36å
Flashback (sei anni prima) prima parte.
Mi ritrovai a guardare il mio riflesso nello specchio e mi soffermai ad osservare più a lungo il segno violaceo sul mio collo, il marchio che Jackson mi aveva lasciato quella stessa mattina.
Lui era stato l'unico ad aver attirato la mia attenzione, la sua gentilezza e i suoi occhi castani che se posti sotto la luce del sole sembravano quasi cambiare tonalità.
Lo amavo, era ovvio e non c'era una singola cosa che potessi fare per cambiare quello che io provavo per lui.
Era entrato come un uragano nella mia vita e sembrava quasi che fosse lo spiraglio di luce in fondo al mio tunnel.
"Dove andrete questa sera?" chiese Grace, la mia amica dai tempi dell'asilo.
"Io, non lo so esattamente ma ho capito ci sarà anche qualcun'altro" risposi flebilmente e leggermente imbarazzata, il solo pensare a Jackson mi imbarazzava.
"Io e Jonathan abbiamo fatto sesso" ammise lei volgendo poi lo sguardo da un'altra parte perché forse si vergognava?
"Non mi dire! E com'è stato?" chiesi per poi mettermi a sedere sul suo letto aspettando ansiosa una risposta perché sapevo fosse stata la prima volta per lei.
"È stato spaventoso Del, doloroso da far schifo ma Jonathan mi ha detto che è normale e che comincerà a piacermi dalle prossime volte" rispose pacata, anche se sapevo che fosse turbata dalle sue stesse confessioni.
Lo potevo percepire che qualcosa in lei fosse cambiato da quando aveva fatto quel passo importante, era quasi come se fosse maturata tutto d'un tratto e la guardai con ammirazione, una profonda, perché io non ero e non sarei mai stata coraggiosa quanto lei.
"Tu e Jackson? State insieme da tanti mesi Delilah, quando hai intenzione di fare passi in avanti?" mi chiese dopo un paio di minuti passati in silenzio, probabilmente per lei era difficile anche solo assimilare quello che era accaduto negli ultimi giorni.
"Io non penso di essere pronta, mi viene la pelle d'oca solo a pensarci Grace, non adesso, sono sicura che quando capiterà sarà magico e questo è tutto quello che desidero. Non voglio farlo per dimostrare qualcosa a qualcuno e in più lui non ha mai messo pressione su di me" spiegai agitata, perché mi turbava l'argomento anche se non volevo darlo a vedere.
Avevo sempre pensato sarebbe stato magico, come nelle favole, l'unione di due corpi, di due persone che si amavano profondamente e che avevano deciso di compiere quel passo per avere qualcosa da condividere, qualcosa di bello da raccontare.
Non era così per Grace e lì in quel momento la potei notare la differenza tra di noi.
Lei non amava l'amore, amava l'idea di essere amata e adorata, di essere osservata e al centro dell'attenzione.
Lei non era innamorata di Jonathan e quello rendeva il tutto più tragico.
"Tu perché l'hai fatto?" le chiesi volendo davvero scoprire il filo logico dei suoi pensieri.
"Perché prima o poi avrei dovuto farlo no? E Jonathan è davvero un bel ragazzo..." ammise sincera, e quella sua sincerità mi spiazzò.
Come appunto avevo tenuto a chiarire, lei non aveva sentimenti verso il ragazzo con il quale aveva perso la sua verginità ma più che altro l'aveva visto come una persona con il quale iniziare la sua vita sessuale.
"Non la capirò mai" pensai e scossi la testa solo quando un clacson mi fece sobbalzare facendomi ritornare indietro dal mio viaggio mentale.
Sentii il cuore cominciare a pompare il sangue nelle mie vene più velocemente e per un istante mi mancò il respiro, era sempre così quando mi trovavo a pensare a Jackson.
Era la mia prima cotta, il mio primo amore ed era fantastico, poter sentire così tanto per una sola persona.
All'inizio quel turbine di emozioni mi avevano spaventata ma poi anche grazie all'aiuto di Grace avevo accettato i miei sentimenti e li avevo confessati.
"Forza, è appena arrivato il tuo principe azzurro!" gridò eccitata ed io mi limitai a sorridere anche se avrei davvero voluto saltellare per la gioia che stavo provando.
"Sei sicura di non poter venire?" le chiesi un'ultima volta.
"Sai che sarei voluta venire ma non posso, zia Jessica dovrebbe arrivare a poco e non la vedo da così tanto anzi, ti dirò che mi ha minacciata e ha detto che se non mi avrebbe trovata a casa non mi avrebbe più fatto parlare con Alba" spiegò incupendosi.
Non era del tutto vero che Grace non sapesse amare e che non lo facesse, anzi tutto il contrario oserei dire.
Aveva un solo e grande amore ed era Alba, sua cugina di cinque anni.
Praticamente Grace l'aveva quasi vista nascere e l'aveva cresciuta fino a quando sua madre si era trasferita e da lì forse anche il suo cuore spezzato, perché il trasferimento di sua cugina l'aveva affettata tremendamente anche se non lo voleva dar a vedere.
Quella sera sarebbe stata davvero una serata importante per lei e quindi non la potevo biasimare ed era plausibile che volesse restare a casa per poter passare del tempo con Alba, che non vedeva da davvero tanti mesi.
"Saluta Alba da parte mia..." mormorai sorridente per poi abbracciarla e stringerla forte tra le mie braccia, più di quello che normalmente facevo e quando mi staccai e mi avvicinai alla porta sentii un nodo formarmisi in gola.
C'era qualcosa di strano in aria quella sera ed io per un secondo pensai perfino di tirarmi indietro e di restare a casa di Grace.
"Cosa c'è? Stai bene?" chiese visibilmente preoccupata.
"Si, sto bene" mentii per poi scrollare le spalle come se facendo quello la sensazione che si era appropriata di me sarebbe scomparsa.
"Buon divertimento tesoro" concluse lei per poi spingermi verso la porta e richiuderla subito dopo.
Sorrisi quando notai l'auto di Jackson parcheggiata proprio di fronte al vialetto della casa di Grace e lo feci ancora di più quando lo notai scendere dal suo posto per venire ad aprirmi lo sportello.
Adoravo ogni suo piccolo gesto e quello sarebbe stato uno di quelli che avrei conservato nel mio cassetto dei ricordi.
"Come sta la mia principessa?" chiese lui per poi passarsi una mano nel suo ciuffo biondo, che amavo ed odiavo allo stesso tempo perché ogni volta che ci baciamano i suoi capelli sembravano volermi infastidire.
Gli avevo proposto molte volte di tagliarseli o almeno di legarli ma non aveva mai voluto sentire storie e così ad un certo punto avevo scelto di smettere di assillarlo.
"Dove andremo questa sera?" gli chiesi per poi allacciarmi la cintura e cominciare a guardare le strade trafficate di Cincinnati dal parabrezza.
"Avevo in mente di fare una cosa romantica, ma poi un mio amico di vecchia data mi ha chiamato e così abbiamo pensato di fare un picnic nella foresta" rispose tranquillo, quasi come se non fosse un'idea assurda.
"Un picnic? A notte fonda?" chiesi leggermente divertita dalla strana idea che avevano avuto.
"Non sarà così male come lo stai facendo suonare adesso, lo prometto" mormorò concentrato sulla strada di fronte a noi e nonostante stesse guidando e tutta la sua attenzione fosse riposta su quello che stava facendo, trovò comunque un modo per starmi vicino.
La mano con la quale cambiava le marcie venne posata dolcemente sulla mia coscia e nonostante per un secondo rimasi ferma come se fossi appena stata congelata, il mio corpo smise di essere teso quando strinse leggermente la presa sulla mia gamba e cominciò a disegnare dei piccoli cerchi immaginare sulla mia pelle nuda con il suo indice.
Era solo lui, non avevo motivo per essere cosi tesa, quasi spaventata.
Lo sapevo che non mi avrebbe mai fatto del male o non l'avrebbe fatto intenzionalmente e così cercando di rimanere coerente con i miei pensieri, poggiai la mia mano sopra la sua e la strinsi leggermente.
"Lo sai che sei speciale Del, ti amo dal primo momento che ti ho vista e lo farò per tanto tempo ancora" sussurrò quasi vergognandosi del fatto che stesse ammettendo i suoi sentimenti in quel modo, in quel posto, ma per me fu abbastanza, più che abbastanza.
Sorrisi mentre le farfalle nel mio stomaco cominciarono ad esplodere come fossero pop corn e un brivido percorse la mia spina dorsale.
Era così che ci si sentiva? Ad amare, ad essere amati?
Se fosse stato così non avevo paura di ammettere che avrei voluto farlo per sempre.
"Tra un paio di minuti arriveremo" dichiarò felice e se lui lo era automaticamente anche io lo diventavo.
Cominciai a sbattere leggermente contro lo sportello della macchina quando cominciammo a viaggiare su una stradina sterrata.
Ormai la notte era calata quasi del tutto e le sole cose che potevo vedere erano le sagome dei fitti e alti alberi.
Mi accigliai profondamente quando di fronte a noi si parò una luce a dir poco accecante, un fuoco nel bel centro del parcheggio e dietro ad esso un'auto nera parcheggiata.
"Hai detto solo un amico?" chiesi scombussolata perché erano presenti più di una persona, decine.
"Quello stupido ha invitato tutta la squadra di basket..." borbottò scuotendo la testa e guardandomi a lungo per capire cosa mi passasse per la mente.
Odiavo essere al centro dell'attenzione e sapevo che essendo la ragazza di Jackson lo sarei stata quella sera.
Sospirai sconfitta mentre due opzioni mi si paravano di fronte: dirgli che non mi sarei sentita a mio agio o provare ad integrarmi nel suo gruppo d'amici.
"Possiamo andare a mangiare al Mc se non vuoi restare, per me è uguale Delilah. Pur che tu sia felice..." mormorò una volta che la macchina fu ferma, ma non spense il motore in attesa di quella che sarebbe stata la mia risposta.
Ed io ancora non lo sapevo, non lo sapevo che una piccola e stupida scelta del genere avrebbe cambiato la mia intera esistenza dopo quella sera.
Quando siamo piccoli tendiamo a crederci invincibili, e per un secondo era così che mi ero sentita.
Pensavo che Jackson mi avrebbe protetta e che si sarebbe preso cura di me, ma come poteva proteggermi da sé stesso?
"Andiamo, forse mi farà bene socializzare" la buttati lì, ingenuamente, ero una stupida.
Cosa volevo dimostrare? A chi dovevo dimostrare?
Aspettai che mi aprisse lo sportello e tirai verso il basso i lembi del mio vestito, in imbarazzo perché se avessi saputo che avrei partecipato ad una quasi festa non avrei di certo scelto quel abbigliamento.
"Mi sono dimenticato di dirti quanto bella tu sia questa sera principessa" soffiò ad un centimetro dalle mie labbra ed io quasi sussultai quando le sue mani grandi si poggiarono sui miei fianchi.
Dovevo farci ancora l'abitudine.
"Anche tu sei bellissimo mio principe" ammisi sincera prima di connettere le nostre labbra in un bacio casto, sincero.
Cominciammo a camminare in direzione della mischia e spalancai gli occhi quando venni tirata per il braccio ed il mio corpo cominciò a rigirare su sé stesso.
"Sei così...perfetto" sussurrai senza fiato, ammaliata dal ragazzo che stava stringendo forte la mia mano.
"Guarda chi ha deciso di onorarci con la sua presenza!" gridò un ragazzo ad alta voce, facendo voltare anche gli altri verso di noi.
Mi sentii messa in soggezione soprattutto con gli occhi scrutatori di tutti poggiati su di me, come a voler analizzare ogni mio piccolo dettaglio.
"Styles, come sempre sei fra i piedi, pensavo di averti detto che volevo una cosa piccola" rispose Jackson, per poi staccare la mia mano dalla sua e avvicinarsi per stringere la mano a quello che capii fosse suo amico.
Mi soffermai a guardare l'alto ragazzo attirare a sé in un abbraccio il mio ragazzo, non riuscivo a vederlo bene ma li potei notare comunque i tatuaggi sulle sue braccia, certo, non erano tanti ma quelli che erano presenti si vedevano chiaramente.
"Chi è questa bellissima ragazza?" chiese poi quello che mi annotai nella mente si chiamasse Styles, quello doveva essere il cognome giusto?
"Harry, è la mia ragazza Delilah" rispose Jackson fiero di ammettere che io fossi sua, più o meno.
Mi schiarii la gola quando realizzai chi in realtà fosse il ragazzo ad un paio di metri da me.
La cotta epica di Grace.
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