1.4 ~ Un furetto bianco immacolato
Harry Potter non sapeva bene quando la sua cotta - la prima - per Cho Chang, la Corvonero del quinto anno dai setosi capelli neri, fosse iniziata. Sta di fatto che, be', in qualche modo era cominciata. E togliersela dalla testa sembrava impossibile.
«Harry? Ehi, Harry!»
Sua sorella gli passò una mano davanti agli occhi, e lui si riscosse dallo stato di trance. Il volto coperto di chiare lentiggini di Cho Chang si dissolse, sostituito da quelli di Ron e Hermione, che erano ai due lati di Rose e lo fissavano con un'espressione rispettivamente divertita e di biasimo.
«Che... che c'è?»
«Ti sei fermato in mezzo al corridoio» gli fece notare Rose, un abbozzo di sorriso sul volto. «A quanto pare, qualcuno ha di meglio a cui pensare...»
«Tu che ci fai qui?» domandò Harry, un po' irritato, sistemando in spalla la borsa e riprendendo a camminare.
Avevano appena terminato la loro lezione di Divinazione; Hermione, che aveva lasciato il corso l'anno precedente, li aveva raggiunti da poco, e Rose, se Harry non sbagliava, sarebbe dovuta essere ancora alle serre, appena finita Erbologia. E, invece, era lì con loro.
«Ho buco» rispose lei, con una veloce alzata di spalle. «Manca la Sprite.»
«Ma come? Noi l'abbiamo avuta stamattina.»
«È caduta dalle scale.»
«E se ci grazia mancando anche dopodomani, avremo pure noi un'ora libera» disse Ron, un sorriso speranzoso sul volto lentigginoso.
«Che ovviamente spenderemo in biblioteca per studiare» aggiunse Hermione, fissando il Weasley con le sopracciglia sollevate.
«Merlino, Hermione, come sei noiosa!» si lamentò Ron, e lei, permalosa com'era, se la prese subito.
Rose e Harry si allontanarono dai due non appena iniziarono a battibeccare, e imboccarono le scale, diretti verso la Sala Grande per la cena.
«Le parlerai, prima o poi?» chiese lei.
«A chi?» domandò lui, confuso.
«Cho Chang» rispose Rose, trattenendosi dal ridacchiare.
«Ah» fece Harry, irritato dalla nota di derisione che aveva percepito nella voce della sorella. «Non lo so» si limitò a rispondere, solo per non darle la soddisfazione di introdurla nelle questioni della sua vita amorosa.
Rose non replicò, frenando un sorriso.
Raggiunsero l'ingresso, Ron e Hermione dietro di loro; lui imbronciato, lei allegra. Una mano agguantò il braccio di Rose, e lei non dovette neanche voltarsi per capire chi fosse: il suo profumo di rosa la rendeva del tutto riconoscibile.
«Ciao, Daph!»
«Ti stavo cercando!» esclamò la Greengrass a voce alta, lanciando poi un'occhiata a Harry, accanto a Rose; non si era accorta che ci fosse anche lui. «Ciao» fece quindi, arricciando il naso con sufficienza.
«Ciao» replicò Harry, un'espressione indecifrabile, prima di indietreggiare per lasciare alle due amiche la loro privacy, e per unirsi a Ron e Hermione.
Harry non aveva mai capito appieno l'amicizia tra Daphne e Rose - non che servisse la sua comprensione. In realtà non aveva mai capito perché sua sorella fosse stata smistata in Serpeverde, insieme a tutti i Purosangue, visto che lei era una Mezzosangue, figlia di un Purosangue e di una Nata Babbana. Gli era sempre dispiaciuto che Rose avesse dovuto affrontare da sola i problemi nella sua Casa, poiché lui non poteva purtroppo stare con lei tutte le volte che volesse e difenderla dagli arroganti e gli egoisti che la trattavano come se fosse lo scarto della società perché non era Purosangue, e dunque non degna di essere una Serpeverde.
Era contento che almeno Daphne Greengrass non si fosse lasciata offuscare dai pregiudizi e avesse preso Rose sotto la sua ala protettiva, anche se non ne comprendeva il motivo. Certo, a Harry non piaceva per niente, ma anche Daphne non nutriva sentimenti positivi verso di lui; c'era infatti una rispettiva diffidenza, lei per un Grifondoro Mezzosangue che si credeva un eroe, lui per una Purosangue Serpeverde che si riteneva chissà chi.
Ma, alla fine, quello che importava a entrambi era la felicità di Rose, l'unica persona per la quale avrebbero davvero superato tutte le loro divergenze.
«Che cosa c'è?» domandò Rose, non appena suo fratello si fu allontanato, voltandosi di nuovo verso Daphne.
Fu solo in quel momento che si accorse della strana espressione che aveva sul viso.
«Daphne, va tutto bene?»
«Blaise...» Non terminò la frase, spostando lo sguardo intorno a sé con fare furtivo.
Le dita ancora strette al braccio di Rose, la trascinò in mezzo agli studenti in fila, sorpassando chiunque, fregandosene delle lamentele generali. Oltrepassarono la soglia della Sala Grande, e si sedettero al tavolo dei Serpeverde, l'una di fronte all'altra, lontano da alcuni dei loro compagni che erano già riusciti a prendere posto e cenavano in tutta tranquillità.
«Daphne, che cosa è successo?» mormorò Rose, preoccupata.
«Non è niente di importante» si affrettò a specificare Daphne, avendo avvertito il tono allarmato dell'altra.
Tacque. Adesso non era sicura di voler parlare. Aveva raggiunto Rose per dirglielo, ma, in fondo, che cosa poteva farsene lei? Perché le sarebbe dovuto interessare?
Non doveva darle noia con i suoi problemi, in realtà quella cosa non riguardava neanche Daphne stessa in prima persona. Blaise non le doveva niente, e lei non avrebbe dovuto ficcare il naso negli affari altrui. Era solo una stupidaggine. Non avrebbe dovuto dargli così tanta importanza.
«Cosa c'è che non va?»
Rose non avrebbe voluto essere insistente, ma riusciva quasi a vedere la lotta interiore che tormentava Daphne. Dirlo o non dirlo? Fregarsene o no?
Daphne scosse la testa, aprendo lentamente la bocca, lo sguardo abbassato.
«È solo...»
Bang!
Seguirono diverse urla da parte di alcuni studenti nell'ingresso. Poi ci fu un'altra forte esplosione, e un ruggito inconfondibile che echeggiò per tutta la Sala d'Ingresso.
«Oh no che non lo fai ragazzo!»
Calò un silenzio imprevisto, durante il quale Rose e Daphne si fissarono. Scambi di battute tra due voci, delle quali una sembrava essere di Harry, poi un altro grido, stavolta un po' confuso. Rose lanciò un rapido sguardo a Daphne, quindi si alzò, scavalcando in fretta la panca e precipitandosi nell'ingresso, seguita a ruota dall'altra.
«Non credo proprio!» stava ringhiando Malocchio Moody, la bacchetta puntata su un furetto dal manto di un candore molto pallido che fuggiva verso i sotterranei.
Il furetto, sotto la potenza della bacchetta del professore, volò in aria, sollevandosi di circa tre metri, e poi precipitò sul pavimento con un tonfo, prima di rimbalzare ancora in aria.
«Non mi piace chi attacca quando l'avversario gli volta le spalle» riprese Moody, sovrastando gli squittii di dolore del furetto, che ancora rimbalzava su e giù, e Rose provò una pena infinita per quel povero animale, non avendo idea di cosa avesse fatto per guadagnare quella punizione. «È una cosa sporca, vile e infima... Non... farlo... mai... più!» concluse Moody, pronunciando ogni parola a ogni salto del sofferente furetto.
«Professor Moody!»
Gli studenti che assistevano alla scena, chi divertito chi disgustato, spostarono la loro attenzione sulla scalinata di marmo, dove la professoressa McGranitt, innumerevoli libri tra le braccia, scendeva i gradini.
«Salute, professoressa McGranitt» disse serenamente Moody, senza fermare i movimenti della propria bacchetta, che spedivano il furetto sempre più su.
«Che cosa... che cosa sta facendo?»
«Insegno.»
«Insegna... Moody, quello è uno studente?» strillò la McGranitt, lasciando cadere i libri sui gradini.
«Già.»
«No!»
La professoressa McGranitt scese la scalinata e, senza perdere un secondo, estrasse la bacchetta, puntandola sul furetto gemente. Seguì uno schiocco, quindi Draco Malfoy, accasciato dolorante sul pavimento, riapparve, i capelli biondi disordinati e la pelle del volto rossa come non mai. Si alzò tremando dal dolore, e Rose provò ancora più compassione per lui, in quel momento, anche se non avrebbe voluto.
«Moody, non usiamo mai la Trasfigurazione per punire!» lo rimproverò la McGranitt. «Il professor Silente deve averglielo detto di sicuro!»
«È possibile che me l'abbia accennato, sì» disse Moody, grattandosi distrattamente il mento, «ma ho pensato che un bello spavento coi fiocchi...»
«Noi diamo dei castighi, Moody! O parliamo con il direttore della Casa del colpevole!»
«Allora farò così.»
«Quando lo verrà a sapere mio padre...» fece Malfoy, gli occhi pieni di lacrime per il dolore e l'umiliazione, fissando cauto Moody.
«Ah, davvero?» replicò il professore, facendo un passo verso di lui. «Be', conosco tuo padre da molto tempo, ragazzo... digli che Moody tiene d'occhio suo figlio come si deve... digli questo da parte mia... ora, il direttore della tua Casa è Piton, vero?»
«Sì.»
«Un altro vecchio amico. Avevo proprio voglia di fare una bella chiacchierata col vecchio Piton... vieni, tu...»
Afferrò Malfoy per un braccio e lo trascinò verso i sotterranei. La McGranitt li fissò allontanarsi per qualche istante, poi agitò la bacchetta, e i libri che le erano scivolati sul pavimento fluttuarono nella sua direzioni, posandosi di nuovo tra le sue braccia. Scoccò un'occhiata severa agli studenti, che presero a chiacchierare e distribuirsi nella Sala Grande, e se ne andò.
Rose fermò Milly prima che seguisse gli altri.
«Che cosa ha fatto Malfoy?» le domandò.
Milly esitò a lungo prima di rispondere, fissando per un attimo Daphne con aria eloquente, e Rose si insospettì non poco.
«Ha... ha attaccato Potter... non lo ha preso, ma poteva fargli male» disse infine, ma se ne pentì subito dopo quando vide l'espressione di Rose cambiare drasticamente.
«Quel bastardo...»
Ruotò sui tacchi, e Daphne cercò di fermarla, trattenendola per la manica, ma invano, perché lei si era già allontanata. Be', la sua testa calda era certamente di James Potter.
«Malfoy!»
Draco si fermò, scrollandosi la mano nodosa di Moody dal braccio, e si voltò. La vide correre verso di lui, le scarpe nere risuonavano sul pavimento in pietra, i capelli sciolti si dibattevano nell'aria, il mantello si apriva attorno a lei, la gonna ondeggiava sui suoi fianchi, con l'orlo che si sollevava sopra le ginocchia.
Per uno stupido e lungo attimo, fissandola correre nella sua direzione come a rallentatore, pensò che stesse per abbracciarlo. Sentiva già le mani di lei sulla nuca e la sua fronte sulla spalla, la sua voce che gli diceva che aveva avuto paura per lui e gli chiedeva se si fosse fatto male. E lui le avrebbe risposto che sì, aveva fatto male, ma era stato forte e il dolore era già passato.
Quell'immagine di stramba impossibilità si dissolse davanti ai suoi occhi quando Rose si fermò di fronte a lui e sollevò la mano. Lo schiaffo arrivò così inaspettato che Draco non percepì neanche il dolore, la testa girata da un lato e una chiazza rossa sulla pelle pallida della guancia, ma solo la delusione per l'esageratamente brusco annientamento della sua visione, che in un momento di maggiore lucidità sarebbe stata invece infranta da lui stesso.
Moody fece un colpo di tosse, che risuonò quasi divertito.
«Queste cose sarebbero da punire in... questa scuola?» domandò, per poi aggiungere, con un ringhio: «Non vorrei che qualcun altro qui mi riprendesse perché sono troppo duro...»
«Decisamente da punire» rispose Draco, fissando Rose con un lampo negli occhi.
«Bene, allora mi punisca» replicò lei, voltandosi verso il professore, ma non senza aver lanciato un rapido sguardo di sfida a Malfoy. «Penso di meritarlo.»
«Onorevole da parte tua» commentò Moody.
«La ringrazio» rispose Rose, guardando con aria compiaciuta Malfoy, il quale distolse lo sguardo facendo roteare gli occhi con un sospiro.
«Tu sei la signorina...?»
«Potter.»
«Ah!» ruggì Moody, e Rose quasi sobbalzò. «Ho conosciuto tuo fratello e mi chiedevo quando ti avrei incontrata. Una Potter in Serpeverde... strano, eh?»
Senza aspettare risposte, si voltò, ricominciando a camminare, accompagnato dal fastidioso suono della sua gamba finta.
«Seguitemi» ringhiò seccamente, e i due Serpeverde non se lo fecero ripetere una seconda volta.
L'ultima cosa che Severus Piton desiderava, era ritrovarsi faccia a faccia con Alastor Moody. Per di più se seguito da Rose Potter e Draco Malfoy.
Aveva intenzione di recarsi in Sala Grande per la cena, ma quando aprì la porta del suo ufficio fu sorpreso da tre ospiti inaspettati e, soprattutto, indesiderati.
«Severus!» ringhiò Moody, mentre Rose entrava nell'ufficio senza essere invitata, passando davanti a Piton, e Malfoy veniva spinto bruscamente al suo interno. «Avevo proprio voglia di fare una chiacchierata con te.»
«Moody» sillabò Piton, le labbra arricciate con irritazione. Allungò un braccio verso l'interno del suo ufficio, quindi aggiunse, in tono mellifluo: «Accomodati».
Moody entrò zoppicando, e Piton chiuse la porta.
«Voglio parlarti prima in privato, Severus» disse il primo. «Rievochiamo i vecchi tempi, amico mio.»
Severus Piton, più stizzito che mai, gli indicò una porta alla loro destra. Entrarono nella stanza, lasciando i due ragazzi da soli, senza sapere che, fosse stato per loro, si sarebbero uccisi a vicenda.
Rose si sedette su una poltrona, Draco occupò il divano di fronte a lei; per un'ora intera evitarono l'uno lo sguardo dell'altra.
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