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41å

Harry's Pov

"Ragazzo per favore torna a casa prima che ti sbatta dentro per disturbo alla quiete pubblica" disse severo il poliziotto di fronte a me, per poi sbadigliare sonoramente e continuare a leggere il giornale che sembrava attirare tutta la sua attenzione.

"Ma lei ha sentito cosa le ho appena detto? Sei anni fa ho abusato di una ragazza e adesso sono qui per confessare" spiegai duro, al limite della sopportazione perché a stento credevo al fatto che la persona di fronte a me non sembrasse minimamente turbato dalla mia dichiarazione.

Chiuse il giornale di scatto e mi guardò a lungo cercando probabilmente di notare una qualsiasi titubanza sul mio viso.

"Porta la ragazza e poi ne riparleremo, adesso sparisci prima che ti arresti per aver guidato in stato di ebbrezza" aggiunse facendomi venire i brividi.

Lo guardai allibito, pronto a saltargli addosso da un momento all'altro perché sembrava non volermi ascoltare, non mi stava capendo o forse non voleva farlo?

Il mio cellulare cominciò a suonare insistentemente nella mia tasca posteriore e quello mi fece fare dei passi indietro per allontanarmi dalla scrivania di quell'incompetente.

Lo estrassi dalla tasca una volta che fui investito dal vento leggero di quella sera di aprile.

Mi accigliai quando notai il nome di Grace lampeggiare sullo schermo e quando la chiamata finì sospirai frustrato.

Passò più o meno un secondo prima che il mio cellulare si illuminasse di nuovo ma quella volta il destinatario cambiò.

Il mio cuore sobbalzò quando lessi quel nome e senza più esitare neanche per un secondo risposi, risposi pronto a prendermi i peggio insulti della mia vita ma avrei sopportato tutto, tutto pur di risentire la sua dolce voce.

"Harry? Si può sapere perché cazzo non rispondi?" chiese un Josh alterato e lui non l'era mai.

Vari rumori di sottofondo mi fecero allontanare il telefono dall'orecchio.

"Perché mi stava chiamando dal telefono di Delilah? Fu la sola cosa a cui riuscii a pensare.

"Cosa è successo?" chiesi flebilmente, puro timore ad avvolgermi.

"Dove sei? Ti vengo a prendere adesso" chiese Josh e quando riuscii a percepire alcuni singhiozzi sentii i brividi percorrermi e i peli rizzarsi sulle mie braccia.

"Sulla Fifth Avenue, perché? Chi sta piangendo?" chiesi ma non ricevetti alcuna risposta perché la chiamata venne spenta improvvisamente.

Sbuffai e mi sedetti a terra sul marciapiede con la testa tra le mani perché mi sembrava una situazione assurda.

Quanto c'era voluto affinché il mio mondo crollasse?

Meno di dieci minuti per l'esattezza.

Ero confuso, le lacrime sembravano essersi prosciugate ed io non avevo mai pianto così, neanche dopo la morte di mio padre.

Sentii le ruote di un'auto stridere contro l'asfalto di fronte a me e quello bastò per risvegliarmi dai miei pensieri.

"Sali, adesso!" disse una Grace dagli occhi gonfi, una Grace distrutta che mai avevo visto in quelle vesti.

Feci come mi aveva detto non importandomi nemmeno più se la mia macchina sarebbe rimasta alla stazione di polizia.

Le mie mani tremavano a causa dell'adrenalina che stava attraversando il mio corpo ed il silenzio dei due ragazzi seduti di fronte a me non aiutavano a calmarmi.

Josh sfrecciava tra le varie stradine saltando semafori su semafori e stop e lui non era mai stato così.

Cosa stava succedendo?

E quando la notai, la grande insegna dell'ospedale la mia mente sembrò voler esplodere.

"Cosa ci facciamo qui?" chiesi a voce alta, alterato perché forse mi stavo facendo un'idea su cosa stava succedendo.

"Diglielo Josh, perché io non riesco neanche a guardarlo in faccia" rispose Grace secca, per poi togliersi la cintura ed aprire lo sportello della macchina, cominciando a correre subito dopo che fu fuori dal veicolo.

"Delilah è andata in overdose" sussurrò piano, talmente piano che a stento riuscii a capirlo.

Ecco, quello fu il momento nel quale il mio cuore si spezzò realmente, l'avevo potuto sentire, l'avevo percepito.

Scossi la testa quasi non volendo credere alle sue parole ma quando mi guardò serio, capii che non stava mentendo, non l'avrebbe mai fatto in un momento del genere.

"Co-cosa?" balbettai mentre potevo chiaramente percepire il sangue pompare nelle mie vene a causa del silenzio che si era instaurato in quella maledetta macchina.

"Dobbiamo davvero andare" mormorò scendendo dall'auto e vendendo verso di me per poi aprirmi lo sportello ed aiutarmi a scendere.

I miei pensieri avevano smesso di essere razionali e la sola cosa a cui pensavo era "Perché lei?"

Era come un mantra che si ripeteva nella mia testa.

"Siamo arrivati in tempo Harry, era in coma a causa dell'emorragia interna, io...mi dispiace davvero tanto amico..." mormorò per poi stringermi tra le sue braccia, e se non l'avesse fatto probabilmente sarei caduto a terra.

"Cosa le avevo fatto? "

Era tutta colpa mia.

"Ma si sveglierà giusto?" chiesi ricominciando a piangere, e nonostante avessi pensato che le mie lacrime si fossero prosciugate, uscirono fuori più forti e veloci che mai.

"Non lo sappiamo, è per questo che siamo qui" rispose cominciando a camminare e trascinandomi dietro di lui.

"Non dovrei esserci anche io, non mi vorrebbe qui" dissi sicuro delle mie parole perché io ero il solo colpevole di tutto e perché Delilah mi odiava a morte.

"Lo sai, lo sappiamo entrambi che sei la sola persona che vorrebbe accanto in un momento del genere, lo sa Grace, è stata lei a volerti qui" spiegò con gli occhi lucidi perché forse anche lui soffriva a causa degli eventi di quel maledetto giorno.

Tirai su con il naso e scossi leggermente la testa per provare a ritornare forte, lo dovevo fare per lei, per Delilah, perché nonostante tutto non mi avrebbe mai voluto vedere così distrutto, così a pezzi.

Non potevo esserlo, non quando lei stava lottando per la sua vita, vita che io stesso le avevo strappato per soddisfare i miei piaceri carnali.

Lei era una ragazzina e lo ero anche io, uno stupido ragazzino incosciente.

Sapevo che sarei andato all'inferno per ciò che avevo fatto, per la vita innocente che avevo distrutto e me ne pentivo amaramente, ogni singolo giorno.

Se fossi potuto tornare indietro quella forse era la sola cosa che avrei voluto cambiare.

Magari quella sera le avrei potuto semplicemente chiedere il numero, forse saremmo usciti insieme ed io l'avrei potuta veder sorridere ogni singola volta che le avrei regalato un girasole.

Forse in un universo parallelo l'avevo perfino fatto e forse sempre in quell'Universo in quel momento vivevamo insieme, magari adottando un cane o un gatto.

Magari sempre in quell'universo l'avevo conquistata con le mie battute e ad un certo punto avremmo fatto l'amore, insieme, per la prima volta e sarebbe stata un'esperienza indimenticabile.

Forse i nostri genitori non si sarebbero frequentati e forse ma dico forse, avrebbero reso la nostra rottura più serena.

Cosa avrei fatto quando mia madre lo avrebbe scoperto? Quando le altre persone l'avrebbero fatto?
Il mio futuro tentennava, ma quella era la cosa di cui meno mi importava.

Desideravo solo che fosse accanto a me, che mi stesse abbracciando da dietro come soleva fare, dio...avrei voluto che mi torturasse con il suo sorriso e perfino che mi facesse il solletico.

Varcai le porte scorrevoli del grande ospedale, cercando qualche viso familiare tra tutte quelle persone, ma non ne trovai neanche uno, nemmeno per sbaglio, nessuno a parte Grace che a stento si reggeva in piedi e stava chiedendo informazioni alla reception.

La signora dai grandi occhiali se ne stava senza empatia seduta a quella scrivania e forse un po' la capivo, perché lavorando in un posto del genere ogni giorno si ritrovava ad affrontare situazioni come la nostra, persone isteriche e chi più ne ha più ne metta.

"È in terapia intensiva, in fondo al corridoio sulla destra" rispose senza alcuna emozione nella voce ed io camminai, camminai dietro alla migliore amica dell'amore della mia vita.

"Uno alla volta" disse un possente uomo sulla cinquantina il quale faceva parte della sicurezza dell'ospedale.

"Vai tu" mormorai a Grace, perché lei tra tutti aveva la priorità.

Mi guardò con pena per un paio di secondi prima di alzare le spalle e camminare verso quella che presupposi fosse la stanza dove si trovava Delilah.

Mi guardai intorno e quando trovai una sedia nella sala d'aspetto mi ci sedetti perché le forze mi mancavano completamente.

Cosa avrei fatto da quel momento in poi? Cosa ne sarebbe stato del futuro del quale parlavamo?

Sarebbe riuscita a diventare chi voleva essere?

Se avessi potuto avrei desiderato prendere tutto il suo dolore, viverlo sulla mia pelle, farlo mio per renderla libera, libera dal peso di quello che le avevo fatto, libera dal peso di amarmi nonostante tutto.

Era straziante e sapevo di star perfino prendendo in considerazioni opzioni a cui non avevo mai pensato come quella di morire.

Ma a farlo cosa sarebbe successo?

Non si sarebbe sentita colpevole?

L'avrebbe distrutta di più?

La mia mente viaggiava lontano da quella stanza forse per provare a torturarmi ancora di più, facendomi rivivere ad occhi aperti quelli che erano stati i nostri momenti più felici.

La spiaggia, i baci, Halloween, Natale, Cuba.

"Puoi andare..." mormorò Grace avvicinandosi a me e facendomi perfino sussultare perché non l'avevo notata uscire dalla stanza ad una decina di metri da me.

Mi alzai pensieroso dalla sedia non sicuro che sarei stato in grado di sopportare di vederla stesa su un lettino d'ospedale inerme.

https://youtu.be/9PugD11k3JU

E non lo feci, non ci riuscii.

Le lacrime solcarono per l'ennesima volta sul mio viso quando la vidi stesa, fili attaccati alle sue braccia, i monitor che sembravano volermi far impazzire con i loro suoni acuti e costanti.

Era più bella che mai e temevo che il mio cuore non avrebbe retto un colpo simile, se lei non si fosse mai più svegliata.

Non l'avrei più sentita ridere, non mi sarei mai più perso nei suoi occhi color oceano.

Quei semplici pensieri mi fecero tremare le gambe a tal punto che fui costretto a sedermi di nuovo sulla sedia accanto al suo letto.

Le strinsi la mano consapevole che molto probabilmente quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei fatto.

L'ultima volta che avrei sentito la mia pelle bruciare sotto il suo tocco mentre il mio corpo veniva percosso da piccole scariche elettriche ed i brividi che sentii furono più forti che mai.

Era inevitabile, forse lo era sempre stato.

Ormai l'avevo persa e non c'era una singola cosa che potessi fare per farmi sentire meglio.

Nemmeno l'idea che sarebbe stata felice prima o poi non mi aiutava poi molto anche se sapevo l'avrebbe fatto.

"Ti auguro il meglio Delilah, desidero che ogni tuo desiderio si avveri e che tu possa finalmente trovare la pace, quella che cerchi da così tanti anni e quella che meriti, io...io sono sicuro che troverai qualcuno pronto a capirti, a sostenerti in ogni cosa che desidererai fare. Non vorrei mai lasciarti andare. Come potrei farlo quando nella mia mente ti ho vista come la madre dei miei futuri figli? Come potrei farlo quando avevo davvero pensato di chiederti di sposarmi dopo che avremmo terminato il college, magari in spiaggia..." dissi disperato, distrutto, senza più fiato e nessuna voglia di continuare a vivere.

"Non credo tu riesca a sentirmi, ma sappi solo che sei la persona più forte ed intelligente che abbia mai incontrato. Sarò sempre qui per te, non importa se saranno passati anni da questo momento, voglio solo che tu sappia che potrai chiamarmi ad ogni ora, in ogni momento ed io sarò felice di risponderti e dirti che non ti ho mai dimenticata, anche se accadrà tra anni o forse mai, ma io ti aspetterò Delilah, perché questo..." aggiunsi per poi prendere la sua mano e portarla sopra il mio cuore.

"Ti apparterrà sempre" conclusi per poi poggiare la testa sul suo grembo ed aspirare il suo profumo per l'ultima volta.

La porta dietro di me venne aperta ed una Grace silenziosa ne entrò.

La vidi titubare per alcuni istanti prima di decidersi a parlare.

"La lascerai in pace Harry, non la cercherai mai più e la lascerai vivere la vita che merita ed in cambio nessuno dirà mai nulla su quello che è accaduto tanti anni fa. Non lo faccio per te, ma perché so che questo è il suo desiderio, hai capito?" chiese tutto d'un fiato, facendomi perdere per alcuni istanti nei suoi occhi sinceri.

Annuii anche se sapevo sarebbe stato difficile, ma forse quella in fondo era la sola cosa giusta che potevo fare. 

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