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2.1 ~ Grimmauld Place, dodici

Il vicinato babbano di Grimmauld Place, situato nel borgo londinese di Islington, era caratterizzato da un fatto piuttosto curioso: pareva che durante la costruzione della via si fossero completamente dimenticati di non aver assegnato il numero civico dodici, saltandolo a piedi pari. L'abitazione numero undici era infatti seguita dalla numero tredici: della dimora numero dodici non vi era ombra.

Invece, c'era. Era stata la residenza della nobile e antichissima casata dei Black, una delle sacre ventotto. Oramai vi abitava soltanto l'ultimo erede: Sirius Black, il primogenito di Orion e Walburga Black.

La dimora era però nascosta agli occhi indiscreti dei Babbani: solo chi avesse saputo da Albus Silente – il Custode Segreto – dove si trovava e che era il Quartier Generale dell'Ordine della Fenice avrebbe potuto vederla gonfiarsi per apparire tra la undici e la tredici. E ne erano al corrente solo i membri dell'Ordine, un gruppo di maghi e streghe adulti guidati da Silente, uniti contro la minaccia che Lord Voldemort e i suoi Mangiamorte rappresentavano.

Quella sera era in corso un'importante riunione, ma non tutti i membri erano presenti: una buona parte di loro si era offerta volontaria per andare a Privet Drive a recuperare Harry e Rose Potter, gli unici ad essere all'oscuro di tutto ciò che stava accadendo a Grimmauld Place, confinati com'erano nella casa dei Dursley, gli zii babbani, dalla fine della scuola.

Della scorta facevano parte diversi maghi e streghe, e Harry e Rose furono particolarmente entusiasti di rivedere Remus Lupin, un lupo mannaro che era stato il loro insegnante di Difesa contro le Arti Oscure al terzo anno. L'avanguardia era guidata da Alastor Moody – il vero Malocchio – e comprendeva alcuni maghi e streghe che già avevano fatto parte dell'Ordine della Fenice quattordici anni prima, durante la Prima Guerra Magica, quando esso era stato fondato.

Molly Weasley attendeva il ritorno della scorta; Albus Silente era giunto da poco, e la riunione era appena iniziata. Aprì la porta della cucina, dove l'Ordine della Fenice era riunito, e sbirciò all'esterno, osservando l'ingresso e il corridoio cupo, la lunga moquette lisa che accompagnava la tappezzeria scollata e i secolari ritratti anneriti, il candelabro a forma di serpente coperto di ragnatele che pendeva dal soffitto, spento come le vecchi lampade a gas lungo le pareti.

Accostò di nuovo la porta, ma ne uscì solo qualche minuto dopo, udito chiaramente l'inconfondibile cigolio della porta e il rumore di tanti passi diversi. Moody aveva illuminato l'ingresso e il corridoio, e Molly scorse subito Harry e Rose, lui l'esatta copia di James, lei dai tratti e i colori di tutti e due; entrambi avevano però ereditato le iridi smeraldine di Lily.

«Oh, Harry, Rose, che bello vedervi!» sussurrò, stringendoli in un abbraccio soffocante, prima di separarsi da loro per osservarli con occhio critico. «Avete l'aria patita; avete bisogno di mangiare, ma dovrete aspettare un po' per la cena, temo. È appena arrivato, la riunione è cominciata» aggiunse poi, rivolgendosi al gruppo dietro Harry e Rose.

Mormorii emozionati percorsero i maghi e le streghe, che superarono rapidamente i due, diretti verso la porta dalla quale la signora Weasley era appena uscita. Harry stava per seguirli, ma Rose, che aveva intuito che l'invito non fosse rivolto a loro, lo afferrò per il polso.

«No, Harry, la riunione è riservata ai membri dell'Ordine» disse infatti Molly. «Ron e Hermione sono di sopra, potete aspettare con loro finché non sarà finita, poi ceneremo. E parlate piano nell'ingresso.»

«Perché?» sussurrò Harry.

«Non voglio che niente si svegli.»

«Che cosa...?» fece Rose, perplessa, ma la signora Weasley, impaziente di tornare alla riunione, la interruppe.

«Vi spiegherò dopo, adesso devo muovermi, devo andare alla riunione... vi mostro dove dormirete.»

Premendosi un dito sulle labbra, superò in punta di piedi un paio di tende lunghe e logore, e, dopo aver evitato un grande portaombrelli ricavato dalla zampa amputata di un troll, li guidò per le scale buie, sopra le quali, montate su targhe lungo la parete, pendevano teste di elfi domestici.

Si fermarono al primo pianerottolo, e la signora Weasley indicò a Rose una porta scura dalla maniglia a forma di testa di serpente, oltre la quale c'era la stanza che avrebbe condiviso con Hermione e Ginny. Molly e Harry continuarono a salire le scale, lasciandola sola sul pianerottolo buio. Così, scacciando il ribrezzo viscerale che provava per i serpenti, Rose girò la maniglia e spinse la porta.

La stanza che si rivelò aveva un soffitto alto e le pareti prive di una qualsiasi decorazione; tre letti identici erano disposti ordinatamente nella camera, ma oltre questi non vi erano altri mobili. Rose non aveva mai visto una stanza così adiafora: il suo unico significato era quello di un luogo mai abitato, o forse abitato passivamente, mai vissuto. Non si percepivano memorie, nell'aria densa di certo non erano rimaste incastrate vecchie risate, i muri non erano intrisi di sussurri notturni, e il pavimento non ricordava affatto di esser stato calpestato più e più volte. Come molte altre in quella lugubre dimora, quella stanza non aveva visto la luce.

Un movimento brusco chiamò a sé l'attenzione di Rose: Ginny Weasley aveva nascosto in tutta fretta qualcosa sotto il proprio letto. Il suo volto lentigginoso, però, si rilassò non appena la ebbe riconosciuta.

«Oh, sei tu!» esclamò, decisamente sollevata. «Credevo fosse la mamma.»

«Che stai facendo?» domandò Rose, incuriosita, chiudendo silenziosamente la porta dietro di sé.

Ginny si accovacciò accanto al suo letto, allungò una mano al di sotto di esso, e afferrò ciò che aveva nascosto nel timore che sua madre la scoprisse: Caccabombe.

«Devo capire se la mamma ha gettato un Incantesimo Imperturbabile sulla porta della cucina» disse, alzandosi di nuovo.

«Con le Caccabombe?»

Ginny annuì.

«Tonks mi ha detto che basta buttare qualcosa contro la porta, e se non riesce a fare contatto vuol dire che la porta è stata Imperturbata. Se è così non funzioneranno nemmeno le Orecchie Oblunghe...»

«Cosa?» fece Rose, corrugando la fronte.

«Le Orecchie Oblunghe» ripeté Ginny. «Le hanno inventate Fred e George. Le usiamo per sentire cosa dicono alle riunioni, ma adesso abbiamo dovuto smettere perché la mamma ci ha scoperto. Le abbiamo nascoste per evitare che le buttasse.»

Rose non ricordava che Ginevra Weasley, la timidissima ragazzina che aveva avuto una tremenda cotta per suo fratello, fosse così loquace, ma in quel momento trovò la sua compagnia più piacevole del previsto.

«Andiamo?»

Uscirono in silenzio dalla stanza, e si sporsero dalla cima delle scale. La porta della cucina era ben visibile. Urla adirate provenivano dal piano superiore, e Rose roteò gli occhi.

«Harry» disse, in risposta allo sguardo perplesso di Ginny. «Penso si sia arrabbiato con Ron e Hermione perché non abbiamo ricevuto lettere e siamo rimasti a Privet Drive fino ad ora.»

«Noi volevamo spiegarvi tutto» confessò Ginny, in tono di scuse, «ma Silente non ce lo ha permesso. Ha detto che non potevamo scrivere informazioni troppo importanti nelle lettere dato che potevano essere intercettate.»

Rose annuì, comprensiva. Si fidava di Albus Silente, e, se lui aveva scelto di agire così, lo capiva.

«Allora» esordì, «le buttiamo da qui?»

Ginny le passò una Caccabomba.

«Pronta?»

Si guardarono per pochi secondi, prima di lanciare contemporaneamente le Caccabombe dalla cima delle scale verso la porta della cucina. Quelle, però, non fecero altro che rimbalzare contro di essa, restando poi immobili sul pavimento. Ginny gettò le altre due che aveva tra le mani, ma il risultato fu lo stesso.

«Niente da fare» sospirò. «L'ha Imperturbata.»

Si mosse verso il primo gradino e si sedette, in attesa. Avrebbe voluto salire al secondo pianerottolo per salutare Harry e avvertire Fred e George dell'inutilità delle Orecchie Oblunghe, ma preferiva restare insieme a Rose. Non erano mai state solo loro due, anche se parlare con lei le era sempre piaciuto.

«Tu come stai?» chiese, mentre la giovane Potter si sedeva al suo fianco. «Abbiamo saputo dell'attacco dei Dissennatori.»

Rose fece passare qualche attimo prima rispondere, riportando il pensiero a quella sera, quando due Dissennatori erano apparsi a Little Whinging, e avevano aggredito lei, Harry e Dudley. Si erano salvati grazie all'Incanto Patronus, l'unico incantesimo che funzionava contro di loro, scagliato da Harry; i maghi minorenni, però, non erano autorizzati a praticare la magia fuori da Hogwarts, e Harry avrebbe dovuto affrontare un'udienza, durante la quale sarebbe stata discussa la sua colpevolezza.

L'intero Ministero della Magia, infatti, si rifiutava di credere che due Dissennatori avessero volontariamente lasciato la prigione di Azkaban per dare la caccia a un diciassettenne, il quale era stato costretto dalle circostanze a lanciare un Incanto Patronus. Ammettere che il Ministero stava perdendo il controllo dei Dissennatori, i quali presto – Albus Silente ne era certo – si sarebbero uniti a Lord Voldemort, sarebbe stato quasi come accettare il ritorno del Signore Oscuro, fatto a cui il Ministro in prima persona non credeva.

Rose ebbe una fugace visione di un cervo d'argento – il Patronus di Harry, lo stesso animale in cui James si trasformava – e il ricordo del proprio terrore, mentre cercava invano di evocare memorie felici e lanciare l'incantesimo a sua volta. Era stato Lupin a insegnare a suo fratello l'Incanto Patronus; lei, invece, non aveva imparato, e, forse, non ne sarebbe mai stata capace.

«Bene» rispose infine, atona. «Io bene.»

Harry, invece, era divorato dall'ansia dell'udienza, anche se – Rose ne era certa – non lo avrebbe dato a vedere facilmente a Ron e Hermione.

Ginny e Rose rimasero a lungo a chiacchierare, sedute lì sul gradino, e tentarono entrambe di farlo abbastanza spensieratamente, evitando argomenti che potessero risultare nocivi all'altra. La giovane Potter apprese così, con un gioioso balzo da parte del suo cuore, che quella era stata la casa dei Black, e che Sirius era tornato ad abitare lì. Il solo pensiero di poterlo rivedere le fece mantenere il sorriso sul volto per tutto il tempo. Ma scoprì anche che, sfortunatamente, un Weasley aveva abbandonato la propria famiglia: Percy, ex-assistente del signor Crouch, si rifiutava di credere al ritorno di Voldemort, e si era schierato con il Ministero; dopo la litigata con il signor Weasley, aveva fatto i bagagli e se n'era andato.

Ginny era ancora indignata dal comportamento del fratello maggiore, e aveva spiegato a Rose come nessuno ne parlasse di fronte ai signori Weasley, perché, al nome del figlio, Molly tratteneva a stento le lacrime, e Arthur rompeva qualunque cosa avesse tra le mani.

Ginny stava finendo di raccontare nel dettaglio le cose offensive che Percy aveva gridato al padre prima di andarsene, quando la porta della cucina si aprì, e il tetro ingresso si affollò di maghi e streghe che sussurravano eccitati.

Le due scattarono in piedi, mentre la signora Weasley si faceva strada tra i membri dell'Ordine, verso le scale.

«Ah, ragazze!»

Raggiunse il primo pianerottolo, e Rose si affrettò a nascondere le mani sporche dietro la schiena.

«La riunione è finita, potete scendere a cena.»

Molly fece per dirigersi verso l'altra rampa di scale, ma ci ripensò, rivolgendosi di nuovo a Rose e Ginny.

«Si può sapere chi ha lasciato tutte quelle Caccabombe davanti alla porta della cucina?» domandò, indagatoria.

«Grattastinchi» rispose subito Ginny, con disinvoltura. «Gli piace tanto giocarci.»

«Oh, credevo che fosse stato Kreacher, continua a fare strane cose del genere. Non dimenticate di tenere la voce bassa nell'ingresso, ragazze... Ginny, hai le mani sporchissime, che cos'hai fatto? Avverti gli altri che la riunione è finita, e vai a lavartele prima di scendere a cena, per favore. Vieni, Rose, cara.»

Molly scese rapidamente le scale, e Ginny fece una smorfia, prima di recarsi al piano superiore, mentre Rose seguiva la signora Weasley. Il gruppo di maghi e streghe era ancora nell'ingresso, e Rose rimase sull'ultimo gradino, tentando di carpire i loro mormorii.

Emmeline Vance, una strega della scorta, le rivolse un rapido sorriso, sistemandosi lo scialle verde smeraldo attorno alle spalle, e Rose ricambiò brevemente. Accanto alla prima, Ninfadora Tonks, una Metamorfomagus – poteva cambiare dettagli del proprio aspetto a piacimento – e anche lei della scorta, raccontava qualcosa di buffo a Lupin, ridacchiando piano, e Rose quasi si stupì nel vedere un sorriso genuino far capolino sul volto di Remus.

La giovane Potter stava tentando di scorgere Sirius, ma, invece di lui, i suoi occhi trovarono qualcun altro. Al centro del gruppo, la testa scura e unticcia di Severus Piton si girò, e le sue iridi nere come il carbone sfiorarono quelle smeraldine della ragazza. Ma fu solo un istante, perché il professore si voltò subito altrove con un movimento brusco del capo.

Proprio mentre, dal secondo pianerottolo, un sottile filo color carne – un Orecchio Oblungo – veniva calato cautamente da Fred e George, l'Ordine della Fenice si spostò verso la porta, e lasciò Grimmauld Place.

Rose scese finalmente dalle scale, e fu affiancata un attimo dopo da Harry, Ron e Hermione. La signora Weasley, Lupin e Tonks erano intenti a sigillare con la magia le serrature e i lucchetti della porta d'ingresso.

«Si mangia giù in cucina» bisbigliò Molly, raggiungendo i ragazzi alla base delle scale. «Harry, Rose, se attraversate l'ingresso in punta di piedi, è oltre quella porta là...»

Un rumoroso tonfo inghiottì il resto delle sue parole: Tonks aveva rovesciato il portaombrelli ricavato dalla zampa di troll.

«Tonks!» urlò la signora Weasley, esasperata.

«Mi dispiace!» gridò Tonks, stesa sul pavimento. «È quello stupido portaombrelli, è la seconda volta che ci inciampo...»

La sua voce mortificata fu coperta da un terribile stridio, mentre le due tende di velluto tarmate sulla parete si aprivano, rivelando il ritratto a grandezza naturale di una vecchia che urlava come se fosse sotto tortura. I suoi strilli risvegliarono gli altri ritratti appesi per il corridoio, che, seguendo il suo esempio, iniziarono a gridare.

Remus e Molly corsero verso il ritratto della vecchia, tentando invano di chiudere le tende, e la donna strillò più forte che mai.

«Sozzura! Feccia! Sottoprodotti di sudiciume e abiezione! Ibridi, mutanti, mostri, via da questo luogo! Come osate insudiciare la casa dei miei padri...»

Anche da morta, Walburga Black difendeva con orgoglio il proprio sangue.

Tonks continuò a scusarsi mentre rimetteva a posto il portaombrelli, e la signora Weasley percorse l'intero corridoio avanti e indietro, Schiantando tutti gli altri ritratti. La signora Black, un'orrenda cuffia nera in testa e gli occhi che roteavano, continuò a strillare, finché un uomo dai lunghi capelli scuri non corse nel corridoio.

«Taci, orrida vecchia strega, taci!» ringhiò, afferrando una tenda.

La pelle giallognola della donna perse colore, quando i suoi occhi fuori dalle orbite si fissarono sul figlio.

«Tu! Traditore del tuo sangue, abominio, vergogna della mia carne!»

«Ho... detto... taci!»

Con uno sforzo formodabile, lui e Lupin riuscirono a chiudere le tende, e le urla della signora Black si spensero.

L'uomo si scostò i capelli dagli occhi, e si voltò verso Harry e Rose, mentre lei accennava un sorriso luminoso.

«Ciao, Sirius.»

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