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2.4 ~ L'Ordine della Fenice

Con Albus Silente al suo fianco, l'udienza di Harry non si sarebbe mai potuta rivelare un fallimento, e, infatti, il risultato fu positivo.

Rose ci stava pensando, mentre, nella sua stanza, preparava il baule per il ritorno a Hogwarts del giorno successivo; Harry avrebbe potuto non continuare mai più i suoi studi, lei si rese conto solo in quel momento della gravità del fatto. Non l'aveva toccata in prima persona, e aveva compreso soltanto ora cosa potesse davvero significare per Harry non mettere mai più piede nel castello a cui lui, come tutti quelli che lo consideravano casa propria, apparteneva completamente, anima e corpo.

Rose aveva appena terminato di gettare all'interno del baule gli indumenti che la signora Weasley si era premurata di lavare e stirare, quando Ginny entrò trafelata nella stanza. Stringeva due buste da lettera tra le mani, e, notando il rilucente inchiostro verde sulla pergamena, la giovane Potter capì che venivano da Hogwarts. Dovevano essere il solito avviso riguardo l'inizio della scuola e la lista dei libri di testo da utilizzare quell'anno.

Ma sembrava esserci qualcos'altro, perché Ginny non riusciva a trattenere un sorriso eccitato.

«Rose... senti... io... ecco, io non volevo aprirla, davvero, solo che... alla mamma servivano le liste dei libri da comprare... e ho preso anche la tua, e non mi ricordavo che al quinto anno... cioè, non ci avevo pensato... ma...»

Aveva ancora le labbra tirate, e sembrava morire dalla voglia di dire a Rose ciò che aveva trovato nella sua busta da lettera, però sapeva che avrebbe dovuto lasciarle la soddisfazione di scoprirlo da sola. Così, emettendo un versetto emozionato, le tese la busta.

Rose la prese stringendo le palpebre, sospettosa. Perché Ginny era così contenta?

Estrasse l'annuale avviso riguardante l'inizio della scuola, firmato dalla professoressa McGranitt, e notò che c'era un altro foglio di pergamena. Si chiese cosa fosse, dato che Ginny aveva appena detto di aver già consegnato alla signora Weasley la lista dei suoi libri nuovi. Lo tirò fuori e lo aprì. Una sola parola catturò la sua attenzione, e lei sgranò gli occhi, sconcertata. Prefetto.

Lo stupore cedette rapidamente il posto a un orgoglio soddisfatto, mentre Rose osservava la lucida spilla precipitare dalla busta sul proprio palmo aperto. Una grossa 'P' argentata era sovrapposta al luminoso serpente d'argento di Serpeverde. Reprimendo un saltello, si gettò su Ginny, e lei ricambiò la stretta ridacchiando in modo incontrollabile.

Fino a quel momento, Rose non aveva mai creduto che diventare prefetto potesse renderla felice. Era sempre stata certa di non volersi assumere alcuna responsabilità, e aveva sempre ritenuto che essere prefetto fosse spiacevole, ma ora sapere di essere stata scelta per rivestire quel ruolo la fece sentire importante, e questo alimentò il suo orgoglio. Si era del tutto dimenticata che al quinto anno venivano scelti due nuovi prefetti per ogni Casa, e non avrebbe mai pensato che ottenere quel titolo e una semplice spilla potesse generare la gioia che stava provando.

«Complimenti» rise Ginny, quando lei la lasciò andare. «Aspetta che lo sappia la mamma» aggiunse poi, facendo una smorfia.

«Perché?» chiese Rose, perplessa dall'espressione nauseata di Ginny.

«Be', sarà molto orgogliosa di te» disse Ginny. «E potrebbe esagerare.»

Rose, china sul proprio baule, sollevò le spalle. Quanto avrebbe potuto esagerare la signora Weasley?

Appuntò la spilla sul maglione della divisa scolastica, quindi, insieme a Ginny, riprese a raccattare gli averi che girovagavano per la stanza, lanciando di tanto in tanto occhiate al baule chiuso di Hermione, e chiedendosi come diavolo avesse fatto a sistemare così in fretta. Forse non si è mai distratta, si rispose, e dovette ammettere che molto probabilmente era la verità, perché lei e Ginny si stavano distraendo di continuo, e i loro bauli erano ancora là, pieni solo per metà.

Per quanto riguarda la signora Weasley, Ginny aveva ragione: esagerò un poco, ma lo fece soprattutto per Ron; nessuno si sarebbe mai aspettato che ottenesse la spilla come Percy, Bill e Charlie, e Molly era a dir poco fiera di lui.

Era andata a Diagon Alley per acquistare il materiale necessario per quell'anno scolastico, sia per i figli sia per Harry, Rose e Hermione, e, dopo essere tornata, aveva trasformato la solita cena in una festicciola con una buona parte dei membri dell'Ordine della Fenice. Quando Rose scese in cucina insieme agli altri, sopra la tavola colma di piatti era appeso uno striscione verde e scarlatto:

Congratulazioni
Ron, Hermione e Rose
nuovi prefetti

Lupin, Tonks e Kingsley Shacklebolt erano già arrivati, e, dopo che Moody si fu aggiunto, giunsero anche Bill e il signor Weasley, portando Mundungus con loro, ma la signora Weasley era talmente di buonumore per Ron che non protestò affatto riguardo la sua presenza.

«Be', credo che un brindisi sia d'obbligo» affermò Arthur, quando tutti ebbero preso da bere. «A Ron e Hermione, i nuovi prefetti di Grifondoro, e a Rose, nuovo prefetto di Serpeverde!»

Rose, imbarazzata, nascose il volto nel suo bicchiere d'acqua – non era un'amante della Burrobirra – mentre i presenti bevevano alla salute dei nuovi prefetti e applaudivano. Poi si spostarono tutti verso il tavolo per servirsi.

«Io non sono mai diventata prefetto» confessò allegramente Tonks, i cui capelli quella sera erano di un bel rosso acceso e lunghi fino alla vita. «Il Direttore della mia Casa diceva che mi mancavano alcune qualità necessarie.»

«Tipo?» domandò Ginny, prendendo il piatto pulito che Rose le stava passando.

«Tipo comportarmi bene.»

Ginny e Rose risero.

«E tu, Sirius?» chiese la giovane Weasley, dando delle pacche sulla schiena di Hermione, alla quale era andato di traverso un sorso troppo lungo di Burrobirra.

La risata di Sirius, che somigliava al latrato di un cane, risuonò nella stanza.

«Nessuno mi avrebbe voluto come prefetto» ammise, ricordando i tempi della scuola con pungente nostalgia, «passavo troppo tempo in punizione con James. Il bravo ragazzo era Lupin, lui sì che ha portato la spilla.»

«Silente sperava che sarei riuscito a esercitare un po' di controllo sui miei migliori amici» spiegò Remus, con un lieve sorriso tra il divertito e il malinconico. «Inutile dire che ho fallito clamorosamente.»

«E mamma?» domandò Rose, incapace di resistere.

Remus e Sirius si scambiarono uno sguardo fugace.

«Come fai a sapere che Lily era prefetto?» chiese quest'ultimo, stringendo le palpebre.

«L'anno scorso ho trovato un modulo in cui c'erano alcuni prefetti» rispose lei. «E c'era anche mamma.»

«Me lo ricordo» disse piano Lupin. «Adesso non so se si faccia ancora, ma prima a Hogwarts raccoglievano le foto e i dati degli studenti, e le conservavano. Non pensavo ci fossero ancora i moduli del nostro anno. Dove lo hai trovato?»

Rose sollevò le spalle.

«Non lo so. Era un fascicolo dei prefetti tra il 1970 e il 1980. E ce n'erano molti altri. Dovevo sistemarli tutti... ero in punizione.»

Lo ammise a voce bassa, ma avrebbe anche potuto evitare, dato che gli altri erano sparpagliati per la stanza, fuori portata di orecchio, e solo Remus e Sirius erano rimasti con lei.

«In punizione?» esclamò Sirius, sorridendo; quella rivelazione lo aveva messo decisamente di buonumore. «Ma allora non sei una santarellina! Combini qualcosa anche tu! Ah, grazie a Godric! Adesso sì che sono sicuro che tu e tuo fratello saresti stati ottimi Malandrini!»

«Ehm, grazie» fece Rose, incerta.

«Non montarti la testa, Felpato» lo riprese Lupin, ma anche sul suo volto c'era un sorriso fiero.

«Giusto, giusto» concordò l'altro. «Torniamo alle cose importanti. Come diamine ci sei finita in punizione?»

«Ho dato uno schiaffo a un compagno.»

Sirius ridacchiò, profondamente divertito.

«Hai dato uno schiaffo a un compagno?» esclamò, trattenendo a stento una risata. «Chi diamine...?»

«Sì, be', se lo meritava» tagliò corto Rose, rispondendo solo alla prima domanda, le gote piuttosto rosse; ricordava perfettamente come fosse andata la punizione insieme a Draco Malfoy, e non era certa che nominarlo davanti a Sirius e Lupin fosse una buona idea. «Ma non è importante, adesso.»

Siccome Sirius, che aveva serrato le labbra per non scoppiare a ridere nell'immaginare Rose schiaffeggiare qualcuno (James avrebbe approvato), sembrava intenzionato a tornare sull'argomento, lei guardò Lupin. Lui sospirò, e il suo sorriso si affievolì appena.

«Lily ha fatto un grande lavoro» disse.

Sirius lo fissò con le sopracciglia sollevate.

«Cioè, ci ha provato» si corresse in fretta Remus. «Voleva che fosse tutto perfetto, e tra i Grifondoro era tutto perfetto tranne...»

«... noi» terminò Sirius per lui, con un sorriso velato. «Si è illusa di poterci cambiare. Credeva che la sua spilla bastasse a farci rigare dritto. Ma era impossibile fermare i Malandrini.»

«Un po' ci è riuscita, però» ricordò Lupin. «Dopo un po' di punti tolti a Grifondoro, Sirius e James hanno dovuto per forza abbassare la cresta. Soprattutto dopo che la McGranitt gli aveva fatto una bella ramanzina.»

«Sì, me la ricordo ancora piuttosto bene» affermò Sirius, grattandosi un orecchio. «È stato una specie di trauma.»

Rose sorrise.

«Quindi alla fine» riprese Lupin, «tua madre un pochino è riuscita a cambiare qualcosa.»

«Solo un pochino» sottolineò Sirius, «perché poi l'anno dopo abbiamo ricominciato, McGranitt o no. L'unica cosa che quella spilla ha fatto, è stato intontire James ancora di più. Come prefetto, la sua Lily era diventata ancora più perfetta di quanto già non fosse. Ti ricordi, Lunastorta?»

Remus annuì.

«Come no? A vederli, non si sarebbe mai detto che ci saremmo trovati i loro figli davanti.»

«Non andavano d'accordo?» si stupì Rose, e Sirius e Lupin si scambiarono un'occhiata.

«No» rispose Remus. «Lily non lo sopportava.»

«James le stava dietro dal primo anno» rivelò Sirius. «Lily ha accettato di uscire con lui solo al settimo anno, quando James ha messo un po' la testa a posto.»

«Alla fine, il suo desiderio si è avverato» disse Lupin. «Tutti e due dovevano solo credere un po' di più in quello che volevano... tua madre doveva accettare il comportamento di James, e tuo padre... lui doveva rendersi più sopportabile. Bastava crederci.»

«Che romanticone» commentò Sirius con uno sbuffo, senza riuscire, però, a trattenere un sorriso, mentre batteva una mano sulla spalla di Rose e si allontanava verso il fondo del tavolo per servirsi.

Lei e Lupin lo osservarono per qualche istante.

«Tu somigli molto a entrambi» affermò poi Remus. «Rivedo in te tutti e due. E penso che, un giorno, potresti davvero riuscire a ottenere quello che vuoi, indipendentemente da chi e da come. Hai la loro stessa forza.»

«Non so cosa voglio» confessò Rose.

«Hai ancora tempo» la rasserenò Lupin. «A volte il destino fa da solo, e chissà dove ti porterà la tua strada.»

«Non so se ho più paura del destino o delle mie scelte» ammise lei; era un dubbio che si era posta raramente, ma che, ne era sicura, andando avanti con gli anni si sarebbe fatto più insistente. «Non sono coraggiosa come mamma e papà.»

Questo pensiero la tormentava da quando aveva scoperto la verità sulla morte dei genitori, e tornava a soffocarla ogni volta che si parlava di loro. Lei aveva paura di tutto, persino di vivere. Il terrore la bruciava di continuo. Sapeva che, se avesse dovuto scegliere tra combattere per ciò che è giusto e scappare, sarebbe scappata. Era attanagliata dal timore della morte, del dolore, della perdita. La paura la frenava, e temeva che lo avrebbe fatto per sempre.

Remus la osservò, comprensivo.

«Tu non sei loro» disse. «Ho detto che gli assomigli, è vero, ma non sei loro, e, pertanto, non devi cercare di diventare come loro. Non c'è nessun problema nella mancanza di coraggio.»

«Ma come faccio senza coraggio?» replicò lei. «Non credi che mi serva, soprattutto ora?»

«Rose, di coraggio ci sono tante forme. Chi dice che tu non ce l'abbia? Essere coraggiosi non vuol dire solo sacrificarsi per la giusta causa, essere coraggiosi vuol dire anche trovare la forza di stare accanto alle persone che amiamo in momenti in cui invece vorremmo tirarci indietro. Adesso guardami negli occhi, e dimmi che non lo hai mai fatto. E non ti crederò facilmente, se me lo dirai.»

Sì, lo aveva fatto. Lo aveva fatto sempre. Ed era stato ogni volta al fianco di Harry. E non si trattava – almeno non solo – dei pericoli di morte che lui aveva dovuto affrontare dall'arrivo a Hogwarts, la ricerca della Pietra Filosofale, il salvataggio di Ginny dalla Camera dei Segreti, la verità su Sirius, i Dissennatori, il Torneo Tremaghi, il ritorno di Voldemort, il dolore fisico e morale.

No, iniziava da prima, da quando erano soltanto dei bambini, e Harry litigava con zio Vernon e zia Petunia. Rose non voleva mai discutere con loro, perché aveva paura delle punizioni, di restare nel buio del ripostiglio sotto le scale per giorni, a stringersi al fratello temendo stupidamente che l'oscurità la soffocasse, quindi recitava la parte della nipote obbediente, anche se avrebbe voluto ribattere di continuo. Harry, invece, non ce la faceva; litigava con gli zii ogni volta che se ne presentava l'occasione, nonostante anche lui, in fondo, temesse di restare chiuso nel rispostiglio, e il massimo che Rose poteva fare per fargli capire di essergli vicino era stringergli la piccola mano.

Lei lo supportava quando lui non ne poteva più di fingere, lui la confortava quando lei, invece, continuava a recitare la sua parte. Era in quei momenti che, entrambi, percepivano un vuoto nel petto, lì dove avrebbero dovuto esserci la mamma e il papà, e si chiedevano come sarebbe potuta essere la loro vita se Lily e James non se ne fossero mai andati.

«Visto?» mormorò Lupin, con un leggero ma affabile sorriso. «Sei molto più forte di quello che pensi.»

Le strinse la spalla, la stessa che Sirius le aveva battuto prima di sottrarsi alla conversazione, e si allontanò. Rose si girò a guardarlo, una persona che la vita aveva messo alla prova fin dalla tenera età, e che ancora lottava con tutta se stessa. Quello era il coraggio. Il suo, invece, non era certa che si sarebbe mai potuto definire tale.

«Ehi, ragazza!»

Remus l'aveva lasciata da pochi attimi, quando l'inconfondibile ringhio di Malocchio Moody la raggiunse. Rose si voltò verso di lui, e vide che era insieme a Harry; teneva qualcosa in mano. Incuriosita, la ragazza si avvicinò a loro.

Moody stava mostrando una foto magica vecchia e consunta. Ritraeva un gruppo di persone, alcune che salutavano con la mano, altri che sollevavano i bicchieri, altri ancora che si limitavano a sorridere o a ricambiare lo sguardo.

«L'Ordine della Fenice originario» spiegò Moody, non appena Rose lo ebbe affiancato. «L'ho trovata ieri sera mentre cercavo il mio Mantello dell'Invisibilità di riserva, visto che Podmore non ha avuto il garbo di restituirmi quello buono... ho pensato che alla gente qui sarebbe piaciuto vederla.

«Questo sono io» disse indicandosi, nonostante non ce ne fosse bisogno: il Malocchio nella foto era identico a quello attuale, anche se i capelli erano meno grigi e il naso ancora intero. «E vicino a me c'è Silente, dall'altra parte Dedalus Diggle... questa è Marlene McKinnon: è stata uccisa due settimane dopo che la foto è stata scattata, hanno preso tutta la sua famiglia. Questi sono Frank e Alice Paciock... poveri diavoli. Meglio morti che come loro... e questa è Emmeline Vance, l'avete conosciuta, e Lupin, ovviamente... Benjy Fenwick, se n'è andato anche lui, abbiamo ritrovato solo dei pezzi... spostatevi voi» ringhiò, premendo il dito sulle persone in prima fila, che si spostarono per permettere a quelle coperte di venire avanti.

«Questo è Edgar Bones... il fratello di Amelia Bones, hanno preso lui e la sua famiglia, era un gran mago... Sturgis Podmore, accidenti, com'era giovane... Caradoc Dearborn, scomparso sei mesi dopo, non abbiamo mai ritrovato il corpo... Hagrid, naturalmente, è sempre lo stesso... Elphias Doge, l'avete conosciuto, mi ero dimenticato che portava sempre quello stupido cappello... Gideon Prewett, ci sono voluti cinque Mangiamorte per uccidere lui e suo fratello Fabian, hanno combattuto da eroi... spostatevi, spostatevi...

«Questo è Aberforth, il fratello di Silente, l'ho incontrato solo quella volta, un tipo strano... ecco Dorcas Meadowes, Voldemort l'ha uccisa personalmente... Sirius, quando aveva ancora i capelli corti... e... ecco, ho pensato che questo vi poteva interessare!»

Lily e James sedevano ai due lati di Peter Minus, l'uomo che li avrebbe traditi, e sorridevano all'obiettivo, ignari di tutto ciò che sarebbe accaduto.

«Eh?» fece Moody.

Rose non rispose, lo sguardo fisso su quei volti. E tutti gli altri? Erano consapevoli della catastrofe che sarebbe precipitata sulle loro vite, squarciando l'Ordine della Fenice per sempre?

«Sì» disse Harry, ma la sua voce era atona. «Ehm... senta, mi sono appena ricordato che non ho messo via il mio...»

La fatica di inventare un oggetto che non aveva riposto nel baule gli fu risparmiata da Sirius.

«Che cos'hai lì, Malocchio?»

Moody si voltò verso di lui, e Harry approfittò della distrazione di Malocchio per attraversare la cucina e andarsene prima che qualcuno potesse richiamarlo. Rose, pur volendo parlare con suo fratello, decise di restare con Sirius e Moody, gli occhi di nuovo fissi sulla foto magica. C'erano alcuni membri dell'Ordine della Fenice originario che Alastor, volendo mostrare Lily e James ai due ragazzi non appena li avesse trovati, non aveva ancora nominato.

Mentre Sirius osservava i suoi vecchi amici, che lo salutavano da quella che sembrava una realtà quanto mai distante, e Remus, avvicinatosi anche lui, sbirciava tra Felpato e Moody, Rose, che studiava ogni personaggio nella foto, notò che, da sopra la spalla del giovane Lupin, sbucavano una testa bionda e un paio di sorridenti occhi castano chiaro. Con delicatezza, premette il dito sulla figura di Lupin, spostandola indietro e rivelando una ragazza molto bella, il cui volto esprimeva la più sincera gioia, macchiata da un pizzico di speranza. Era in punta di piedi e sorrideva all'obiettivo, mostrando una serie di denti bianchi e perfettamente dritti, illuminando di pura allegria la pelle pallida. Per qualche motivo, le ricordò Tonks.

«Chi è?» domandò Rose, indicandola.

Dall'altro lato di Malocchio, Sirius e Remus si scambiarono il terzo significativo sguardo di quella serata.

«Ah!» ringhiò Moody. «Ecco dove si era cacciata! Vuoi sape–»

«Alastor» lo interruppe Sirius, asciutto. «Non credo sia il caso.»

Moody fissò lui e Remus, uno con l'occhio normale e l'altro con quello magico, e anche Rose si girò a osservarli. Il volto di Sirius era inespressivo, ma quello di Lupin esprimeva una malcelata afflizione: i suoi tratti non comunicavano altro che sofferenza. Era chiaro che Malocchio volesse ringhiare una replica, o forse ruggire contro Sirius per essere stato interrotto, invece non fece alcuna delle due cose.

Lasciando Rose stupita, le premette stizzito la foto tra le mani.

«Tienila tu, ragazza» borbottò. «Penso che ti faccia piacere.»

Lei lo guardò allontanarsi zoppicando, e, quando si voltò verso Remus e Sirius per chiedere spiegazioni, loro si erano già dileguati, lasciandola sola con una foto magica vecchia e consunta che raccontava una storia di vana speranza e crudele destino.

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