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40å

https://youtu.be/sf6mkYz4mx0

"Delilah apri! Sta succedendo un casino, per favore..." gridò la mia amica da dietro la porta della nostra stanza, o meglio dire della nostra vecchia stanza.

E volevo gridare, avrei voluto farlo ma lo Xanax che avevo preso sembrava mi stesse quasi tenendo in trappola nel mio stesso corpo.

Ero arrivata nella stanza senza un piano preciso circa un'ora prima e senza volerlo mi ero imbattuta nel flacone di pasticche, le quali erano state le mie migliori amiche per così tanto tempo.

La testa pulsava, martellava talmente forte ed i miei pensieri mi stavano facendo contorcere dal dolore.

Avevo vomitato un paio di volte al solo pensiero di quello che mi stava succedendo, una cosa talmente surreale da mandare il mio cervello in tilt.

Avevo preso cinque pasticche di Xanax senza un motivo ben preciso.

Non volevo morire.

Non dopo tutto quello che avevo attraversato, sapevo di essere molto più forte di tutto ciò.

Ma allo stesso tempo non volevo neanche più vivere, in quei momenti non sembravo aver alcun buon motivo per farlo.

La persona che rallegrava le mie giornate non ci sarebbe più stata, tutto quello che avevamo era stato costruito su una bugia, la nostra storia era come un castello di sabbia colpito dalle onde del mare e faceva dannatamente male.

Mi era impossibile non pensare al fatto che se magari fossimo entrambi stati in grado di raccontarci quei maledetti due segreti magari non sarebbe stato così difficile in quel momento.

Dio, perché stava capitando a me?

E perché nonostante sapessi la verità il mio cuore mi urlava di correre da lui, di alzarmi da quel letto e cercarlo per parlarci? Perché credevo saremmo davvero riusciti a trovare una soluzione? Quale sarebbe stata?

Avevo preso cinque pasticche di Xanax per zittire i pensieri eppure nonostante quello erano più forti che mai e sempre più destabilizzanti.

"Delilah apri, Harry mi ha detto quello che è successo io, c'è qualcosa che dovresti sapere..." disse a voce un po' più bassa rispetto a prima.

Non risposi, non ci riuscii.

"Del, Harry sta andando proprio in questo istante alla stazione di polizia più vicina per denunciare quello che ti ha fatto anni fa, io ho provato a fermarlo ma non mi ha voluta ascoltare." sussurrò dietro la porta e nonostante la distanza che ci separava, la sentii perfettamente.

Chiusi gli occhi di scatto e un turbine di emozioni mi divorò completamente ed io glielo lasciai fare.

Respiravo a fatica e non ero davvero sicura del motivo.

Sprofondai la mia testa nel cuscino e cacciai l'urlo più forte che mi era mai uscito soffocandolo con il cuscino.

Lo morsi fino a quando la mia mascella cominciò a fare male, rimasi in apnea per alcuni secondi e mi strozzai quasi con la mia stessa saliva a causa delle lacrime e dei singhiozzi che non mi davano tempo neanche di respirare.

Strinsi in un pugno le lenzuola accanto al mio corpo e sentii che sarei presto impazzita perché sapevo cosa sarebbe successo da quel momento in poi e non potevo permetterlo.

Avevo guardato molti film del genere ed ero certa che dopo aver rilasciato la sua dichiarazione, la polizia sarebbe venuta a cercarmi e mi avrebbe trovata, non importava quanto avrei provato a nascondermi.

Non potevo più scappare, lui sapeva dove abitava mia zia, sapeva dove era la casa di mio padre, quella di Grace, non potevo più scappare perché mi avrebbero trovata ovunque.

Socchiusi gli occhi e mi soffermai a guardare il flacone di Xanax sul comodino e per un singolo secondo la mia mente smise di funzionare totalmente.

E quello fu il segno, quasi come se mi fosse appena stato mostrato dell'universo.

Lanciai il mio braccio verso il comodino e strinsi nella mia mano il flacone di pasticche rimuginando per un altro paio di secondo sul da farsi.

Era davvero la soluzione migliore?

Non sapevo se fosse la cosa migliore per me, ma forse l'era per lui.

Nonostante tutto non volevo che marcisse in prigione, perché non potevo semplicemente far finta che le emozioni non esistessero.

Perché oltre quello che era stato e ciò che mi aveva fatto era molto altro.

Era premuroso, paziente, mi capiva, mi ascoltava, mi amava e lo avevo visto farlo anche quando mi aveva vista distrutta sul pavimento lercio di quel corridoio, i suoi occhi non mentivano mai e non lo fecero neanche quella sera.

Ed io lo amavo, lo amavo talmente tanto da sacrificare me stessa per salvare lui ed ero pronta a farlo, forse nell'oblio avrei trovato la mia pace, forse nell'oscurità sarei finalmente stata serena perché lì a nessuno sarebbe importato di quello che mi avevano fatto, lì non sarebbe più importato neanche a me, e magari avrei rivisto anche mia madre.

Forse la morte non era poi così male, no?

Aprii il flacone di Xanax e ne riempii la mia mano per poi buttare dentro la mia bocca tutte le pasticche che ne rimanevano.

"Apri la porta Delilah!" gridò la mia amica istericamente, quasi come se avesse potuto percepire che qualcosa non andasse.

"Tra due minuti arriverà Josh e buttera giù questa fottuta porta e preparati per il rimprovero più grande della tua intera esistenza!" urlò per poi sbattere il pugno contro il legno massiccio.

Sorrisi, sorrisi quando la mia mente venne improvvisamente invasa da soli ricordi belli, da momenti magnifici, dalle parole del ragazzo per il quale stavo sacrificato la mia vita perché sapevo lui potesse essere molto di più mentre io no, io non sarei mai stata come lui, non sarei mai diventata qualcuno di importante.

Sentii l'aria mancarmi sempre di più e tossii una sola e singola volta, strabuzzando poi gli occhi quando notai la macchia di sangue sul cuscino, sangue che aveva appena invaso la mia bocca ed il quale mi stava facendo mancare l'aria sempre di più.

I miei polmoni bruciavano ed io annaspai in cerca d'aria, e quando quell'aria non la trovai più chiusi gli occhi pronta per la mia fine.

Harry's Pov

L'idea di andare a scontrarmi contro i parapetti era una abbastanza costante da quando ero salito in macchina ed ero sfrecciato via per le strade di Indianapolis.

I miei occhi erano gonfi ed in fondo speravo solo che non avrei ucciso nessuno per strada a causa della mia vista sfocata.

Avevo saltato alcuni semafori rossi o meglio dire tutti i semafori rossi.

Indossavo ancora la divisa di basket e nonostante la squadra avesse vinto senza di me, mi era difficile anche solo immaginare di sorridere.

Come aveva detto Jackson? Oblio? Era quello ad avermi fatto dimenticare del mio rimpianto più grande?

"Ero malato, la mia mente era malata" quello era tutto ciò a cui riuscivo a pensare durante il tragitto verso la stazione di polizia.

Come avevo potuto fare una cosa simile? Come?

"Perché a lei?" gridai tirando un pugno al volante mentre le lacrime ricominciavano a rigare il mio viso.

E i ricordi di quella sera erano più vividi che mai, quasi come se Jackson fosse stata la chiave per sbloccarli.

Anche io avevo gli incubi, li avevo avuti sempre fin da quella notte di anni fa ma mai, mai erano stati dettagliati, mai fino a quel momento nel quale sembrava quasi come se li stessi vivendo ad occhi aperti.

Quasi come se qualcuno mi stesse mostrando lo stesso film in continuazione.

Ricordavo ogni mio singolo tocco sulla sua pelle, ricordavo ogni suo urlo, il suo dimenarsi e mi feci schifo.

Sapevo non avrebbe desiderato una cosa simile anche perché nonostante tutto li avevo letti i sentimenti nei suoi occhi e quelli erano tremendamente veri.

Ero patetico, un vigliacco e miserabile perché non li avevo colti i segni, le sensazioni del mio corpo, i brividi che volevano quasi segnalarmi che il suo di corpo lo conoscevo bene.

L'avevo sognata per così tanti anni ed ogni fottuta volta era terrificante perché non mi veniva mai mostrato il suo viso ed in quel momento tutto aveva senso, tutto aveva un viso, il suo viso, il volto della persona a cui tenevo di più nel mondo.

Non lo avrei fatto per avere la coscienza pulita, quelle non erano di certo le mie intenzioni.

Lo avrei fatto perché meritava la sua vendetta e la sua rivincita, per tutte le notti passate senza riuscire a dormire e tutti gli attacchi di panico.

Le stavo offrendo una chiusura, con la sola speranza che un giorno mi avrebbe perdonato anche se sapevo quanto esso fosse lontano, ma l'idea di aspettarla non mi deprimeva affatto.

"Come siamo passati dal vivere insieme a questo?" Pensai facendomi ancora più male ma in fondo lo meritavo tutto quel dolore.

Mi odiava, lo aveva gridato così forte ed era stata così sincera che a tratti mi aveva spaventato.

Toccai la zona colpita, ma non quella che Jackson aveva colpito, quella che Grace aveva schiaffeggiato talmente forte da farmi girare la testa.

Non l'aveva presa bene, ma come poteva farlo in realtà?

Flashback (mezz'ora prima)

Bussai insistentemente alla porta della camera di Josh dove ero sicuro ci avrei trovato Grace, visto che la partita era finita e sicuramente si erano rifugiati in quello che era ormai diventato il loro nido d'amore.

"Harry?" chiese Grace visibilmente confusa non capendo molto probabilmente cosa ci facessi sulla soglia della loro porta a quell'ora.

Lo leggevo sul suo viso che avesse molte domande ma non le diedi tempo neanche per farne una.

"Josh, è Delilah, la ragazza di sei anni fa..." dissi con la voce spezzata e le gambe pronte a cedere da un momento all'altro.

"Cosa è successo sei anni fa?" chiese Grace non capendo cosa stesse accadendo.

Josh lo sapeva, lo aveva sempre saputo perché mi era stato impossibile non raccontargli il mio più grande peccato, ma dalla sua bocca spalancata capii che Delilah fosse l'ultima persona che si aspettava che fosse.

"Hai detto sei anni fa? Cos'hai fatto sei anni fa Harry?" chiese Grace a voce alta, e dal suo volto lo capii che stesse facendo i suoi collegamenti mentali.

"Foresta di Cincinnati?" chiese volendone avere la conferma.

Sapevo che aveva sempre saputo del suo segreto anche perché lei era la sola che riusciva a calmare i suoi attacchi di panico e le sue crisi.

"Lurido bastardo...pezzo di merda che non sei altro!" urlò talmente forte da spaccarmi i timpani, e fu un secondo dopo che avvenne.

Il suo schiaffo risuonò forte in quella piccola stanza e la mia testa cominciò a girare veloce a causa del dolore che sembrava espandersi sulla mia guancia.

"Lo sai che le hai distrutto la vita? Lo sai quante volte ha provato a togliersela a causa tua? Le hai mai viste le cicatrici sotto i suoi tatuaggi Harry? I tagli sulla sua pelle perché non riusciva più a sopportare l'idea del tuo tocco su di lei quella notte?" urlò Grace per poi spingermi per le spalle e tirare pugni sul mio petto ma nonostante tutto ciò nulla sembrava farmi più male del mio cuore spezzato, cuore che io stesso avevo rotto in milioni di frammenti.

E le sue parole lacerarono ancora di più la mia anima, come se fosse un coltello che si infilzava sempre di più nel mio petto fino a farmi mancare il respiro.

La guardai allibito mentre veniva stretta forte al petto di Josh per farle smettere di colpirmi ma aveva ragione, se avessi potuto mi sarei colpito da solo.

"Oh certo che non le hai viste, mi stupirebbe scoprire che ti è mai importato qualcosa di lei, sai? Il tuo ego era troppo grande e questa volta hai voluto farla innamorare di te? O era la tua coscienza a non farti dormire la notte?" chiese tagliente, le sue parole lame affilate.

"Io, non riesco a respirare..." balbettai mentre mi trovavo costretto ad appoggiarmi contro la parete per non svenire.

"Fai bene, sai almeno quante volte è capitato a lei?" chiese cominciando a divincolarsi nella presa del mio migliore amico, il quale mi guardava compiaciuto, con pena per la situazione nella quale mi trovavo e mi facevo pena.

"Andrò a denunciarmi per quello che le ho fatto, è la sola cosa che mi resta da fare e Grace per favore, quando le acque si calmeranno puoi dirle che la amo più della mia stessa vita?" le chiesi singhiozzando subito dopo, voltandomi ed uscendo da quella maledetta stanza.

"Starai bene amore mio" sussurrai con voce spezzata durante il tragitto verso la macchina, perché fino a quando Grace sarebbe stata accanto a lei ero certo se la sarebbe cavata.

Perché Grace senza saperlo era l'antidoto al mio veleno. 

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