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39å

https://youtu.be/MZSCXE4CpCA

"Forza ragazzi!" gridò Harry
intimando gli altri ragazzi che componevano la squadra di basket.

"Dov'è Jackson?" chiese uno di loro del quale però non conoscevo il nome ma nemmeno mi importava.

"Si è fratturato una mano" rispose un altro facendomi tirare un sospiro di sollievo.

"Che idiota..." mormorò Harry prima di passarsi una mano tra i capelli che sapevo avrebbe legato perché altrimenti gli avrebbero impedito di vedere bene.

Avevo insistito sul fatto di non voler entrare nel loro spogliatoio perché mi sentivo quasi come carne da macello tra tutti quei maschi, ma non avevo potuto rifiutare, non quando Harry mi aveva supplicata di andare con lui perché sentiva che fossi il suo portafortuna e anche perché aveva bisogno di me, o almeno quello era ciò che mi aveva detto.

Lo guardai stringere le mani di tutti i suoi compagni e dovevo ammettere che con la divisa fosse ancora più attraente.

"A cosa stai pensando?" chiese avvicinandosi e sedendosi sulla panchina accanto a me.

"A quanto ti doni la divisa" risposi senza più vergognarmi perché era così con lui, la mia mente smetteva di pensare troppo e le parole uscivano così spontanee.

Ero turbata anche se non lo volevo mostrare.

Lo ero perché sapevo che quella sera sarebbe stata quella della resa dei conti ed io potevo solo sperare che sarebbe andato tutto bene.

"Penso sia ora di andare" ammisi leggermente dispiaciuta, perché sapevo che quando sarei uscita dagli spogliatoi non lo avrei più visto se non da lontano.

"Ci vediamo dopo, ti amo immensamente Del..." sussurrò per non farsi sentire dagli altri, per poi incollare le sue labbra alle mie e stringermi la mano per un paio di secondi.

"Sarò quella a gridare di più" dichiarai ridacchiando, prima di alzarmi dalla panca e dirigermi verso l'uscita dello spogliatoio.

"Saprò riconoscersi tra la folla, l'ho fatto una volta e lo farò sempre" ammise prima di lanciarmi un occhiolino e mandarmi un bacio volante.

Ed io sorrisi, sorrisi così tanto che fu quasi doloroso quando fui fuori dal loro spogliatoio.

Cominciai a camminare per il lungo corridoio del college con la testa tra le nuvole.

Mi irrigidii però quando in leggera lontananza potei notare una persona avvicinarsi a me o meglio dire camminare verso la direzione dalla quale io ero appena andata via.

Sentii il respiro mozzarmisi quando realizzai si trattasse di lui, del ragazzo che mi aveva distrutto la vita.

"Fa che non mi veda..." borbottai fra me e me, anche perché i corridoi a parte noi due erano vuoti e l'ultima cosa che desideravo era doverlo affrontare in quel momento.

Portai i miei capelli in avanti con la speranza che avrebbero nascosto il mio viso e quando gli passai accanto e lui sembrò non avermi notata, sospirai.

"Delilah?" sentii chiedere dietro di me ed io raggelai sul posto.

Lo stesso ronzio che avevo sentito quella notte cominciò ad invadere la mia mente, a tal punto che riuscivo a percepire solo quello ed il battito accelerato del mio cuore.

Provai a far finta di non averlo sentito e ricominciai a camminare, ma quando la mia mano venne strattonata fui costretta a voltarmi verso di lui.

"Delilah? Oh mio dio, sei davvero tu?" chiese quasi come se fosse felice di vedermi.

Perché era felice di vedermi?

Le sue braccia strinsero il mio corpo attorno al suo e quello fu abbastanza per farmi attivare i miei istinti omicidi.

Strinsi forte il suo polso sinistro e feci lo stesso con quello destro fasciato, per poi spingerlo forte dal mio corpo e farlo barcollare indietro.

"Ehi, cosa ti prende?" chiese visibilmente confuso.

"Cosa mi prende? Cosa mi dovrebbe prendere Jackson?" chiesi gridando talmente forte da spaccare i miei propri timpani.

Non ero più la piccola ragazzina indifesa, giusto?

"Di cosa stai parlando? Cosa ci fai qui? Perché non mi hai mai più risposto?" chiese a raffica, quasi a volermi uccidere.

Le lacrime minacciavano di uscire dai miei occhi nei momenti a seguire.

"Tu sei pazzo! Sei fuori di testa Jackson! Pensi che io mi beva la tua finta ignoranza sull'argomento?" chiesi isterica, non riuscendo neanche più a riconoscermi.

Stavo forse gridando perché temevo che mi avrebbe fatto di nuovo male?

Volevo forse attirare l'attenzione di qualcuno?

"Ignoranza? Perché ti sei trasferita Delilah, cosa è successo?" chiese facendo alcuni passi indietro perché spaventato dalla mia reazione al nostro incontro.

"Forse perché tu, perché tu..." provai a dire ma un nodo si creò nella mia gola.

La sua espressione allibita non aiutava poi molto.

"Mi hai stuprata Jackson, possibile che tu stia davvero provando a fare finta di nulla? Mi hai preso tutto, hai preso la mia anima e l'hai fatta a brandelli perché non potevi più aspettare. Mi hai distrutto la vita e adesso trovi perfino il coraggio di negarlo!" gridai a perdifiato, mentre la mia testa volteggiava talmente veloce da costringermi ad appoggiarmi agli armadietti dietro di me per non crollare a terra.

"Delilah, hai fatto uso di qualche droga?" chiese estremamente serio, i suoi occhi castani erano uguali a tanti anni fa con la sola differenza che i suoi capelli non erano più biondi ma dello stesso colore dei suoi occhi.

"Non ci posso davvero credere che tu mi stia accusando di essermi drogata, cosa pensi eh? Che mi sia immaginata tutto? Grace c'era, Grace ha visto il disastro che ero quando sono tornata dal tuo maledetto picnic" dichiarai tra i denti, mentre pura rabbia mi attraversava il corpo.

"Non riesco a capire di cosa tu stia parlando...io so solo che dopo aver bevuto ti stavi per addormentare ed Harry ti ha portata nella mia macchina per metterti a dormire, per poi scoprire ore dopo che non c'eri più e quella è stata l'ultima volta che ti ho mai vista. Io..." spiegò calmo, quasi come se fosse sincero e non stesse mentendo ma venne interrotto.

"Amore, hai dimenticato la tua borsa!" sentii gridare in fondo al corridoio da un Harry visibilmente di fretta.

"Oh mio dio..." fu la sola cosa che riuscii a dire prima che la realizzazione mi colpisse dritta in faccia.

"Oh mio dio!" gridai con tutto il fiato che avevo in gola mentre lacrime di puro dolore rigavano il mio volto.

"Piccola, stai bene? Jackson cosa ci fai qui?" chiese un Harry preoccupato, mentre correva con la mia borsa tra le mani verso di me che mi ero accasciata a terra a causa del dolore interno che stavo provando.

Un dolore talmente profondo da non darmi neanche spazio per poter respirare.

"Delilah, non dirmi che lui..." mormorò Jackson, per poi spalancare la bocca quando sembrò capire che io ed Harry stessimo insieme, quando realizzò che la sola e singola persona ad avermi mai ferita era proprio quest'ultimo.

E chiusi gli occhi, perché il solo guardare quella scena mi faceva stare male fisicamente, lo scoprire la verità mi stava distruggendo e così nel vano tentativo di calmare il mio attacco di panico, provai a respirare profondamente.

"Tu, brutto stronzo!" gridò Jackson, il quale sembrò aver capito tanto quanto me.

Aprii gli occhi solo quando sentii un tonfo talmente forte da farmi sussultare.

Jackson stava tenendo Harry incollato contro gli armadietti dall'altra parte del corridoio e fu una frazione di secondo quella in cui anche quest'ultimo sembrò capire cosa stesse succedendo.

Guardai un pugno volare in aria prima di scontrarsi contro la mascella di quello che era il mio ragazzo, facendo girare la sua testa dall'altra parte a causa del colpo subito.

"Te la ricordi la sera della festa nella foresta di Cincinnati Harry? Circa sei anni fa?" urlò Jackson prima di mollare la presa su di lui e lasciarlo libero.

Lasciai il mio corpo stendersi da sé a terra senza più forze e con la sola consapevolezza di quello che mi era davvero successo.

Esistevano davvero le coincidenze?

Perché l'universo aveva deciso di scherzare con me in quel modo?

Cosa avevo fatto di così male per meritare una sorte simile?

"Cosa è successo sei anni fa Harry? Qual è l'errore più grande della tua vita?" gli chiesi sull'orlo di una crisi esistenziale anche se sapevo già la stessi attraversando.

Il fiato corto, i suoi occhi colpevoli.
La realizzazione che io ero il suo errore più grande ed il timore, quello più forte di tutti.
La paura che nulla sarebbe mai più stato come prima.

"Io, io..." balbettò Harry per poi mettersi una mano sul petto e cominciare chiaramente a faticare a respirare.

"Dillo Harry, di a Jackson cosa mi hai fatto!" gridai alzandomi da terra con le mie ultime forze.

Non avevo paura di lui, anche se forse avrei dovuto.

Avevo temuto per così tanto tempo la persona sbagliata e me ne pentivo amaramente.

"Negli ultimi sei anni della mia vita ho incolpato lui Harry, quando in realtà la sola e singola persona ad avermi distrutta dormiva nel letto accanto a me" spiegai severa e con la voce spezzata.

"Dillo Harry, ammettilo..." lo supplicai avvicinandomi a lui fino ad essere a un palmo dal suo viso.

Le lacrime rigavano anche il suo volto e Jackson ci guardava allibito ma senza andarsene, temendo forse che la situazione sarebbe potuta degenerare.

"Cosa le hai fatto?" insisté anche Jackson ed io per un istante fui grata che fosse lì, perché senza saperlo mi stava offrendo una chiusura, mi stava permettendo di poter chiudere quel capitolo che mi aveva tormentata per così tanti anni.

"I-io mi sono approfittato di lei, di te... com'è possibile che non me ne sia mai reso conto? Come cazzo!" gridò Harry perdendo totalmente il controllo e voltandosi per tirare un pugno all'armadietto sopra la sua testa.

Le sue nocche sanguinanti non mi facevano provare nemmeno un briciolo di pena perché neanche lui ne aveva provata quando anche le mie gambe lo erano state.

Ribrezzo, quello era tutto ciò che potevo provare in quel momento.

"Com'è possibile che io non ti abbia riconosciuto?" chiesi con un fil di voce ed il corpo portato agli stremi.

La partita era appena cominciata ma a nessuno di noi tre sembrava importare più.

"Si chiama Oblio, è una condizione psicologica, l'ho studiata al primo anno, anche voi l'avete fatto" mormorò Jackson facendomi perfino quasi sorridere perché lui era sempre stato così, quasi la versione maschile di Grace.

"Tu, sei tu la causa dei miei incubi, a causa tua prendo quelle pasticche ogni fottuto giorno Harry, e pensare che mi sentivo colpevole perché non volevo risultarti pesante!" gridai per poi spingerlo per le spalle ed incollarlo agli armadietti.

"Cosa dovrei fare Delilah? Cosa potrei fare? È successo e non lo posso cambiare, io..." urlò a sua volta per poi cadere in ginocchio di fronte a me e stringere le mie gambe.

"Potevi non farlo, potevi chiederlo, potevi aspettare, potevi provare a conquistarmi. Ad avere prima il mio cuore e poi il mio corpo invece di prenderti tutto come se fosse già tuo" risposi accasciandomi a terra di nuovo, accanto a lui.

Cominciai a fissare il vuoto e provai a minimizzare l'impatto che la verità aveva avuto su di me, ma era tutto troppo, troppo dolore, troppo pesante.

"Lo hai fatto una volta, lo potevi fare anche allora io, penso di dover andare..." mormorai senza più forze perché sentivo sarei svenuta da un momento all'altro.

"Andare dove? Resta ne parliamo, proviamo a risolvere il problema, non scappare più...ti supplico Delilah, ascoltami prima di farlo, so che non lo merito ma non posso lasciarti andare così. Magari potremmo trovare una soluzione, ti prego..." disse non importandogli neanche più del fatto che Jackson ci stesse ascoltando.

"Provare a risolvere cosa Harry? Mi hai violentata per l'amor di Dio! Ringrazia se non stai marcendo in prigione per quello che mi hai fatto.
Tu, tu hai rovinato tutto ma lo sapevo, lo sapevamo entrambi che saresti stato tu a farlo!" urlai per poi alzarmi di scatto da terra e voltarmi con la chiara intenzione di andare via di lì, lontano di lì.

"Ti odio!" gridai rimanendo senza voce.

"Ti odio con tutto il mio cuore!" urlai girandomi e puntando il mio indice contro di lui.

"Non provare mai più ad avvicinarti a me Harry, questa è stata l'ultima volta che mi vedrai in tutta la tua effimera esistenza e sappi solo che se fossi in te mi vergognerei anche ad uscire dalla mia stanza." aggiunsi non riuscendo più a tenere i miei pensieri per me.

"Hai distrutto tutti i miei sogni, ero soltanto una ragazzina di quindici anni e non meritavo quello che mi hai fatto per il tuo semplice gusto di avere un nome in più sulla lista infinita delle ragazze che ti sei portato a letto, sai?" chiesi alterata, distrutta, a pezzi.

"Adesso la famosa ragazza senza nome sulla tua lista ce l'ha, sono io, Delilah..." fu l'ultima cosa che dissi prima di correre proprio come feci tanti anni prima, cercando di salvare l'ultimo pezzo di cuore che mi era rimasto perché tutti gli altri se li era preso lui, anni prima, in quello stesso momento. 

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