2.3 ~ Toujours pur
Il mattino seguente, sotto la guida di Molly, Harry, Rose, Hermione e i Weasley si dedicarono alla disinfestazione del salotto dai Doxy, piccole creature volanti simili a dei folletti, nascosti tra le pieghe delle vecchie e logore tende.
I due Potter fecero anche la conoscenza del vecchio Kreacher, il devotissimo elfo domestico dei Black, che non riconosceva del tutto Sirius come padrone, e prendeva ancora ordini dal ritratto di Walburga Black. Tentava, infatti, di salvare tutti i preziosi oggetti appartenuti ai Black che Sirius, Hermione e i Weasley gettavano via.
Mentre Sirius discuteva con Kreacher, l'attenzione di Rose, che si era allontanata dal gruppo per osservare meglio, era focalizzata sulla parete opposta, interamente occupata da un arazzo antichissimo. Era sbiadito e rosicchiato dai Doxy, ma l'albero genealogico, le cui radici risalivano al Medioevo, era ancora ben visibile, ricamato con uno scintillante filo d'oro. In cima all'arazzo, grandi lettere recitavano:
La Nobile e Antichissima Casata dei Black
'Toujours pur'
Sotto "pur", c'era una parola scritta con l'inchiostro, ma talmente piccola che lei dovette allungare il collo e sollevarsi sulle punte dei piedi, strizzando le palpebre, per leggerla. Qualcuno vi aveva scritto "amoureux". Confusa, si risistemò, scorrendo l'albero genealogico per giungere alla base, e, esaminando alcuni nomi, notò chi mancava.
Cacciato Kreacher, che desiderava proteggere l'arazzo nonostante non ci fosse modo di sbarazzarsene - la signora Black doveva avervi scagliato un Incantesimo di Adesione Permanente - Sirius affiancò Rose, e anche gli altri si avvicinarono.
«Tu non ci sei» mormorò lei, gli occhi ancora fissi sulla parte bassa dell'albero genealogico.
«Ero qui» disse Sirius, indicando una bruciatura sull'arazzo, sotto i nomi di Orion e Walburga Black. «La mia cara dolce madre mi ha incenerito dopo che sono scappato di casa... Kreacher ha una vera passione per bofonchiare questa storia.»
«Tu sei scappato di casa?» fece Harry.
Era esattamente quello che a lui e Rose sarebbe piaciuto fare, per quanto potesse essere pericoloso. Un'altra estate con i Dursley, e sarebbero finiti entrambi ad Azkaban per l'omicidio di tre Babbani.
«Avevo quasi sedici anni» annuì Sirius. «Non ne potevo più.»
«Dove sei andato?»
Gli occhi grigi di Sirius furono animati da un fioco bagliore.
«Da vostro padre. I vostri nonni furono davvero buoni con me; in un certo senso mi adottarono come un secondo figlio. Sì, mi accampavo da vostro padre per le vacanze scolastiche, e a diciassette anni mi sono trovato un posto tutto mio. Mio zio Alphard mi aveva lasciato un bel po' d'oro - è cancellato, qui, probabilmente per questo motivo - e comunque, da allora in poi ho badato a me stesso. Però ero sempre il benvenuto dai signori Potter per la colazione della domenica.»
«Ma... perché...?»
«Me ne sono andato?» lo anticipò Sirius con un sorriso amaro. «Perché li odiavo tutti: i miei genitori, con la loro mania del sangue puro, convinti che essere un Black ti rendesse praticamente di stirpe reale... il mio fratello idiota, così sciocco da crederci... ecco. Era più giovane di me, ed era un figlio molto migliore, come mi veniva ricordato di continuo.»
Aveva puntato il dito sul nome di Regulus Black, e Rose notò che la sua data di nascita era seguita da quella di morte, che risaliva a circa quindici anni prima.
«È morto giovane» osservò.
«Sì. Stupido idiota... si è unito ai Mangiamorte.»
«Stai scherzando!» esclamò Harry, senza fiato.
«Andiamo, Harry, non hai visto abbastanza di questa casa per capire che genere di maghi erano quelli della mia famiglia?»
«I tuoi genitori erano... erano anche loro Mangiamorte?»
«No, no» rispose Sirius, «ma credimi, erano convinti che Voldemort avesse ragione, erano per la purificazione della razza magica, per liberarsi dei Nati Babbani e avere al governo dei purosangue. Non erano soli, comunque; molta gente, prima che Voldemort mostrasse il suo vero volto, credeva che avesse ragione... poi però si sono spaventati quando hanno visto che cosa era pronto a fare per ottenere il potere. Ma scommetto che i miei genitori erano convinti che Regulus fosse un autentico piccolo eroe per essersi unito a Voldemort all'inizio.»
«È stato ucciso da un Auror?» domandò esitante Harry.
«Oh, no. No, è stato assassinato da Voldemort. O per ordine di Voldemort, più probabilmente; dubito che Regulus sia mai stato così importante da scomodare Voldemort in persona. Da quanto ho scoperto dopo la sua morte, si era fatto coinvolgere fino a un certo punto, poi è stato preso dal panico per quello che gli era stato richiesto e ha cercato di fare marcia indietro. Be', non si consegnano le dimissioni a Voldemort. È servizio a vita, o morte.»
«Il pranzo.»
La signora Weasley, che era scesa in cucina, era tornata, mantenendo in equilibrio sulla punta della bacchetta un enorme vassoio colmo di panini e fette di torta. Aveva litigato con Mundungus, e sembrava ancora nervosa. Mentre gli altri si allontanavano per pranzare, Sirius, Harry e Rose rimasero di fronte all'arazzo.
«Non lo guardo da anni» ammise Sirius, chinandosi per esaminare meglio l'albero genealogico. «Ecco Phineas Nigellus, il mio bisnonno, sapete? Il Preside meno amato che Hogwarts abbia mai avuto... e Araminta Melliflua, cugina di mia madre... ha cercato di far passare un progetto di legge al Ministero per legalizzare la caccia ai Babbani... e la cara zia Elladora... ha inaugurato la tradizione di famiglia di decapitare gli elfi domestici quando diventavano troppo vecchi per portare i vassoi del tè... Naturalmente, tutte le volte che la stirpe ha dato i natali a qualcuno di appena decente, questo è stato diseredato. Vedo che Tonks qui non c'è. Forse è per questo che Kreacher non vuole prendere ordini da lei... lui dovrebbe fare tutto ciò che qualsiasi membro della famiglia gli chiede...»
«Tu e Tonks siete parenti?» domandò Harry, sorpreso.
«Oh, sì, sua madre Andromeda era la mia cugina preferita. No, non c'è nemmeno lei, guardate...» indicò un'altra bruciatura, tra i nomi di Bellatrix e Narcissa Black. «Le sorelle di Andromeda ci sono ancora perché hanno contratto deliziosi, rispettabili matrimoni con purosangue, ma Andromeda ha sposato un Nato Babbano, Ted Tonks, e così...»
Ma l'attenzione di Rose era completamente rivolta altrove: a destra della bruciatura di Andromeda, una doppia linea dorata vincolava Narcissa Black a Lucius Malfoy, e una singola linea verticale collegava i loro nomi a quello di Draco Malfoy.
«Sei imparentato con i Malfoy!» esclamò stupita Rose, voltandosi in fretta verso Sirius, ignorando il brivido che le aveva attraversato lo stomaco nel leggere il nome del suo compagno di scuola.
«Le famiglie purosangue sono tutte imparentate» confessò Sirius. «Se hai deciso che i tuoi figli e le tue figlie sposino solo dei purosangue la scelta è molto limitata; siamo rimasti pochissimi. Io e Molly siamo cugini acquisiti e Arthur dev'essere mio cugino di secondo grado. Ma non serve cercarli qua: se c'è una famiglia di rinnegati, sono i Weasley.»
Harry, intanto, osservava il nome di Bellatrix Black, moglie di Rodolphus Lestrange.
«Lestrange...» mormorò.
«Sono ad Azkaban» disse brusco Sirius. «Bellatrix e suo marito Rodolphus sono entrati con Barty Crouch Junior. C'era anche Rabastan, il fratello di Rodolphus.»
Harry ricordò il processo, e Rose ripensò al loro crimine, reprimendo un brivido.
«Sono stati loro a torturare...»
«Frank e Alice Paciock, sì» mormorò Sirius, cupo, e lei sgranò gli occhi, percependo chiaramente un pugno invisibile colpirla all'altezza dello stomaco.
Prima che Sirius la interrompesse, in realtà, stava per concludere la frase affermando che erano stati quei quattro Mangiamorte a torturare un Auror e sua moglie per informazioni su Voldemort, perché lei, a differenza di Harry – che aveva promesso a Silente di tenere la verità per sé –, non aveva la minima idea che le vittime della Maledizione Cruciatus fossero i genitori di Neville. Ebbe appena il tempo di lanciare un'occhiata smarrita e sconfortata a Harry.
«Rose!»
Ginny le stava facendo cenno di raggiungerla; le aveva conservato due panini. Lanciando un'ultima occhiata all'arazzo, che sarebbe rimasto per sempre lì, a incombere sull'erede dei Black, la giovane Potter si voltò, e affiancò Ginny, accettando il pranzo che quest'ultima le porgeva.
Nel pomeriggio si occuparono di svuotare le librerie a vetro del salotto da ogni oggetto sinistro e potenzialmente pericoloso - ovvero tutti. Gli unici - forse - innocui erano degli antichi sigilli, un pesante medaglione che nessuno riuscì ad aprire, vari gingilli che recavano impressi lo stemma e il motto dei Black, e un Ordine di Merlino, Prima Classe, attribuito al nonno di Sirius per 'servizi resi al Ministero'.
Il resto degli oggetti si difese dalla rovina abbastanza strenuamente. Una tabacchiera d'argento morse la mano di Sirius, che fu ricoperta da una disgustosa crosta marrone che l'avvolgeva come un guanto; delle specie di pinzette d'argento con molte zampe si arrampicarono sul braccio di Harry, e tentarono di perforargli la pelle, ma Sirius corse in suo aiuto, e, afferrato lo strumento, lo schiacciò con un pesante volume; infine, un carillon li stregò con la sua musichetta tintinnante e sinistra, e tutti si sentirono deboli e sonnolenti, finché Ginny non prese l'ottima iniziativa di chiudere il coperchio.
Kreacher entrò molte volte nella stanza, cercando di sottrarre degli oggetti per proteggerli, ma venne sempre sorpreso e cacciato via. Si arrese - almeno per quel pomeriggio - solo quando Sirius gli strappò dalle mani un anello d'oro con lo stemma dei Black, e lui se ne andò singhiozzando per la rabbia e insultando il padrone in tutti i modi possibili.
«Era di mio padre» disse Sirius, gettando l'anello nel sacco della spazzatura. «Kreacher non era devoto a lui proprio quanto a mia madre, ma la settimana scorsa l'ho sorpreso a sbaciucchiare un paio di suoi vecchi pantaloni.»
«È in guerra contro di noi» osservò Rose. «Penso che salverebbe anche le cose che odia solo per il gusto di farlo.»
Sirius ridacchiò; Rose aveva inquadrato perfettamente l'elfo domestico.
«E hai ragione.»
Era ormai sera, e la signora Weasley aveva annunciato che per quel giorno era abbastanza; avrebbero continuato la pulizia del salotto il mattino seguente, e quello dopo ancora, e poi si sarebbero spostati alla sala da pranzo. I sacchi erano stati portati quasi tutti fuori, se ne stavano occupando Harry e Ron; la signora Weasley, Hermione e Ginny erano scese in cucina per preparare il tavolo per la cena, e Fred e George si erano ritirati nella loro stanza a confabulare riguardo qualche nuovo progetto.
Rose sigillò l'ultimo sacco con un nodo, e fece per sollevarlo con l'intenzione di portarlo fuori, ma Sirius la fermò.
«Aspetta. Devo darti una cosa.»
Lei si voltò, e lui le si avvicinò stringendo qualcosa nel palmo della mano. Era un amuleto. La catenina d'argento era sottile, e sorreggeva un ciondolo fine e piatto, piccolo e grazioso, anch'esso d'argento, sul quale era posata, come una goccia di rugiada dalle tinte albari, una luminosa ametista. Il gioiello sembrava risalire ad almeno vent'anni prima, eppure risplendeva ancora, tanta era la cura con la quale era stato mantenuto.
Sirius glielo tese, spingendo la mano aperta verso di lei.
«Avanti, prendilo. Ora è tuo.»
Rose lo guardò sgranando gli occhi.
«Mio?» ripeté, incredula.
Sirius annuì.
«Un piccolo regalo.»
Rose strinse la catenina tra le dita, e ammirò il ciondolo da vicino.
«Io... grazie» disse, sfiorando la superficie liscia dell'ametista con il pollice, e Sirius sorrise.
Per qualche ignota ragione, però, il suo sguardo grigio si era velato.
Rose indossò il gioiello, e lasciò che il ciondolo freddo si posasse poco sopra lo sterno, sotto la maglietta.
«Era di famiglia?» chiese, nonostante sospettasse la risposta negativa da parte di Sirius.
«No» disse infatti lui. «È un regalo.»
«Ma se è tuo forse dovresti tenerlo» disse Rose, già pronta a restituirgli l'amuleto.
«No, no» la fermò Sirius. «Davvero, Rose, io non ne ho più bisogno.»
«Bisogno?» ripeté lei, un poco confusa. «Ha... funzioni magiche?»
«Era di una persona importante» rispose Sirius. «E, visto il legame che avevate, è giusto che ora lo abbia tu. Io l'ho tenuto abbastanza.»
Sirius spostò lo sguardo, incapace di fissarla negli occhi, e Rose comprese: Lily. Quel gioiello era appartenuto a sua madre.
«Era di...?»
«Non voglio parlarne» la interruppe in fretta Sirius, le mani nelle tasche, lo sguardo sul pavimento. «Scusami, Rose, ma... adesso no.»
Rose era certa che Sirius sarebbe riuscito a raccontarle con serenità di Lily e James – in fondo, lo aveva già fatto in precedenza – ma solo in quel momento capì pienamente quanto dovesse essere doloroso per lui, che li aveva amati come un fratello e una sorella. Solo in quel momento capì ciò che lui doveva aver provato per quattordici anni, solo in quel momento capì che, oltre il terribile periodo trascorso ad Azkaban, lui aveva sofferto molto di più, in un modo interiore che forse lei non sarebbe mai stata capace di comprendere del tutto.
«Mi dispiace» mormorò.
«Non scusarti. Non hai fatto niente di male. A volte, però, ci sono cose che è bene cercare di dimenticare. Cose che spesso riaprono una vecchia cicatrice, che torna a bruciare e sanguinare più di prima. E non parlarne aiuta.»
Alzò finalmente gli occhi solo quando Ginny entrò nella stanza annunciando che la cena era pronta.
Sirius aveva preso l'ultimo sacco, e Rose lo seguì fuori dal salotto.
La ragazza taceva, anche se in realtà avrebbe voluto dirgli che, forse, lasciar andare dei bei ricordi perché al presente facevano male non era la via giusta. Ma, osservando il suo viso, che, in quel momento, non esprimeva alcuna emozione, decise di non parlare; lei, in fondo, cosa ne voleva sapere della vita e del dolore? Era appena quindicenne, le esperienze tremende di Sirius insegnavano qualcosa, e probabilmente, alla fine, era lui ad avere ragione.
Così, mentre varcava la soglia della cucina, e il buon odore della cena la stuzzicava, si limitò a chiedersi quale fosse la storia di Lily e del suo ciondolo.
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