37å
Flashback (sei anni prima) seconda parte.
La musica risuonava forte dalle casse dell'auto di quel famoso amico di Jackson.
Tra di noi erano presenti anche alcune ragazze ma essendo io la più piccola, nessuno sembrava darmi davvero importanza e per un certo verso ne ero contenta.
Nessuno tranne gli occhi scrutatori di Harry, il quale di tanto in tanto si fissava a guardarmi a lungo.
"Vuoi?" chiese quest'ultimo avvicinandosi a me e risvegliandomi dai miei pensieri.
Alternai lo sguardo tra la sigaretta che aveva in mano ed il suo viso, il quale nonostante il buio, riuscii finalmente a vedere bene.
"Cos'è?" chiesi restia, perché quella sembrava tutto tranne che una sigaretta normale.
Mi voltai verso la mia destra quando un paio di ragazze cominciarono a ridacchiare.
Cosa c'era di così divertente?
"È solo qualcosa che ti farà fare un bel viaggio, marijuana per l'esattezza" spiegò tranquillo il ragazzo paziente di fronte a me.
Mi fissai sulla sua maglietta bianca e lui notando la mia titubanza sbuffò sonoramente.
"Lasciala stare è solo una ragazzina non vedi?" chiese una delle due ragazze le quali erano entrambe sedute su un grande tronco ad un paio di metri da me.
Cercai Jackson con lo sguardo e quando lo trovai intento a parlare con alcuni suoi amici, sospirai profondamente.
Cosa dovevo dimostrare?
Non ero una ragazzina e così dopo aver guardato un'altra volta la mano tesa di Harry presi la sigaretta che mi aveva porto ed aspirai.
Non sapevo come si facesse ma apparentemente mi riusciva abbastanza bene dato il fatto che non mi ero soffocata o cose simili.
"Ti farà soltanto sentire bene, fidati" mormorò Harry prima di voltarmi le spalle e tornare a sedersi accanto a Jackson.
Rigirai tra le mie dita quella piccola cosa e quando dopo averne aspirato un altro fumo sentii tutta la tensione nel mio corpo svanire come per magia, costatai che forse mi avrebbe soltanto fatto bene, mi avrebbe aiutata a rilassarmi.
I minuti inizialmente passarono davvero lenti ma quando gli effetti della droga cominciarono a mostrarsi, mi sentii nettamente meglio.
Era quasi come se in quel momento non mi importasse nemmeno più dove mi trovassi, e tutto quello che mi si parava di fronte sembrava esilarante, a tal punto che cominciai a ridacchiare da sola alle battute dei ragazzi di fronte a me.
La testa era leggera ed il mio cuore ancora di più.
"Ti ho preparato questo, prendi" disse qualcuno accanto a me facendomi sussultare, ma quando capii si trattasse di Jackson, sorrisi nuovamente.
Guardai il bicchiere dal liquido scuro che mi stava porgendo ed io non riluttai più.
Non l'avevo mai fatto ma in quel momento sembrava non turbarmi il fatto di bere.
"Ne voglio un altro grazie" dissi sicura di me per poi ridacchiare.
"Un altro" aggiunsi dopo una decina di minuti e Jackson quasi non riuscì più a riconoscermi ma sorrise, ed io feci lo stesso perché sapevo di essere in buone mani.
Al quarto bicchiere però quando lo notai muoversi traballante verso di me, constatai che forse si era ubriacato anche lui.
O forse era solo la mia mente a giocarmi brutti scherzi?
Al quinto cocktail ormai le mie forze sembravano essere svanite e nulla di quello che mi circondava sembrava più importarmi.
I miei occhi socchiusi e la bocca leggermente spalancata la dicevano lunga su come avevo reagito alla droga e all'alcool combinati.
Sussultai quando venni alzata per aria.
"Sto volando!" gridai con le mie ultime forze e quando una risata roca invase le mie orecchie, mi accoccolai ancora di più al petto della persona che mi stava trasportando anche se non sapevo dove.
Non riuscivo a mantenere gli occhi aperti per più di un secondo e sorrisi ampiamente quando sentii la mia schiena essere poggiata contro qualcosa di morbido.
"Sei così bella Delilah..." sentii dire dal ragazzo accanto a me e quando aprii gli occhi e ci trovai Jackson sentii il mio cuore fare un tuffo.
Una frazione di secondo dopo le sue labbra si incollarono alle mie ed io mi rilassai per un paio di secondi prima che le sue mani cominciassero a vagare sulle mie gambe nude per poi tirarmi sopra di lui.
Avevo sonno e desideravo soltanto dormire, ma il ragazzo che stava seduto sotto di me sembrava che avesse altre intenzioni e quello lo capii quando le sue mani si poggiarono sul mio fondoschiena stringendolo forte.
"Cosa stai facendo?" chiesi tra la realtà e la fantasia mentre la sola cosa che riuscivo a capire era il fatto che le mie mutandine mi erano state tolte con una facilità incredibile.
Entrai in panico quando Jackson mi fece alzare facendomi sbattere la testa contro il tettuccio della sua auto nella chiara intenzione di togliersi i pantaloni.
"Cosa stai facendo?" chiesi a voce più alta, non importandomi neanche più se gli altri mi avrebbero sentita.
"Stiamo per fare sesso" sputò duro, e senza nemmeno darmi un attimo di tregua venni tirata nuovamente sulle sue gambe.
Spalancai gli occhi non riuscendo a credere a quello che stesse accadendo e quando provai a divincolarmi capii che non mi avrebbe lasciata andare, non in quel momento.
"Io sono vergine, ho paura, non voglio farlo non adesso, non in una stupida macchina!" gridai mentre lacrime di pura paura cominciavano a rigare il mio viso.
"Pensi abbia aspettato abbastanza, non credi?" chiese severo e quando cominciai a gridare fu il momento nel quale realizzai che non mi avrebbe lasciata andare, non fino a quando non avrebbe raggiunto i suoi scopi.
"Non voglio, per favore!" urlai con tutta la voce che avevo in corpo nella vana speranza che qualcuno mi potesse sentire ma era impossibile.
La macchina era parcheggiata abbastanza lontano e in più la forte musica non permetteva alla mia voce isterica di essere ascoltata da qualcuno.
"Aiuto!" fu l'ultima cosa che riuscii a urlare prima che la sua grande mano si poggiasse sulla mia bocca, impedendomi di tirare fuori alcun altro suono.
"Stai tranquilla, ti piacerà da matti" disse prima di sorridermi e spingermi contro i sedili affinché mi stendessi alla ben e meglio.
E non potrei mai dimenticare la mancanza di empatia e l'oscurità che invase i suoi occhi.
Il sorrisino che aveva messo su quando divaricò le mie gambe e con movimento secco entrò dentro di me.
Gridai, gridai talmente forte che per un istante mi sembrò che le mie corde vocali si fossero spezzate.
Gridai eppure non c'era nulla che riuscissi a fare per liberarmi.
Il dolore era lancinante nel mio basso ventre, la mia zona intima bruciava e le lacrime ormai avevano offuscato la mia vista e forse era meglio così.
"Sei così stretta, sei fantastica amore" mormorò Jackson tra un gemito e l'altro.
Sentivo di non riuscire a respirare correttamente, non potevo farlo quando l'altra sua mano sosteneva tutto il suo peso contro il mio petto, forse per assicurarsi che non riuscissi a muovermi o forse perché voleva davvero uccidermi.
E avrei desiderato che lo facesse, avrei preferito morire piuttosto che ritrovarmi in quella situazione.
I miei pensieri erano confusi, il panico si era instaurato in ogni cellula del mio corpo, volevo divincolarmi solo che era troppo forte ed ogni volta che sembravo riuscire a muovermi, venivo spinta sempre più forte contro i sedili.
Mi faceva male tutto, ogni singola parte del mio corpo, la mia testa sembrava voler scoppiare da un momento all'altro e la sola cosa che sembrava tirarmi fuori da quell'incubo era la sola ed unica stella che riuscivo a vedere dalla posizione nella quale mi trovavo.
Infilai le mie unghie nella sua pelle cercando invano di farlo allontanare da me, ma quello non sembrò fare altro che eccitarlo ancora di più.
"Smetti di divincolarti, prova a goderti il momento amore" disse respirando sempre più veloce.
Ed io nella mia mente cominciai a pregare, pregai che il tutto sarebbe finito presto.
E finì, e quando finì le lacrime cominciarono a solcare le mie guance nuovamente.
Volevo urlare, lo avevo voluto fare quando la sua mano era stata tolta dalla mia bocca ma non avevo potuto.
C'era qualcosa a bloccarmi, forse i suoi occhi, il suo sguardo assetato.
"È stato stupendo" sussurrò il ragazzo di fronte a me, prima di rivestirsi ed uscire dalla macchina come se nulla di strano fosse accaduto.
Sospirai e morsi forte il mio labbro prima di prendere un bel respiro ed aprire lo sportello della macchina.
I miei piedi nudi entrarono a contatto con i sassolini taglienti eppure quella sembrava essere la cosa che faceva meno male.
Una volta che mi ritrovai in piedi sentii un liquido caldo colare nell'interno delle mie cosce e quando alzai il vestito e capii fosse sangue, sentii il respiro mozzarmisi.
Corsi, quello fu tutto ciò che riuscii a fare in quel momento.
Lo feci per salvarmi, lo feci perché non potevo ritornare alla festa in quelle condizioni e con il sangue che ormai si era seccato tra le mie gambe.
Forse stavo per morire?
Sarei davvero morta?
Sarebbe forse stato meglio se lo avessi fatto?
Corsi sulle pietre taglienti di quella strada sterrata con il vestito che svolazzava in tutte le direzioni ed una me non più me.
Corsi per chiedere aiuto, corsi per salvarmi anche se sapevo di essere in ritardo perché ormai mi avevano preso tutto.
Corsi per i marciapiedi di Cincinnati sotto lo sguardo allibito di alcuni passanti ed i miei piedi sembrarono funzionare da sé senza che la mia mente li comandasse anche perché non era nemmeno più funzionale.
Un ronzio era la sola cosa che riuscivo a sentire e un clacson acuto mi fece per un istante risvegliare dalla tranche nella quale ero caduta.
Non si dovrebbe avere in momenti del genere la mente affollata di pensieri?
La mia era completamente vuota, dalla mia bocca uscivano solo dei respiri profondi ed i miei occhi sbarrati.
"Cosa diavolo ti è successo?" gridò Grace totalmente alterata e mai prima di allora l'avevo vista in quel modo.
Ero arrivata nel posto giusto? Avrebbe potuto capirmi? Aiutarmi?
Volli rispondere, con tutta me stessa solo che dalla mia bocca non fuoriuscì alcun suono.
"Cosa ti hanno fatto? Chi è stato Delilah?" chiese abbassando il suo tono di voce e soffermandosi a guardare le mie gambe nude macchiate di sangue.
"Jackson?" chiese per poi trascinarmi sulle scale di casa sua.
Annuii perché quella era la sola cosa che riuscivo a fare.
Io non ero più io e non lo sarei mai più stata e forse riuscivo a capirlo solo in quel momento, quando Grace mi trascinò verso il suo bagno, mi spogliò del vestito strappato e senza più dire nulla entrò nella doccia insieme a me.
Volevo chiederle se avesse intenzione di fare la doccia vestita, ma forse quello in quel momento era l'ultimo dei miei problemi.
Prese una spugna e strofinò ogni singola parte del mio corpo, soffermandosi a strofinare ancora di più sulle mie gambe.
Io non ero più io, sapevo di esserlo ancora un po', almeno un po'.
Era quasi come e tutta la mia vitalità fosse rimasta intrappolata in quella dannata macchina.
"Io, devo andare..." sussurrai con la voce spezzata una volta che Grace mi aiutò ad indossare un suo pigiama.
"Andare dove Delilah?" chiese agitata.
"Via da questa città adesso, per favore portami in aeroporto..." supplicai e sarei stata disposta perfino a mettermi in ginocchio e pregarla di farmi scomparire.
Avrei preferito di tutto pur di non dover mai più reincontrare gli occhi di quello che pensavo mi avrebbe protetta.
Non avevo intenzione di restare in quel posto per un minuto di più e quella era la sola cosa sulla quale riuscii a concentrarmi in quel preciso momento.
"Non pensi dovremmo invece andare alla stazione di polizia?" chiese spaventata e con voce tremante perché anche se non glielo avevo detto, lei aveva capito.
Aveva capito cosa mi aveva fatto.
"E dire cosa Grace, che il mio ragazzo mi ha stuprata?" chiesi urlando per poi crollare in ginocchio di fronte a lei, mentre per la prima volta in tutte quelle ore tornarono a rifiorire dentro di me le emozioni.
Ma non erano emozioni piacevoli, era un'esplosione distruttiva.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro