2.12 ~ Il pub Testa di Porco
Rose aveva avvertito Hermione che avrebbe potuto arrivare in ritardo alla riunione che lei aveva organizzato a Hogsmeade. La scusa era stata quella di dover passare del tempo con Daphne, e già dire quella menzogna le aveva stretto il cuore, costringendola a pensare a quanto la sua migliore amica meritasse di sapere la verità.
Avevano superato le due alte colonne di pietra sormontate dai cinghiali alati che sembravano sorvegliare l'ingresso di Hogwarts, e stavano camminando fianco a fianco, seguendo la fila di studenti che si dirigeva verso il villaggio. Daphne parlava incessantemente dei nuovi smalti che aveva comprato, degli abiti che avrebbe voluto abbinarvi, di nuove acconciature da provare sui suoi capelli ormai lunghissimi. E Rose rimuginava, e rimuginava. Sapeva che, se avesse continuato a pensarci, probabilmente avrebbe deciso di non dire nulla, quindi si costrinse a parlare.
«Daph?»
Lei continuò a chiacchierare, guardandosi le unghie rosso scuro.
«Daphne?»
La giovane Greengrass tacque, e si voltò verso di lei.
«Che c'è?»
Rose inspirò profondamente. Doveva dirglielo. Adesso.
«Io...»
No. Io niente.
Perché avrebbe dovuto dirglielo? Non poteva. Tanto sarebbe finita presto. Sì, sarebbe finita.
Era stata un'incosciente a lasciarsi andare così facilmente. Tutti quei pensieri sui pericoli che correvano erano svaniti non appena Draco si era dichiarato di nuovo. Non avrebbe dovuto accettare l'inizio di quella relazione, non avrebbe dovuto permetterlo affatto. Stare con Draco significava rinunciare a Harry. E lei non avrebbe mai potuto farlo.
Non si trattava della rivalità che c'era tra i due, non più, almeno; dal ritorno di Lord Voldemort, i membri della famiglia Malfoy erano diventati persone decisamente sconsigliate alle quali avvicinarsi, e Rose era ciò che collegava loro a Harry. Affezionarsi sempre di più a Draco voleva dire mettere in pericolo se stessa e suo fratello.
Era quasi del tutto certa che Draco fosse stato sincero riguardo quel punto, che lui non avesse deciso di mettersi con lei per avvicinarsi a Harry su ordine di suo padre o di Voldemort in persona, ma come poteva sapere che non sarebbe accaduto? Che Lucius Malfoy non avrebbe scoperto della loro relazione e costretto il figlio a fare qualcosa che non voleva solo per compiacere il Signore Oscuro?
Si era illusa di poter accettare la proposta di Draco senza conseguenze, con la leggerezza che appartiene alle spensierate storie adolescenziali, ma che a loro non era stata concessa.
La verità delle sue incessanti riflessioni la colpì più forte di qualsiasi maledizione.
«Rose?»
Si rese conto solo in quel momento di essere arrivata a Hogsmeade. Gli studenti di Hogwarts avevano riempito le vie, ma lei e Daphne erano immobili in mezzo alla stradina. Daphne, preoccupata, la osservava attentamente.
«Rose, va tutto bene?»
Ricacciò indietro le lacrime, e le sorrise.
«Sì» rispose, annuendo. «Va tutto bene.»
Si guardò attorno per un attimo, poi riprese.
«Io devo andare alla riunione» sussurrò. «Se vuoi venire, ci vediamo dopo – te l'ho detto, no? – prima devo... prima devo vedermi un attimo con un Caposcuola su... delle cose per i prefetti di Serpeverde, e...»
«Ci vediamo dopo» la interruppe Daphne.
E, inspiegabilmente, le sorrise. La giovane Greengrass sapeva, ma aveva deciso che sarebbe stata al gioco di Rose, facendole credere di non sospettare alcunché. Le avrebbe concesso ancora qualche giorno, perché, in fondo, era sicura che Rose presto le avrebbe raccontato tutta la verità.
Si divisero salutandosi in modo impacciato, e Daphne si diresse senza fretta ai Tre Manici di Scopa. I Serpeverde del quinto anno si erano riuniti attorno a un tavolo spazioso, attendevano che Madame Rosmerta gli servisse i loro ordini. Le bastò uno sguardo per notare, compiaciuta, che Malfoy non era lì; Tiger, Goyle e Pansy Parkinson sedevano tra i compagni. Un'altra occhiata, e vide, sempre più compiaciuta, che Blaise e Tiffany si erano accomodati distanti l'uno dall'altra, ed evitavano accuratamente di guardarsi.
«Cosa ti porto, cara?»
Daphne si voltò verso il bancone davanti il quale si era appoggiata. Madame Rosmerta stava riempiendo dei boccali di Burrobirra, disponendoli mano a mano su un largo vassoio, e le aveva rivolto un sorriso gentile.
«Una Burrobirra» rispose Daphne, estraendo dalla tasca del mantello il sacchetto con il denaro, e frugandovi all'interno alla ricerca delle monete giuste. «Sarò a quel tavolo.»
Posò due falci sul bancone, quindi si avvicinò ai Serpeverde. Facendo attenzione a non sedersi accanto a Pansy, stava per accomodarsi tra Goyle e Tiffany, quando Blaise spostò la sedia vuota accanto a sé.
«C'è posto qui, se vuoi.»
Le puntò addosso i profondi occhi scuri, e lei si sentì bruciare.
«Oh, okay» replicò flebile, prima di sedersi vicino a lui.
Il disagio che provava in quella situazione fu nascosto con rapidità dall'arrivo di Madame Rosmerta, che posò sul tavolo il vassoio con le Burrobirre, frantumando la tensione e dando a tutti qualcosa da fare che non implicasse il dover parlare. Dopodiché, si spostò a un altro tavolo, e solo allora Daphne notò che, a un angolo della sala, sedevano da soli sua sorella e Theodore Nott.
Mentre Daphne si dirigeva ai Tre Manici di Scopa, Rose si era recata in fretta verso il luogo in cui avrebbe dovuto incontrare Draco. Aveva raggiunto l'Emporio degli Scherzi di Zonko, evitando per un soffio che Fred e George, che erano lì dentro insieme al loro amico Lee Jordan, la vedessero, e aveva svoltato a sinistra, percorrendo un vicoletto che sfociava in una stradina secondaria desolata.
Rose estrasse dalla tasca il bigliettino accartocciato che Draco le aveva fatto scivolare in mano a colazione, lasciandola con una buona dose di rossore sulle guance. Lo dispiegò piano e lo rilesse sottovoce, poi se lo rimise in tasca. Sì, il posto era quello, non c'erano dubbi.
Come avrebbe fatto a dirgli che doveva lasciarlo?
Si era spostata lungo la stradina, augurandosi che Draco si sbrigasse e controllando di tanto in tanto l'orologio che portava al polso, quando due mani le cinsero i fianchi, facendola voltare, e le labbra che aveva imparato a conoscere si posarono sulle sue. Ricambiò il bacio un po' incerta, sollevandosi sulle punte.
«Ehi» mormorò Draco.
«Ciao» fece Rose, arrossendo all'istante.
«Facciamo una passeggiata?»
Lei annuì, quindi gli prese la mano, intrecciando le dita a quelle di lui. Draco ricambiò la stretta, e insieme si avviarono a percorrere la stradina.
Non fu l'appuntamento che avevano sperato.
Fu caratterizzato soltanto da silenzi imbarazzati, frasi a metà, conversazioni destinate a spezzarsi. Draco non sapeva bene di cosa parlare con lei; i loro incontri in quelle tre settimane non erano mai stati lunghi, anzi, si era sempre trattato solo di pochi preziosi attimi, tranne qualche fortunata volta in cui, tornando dagli allenamenti di Quidditch, si erano ritrovati soli. E anche lì, non c'era mai stato molto di cui parlare, avevano sempre sfruttato quei momenti per scambiarsi baci e strette di nascosto.
Draco si rese conto solamente alla fine che la causa della mancanza di parole tra di loro non fosse lui: quel giorno Rose era piuttosto taciturna, i suoi pensieri erano da tutt'altra parte. Si sentì un poco irritato; avevano atteso tanto quel momento in cui avrebbero potuto essere solo loro due, e invece lei non sembrava essere lì con lui.
«Che ti prende?»
Si fermò e le lasciò la mano. Il suo tono stizzito punse amaramente Rose.
«Cosa?» fece, voltandosi a guardarlo.
«A che stai pensando?»
«Niente, niente, è solo che...»
«Vuoi rifilarmi un altro motivo per cui non dovremmo stare insieme?» la interruppe scortese Draco. «Dai, sentiamo.»
Rose avvampò.
«Allora non capisci proprio, eh?» sbottò. «Pensi che questa situazione mi piaccia? Che io mi diverta a tormentarmi su tutti questi problemi? Io sto bene con te, davvero, e non vorrei essere costretta a lasciarti...»
«Dio, Rose» sputò fuori lui. «Chi diavolo ti costringe? Chi? Dammi un nome, forza – no, aspetta, non ce l'hai vero? E lo sai perché? Eh? Perché sei tu che continui a pensarci e a farti mille problemi, sei tu che vuoi chiudere! Se non volessi, la smetteresti di comportarti così!»
«Non voglio chiudere!» esclamò con veemenza lei, sull'orlo delle lacrime. «Lo vedi che non capisci? Non è una scelta facile! Pensi subito che sia io il problema!»
«Credi che io non ci abbia pensato? Quest'estate mi sono tormentato, diamine. Non sapevo cosa fare. Dirtelo o non dirtelo? Sapevo che ti avrei messa in pericolo, ma ho lasciato a te la scelta. Questa cosa è più forte di me, ma non sarei stato insistente se mi avessi rifiutato. E invece tu provi per me esattamente quello che io provo per te, solo che...»
«Non capisci, non capisci» ripeté ancora Rose, scuotendo la testa e nascondendo le lacrime. «Questa situazione è più grande di noi.»
«Mi dispiace dirtelo, Rose» replicò freddo Draco, «ma sei tu che non capisci. Questa situazione di cui parli tanto non è niente di complicato. È una cosa fra me e te, e nessun altro. Per Salazar, Rose, volevo... volevo una relazione semplice con te. Non questo... casino.»
«Be', io non sono semplice» ribatté Rose. «Mi dispiace aver deluso le tue aspettative. Tu forse non hai niente da perdere, ma io sì.»
Lo lasciò con queste parole, voltandogli le spalle più in fretta che poté. Non avrebbe resistito un attimo di più. E, infatti, non appena si fu allontanata abbastanza, le lacrime scivolarono sul suo viso senza controllo. Non singhiozzò, non tirò su col naso. Il suo pianto fu silenzioso come mai.
Attraversò le vie vuote di Hogsmeade strizzando gli occhi per il vento che la graffiava. Il groppo in gola diventava più grande ogni volta che deglutiva. Il suo volto era inespressivo, le lacrime lo costellavano ma lei quasi non le percepiva più. Vagò senza meta fino ad arrivare vicino ai Tre Manici di Scopa, e fu allora che si ricordò della riunione. Si asciugò le guance con le maniche, quindi, scoprendo che non era poi tanto difficile smettere di piangere e fingere che andasse tutto bene, accelerò il passo.
Seguendo le immancabilmente precise indicazioni di Hermione, passò di nuovo per l'Emporio degli Scherzi di Zonko – l'unico motivo per cui Fred, George e Lee non erano più lì dentro poteva essere solo la loro partecipazione alla riunione –, superò l'ufficio postale, pensando con una stretta al cuore a Sirius, senza il quale lei e suo fratello non avrebbero neanche avuto il permesso di recarsi a Hogsmeade, e svoltò in una traversa, in fondo alla quale c'era una piccola locanda. Era il pub Testa di Porco.
Sopra la porta c'era una staffa arrugginita da cui pendeva una logora insegna di legno, che raffigurava la testa mozzata di un cinghiale gocciolante sangue su un panno bianco. Il vento faceva cigolare l'insegna, e, sotto di essa, Daphne si strinse di più nel mantello. Stava borbottando tra sé e sé parole non proprio gentili riguardo la locanda, quando vide Rose arrivare.
«Finalmente!»
Ma l'espressione stizzita svanì non appena notò i suoi occhi rossi.
«Rose, che...?»
Lei si limitò a scuotere la testa nella sua direzione, e Daphne tacque. Era lei in prima persona a non voler mai parlare quando era particolarmente abbattuta, quindi, per una volta, accettò il volere di Rose senza insistere.
«Entriamo?» fece quest'ultima, e la sua voce risuonò meglio di quanto avesse sperato.
Daphne annuì nervosamente, e seguì Rose all'interno della Testa di Porco.
Era un locale piccolo, angusto e molto sporco, con un forte odore di quella che sembrava capra. Le finestre erano talmente incrostate che la luce che entrava nella saletta era quasi inesistente, la stanza era illuminata per lo più da mozziconi di candela, e anche lo strato che ricopriva il pavimento di pietra non poteva essere altro che sudiciume.
Il numeroso gruppo di studenti – erano in ventotto – si voltò all'unisono verso le due appena arrivate. Harry indirizzò alla sorella un gran sorriso, lasciandosi andare a un sospiro di sollievo.
«Rose!» esclamò raggiante Hermione. «E...» i suoi occhi si spostarono su Daphne, che ricambiò l'occhiata alzando un sopracciglio, le braccia incrociate. «Ehm, sedetevi. Stavamo giusto iniziando.»
Rose chiuse la porta.
«Buongiorno» disse, rivolgendosi al barista dietro il bancone.
Quello replicò con un cenno, e Rose non poté fare a meno di notare che il suo sguardo somigliasse, anche se abbastanza vagamente, a quello del professor Silente. Scacciò però in fretta questo pensiero, e si sedette tra gli studenti, su una delle due sedie che Fred e George avevano procurato per lei e Daphne.
«Grazie» mormorò loro Rose.
«Solo per te, mia signora» replicò Fred, strizzando l'occhio nella sua direzione.
«Infatti, per te, non per quella strega» aggiunse George, lanciando un'occhiataccia a Daphne, che si guardava intorno disgustata.
George probabilmente non avrebbe mai dimenticato il dolore che provò quando il gomito di Rose raggiunse le sue costole con una forza inaspettata. Si piegò in due, posando la testa sul tavolo e trattenendo un gemito, e lei, soddisfatta, rivolse l'attenzione a Hermione.
«Ehm, dunque, andiamo avanti... il punto è: siamo tutti d'accordo, vogliamo prendere lezioni da Harry?»
Ci fu un mormorio di assenso generale, persino da parte di Daphne, e Rose si prese qualche attimo per osservare i presenti. Oltre ai Weasley, dei Grifondoro c'erano Neville, Lee Jordan, Dean Thomas, Lavanda Brown e Calì Patil, Colin e Dennis Canon, e le ragazze della loro squadra di Quidditch, Angelina Johnson, Katie Bell e Alicia Spinnet; Hannah Abbott, Ernie Macmillan, Justin Finch-Fletchley, Susan Bones e Zacharias Smith per Tassorosso; i Corvonero erano Anthony Goldstein, Michael Corner – che Rose riconobbe essere il ragazzo di Ginny – e Terry Boot, poi Padma Patil, Cho Chang e una delle sue amiche, Marietta Edgecombe. Erano presenti tutti i prefetti, tranne Draco, e il suo pensiero non poté fare a meno di lasciare a Rose un sapore piuttosto amaro in bocca.
«Bene» disse Hermione, soddisfatta. «Dunque, la domanda successiva è con quale frequenza ci incontriamo. Non credo che abbia senso farlo meno di una volta alla settimana...»
«Un momento» intervenne Angelina Johnson. «Dobbiamo assicurarci che non interferisca con i nostri allenamenti di Quidditch.»
«Giusto, nemmeno con i nostri» disse Cho Chang.
«E neanche con i nostri» aggiunse Zacharias Smith.
Gli occhi castani di Hermione caddero allora su Rose.
«Ti direi neanche con i nostri» ammise lei, «ma questo è più importante, quindi... non preoccuparti.»
«Bene» ripeté Hermione, poi si rivolse di nuovo agli altri. «Sono sicura che troveremo una sera che vada bene per tutti, ma vedete, è una cosa importante, stiamo parlando di come difenderci dai Mangiamorte di V-Voldemort...»
«Ben detto!» esclamò Ernie Macmillan. «Personalmente credo che sia molto importante, forse più importante di qualsiasi altra cosa che faremo quest'anno, persino dei G.U.F.O.! Personalmente non riesco proprio a capire perché il Ministero ci abbia rifilato un'insegnante così inutile in un momento tanto critico. Ovviamente...»
«Caramell pensa che Silente voglia creare un esercito di studenti e mobilitarci contro il Ministero» spiegò Rose.
La rivelazione stupì tutti i presenti, che si scambiarono occhiate sorprese.
«È per questo che la Umbridge non ci sta insegnando davvero Difesa contro le Arti Oscure» proseguì lei, «non ci vuole addestrati a combattere.»
Dato che nessuno sembrava intenzionato a parlare, intervenne Ginny.
«Quindi se vogliamo farlo dovremmo decidere con quale frequenza incontrarci, perciò...»
«Be', una volta alla settimana va bene» disse Lee Jordan.
«Sempre che...» iniziò Angelina, ma Hermione la interruppe subito.
«Sì, sì, l'abbiamo capito, il Quidditch. Bene. L'altra cosa da decidere è dove incontrarsi...»
Il gruppo tacque di nuovo, e, ancora, fu Rose a prendere parola.
«Ci penso io» affermò sicura.
Daphne la fissò con le sopracciglia inarcate, ma lei già sapeva esattamente a chi chiedere consiglio.
«Va bene» disse Hermione, sollevata dal fatto che anche questo temporaneo problema fosse stato risolto. «Maderemo un messaggio a tutti quando avremo definito luogo e orario del primo incontro.»
Aprì la borsa e vi rovistò all'interno, estraendo una pergamena e una penna d'oca. Esitò appena, poi parlò.
«Io... credo che dovremmo tutti scrivere il nostro nome, per sapere chi è presente oggi. Ma credo anche che dovremmo essere tutti d'accordo di non divulgare ai quattro venti quello che stiamo facendo. Perciò, se firmate, acconsentirete a non raccontarlo alla Umbridge o a chiunque altro.»
Fred prese la pergamena e firmò allegramente, passando poi il foglio e la penna a George, il quale poi diede il necessario a Rose. Lei firmò risoluta, senza esitazione, ma non poté dirsi lo stesso di Daphne, che invece cercò lo sguardo dell'amica con incertezza. Rose annuì piano, e lei, seppure indugiando insicura per un altro istante, alla fine accompagnò la propria firma con un sospiro.
Alla sua destra, però, Zacharias Smith non sembrava intenzionato ad afferrare la penna e la pergamena che Daphne gli stava passando.
«Ehm... ecco... sono sicuro che Ernie mi dirà quando c'è la riunione...»
Ma anche Ernie Macmillan apparve riluttante, ed Hermione gli lanciò un'occhiata torva.
«Io... ecco, noi siamo prefetti. E se qualcuno trovasse quella lista... insomma... come dici anche tu, se la Umbridge scopre...»
«Hai appena detto che questo gruppo è la cosa più importante di quest'anno» gli ricordò Harry.
«Eh... sì, sì, ne sono convinto, è solo che...»
«Ernie, credi davvero che lascerei questo elenco in giro?» gli fece notare Hermione con irritazione.
«No» rispose in fretta Ernie. «No, certo che no. Io... firmo, sicuro.»
Dopo di lui, firmarono tutti senza obiezioni, ed Hermione, ripresa la pergamena, la rimise con cura nella borsa.
«Be', si è fatto tardi» disse a un tratto Fred, alzandosi. «Io, George e Lee dobbiamo acquistare merci di natura strategica; ci vediamo dopo.»
Se ne andarono, e furono seguiti in un batter d'occhio anche dal resto del gruppo. Rose salutò Harry, Ron e Hermione dando un veloce abbraccio a ognuno di loro, poi lasciò la locanda insieme a Daphne, facendo in tempo a raggiungere Ginny e scambiare due frivole ma sane chiacchiere su Michael Corner, che la piccola Weasley aveva conosciuto l'anno precedente al Ballo del Ceppo. Mentre lei, invece, ballava con Draco.
Le si strinse lo stomaco, e Daphne notò all'istante il repentino mutamento nel comportamento dell'amica. Non appena Ginny le ebbe salutate, la giovane Greengrass prese Rose a braccetto.
«Torniamo a Hogwarts?» le domandò, conoscendo già perfettamente la risposta.
L'altra annuì all'istante, gli occhi velati, e Daphne capì che avrebbe dovuto aspettare ancora per parlare con lei. Quello non era affatto il momento.
Mentre percorrevano la strada principale di Hogsmeade, quasi vuota dato che la maggior parte degli studenti ancora occupava pub e negozi, Daphne adocchiò poco lontano da loro un gruppetto di Serpeverde ben conosciuti. Tiger, Goyle, Pansy Parkinson e Draco Malfoy erano appena usciti dai Tre Manici di Scopa.
Accelerò il passo, trascinando Rose con sé, ma ormai anche lei li aveva visti. Pansy tentava invano di attirare l'attenzione di Draco, il cui sguardo, di solito così tagliente, era vacuo, perso. Si illuminò per un attimo quando incontrò quello di Rose, ma lei, turbata, si affrettò a nascondere i propri occhi. E le iridi di lui tornarono rapidamente a incupirsi, sul volto una maschera di gelida inespressività.
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