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1.37 ~ Quel che sarà

Il sonno senza sogni di Rose fu squarciato da grida adirate e sussurri indignati. Sollevò piano le palpebre, e i suoi occhi riconobbero all'istante le figure della professoressa McGranitt, del professor Piton, del preside e di Cornelius Caramell, il Ministro della Magia. Rose si sedette, e Daphne, accanto a lei, le lanciò una veloce occhiata, prima di tornare a fissare sbalordita la scena. Sirius ringhiava contro il Ministro, e anche Harry, seduto sul suo letto, era sveglio.

«Il ragazzo sa parlare con i serpenti, Silente, e tu credi ancora che sia degno di fiducia?» stava dicendo Caramell.

«Idiozie!» strillò la McGranitt, indignata come mai. «Cedric Diggory! Crouch! La loro morte non è stata l'opera casuale di un pazzo!»

«Non vedo alcuna prova del contrario!» urlò di rimando Caramell. «A me pare che siate tutti decisi a diffondere un'ondata di terrore che metterà in serio pericolo tutto ciò per cui abbiamo lavorato in questi tredici anni!»

E Rose capì quale fosse il problema.

«Lei non ci crede!» lo accusò, scendendo dal letto, e tutti si voltarono a guardarla. «Lei non crede alla verità!»

«Verità!» borbottò Caramell. «Qui non si parla di verità, ragazzina. Si parla di chi ha visto cosa...»

«Voldemort è tornato» affermò Silente. «Se accetti immediatamente questo fatto, Caramell, e prendi i provvedimenti necessari, può darsi che siamo ancora in tempo a salvare la situazione. Il primo passo, il più importante, è sottrarre Azkaban al controllo dei Dissennatori...»

«Assurdo!» gridò Caramell. «Destituire i Dissennatori! Mi caccerebbero via solo per averlo suggerito! Metà di noi dormono sogni tranquilli solo perché sanno che i Dissennatori fanno la guardia ad Azkaban!»

«Tutti gli altri dormono sogni meno tranquilli, Cornelius, sapendo che hai affidato i più pericolosi seguaci di Voldemort alla sorveglianza di creature che si uniranno a lui nell'istante in cui lui glielo chiederà! Non rimarranno fedeli a te, Caramell! Voldemort può offrire loro molte più opportunità di te, la possibilità di esercitare il loro potere e di divertirsi! Con i Dissennatori dalla sua, e l'appoggio dei suoi vecchi sostenitori, farai molta fatica a impedirgli di riconquistare il potere che aveva tredici anni fa!

«La seconda misura che devi prendere, e subito, è mandare messaggeri ai giganti.»

«Messaggeri ai giganti!» strillò Caramell. «Che follia è questa?»

«Tendi loro la mano dell'amicizia, ora, prima che sia troppo tardi, o Voldemort li convincerà, come ha fatto in passato, che lui solo tra i maghi potrà restituire loro diritti e libertà!» esclamò Silente.

«Tu... non puoi parlare seriamente!» disse Caramell, scuotendo la testa e indietreggiando. «Se la comunità magica avesse sentore del fatto che ho avvicinato i giganti... la gente li odia, Silente... la fine della mia carriera...»

«Sei accecato dall'amore per la poltrona che occupi, Cornelius! Dai troppa importanza, come hai sempre fatto, alla cosiddetta purezza di sangue! Non riesci a vedere che non è importante ciò che si è alla nascita, ma ciò che si diventa! Il tuo Dissennatore ha appena distrutto l'ultimo membro di una famiglia di sangue purissimo e quanto mai antica - e guarda cos'ha scelto di fare quell'uomo della sua vita! Te lo dico ora: prendi i provvedimenti che ti ho suggerito, e verrai ricordato come uno dei più grandi e coraggiosi Ministri della Magia che abbiamo mai avuto. Scegli di non agire e la storia ti ricorderà come l'uomo che si è fatto da parte, quello che ha concesso a Voldemort una seconda possibilità di distruggere il mondo che abbiamo cercato di ricostruire!»

«Follia» borbottò Caramell, arretrando ancora. «È pazzo...»

Nel silenzio che seguì, Rose si avvicinò al letto di Harry. Lui la guardò in volto, e le strinse la mano. Erano pronti a fare ciò che bisognava essere fatto per fermare Voldemort, entrambi lo sapevano.

«Se la tua ostinazione nel chiudere gli occhi ti conduce a questo, Cornelius, allora le nostre strade si dividono» affermò deciso Albus Silente. «Devi comportarti come ritieni giusto. E io... io mi comporterò come ritengo giusto.»

Caramell alzò un dito con fare minaccioso.

«Ora, senti un po', Silente. Ti ho lasciato carta bianca, sempre. Ho nutrito molto rispetto per te. Posso anche non essermi trovato d'accordo con alcune tue decisioni, ma sono stato generoso. Non sono molti coloro che ti avrebbero permesso di assumere lupi mannari, o di tenere Hagrid, o di decidere cosa insegnare ai tuoi studenti senza risponderne al Ministero. Ma se hai intenzione di agire contro di me...»

Silente lo interruppe.

«Il solo contro cui intendo agire è Voldemort. Se sei contro di lui, Cornelius, allora restiamo dalla stessa parte.»

Dopo qualche attimo di silenzio, Caramell disse, supplichevole: «Non può essere tornato, Silente, non è possibile...»

Piton superò Silente e si avvicinò al Ministro, sollevando la manica della veste. Daphne trattenne un'esclamazione di sorpresa, mentre il professore mostrava a Caramell l'avambraccio sinistro, sul quale spiccava il Marchio Nero.

«Ecco» fece Piton. «Il Marchio Nero. Non è netto come un'ora fa, quando è diventato scuro, ma si vede ancora. Ogni Mangiamorte è stato marchiato a fuoco così dal Signore Oscuro. Era un modo per riconoscerci, e per convocarci a lui. Quando lui toccava il Marchio di qualunque Mangiamorte, dovevamo Smaterializzarci, e Materializzarci immediatamente al suo fianco. È dall'inizio dell'anno che questo Marchio ha cominciato a diventare più evidente. Anche quello di Karkaroff. Perché crede che Karkaroff sia fuggito stanotte? Abbiamo sentito entrambi il Marchio bruciare. Abbiamo capito entrambi che era tornato. Karkaroff teme la vendetta del Signore Oscuro. Ha tradito troppi dei suoi vecchi compagni per essere certo di essere il benvenuto.»

Caramell indietreggiò anche da Piton. Fissò disgustato il Marchio Nero, poi sollevò gli occhi su Silente.

«Non so a che gioco state giocando tu e i tuoi colleghi, Silente, ma ne ho abbastanza» sussurrò. «Non ho altro da aggiungere. Mi metterò in contatto con te domani, per discutere la gestione di questa scuola. Ora devo tornare al Ministero.»

Fece per andarsene, ma poi tornò indietro e si fermò davanti al letto di Harry.

«La tua vincita» disse asciutto, estraendo dalla tasca un sacchetto e lasciandolo cadere sul comodino. «Mille galeoni. Doveva esserci una cerimonia di consegna, ma date le circostanze...»

Non appena Caramell ebbe lasciato l'Infermeria, Silente si rivolse ai presenti.

«C'è del lavoro da fare» esordì. «Molly... ho ragione di credere di poter contare su di te e Arthur?»

«Ma certo» rispose la signora Weasley. «Lui sa com'è fatto Caramell. È solo per la sua passione per i Babbani che Arthur è rimasto al Ministero per tutti questi anni. Caramell è convinto che ad Arthur manchi il doveroso orgoglio di mago.»

«Allora ho bisogno di mandargli un messaggio» disse Silente. «Tutti coloro che riusciamo a convincere della verità devono essere avvertiti immediatamente, e Arthur è in una buona posizione per avvicinare i membri del Ministero che non sono miopi come Cornelius.»

«Vado io da papà» si propose Bill. «Ci vado subito.»

«Ottimo» approvò Silente. «Raccontagli cos'è successo. Digli che fra breve mi metterò in contatto con lui. Dovrà comportarsi con discrezione, però. Se Caramell pensasse che interferisco...»

«Lasci fare a me» lo rassicurò Bill, poi batté una mano sulla spalla di Harry, baciò la signora Weasley sulla guancia e andò via rapidamente.

«Minerva» riprese Silente, rivolgendosi alla professoressa McGranitt, «voglio vedere Hagrid nel mio ufficio il più presto possibile. E anche - se acconsente a venire - Madame Maxime.»

La McGranitt annuì e uscì dalla stanza, e il preside guardò Madama Chips.

«Poppy, saresti così gentile da scendere nell'ufficio del professor Moody? Credo che troverai un'elfa domestica di nome Winky in uno stato di profonda prostrazione. Fai quello che puoi per lei, e riaccompagnala in cucina. Credo che Dobby si occuperà di lei.»

«Molto... molto bene» disse solo Madama Chips, e se ne andò allarmata.

Albus Silente attese che la porta fosse chiusa e che i passi dell'infermiera fossero lontani, prima di parlare di nuovo.

«E ora è venuto il momento che due di noi si riconoscano per ciò che sono. Sirius... ti prego di riprendere il tuo solito aspetto.»

Un uomo sostituì il grosso cane nero seduto sul pavimento. La signora Weasley lo riconobbe, e lanciò un urlo, balzando all'indietro.

«Sirius Black!»

«Mamma, zitta!» la riprese Ron. «È un amico!»

«Lui!» ringhiò Piton, disgustato, fissando Sirius, il cui volto esprimeva la stessa repulsione. «Che cosa ci fa qui?»

«È qui dietro mio invito, come te, Severus» rispose Silente. «Ho fiducia in tutti e due. È ora che mettiate da parte i vecchi dissapori e vi fidiate l'uno dell'altro. Per il momento, mi basterà che evitiate ogni aperta ostilità. Stringetevi la mano. Ora state dalla stessa parte. Abbiamo poco tempo, e se i pochi che sanno la verità non restano uniti, non c'è speranza per nessuno di noi.»

Squadrandosi con profondo disprezzo, Sirius e Piton si strinsero la mano, separandosi un attimo dopo.

«Per andare avanti questo basterà» affermò Silente. «Ora ho un compito per entrambi. L'atteggiamento di Caramell, anche se non giunge inaspettato, cambia tutto. Sirius, ho bisogno che tu parta subito. Devi avvertire Remus Lupin, Arabella Figg, Mundungus Fletcher - il vecchio gruppo. Nasconditi da Lupin per un po', ti cercherò lì.»

«Ma...» intervenne Harry.

Non voleva che Sirius se ne andasse, e Rose era dello stesso avviso.

«Te ne vai adesso?» sussurrò Rose.

Lo aveva appena ritrovato dopo un anno intero, non voleva dirgli addio un'altra volta, o almeno non senza sapere quando lo avrebbe incontrato di nuovo.

«Mi rivedrete molto presto» assicurò Sirius. «Ve lo prometto. Ma devo fare quello che posso, capite, vero?»

«Sì» disse Harry, sapendo di parlare anche a nome di sua sorella. «Sì... certo che capiamo.»

Sirius gli prese affettuosamente la mano tra le proprie, e stava per fare lo stesso con Rose, quando lei invece si gettò contro di lui e lo strinse forte, in punta di piedi, la fronte premuta sulla sua spalla. Sirius la circondò in un abbraccio soffocante e paterno, che durò, però, decisamente poco. Rose non voleva lasciarlo andare, non voleva vederlo allontanarsi, non voleva perderlo di vista.

Capì che era giunto il momento di staccarsi quando la presa di Sirius su di lei scivolò via.

«Rose...»

Strinse le palpebre più che poté. Forse così avrebbe potuto scacciare via la sensazione di vuoto che le aveva invaso il petto e lo stomaco, forse avrebbe potuto fingere che Sirius non dovesse lasciarla di nuovo. Ma la realtà non sembrava intenzionata a svanire, e la carezza che Sirius le aveva fatto scorrere tra i capelli somigliava molto a un addio.

Voleva dirgli di no, voleva sussurrargli che non era pronta, gridare che non si sarebbe staccata da lui se questo significava doverlo salutare senza avere la certezza che si sarebbero rivisti.

«Sì» soffiarono invece fuori le sue labbra, in un mormorio che lei non riconobbe come proprio.

Si separò da lui, distendendo la suola delle scarpe, e intrecciò le dita dietro la schiena, così da impedire alle braccia di fare di testa loro e avvolgere di nuovo Sirius.

Lui fece un cenno a Silente, si tramutò nuovamente nel grosso cane nero, e uscì dalla stanza senza guardarsi indietro. Un braccio circondò le spalle di Rose, e lei ricambiò stringendo la vita di suo fratello, che era sceso dal letto - nonostante i tentativi della signora Weasley di fermarlo - per avvicinarsi a lei.

Albus si rivolse infine a Piton.

«Severus, sai che cosa devo chiederti di fare. Se sei pronto... se sei in grado...»

Piton era più pallido del solito, e i suoi occhi scuri erano pervasi da uno strano brillio, ma la sua voce era decisa, quando parlò.

«Lo sono.»

«Allora, buona fortuna» gli augurò Silente, e, con una traccia di preoccupazione che Rose non si sarebbe mai aspettata, guardò Piton allontanarsi silenziosamente.

Sulla soglia della porta, Severus si voltò per un brevissimo istante, il tempo di incrociare lo sguardo di Rose - di Lily - e soffermarsi rapidamente sul suo volto, come a volerne imprimere i tratti nella memoria, scoprendo, però, di ricordarli già perfettamente.

Non appena fu uscito, Rose si chiese cosa mai avesse potuto significare quel gesto, se Piton avesse cercato di comunicarle qualcosa, o se fosse solo un altro addio. Quale missione gli era stata affidata da Silente?

Il preside lasciò passare diversi minuti di silenzio, prima di parlare di nuovo.

«Devo andare giù» comunicò. «Devo vedere i Diggory. Harry... prendi il resto della pozione. Vi rivedrò tutti più tardi.»

Harry tornò sul materasso, e ricadde sui cuscini. La signora Weasley, Ron, Rose e Hermione lo guardarono per parecchio tempo senza parlare; Daphne, seduta ancora in disparte, osservava in silenzio. Alla fine, la signora Weasley prese il calice e la bottiglietta con la pozione rimanente.

«Devi bere il resto della pozione, Harry. Dormi. Cerca di pensare a qualcos'altro per un po'... pensa a quello che comprerai con la tua vincita!»

«Non voglio quell'oro» ammise Harry, con tono inespressivo. «Prendetelo voi. Chiunque può prenderlo. Non avrei dovuto vincerlo. Doveva essere di Cedric.»

Rose si morse il labbro inferiore, mentre osservava suo fratello trattenere le lacrime.

«Non è stata colpa tua, Harry» tentò di rassicurarlo in un sussurro la signora Weasley.

«Gli ho detto di prendere la Coppa insieme a me» replicò atono Harry.

Molly Weasley posò la pozione sul comodino, si chinò e lo abbracciò. Harry non era mai stato abbracciato così, come da una mamma, e si aggrappò alla signora Weasley, sforzandosi di serrare la gola per fermare il grido di dolore che si dibatteva per uscire, i ricordi di quella notte sempre più pesanti.

«Mi dispiace» mormorò Hermione, accanto alla finestra, mentre Harry e la signora Weasley si separavano.

Tra le mani stringeva un grosso scarabeo, ma nessuno lo notò, e lei si affrettò a nasconderlo nella borsa, in un barattolo che si portava dietro da quel pomeriggio, quando aveva risolto il mistero: Rita Skeeter era un Animagus non registrato, era in questo modo che girava indisturbata per Hogwarts, ascoltando le conversazioni più segrete e raccogliendo materiale per i suoi malevoli articoli, nonostante non ne avesse il permesso.

«La tua pozione» disse la signora Weasley, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano, e affrettandosi a prendere il calice per tenderlo a Harry.

Lui lo afferrò e bevve la pozione. Il suo effetto fu immediato; Harry non ebbe il tempo di risistemarsi sui cuscini che si addormentò. Rose gli tolse il calice dalle mani, e si chinò per baciargli la fronte, accarezzandogli i capelli corvini.

Un intenso profumo di rosa la investì, e non ci fu bisogno di voltarsi per capire chi le avesse circondato la vita con entrambe la braccia. Daphne sarebbe stata con lei sempre e comunque - quella stretta valeva più di qualsiasi promessa.

Rose sfiorò il viso di Harry, giurando che sarebbe rimasta al suo fianco fino alla fine. E, sollevando la testa, capì che non sarebbe stata l'unica. I tre paia di occhi che sostennero il suo sguardo erano animati dallo stesso bagliore. Che importava chi fosse coraggioso e temerario, intelligente e saggio, gentile e leale, astuto e ambizioso?

Erano uniti, si amavano l'un l'altro, e questo bastava contro quel che sarebbe stato.

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