sono molto seri. Io non lo sono però.
«Non lo so... Penso di sì. Non ci pensare, adesso devi dormire» dice, e comincia ad accarezzarmi i capelli.
Nessuno dei bambini ha i capelli neri. Forse c'è qualcosa che non va in me...
«Potrò dormire con te anche quando sarò più grande?» chiedo, alzando un poco il viso verso di lei.
Mamma mi sorride, e mi bacia la punta del naso, facendomi sorridere.
«Certo, Aideen» mi accarezza la guancia, poi mi fa mettere di nuovo la testa contro il suo petto, «Sarò sempre qui con te se ne avrai bisogno.»
«Me lo prometti?» chiedo.
«Sì. Te lo prometto, piccola mia» mi bacia i capelli, e io sorrido.
Mamma non dice mai le bugie.
Mamma mantiene le promesse.
Mi sento più tranquilla.
«Ti voglio bene. Sei al sicuro adesso» sussurra, accarezzando la mia schiena.
Mamma sarà sempre con me.
Mamma sarà sempre dalla mia parte, anche se sono diversa.
«Anch'io ti voglio bene mamma» dico, stringendola forte.
Apro gli occhi di scatto, e mi metto a sedere.
I miei occhi si appannano nel giro di pochi secondi, e vedo tutto sfocato.
«Sì, sono sveglio, sono perfettamente in forma» biascica Royal, mettendosi a sedere di scatto, quando mi sente scendere dal letto.
Non lo ascolto, non lo sento nemmeno.
Corro in bagno.
Metto le mani sul lavandino e stringo forte gli occhi.
Che cosa mi sta succedendo? Le lacrime ormai scendono copiose sulle mie guance, e non provo nemmeno a fermarle. Non ci riuscirei.
Perché ho sognato mia madre? Perché il passato deve farmi soffrire in questo modo?
Sento una mano fredda stringermi la spalla, e mi giro di scatto, scostandomi dal suo tocco.
«Scusa Stella, mi sono distratto e...» si passa una mano nei capelli neri, senza guardarmi negli occhi.
«Non importa Royal, lasciami in pace» sibilo, facendogli cenno di andarsene.
«Aideen...» mormora, e lo interrompo.
Non ce la faccio, non riesco a sopportare quello sguardo. Non è il suo lavoro badare a me, non mi piace che pensi che ho bisogno di lui, perché non è la verità.
Non ho bisogno di nessuno.
«No, basta! Non ho bisogno di te e del tuo stupido potere di controllare i sogni. Me la so cavare da sola» esclamo, con lo sguardo infuocato.
Strige i denti e guarda un punto di fianco a sé, come se gli avessi appena dato uno schiaffo.
Stringo i pugni ed esco dal bagno.
Me ne vado in fretta dal Lux, senza nemmeno sapere dove mi sto dirigendo. Indosso solo una camicia, dannazione, e saranno le tre del mattino.
Mi mordo le labbra mentre cammino in fretta.
Che cos'è che non va in me? Perché la mia mente si diverte a farmi soffrire in questo modo?
Vorrei solo dimenticare tutto. Vorrei solo scomparire e non sentire più niente.
Eppure il viso di mia madre che mi sorride è fissato nella mia testa. Scuoto la testa, e cerco di cacciarla via. La odio, la odio, la odio.
La me bambina era così ingenua, credeva di conoscere sua madre.
Non è vero che non dice mai le bugie.
Non è vero che mantiene le promesse.
Non è vero che "sarà sempre dalla mia parte, anche se sono diversa".
Il diavolo in persona è una persona migliore di lei.
Alzo lo sguardo e mi accorgo di essere arrivata davanti a casa mia.
Entro silenziosamente e senza guardarmi intorno vado dritta in camera mia. Mi infilo un pantalone ed esco dalla finestra. L'unico posto in cui voglio andare è la foresta.
Voglio stare da sola.
Infatti è lì che mi ritrovo pochi secondi dopo, la schiena contro un'albero. Comincia a piovere, e io inizio a giocare con le gocce d'acqua. Mi calmo un po'.
Pensare a mia madre è l'unica cosa a potermi ridurre così. Io non piango mai, ma quando si tratta di lei è diverso. Non esiste una persona ad avermi tradito come ha fatto lei.
Aveva detto che sarebbe stata vicino a me.
Aveva detto che anche se ero diversa, lei mi voleva bene.
Lo aveva detto, ma erano solo bugie.
Se fosse stata la verità non sarei quella che sono adesso. Se fosse stata la verità non sarei cresciuta all'Inferno, non avrei dovuto vivere con delle anime che venivano torturate ad ogni ora di ogni giorno. Che poi il conto dei giorni non lo tieni più dopo un po'.
Mia madre mi ha abbandonato, mio padre invece mi ha reso più forte.
Se sono ancora in piedi è solo grazie a lui.
Gli umani stanno tutti ad incolpare il diavolo per le cose brutte che gli capitano, ma senza di lui probabilmente sarei stata eliminata, uccisa senza il diritto di avere una vita oltre la morte. Sarei stata semplicemente spazzata via. Come se non fossi mai esistita.
Deglutisco e smetto di pensare. Mio padre non è il cattivo della storia, ma non è nemmeno innocente. È pur sempre il diavolo.
Continuo a giocare con le gocce d'acqua, e piano piano, mi addormento di nuovo.
Picchietto le dita sul mio quaderno, mentre non ascolto niente di quello che la professoressa Scarlet sta dicendo.
Questa volta non mi sforzo nemmeno.
La sua voce mi dà fastidio, per questo adesso sono concentrata su un rumore in particolare. Si dà il caso che questo rumore in particolare sia il battito cardiaco del novellino: è rilassante, e non è stridulo e acuto come la voce di Scarlet.
Siamo a letteratura, per questo Peter è vicino a me.
Il sogno-ricordo di questa notte mi tormenta ancora, anche se sono passate parecchie ore. Di Royal nemmeno l'ombra, ma non mi stupisce, dopo quello che gli ho detto. Sì, mi sono leggermente pentita delle mie parole. Non volevo essere così dura, ma deve capire che non ho bisogno di lui, e che se mi aiuta con il sonno è perché fa piacere a lui, non perché ne ho bisogno.
Qualche minuto dopo sento finalmente la campanella suonare, ed esco in fretta dall'aula.
Metto il mio zaino nell'armadietto e mi avvio verso la mensa. Lentiggini ha detto che mi avrebbe aspettata lì.
«Aideen, aspetta!»
Mi fermo e mi giro verso la persona che mi ha appena chiamata.
«Novellino, ciao.» dico, mentre lui si avvicina a me.
«Pensavo di averti detto di non chiamarmi in quel modo» aggrotta le sopracciglia.
«Pensavo avessi capito che non l'avrei fatto.»
Assottiglia gli occhi, poi scuote la testa.
Non è arrabbiato. Fa dei progressi!
Indossa una maglietta bordeaux e dei jeans marrone scuro. Si veste sempre in modo semplice, ma diverso. Gli altri ragazzi di questo liceo si vestono sempre nello stesso modo: magliette nere, bianche, jeans azzurri...
«Comunque, ho visto che non eri molto attenta a lezione, perciò volevo riassumerti quello che ha detto la Scarlet a fine lezione» dice, mentre ci incamminiamo verso la mensa.
«Okay?»
È carino, ma la Divina Commedia la conosco a memoria, non c'è bisogno che mi faccia uno stupido riassunto.
«No, è importante. C'è un lavoro a coppie da fare, e siamo capitati insieme.»
Mi fermo e lo guardo, per capire se è serio oppure no.
Ditemi che è uno scherzo.
«Che cosa?» aggrotto le sopracciglia.
«Bisogna fare un testo su come immaginiamo il paradiso» dice, stringendo le labbra.
Un testo su cosa?
«Oh, per Lucifero» mormoro.
«Cosa?»
«Niente, e per quando bisognerebbe darlo questo testo?» chiedo, rimettendomi a camminare, con lui al mio fianco.
Ecate, dimmi tu perché!
Decisamente il mio piano di ignorarlo è rovinato.
Sbircio verso di lui, che si sta toccando i capelli, un po' imbarazzato.
Forse non è così grave se il mio piano non funzionerà...
Insomma, lui non si arrabbia più ad ogni parola che esce dalla mia bocca, e se faccio attenzione a quello che dico, l'odore di tristezza non si farà sentire troppo. E poi se passo un po' di tempo con Jessica, è ovvio che vedrò il novellino più spesso. Mah, ormai non è più un enorme problema, vero?
«Due settimane.»
«Oh, ma allora abbiamo tempo!» esclamo, scuotendo la testa.
Entriamo in mensa e lui prende da mangiare, mentre io mi accontento di toccare la spalla a qualche ragazzi più tristi del solito. Non ho voglia di mangiare, e poi questo metodo è molto più facile, e nessuno si accorge di nulla.
«Sì, ehm, preferivo farlo un po' in anticipo» dice il novellino.
«Uhm, sì» dico distratta.
Mentre ci dirigiamo verso i tavoli, tiro fuori una penna e un pezzo di carta.
Ci scrivo il mio numero e glielo metto sul vassoio.
«Tieni, questo è il mio numero, chiamami quando vuoi. Adesso devo andare però» dico velocemente.
«O-okay» annuisce, e io mi allontano.
Scorgo Lentiggini. Mi sta fissando, gli occhi socchiusi. E si comincia bene.
«Perché hai dato il tuo numero a un umano?» chiede quando mi siedo di fronte a lui.
«Non è un umano qualunque, è Peter, il distributore ambulante di tristezza e rabbia» dico.
Lui spalanca gli occhi verdi e mi guarda preoccupato.
«Sto scherzando! Comunque nulla, dobbiamo fare un lavoro insieme.»
Lentiggini annuisce e ricomincia a mangiare.
I suoi capelli biondi sono legati in una piccolissima coda: in effetti si sono allungati un po'. È perfetto, come al solito.
«Vuoi sapere che cos'è il tema? È molto... esilarante, come dici tu» dico, poggiando il mento sui palmi delle mie mani.
La giornata è iniziata male, per questo adesso ho intenzione di divertirmi nel dare fastidio a Lentiggini.
«Okay, vai.»
«Bisogna descrivere la nostra versione del paradiso» faccio un sorriso divertito.
Theo sputa l'acqua che stava bevendo e spalanca gli occhi.
«Scherzi?» ridacchia quando scuoto la testa, «Questo sì che è divertente. E che cosa intendi fare?»
«Non lo so, ci penserò quando sarà il momento» alzo le spalle.
Lui continua a ridacchiare, mormorando qualcosa, e io evito di guardarlo, perché la sua bellezza quando ride mi dà un po' fastidio.
Il mio sguardo cade sul tavolo dove si trovano il novellino e il suo gruppo di amici.
Jessica mi vede, e mi fa un cenno con la mano, azzardando un sorriso.
Ricambio il gesto.
Lei sorride, e torna a guardare il suo piatto.
Mi fa piacere che lei abbia accettato la rosa, l'altro giorno. Credo che Arrow avesse ragione.
Lei è una creatura così dolce e divertente da far imbarazzare, non vedo perché dovrei privarmi del passare del tempo con lei, anche se per poco.
La voce di Lentiggini mi fa girare verso di lui.
«Sto sognando o ti sei fatta un'amica?» chiede, leggermente divertito.
«Definisci amica» ribatto.
Lui sospira, e decide di non insistere. Però sembra felice di quello che ha visto.
Strano, pensavo si sarebbe arrabbiato.
«Be' io devo andare a comprarmi qualcosa da mangiare» dice, alzandosi.
Lo guardo male e lui si acciglia.
«Che c'è? So che essere golosi è un peccato, ma questo cibo non riempie affatto!» esclama, «Mi accompagni?»
«No, resto qui» dico.
Lentiggini annuisce, poi mi fa un cenno con la mano e si allontana.
Torno a guardare il tavolo dove è seduta Jessica e stringo i denti.
Da quando avevo visto Bella dargli fastidio al bar avevo pensato a tantissimi modi di fargliela pagare, ma adesso non so proprio cosa decidere.
Quella vipera e un'altra ragazza sono in piedi vicino a Jessica, che invece è ancora seduta.
Ha lo sguardo basso. Riesco a percepire la rabbia del novellino, ma non ci faccio caso.
Quando la mano di Bella tira leggermente i capelli castani di Jessica non resisto più.
Mi alzo e mi avvicino a loro.
Tutti si accorgono di me soltanto quando mi schiarisco la voce.
Bella ritira di scatto la mano dai capelli di Jessica.
«Hai dieci secondi per convincermi che quello che ho visto non è quello che credo» un sorriso falso si fa spazio sulle mie labbra, mentre la fisso.
«N-non vedo di cosa tu stia parlando» scuote la testa, aggrottando le sopracciglia.
Il mio sorriso sparisce. E mi prende anche in giro.
Accarezzo piano i capelli di Jessica, che sta tremando. Povera cucciola... Bella, ti vorrei ammazzare.
«Sai, al contrario di persone che non nominerò, Jessica ha dei bei capelli, e non meritano di essere infettati dal tocco delle tue mani» torno a guardare Bella.
Lei spalanca gli occhi, e quando sta per parlare le tappo accidentalmente la bocca con la mente. Sì, si sta più o meno strozzando da sola, non è divertente?
Per fortuna Lentiggini se n'è andato, così posso divertirmi un po' a farla soffrire.
Il suo viso truccato si arrossa un po', e decido di lasciar entrare il minimo indispensabile di aria nei suoi polmoni, per non farla svenire.
«Nessuno può toccare i miei amici, e tu non sei di certo un'eccezione» mi avvicino leggermente a lei, che ha uno sguardo terrorizzato.
I suoi occhi azzurri mi sono leggermente spalancati, un po' appannati dalle lacrime.
Indossa un maglione marrone scuro, di cui le maniche coprono le sue mani strette a pugno, e una gonna nera.
«Se ti azzardi a darle fastidio di nuovo potrei farti... male» le tiro una ciocca di capelli quando dico l'ultima parola.
La lascio di nuovo respirare, e lei si porta una mano sul cuore.
Te lo vorrei strappare dal petto, ma non lo farò solo perché siamo in un luogo pubblico.
«Sparisci» la liquido con un gesto della mano, poi mi siedo su una sedia libera, proprio vicino a Jessica.
La vedo correre via dalla coda dell'occhio.
Tutti mi guardano con la bocca aperta. Io faccio un piccolo sorriso.
Così va meglio.
Se mi stai guardando mamma, questa è la persona che mi hai fatto diventare. E in questo momento ne sono fiera, se posso dirlo.
«Adesso potete applaudire» dico, per spezzare il silenzio.
Sto ridendo, adoro questa scena! Bella se l'è meritato, come osa toccare la piccola Jess?
Uhm, comunque, ecco a voi questo capitolo! L'inizio è stato un po' difficile da scrivere: la scena del sogno ricordo è stata molto dolce, ma la reazione di Aideen invece, più complicata...
Si comincia a capire un po' di più sulla madre di Aideen...
Spero vi sia piaciuto! Fatemi sapere nei commenti!
Baci 😈
-Gaia💜
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